Atti dei congressi nazionali

1999

Sessione 1 - dibattito pomeriggio
Prima  domanda
Nome  e Cognome    Elio  Drigo
Professione           
Provenienza           
 
Volevo fare alcune richieste ai relatori.
Mi sembra importante il contributo che hanno portato proprio perché, se pur consideriamo la differenza tra il fatto di produrre delle cose ed il fatto invece di produrre dei servizi, al quale noi come infermieri siamo chiamati, questi interventi hanno mostrato un po’ il parallelismo del metodo che si deve seguire in questo processo.
Una curiosità che mi sorge è quella di sapere se loro,  in quanto aziende,  hanno da proporci dei concreti esempi di integrazione significativa tra le aziende e gli infermieri nella realizzazione dei loro prodotti.
Ancora vorrei sapere se possono darci indicazioni sulle modalità da utilizzare per realizzare concretamente questa collaborazione fra infermieri ed aziende ed ancora se c’è da parte delle aziende una disponibilità per la sperimentazione su presidi ed apparecchiature che vengono particolarmente utilizzate dagli infermieri e con quali modalità queste sperimentazioni possono realizzarsi.
Grazie.
 
Risposta          Ing.  Bonci - Siemens
 
Signor Drigo, sono contento che abbia fatto questa domanda.
Parto dall’ultimo suo quesito; la sperimentazione le aziende la fanno, alla luce della direttiva 93/42, presso le strutture sanitarie.
Le apparecchiature, es. il nostro nuovo ventilatore polmonare, vengono provate per mesi, si analizzano tutte le possibili migliorie, anche con riferimento ad altri analoghi apparecchi che sono in altre parti del mondo.
I prototipi di questo nostro nuovo ventilatore polmonare sono già anche negli ospedali italiani.
Per quanto riguarda invece l’interazione fra aziende costruttrici e infermieri professionali, noi diciamo che siamo sempre disponibili, soprattutto con l’informazione e la formazione che è prevista dal 626.
Voi siete lavoratori, anche se siete superspecializzati, ma avete bisogno di formazione ed informazione continua, ed il congresso a cui partecipate ne è l’esempio.
I costruttori possono fare una formazione ed informazione continua, su vostra richiesta, per aumentare la conoscenza delle prestazioni.
Il ventilatore polmonare che prima ho mostrato è come una Ferrari ed a volte viene utilizzato come una 500; potrebbero aumentare le prestazioni, quindi i vantaggi verso il  paziente, che però a voi sono sconosciuti perché qualcuno non ve l’ha spiegato bene.
Quindi se chiedete al costruttore tempo per rivedere la vostra formazione, rivedere insieme le istruzioni operative di questi prodotti, noi lo facciamo ben volentieri.
 
Risposta   Dott. Caciolo - Abbott
 
Una volta che viene fatto il test clinico e la macchina è certificata CE di fatto poi deve essere calata nella realtà locale, perché anche certe procedure sono diverse da paese a paese.
L’unità produttiva degli Stati Uniti ha suoi standard, canoni, richieste.
Spesso però poi nella realtà clinica e pratica italiana cambia qualcosa.
Quindi è sicuramente fondamentale avere da voi le informazioni, tanto è vero che normalmente prima di dare il via al cosiddetto marketing del prodotto vengono fatti dei test clinici nel paese di localizzazione.
Quando lo strumento ha il marchio, è certificato CE, ha già una destinazione d’uso quindi la garanzia di sicurezza è già insita nello strumento stesso.
Sul discorso di come collaborare, soprattutto nel momento in cui ci sono delle grosse novità, per esempio io ricordo rispetto alla sicurezza elettrica quando si è passati ad un controllo più serrato di questo aspetto, credo che le aziende in molti casi si siano fatte carico anche di fare la formazione al personale su che cos’è la sicurezza elettrica, anche per cose banali.
Ad esempio si vedevano “ciabatte” da tutte le parti , cosa non corretta dal punto di vista legale e giuridico.
Credo che noi come azienda abbiamo il dovere ed il compito anche di educare in questo senso e credo che questo sia uno dei momenti più alti, perché poi di fatto in quegli incontri veniva ribaltata a noi la problematica del singolo ospedale, cioè ci dicevano “se non uso la ciabatta di fatto non collego le macchine”.
Sembra una banalità ma questa poi è la realtà.
Credo che su questa cosa è un pochino più difficile raggiungere il perfetto equilibrio fra quello che si dovrebbe fare e quello che poi in realtà è possibile realizzare, per problemi di fondi o anche di capacità propria della struttura.
 
Risposta   Dott. Dainese – Medical Valeggia
 
Colgo con favore questa domanda perché ogni possibilità di collaborazione con gli utilizzatori finali è per noi assolutamente preziosa.
Uno dei compiti che ci siamo prefissi anche nelle nostre procedure di qualità è quello di dare una grande enfasi all’istruzione della nostra forza vendita, quindi il contatto continuo della nostra forza vendita con gli utilizzatori finali ci permette di poter raccogliere quelle che sono le indicazioni che giorno dopo giorno ci vengono dagli utilizzatori.
Queste informazioni sono codificate, vengono raccolte anche le informazioni che riceviamo ad un congresso come questo, che  ci permettono di avere delle indicazioni preziose sulle quali poi potere iniziare magari una nuova produzione, trovare delle nuove applicazioni per i nostri prodotti, attuare i miglioramenti dei prodotti.
Questo quindi è sicuramente un compito che noi ci prefiggiamo e in questo caso anche il nostro sistema di qualità contempla delle procedure proprio per perseguire questo aspetto.
Mi viene a mente anche un esempio concreto; la nostra è una azienda che eminentemente distribuisce dispositivi medici e proprio da quelle che sono state le esigenze degli utilizzatori abbiamo realizzato dei kit di prodotti monouso che hanno lo scopo precipuo di garantire ed evitare la possibilità di infezioni nell’utilizzo di questi dispositivi.
Naturalmente poi essenziale è sempre la sperimentazione, che è prevista nell’iter della marcature CE e questo è un punto imprescindibile e obbligatorio attraverso il quale le aziende devono passare per poter collaborare e vedere l’efficacia e l’effettiva funzionalità dei dispositivi che esse producono.
 
Risposta   Dott.ssa Ghedini -   Mallinckrodt DAR
 
Io vorrei aggiungere che sicuramente la nostra  è una azienda che ha costruito la sua fortuna sulla cosiddetta customizzazione del prodotto, cioè sull’eseguire dei prodotti su disegno del cliente che possano quindi aiutarlo a svolgere meglio le sue funzioni.
Quindi sicuramente per noi lo scambio di informazioni e la raccolta delle esigenze, dei bisogni dell’utilizzatore dei nostri prodotti è una fase fondamentale e abbiamo cercato appunto di venire incontro a queste esigenze per quanto possibile, arrivando appunto, invece di rimanere su una produzione standard, che naturalmente dal  punto di vista interno sarebbe molto più semplice e comoda da gestire,  ad avere  prodotti che hanno il nome dell’ospedale, dell’utilizzatore per il quale sono stati costruiti.
La sperimentazione è sicuramente una fase fondamentale nella vita dei nostri prodotti, ne abbiamo diverse in corso.
Altrettanto fondamentale nella componente di servizio che noi vogliamo offrire agli utilizzatori è la formazione, quindi per ritornare all’esempio di cui ho parlato precedentemente, per quanto riguarda i circuiti termoregolati, noi attualmente in tutta Italia stiamo facendo dei corsi di formazione per utilizzare correttamente questo tipo di circuito, in modo da godere a pieno di tutti i vantaggi che può offrire e non magari essere insoddisfatti perché le prestazioni non sono quelle che ci si aspetta.
 
 
Seconda  domanda
Nome  e Cognome     Pietro Mantia
Professione
Provenienza               Rianimazione  Palermo
 
Spesso ci viene richiesto da parte dei medici o dell’amministrazione  l’utilizzo improprio per quello che verte la cetificazione  di un presidio  medico-sanitario nel senso che per mancanza di un presidio sanitario specifico ne viene utilizzato un altro, che però ha la certificazione per altri scopi, oppure si allunga il tempo di utilizzo del presidio oltre le indicazioni dettate dalla certificazione.
In questi casi la responsabilità di un eventuale incidente rimane  alla ditta, all’utilizzatore o a chi
praticamente utilizza tale presidio ?
 
 
Terza  domanda
Nome e Cognome    Isella Alessandri
Professione              Infermiera  Professionale Gruppo Accreditatori  
Provenienza             ASL  Milano  3  sede  di  Monza
 
Vorrei proporre un quesito all’attenzione di miei colleghi, sperando che su questo si apra un corposo dibattito.
E’ stata molto interessante la presentazione che le aziende hanno fatto dei loro  processi di accreditamento.
Io mi chiedo da un pò di anni, poiché sto seguendo da un pò di tempo il problema della certificazione, quanto del modello e del metodo, già in uso da anni dentro le aziende produttrici  può essere utilizzato all’interno del mondo sanitario e forse mi collego un attimino alla domanda di Drigo,che parlava di integrazione.
Perché noi quando parliamo di accreditamento e certificazione, andiamo a parlare di accreditamento di unità operative, di accreditamento di processi assistenziali infermieristici, che hanno una valenza molto ampia. 
Stamattina  Fiamminghi,  in maniera anche provocatoria, parlava  di chiarire gli obiettivi che vogliamo raggiungere, che cosa vogliamo; perché qui si tratta di mettere in campo una creatività altissima. La parola accreditamento e certificazione, ed oggi me ne rendo conto, è lontana, forse non l’abbiamo ancora ben capita e queste tre giornate dovrebbero portare fuori questo dibattito, perché qui si tratta di capire quali sono le linee  che noi possiamo utilizzare e dove e come ci possiamo integrare per arrivare a poterci accreditare, non solo per fare accreditare le nostre unità operative, ma credo che la sfida più grossa che oggi ci viene chiesta  è quella di potere accreditare i nostri processi assistenziali, la nostra organizzazione, la formazione etc.; visto che oltretutto non c’è più un mansionario a cui essere legati, ma tutta una serie di responsabilità che le leggi ci danno.
Quindi l’accreditamento, la certificazione inserita in tutto questo nuovo contesto infermieristico, non può fare altro che aumentare i livelli di qualità assistenziale verso le persone.
Io non  so, quanto dei molti metodi e molti processi che vengono utilizzati dalle norme ISO 9000 e sperimentati dalle aziende possa arrivare a noi  e come possono  essere strutturati dei metodi per l’accreditamento  delle nostre unità operative, dei nostri servizi e della nostra professione in area critica.
Mi sono fermata a leggere, durante la pausa, il libro che oggi ci è stato dato “ Anime senza nome “ e di fronte alle grandissime, altissime variabilità a cui gli operatori delle aree critiche si trovano ad operare, sicuramente questi processi, queste linee guida, questi percorsi non sono facili.
Grazie.
 
Risposta     Ing. Bonci - Siemens
 
Rispondo al collega di Palermo sull’utilizzo improprio di apparecchiature.
Qui cito quello che la dottoressa Siciliano che è Sostituto Procuratore della Repubblica a Milano, ha risposto in un altro convegno:
ad una domanda in cui un operatore ha chiesto:  “ io ho un defibrillatore cardiaco, che va e non va, vorrei portarlo via ma il medico dice  lascialo, tanto io con qualche botta riesco sempre a defibrillare, ma il giorno  che dopo la botta  quel defibrillatore  non parte, io cosa faccio ? “.
La dottoressa ha risposto : lei deve segnalare per iscritto al suo superiore  questo stato di cose, dopo di che lei è esente da qualsiasi tipo di responsabilità, altrimenti ci va di mezzo come tutti  i sette  indagati dell’ospedale Galeazzi.
Quindi i presidi monouso che vengono, per ragioni  forse di risparmio,  risterilizzati ed utilizzati vanno sotto la vostra diretta responsabilità.
 L’uso improprio di una macchina, che non  viene utilizzata  secondo le indicazioni del costruttore, (allegate all’apparecchio in italiano  e se non lo sono, voi avete tutto il diritto di richiederle in italiano), va sotto la vostra diretta responsabilità.
Vi cito il caso di una operatore sanitario che ha fatto causa all’Ospedale Bambino Gesù di Roma, perché si era bruciata staccando un cavo di rete di un apparecchio.
Il Prof. Branca  responsabile del Servizio di Ingegneria Clinica, ha dimostrato davanti al giudice, che l’operatore aveva utilizzato in maniera impropria il distacco di questo cavo di rete, perché anziché prenderlo per la spina, l’aveva preso lungo il cavo il quale si era rotto, provocato un corto circuito e quindi la piccola ustione.
Ecco quindi un esempio pratico di come la responsabilità ricade su chiunque utilizza un apparecchio o un presidio in modo improprio.
Ultima cosa, noi chiediamo ai nostri tecnici quando fanno un collaudo di un apparecchio e danno le istruzioni a voi, di firmare assieme al personale che ha  partecipato, ascoltato la spiegazione dell’apparecchio.
E’ chiaro che non firmate  se la spiegazione è stata frettolosa, imprecisa e carente.
Alla collega  direi invece che   ha ragione in pieno, concordo sul fatto che il vostro campo è quanto mai complesso, però la parola  creatività  mi sembra che sia fuori luogo perché in un percorso di accreditamento di una struttura sanitaria occorrono precise istruzioni di lavoro, precise procedure operative.
Quel reparto del Niguarda che si  è certificato, un reparto di Rianimazione, quindi di area critica ci ha chiamato e ha detto : signori Siemens, noi siamo stati certificati, abbiamo dodici ventilatori polmonari, vogliamo sapere da voi come si fa la taratura, come si procede ed ecco perché sono usciti quei protocolli.
E vi dirò di più quelle dodici macchine al pari di altre trentotto macchine che ha l’ospedale di Niguarda, sono gestite da un tecnico interno che ha fatto un corso presso la nostra sede e al quale tecnico interno, che quindi fa tutte le riparazioni, abbiamo subito portato le checklist di controllo, in modo che il tecnico seguisse tutte le operazioni  in maniera conforme a quanto concordato con  noi.
Vi ho detto di quella struttura cardiochirurgica in Sicilia, dove su dieci macchine, nove erano prive di un elemento essenziale per fare la ventilazione spontanea, ebbene nella check list, siamo andati a vedere, c’era la voce, vuol dire che il tecnico Siemens o il tecnico interno non avevano rispettato quell’operazione.
 
Risposta   Dott. Dainese  - Medical Valeggia
 
Per quanto riguarda la prima domanda, quella relativa all’uso improprio dei dispositivi monouso io vorrei aggiungere qualcosa a quanto già detto dal collega.
E’ una tematica molto importante e sostanzialmente sono due i temi sui quali dobbiamo soffermarci.
Poi l’utilizzo oltre la data di scadenza e l’eventuale riutilizzo di un materiale che per sua destinazione è monouso, la responsabilità di chi va contro le indicazioni  previste dal fabbricante, che sono poi indicazioni che tengono  conto delle norme tecniche armonizzate e sono recepite dalla direttiva 93/42, ricade totalmente su chi lo utilizza.
Aggiungerei che da un punto di vista tecnico il riutilizzo di un dispositivo è quello che si dice una rilavorazione.
In questo caso il dispositivo dovrebbe avere una nuova marcature CE con tutto quello che ne consegue, cioè una dichiarazione di conformità, una dichiarazione piena di responsabilità da parte di chi ha compiuto questa manovra.
Tengo inoltre ad aggiungere che tutti i paesi europei hanno delle circolari a livello ministeriale o addirittura degli atti legislativi che il riutilizzo del materiale monouso è sconsigliato.
Alcuni paesi rendono obbligatorio la sottoscrizione da parte del paziente, in caso di riutilizzo di un presidio   sanitario.
Quindi potete capire che si va incontro a precise responsabilità sia civili che penali.
Per quello che riguarda la grande tematica sollevata successivamente per quanto riguarda  la certificazione e l’accreditamento da parte della struttura infermieristiche ospedaliere, naturalmente noi auspichiamo una maggiore collaborazione con gli utilizzatori anche in questo campo, quindi non solo una collaborazione per quello che riguarda l’aspetto dell’utilizzo pratico  dei dispositivi, ma anche un maggiore approfondimento verso questi temi che sono sia di cultura comune che generale.
Penso che da parte delle aziende ci sia tutto l’ìnteresse a collaborare con le direzioni professionali in merito all’accreditamento e la  certificazione, per calare nella realtà le norme richieste che comunque sono generali e quindi adattabili a tutti quei  contesti che forniscono dei servizi.
 
Risposta    Dott. Caciolo  - Abbott
 
Una considerazione in merito alla possibilità di accreditamento o certificazione di una struttura ospedaliera.
Sicuramente per una unità produttiva è relativamente più semplice   perché comunque è un processo di per sé, cioè si prende uno o più  materiali e si ottiene  un prodotto finito.
Però  le stesse aziende si sono certificate anche in altri ambiti, tipo i servizi, il training, la formazione.
Credo che se l’obiettivo per voi è chiaro, dare un valore aggiunto al servizio che già ora voi svolgete, se questa spinta  è forte vi porterà comunque a realizzare una certificazione, che comunque ripeto e sottolineo è un processo lungo e duro, in quanto significa in primo luogo  superare e sconfiggere le consuetudini, ma a lungo termine se si è tenaci vengono fuori anche i risultati. 
  
 
Quarta domanda
Nome e Cognome
Professione
Provenienza
 
La mia non è una domanda ma una contestazione all’ing. della Siemens sulla risposta che ha dato alla collega  intervenuta precedentemente.
Io sono un attimo sgomenta perché lei prima ha contestato il termine creatività che la collega ha utilizzato.
Io non mi intendo di accreditamento e certificazione ma per quanto ho capito mi ha stupito la mancanza da questa mattina fino ad oggi pomeriggio  del termine prestigio.
Credo che  questi processi, l’accreditamento e la certificazione di cui queste aziende si stanno dotando, tendono al prestigio e questo bisogna sottolinearlo.
La seconda cosa è questa: il prodotto che noi forniamo, la salute, ha un substrato che è diverso dal vostro,  cioè l’uomo, l’essere umano,  e   qui credo che la creatività sia proprio l’elemento che ci differenzia nel modo di lavorare, nel senso che noi possiamo arrivare all’eccellenza, se è l’obiettivo finale   dell’accreditamento e della certificazione, proprio nel modo diverso in cui ci poniamo nel fornire determinate prestazioni.
La differenza nel raggiungimento della performance, che  è un obiettivo che le aziende si pongono, è proprio quello di raggiungere il massimo; il non raggiungimento della performance dell’azienda produttrice  di presidi, apparecchi sanitari etc.  si traduce in una riduzione della propria immagine, una riduzione della propria credibilità e quindi in un danno economico.
Per noi significa danno all’uomo.
 
 
Quinta  domanda
Nome e Cognome      Emanuela Brenna
Professione                Caposala di formazione
Provenienza               Policlinico di Monza
 
Da un anno a questa parte mi sto occupando di ISO 9002  e stiamo un attimino tirando le somme in questi giorni perché subiremo l’ispezione da parte dei certificatori a breve scadenza.
Noi abbiamo protocollato e istituito procedure ed istruzioni di lavoro infermieristiche; nulla è stato lasciato al caso e nulla è stato presentato agli infermieri professionali come un pezzo di carta.
Gli infermieri sono stati tutti coinvolti, fin dal momento in cui abbiamo  intrapreso questo percorso, grazie a dei continui aggiornamenti fatti con loro.
Non solo ci siamo occupati della parte infermieristica,  ma anche di istruire il nostro personale rispetto a tutte le apparecchiature che noi utilizziamo nel Policlinico.
Vale a dire che nel momento in cui la nostra struttura acquista un nuovo apparecchio tutto il personale che utilizzerà lo strumento viene formato, inizialmente dai tecnici della ditta venditrice,
ma anche dalla persona che ha seguito il tecnico nella spiegazione, dopo di che su ciascuno apparecchio, viene applicata l’istruzione operativa, in modo tale che nel dubbio, ma soprattutto per il personale nuovo assunto,  sia sempre  visibile il passaggio preciso per l’utilizzo dello strumento.
In caso di problemi, si chiama il tecnico interno, anch’esso formato  ad hoc.
 
Risposta    Dott.  Caciolo  - Abbott
 
E’ vero che la certificazione ISO 9000 è un prestigio per l’azienda, però è anche vero che come tutte le norme, come tutte le certificazioni, se non c’è una partecipazione forte all’interno rischi di fare un grosso buco nell’acqua.
Allora il discorso di fondo è  che se c’è un discorso globale , che riveste tutti  forse si riesce, altrimenti nessun’azienda  riuscirà mai  a portare avanti un discorso di qualità totale.
Perchè poi di fatto il concetto di qualità  totale è di vedere il collega, come l’anello  di una catena :
se mi blocco io, poi si blocca tutto, quindi ci deve essere  questo grosso lavoro di team, il  famoso team - work americano.        

Inizio | Presentazione | Sessione 1 | Sessione 2 | Sessione 3 | Sessione Speciale | Poster

Aniarti: www.aniarti.it

 
 
 
10/09/2000