Atti dei congressi nazionali

1999

Sessione 2 - relazione 9
Organizzazione del Soccorso Extraospedaliero  nell’Arresto Cardipolmonare

 A. Morelli, G. Campoccio.

I.I.P.P. A. Morelli, G. Campoccio, G. Arena, G. Festa, M. Catania

AORN A. Cardarelli – Napoli -

Dr M.Postiglione

AO Loreto Mare  - Napoli -

I.I.P.P. G. Bufalino, G. De Falco, M. Iacona

AORN   V. Monaldi  - Napoli -

I MINUTI CHE CONTANO

Non sono certo molti i minuti che contano, ma possono costituire la linea di  demarcazione tra la vita e la morte. La capacità di una corretta e tempestiva  organizzazione del soccorso sanitario  assume, in questo contesto, un ruolo di primaria importanza. E’ assolutamente indispensabile far sì che il soccorso sul luogo dove l’evento si è verificato possa avvenire nel più breve tempo possibile: in questi minuti occorre concretizzare i soccorsi e le cure più adeguate, pena il fallimento delle manovre successive. Vengono presentati i risultati di uno studio 4 in cui è stata valutata l’efficacia dell’organizzazione del soccorso extraospedaliero sugli esiti dei pazienti. Lo studio è stato condotto ad Amsterdam.  Il rafforzamento degli anelli più deboli  della catena di sopravvivenza per l’arresto  cardiaco extraospedaliero è una sfida per ogni sistema medico di  emergenza. L’identificazione di questi anelli  deboli dipende dai dati raccolti dal personale del servizio di emergenza coinvolto in tutte le fasi della rianimazione. Esistono delle indicazioni su quali dati raccogliere e come sugli arresti cardiaci ed il loro trattamento 1    

Il sistema medico di emergenza.

Nella zona osservata esiste un centro radio con personale infermieristico esperto; ci sono sette differenti servizi di ambulanza con nove diverse postazioni  dislocate sul territorio. Il sistema regionale di emergenza è collegato a quello nazionale. Tutte le ambulanze sono equipaggiate con un autista e un infermiere professionale, qualificati per effettuare l’ACLS inclusa la  defibrillazione, l’intubazione endotracheale, accesso endovenoso e somministrazione di farmaci secondo un protocollo paragonabile con le linee europee per l’ACLS. Nella gran parte dei casi la prima ambulanza contattava la seconda se veniva riconosciuto un arresto cardiaco.

Materiali e metodi

Lo studio è stato effettuato tra il primo giugno 1995 e il primo agosto 1997. La popolazione osservata proveniva da un bacino di utenza  di un’area di  1030 Km2 con una popolazione di circa 1.300.000 abitanti, circa il 13% ha  oltre 65 anni e il 49% sono maschi. I tentativi di rianimazione venivano definiti come eventi dove il personale del sistema di emergenza effettuava una rianimazione attiva in paziente in arresto cardiaco. La rianimazione non veniva tentata in pazienti che presentavano inequivocabili segni di morte (rigor mortis o corpo già freddo). Non c’erano criteri formali per il personale per iniziare i tentativi di rianimazione.  I dati venivano raccolti da un medico esperto coadiuvato da due studenti addestrati a raccogliere i dati sulla scena durante le manovre di rianimazione. Le informazioni raccolte venivano integrate dai familiari, dai presenti e dallo stesso personale del servizio di emergenza curando in modo particolare i tempi. La raccolta dati continuava durante il trasporto e durante la rianimazione intra-ospedaliera. L’esito neurologico veniva  valutato alla dimissione ospedaliera secondo il sistema di Glasgow-Pittsburgh 2-3:

·      CPC= cerebral performance categories

·      OPC= overall performance categories

usando i dati delle cartelle cliniche.

Un computer registrava i tempi di chiamata “partenza dell’ambulanza-arrivo dell’ambulanza-arrivo in ospedale. Tutti i defibrillatori erano equipaggiati con orologio e quindi tutti  gli eventi venivano temporizzati.

RISULTATI

Nei 26 mesi di durata dello studio sono stati trattati 1685 pazienti, con un’incidenza di 60 arresti per 100.000 abitanti. Dei 1285 pazienti trattati dal personale di emergenza, 1046 avevano un arresto di origine cardiovascolare secondo la definizione di Utstein:  

     -747(71%) sono morti durante la rianimazione

     -165(16%) sono morti dopo il ricovero in ospedale

     -134(13%) sono sopravvissuti fino alla dimissione.

Il 78% dei pazienti erano maschi. l’età media di 64 anni.  Non è stata osservata nessuna differenza significativa nel tasso di sopravvivenza tra uomini e donne. 

I fattori che favoriscono la sopravvivenza sono:

* La rianimazione da parte di testimoni dava ai pazienti 1.3 volte la possibilità di sopravvivenza fino alla ammissione in ospedale e 2.5 volte fino alla dimissione dall’ospedale rispetto ai pazienti che non avevano avuto nessun tentativo di rianimazione.

* Il ritmo di esordio. I pazienti con fibrillazione ventricolare avevano 2.5 volte la possibilità di essere ammessi vivi in ospedale rispetto agli altri ritmi, e oltre 12 volte la possibilità di essere dimessi.

Ritorno della circolazione spontanea- sopravvivenza.

In 312 pazienti (34%) si otteneva il ripristino della circolazione spontanea rispettivamente nel

-          43% (244/570) in caso di fibrillazione ventricolare

-          13%(24/184) per l’asistolia

-          36% (4/11) per tachicardia ventricolare 

-          26% (40/153) con altri ritmi.

Nei pazienti trattati con CPR da parte di by-stander, la circolazione spontanea riprendeva nel 38% dei casi, a differenza di quelli non trattati (30%).

Performance globale e performance cerebrale.

Al momento della dimissione

-         42 pazienti (50%) avevano una buona funzione globale

-         24 (29%) avevano una moderata disfunzione globale

In 16 pazienti (19%) la funzione globale era gravemente compromessa e 2 pazienti (2%) erano in uno stato vegetativo. Circa 47 pazienti (56%) avevano una buona funzione cerebrale e  21 (25%) moderata. Il rischio di disfunzioni globali severe era uguale nei pazienti giovani e in quelli con più di 60 anni 

Sede dell’arresto.

I pazienti con minori possibilità di sopravvivenza (la metà rispetto a tutti gli altri) erano quelli che avevano avuto un arresto a domicilio. Chi ha un arresto fuori dal domicilio ha più possibilità di essere rianimato. La maggioranza dei pazienti con arresto a domicilio aveva più di 60 anni.  

Accesso al dispatch center

Molto importante il riconoscimento della chiamata da parte del centralinista. Anche se i tempi di risposta erano diversi in base al fatto che l’emergenza fosse riconosciuta o meno, non sono state osservate differenze nella sopravvivenza tra arresti ‘riconosciuti’ e ‘non riconosciuti’. Determinante risulta invece il tempo di arrivo dei soccorsi: la sopravvivenza diminuisce con l’aumento dei tempi di arrivo. Il tempo medio di intervallo dall’arresto all’arrivo del personale di emergenza è stato di 11 minuti. Nei 151 casi (16%) in cui è stata allertata la polizia, questa arrivava entro 5 minuti, e prima della squadra di soccorso.  

Conclusioni

 La sopravvivenza fino alla dimissione è solo del 9% se l’arresto si verifica quando non è presente nessuno.  Se invece è presente il personale di emergenza, il 39% dei pazienti sopravviveva alla dimissione. Le caratteristiche associate ad un aumento della sopravvivenza sono  un’età dai 51 ai 60 e la fibrillazione ventricolare come ritmo di esordio. Le caratteristiche della rianimazione associate con una buona sopravvivenza erano la testimonianza all’arresto, rianimazione ad opera di un astante, e i seguenti intervalli di tempo: tempo tra evento e chiamata, tempo tra evento e rianimazione intrapresa da un astante, tempo di chiamata  alla partenza della squadra di emergenza, tempo tra partenza e arrivo della squadra di emergenza, arrivo alla sede del paziente. La sopravvivenza del 9% é paragonabile ad altri studi con simili equipe di emergenza. 

Bibliografia

1. Cummins R0, Ornato JP, Thies WH et al. Improving survival from sudden cardiac arrest. The ‘chain of survival concept. A statement for health professionals. Circulation 1991; 83: 1832-47.

2. European resuscitation council, American Heart Association, Heart and Stroke Foundation of canada, Australian Resuscitation Council. Recommended Guidelines for Uniform Reporting of data from out of hospital  cardiac arrest: the Utstein Style. Resuscitation 1991; 22: 1-26. 

3. Earnest MP, Breckenbridge JC, Yarnell PR et al. Quality of survival after out of hospital cardiac arrest. Neurology 1979; 29: 56-60.

4. Waalewijn RA, de Vos R, Koster RW. Out of hospital cardiac arrests in Amsterdam and its surrounding areas: results from tha Amsterdam resuscitation study (ARREST) in Utstein style. Resuscitation 1998; 38: 157-167.

 

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18/12/2000