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- STATO DELL’ARTE DEGLI STUDI SUI BISOGNI
DEI FAMILIARI DI UN PAZIENTE RICOVERATO IN UN REPARTO DI TERAPIA INTENSIVA.
-
- Alessandra
Magotti
- Infermiera
- Diploma Universitario per Infermiere –
Trento
-
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In questa relazione viene presentata una revisione della letteratura
rispetto agli studi che hanno indagato a livello internazionale “i bisogni
dei familiari dei pazienti ricoverati in un contesto di Terapia Intensiva”,
allo scopo di offrire degli spunti di riflessione per la pratica quotidiana
e per capire e confrontare i risultati dello studio effettuato dall’Aniarti
sui bisogni dei familiari, che ripropone una ricerca effettuata nelle
rianimazioni del Trentino dalla sottoscritta assieme a Luisa Saiani e Maria
Luisa Drigo.1
-
Il ricovero in terapia intensiva
rappresenta un evento critico, un momento drammatico nella vita di una
persona e dei suoi familiari. La sua criticità non è solo legata alla grave
situazione clinica ma anche al fatto che il più delle volte accade senza
preavviso, compromettendo notevolmente la capacità d’adattamento del nucleo
familiare.
-
In vari studi2-3 l’esperienza di
avere un proprio caro ricoverato in un reparto di terapia intensiva viene
descritta dai familiari come molto stressante. Le emozioni più frequenti
provate dai familiari sono: paura, rabbia, incertezza rispetto a cosa è
successo e cosa succederà, sensi di colpa e frustrazione. Nello studio di
Titler at all i familiari riferivano che il ricovero del loro caro in
terapia intensiva aveva comportato sulla famiglia:
-
distruzione della routine
domestica, cambio delle relazioni fra i familiari (per alcuni in senso
positivo con aumento dell’unità familiare e occasione di crescita personale,
in altri in senso negativo con effetti disgreganti e di conflittualità),
conflitto di ruolo con senso di frustrazione di molti coniugi nel conciliare
il ruolo di coniuge, genitore, lavoratore, e di persona di sostegno per il
paziente e gli altri membri della famiglia.
-
L’infermiere si trova quotidianamente
coinvolto nella relazione fra paziente e familiare: concilia le visite dei
familiari con le esigenze assistenziali, incide nel creare un ambiente che
favorisca la relazione fra familiare e paziente, fornisce informazioni sugli
aspetti assistenziali, organizzativi, chiarisce le informazioni ricevute dal
medico. La relazione con i familiari non è sempre facile, sia per limiti di
tempo e di spazi che non favoriscono la comunicazione, sia perché il
rapportarsi con i familiari di un paziente in terapia intensiva risulta
molto spesso faticoso e non privo di momenti di conflittualità. Può essere,
infatti, difficile riuscire a capire quali siano i bisogni dei familiari,
gestire la loro paura e preoccupazione per la gravità della situazione,
vincere l’abitudine di allontanare i familiari.
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Numerosi sono gli studi che negli ultimi 20 anni hanno descritto quali erano
i bisogni dei familiari di un paziente ricoverato in un reparto di terapia
intensiva. I quesiti di ricerca che vengono descritti nei vari studi sono:
-
·
quali bisogni sono percepiti come
più importanti dai familiari,
-
·
quali bisogni dei familiari sono
percepiti come più importanti dagli infermieri,
-
·
ci sono differenze fra i bisogni
più importanti per i familiari e la percezione dei bisogni dei familiari da
parte degli infermieri
-
·
ci sono differenze fra la
percezione dei familiari in base alla criticità della situazione del
contesto dei legami di parentela,
-
·
ci sono differenze di percezione
dei bisogni da parte degli infermieri in relazione al tempo d’impiego in
terapia intensiva, in relazione ai diversi tipi di terapia intensiva (es.
rianimazione medica, chirurgica, coronarica..).
-
·
come e da chi vengono soddisfatti
i bisogni dei familiari.
-
La
maggior parte di questi studi ha utilizzato quale strumento per la
rilevazione dei dati la Critical Care Family Needs Inventory (CCFNI) creato
nel 1983 da Molter e Leske. Questo strumento contiene un elenco di 45 voci
di possibili bisogni dei familiari di un paziente ricoverato in un’ Unità di
Terapia intensiva alle quali viene chiesto al familiare di attribuire un
valore di importanza. Le voci rispondevano a diverse categorie di bisogni,
quali: bisogni legati alla visita al paziente (es. avere orari di
visita flessibili), bisogni di supporto psicologico e rassicurazione per
il familiare (es. avere qualcuno con cui parlare per esprimere quello
che si prova e anche poter piangere), bisogni di informazione (es.
ricevere informazioni quotidianamente), bisogni di comfort (es. avere
una sala d’aspetto vicina e confortevole). Lo strumento è stato validato da
diversi studi 4-5utilizzato in diversi contesti e tradotto in
varie lingue: francese6, olandese, 7 cinese e pure in
italiano divenendo lo strumento di ricerca dello studio effettuato in
Trentino e lo strumento utilizzato nello studio effettuato dal gruppo dell’ANIARTI.
-
Nel
confrontare questi studi emerge molta coincidenza nella percezione dei
bisogni da parte dei familiari intervistati in vari contesti di Terapia
intensiva.
I bisogni prioritari
emersi in quasi tutti gli studi 1_8-9-10-11-12-13-14sono:
-
·
essere rassicurati che vengono fornite le migliori cure
possibili.
-
·
ricevere risposte oneste
-
·
essere rassicurato di venir chiamato a casa riguardo a
cambiamenti nelle condizioni del paziente
-
- conoscere la prognosi
-
- ricevere informazioni quotidianamente
-
- ricevere informazioni in termini comprensibili
-
- sentire che c’è speranza
-
·
sapere in che cosa sta migliorando il paziente.
- Da questi risultati si può notare come i
familiari individuano come più importanti i bisogni di informazione e
sollievo dall’ansia nel ricevere informazioni, non richiedono soddisfazione
per bisogni personali, né prioritari sono ritenuti i bisogni di stare vicino
al paziente.
- Fattori, quali
grado di parentela, gravità del paziente, contesto incidono sulla percezione
dei bisogni da parte dei familiari?
-
Nello studio di Price12 che si era
posto il quesito se incideva il grado di parentela su un campione molto
ampio (213 familiari) non sono emerse differenza significative.
-
Nello studio di Kleinpell e Powers13
che si era posto il quesito se esistevano differenze fra percezione dei
bisogni da parte dei familiari e la gravità del paziente, misurata con il
sistema APACHE II su un campione 64 familiari, non sono emerse differenze
statisticamente significative (questi risultati,comunque, vanno letti
considerando alcuni limiti: la gravità dei pazienti è misurata in termini
oggettivi e non rispetto a ciò che viene percepito dai familiari, ). Nello
studio di Magotti A., Saiani L., Drigo M.L.1 non sono emerse
differenze statisticamente significative fra familiari intervistati nelle
rianimazioni polivalenti e nelle unità coronariche.
-
Nell’analizzare i vari studi che confrontano le
percezioni dei familiari con quelle degli infermieri emergono risultati
discordanti. In alcuni studi emerge buona capacità degli infermieri di
percepire quali sono i bisogni più importanti dei familiari di un paziente
ricoverato in Terapia Intensiva. Sia negli studi di Kleinpell and Powers13
e Magotti, Saiani, Drigo1 emerge una buona coincidenza fra le
percezioni dei familiari e quelle degli infermieri rispetto ai bisogni
ritenuti più importanti: otto su dieci coincidono. In altri studi emerge,
invece, scarsa capacità degli infermieri nel riconoscere quali siano i
bisogni prioritari per i familiari. Nello studio di Norris and Grove 10
su un campione di 20 familiari e 20 infermieri emergeva che gli
infermieri tendevano a sottostimare i bisogni d’informazione; nello studio
di Forrester14 su un campione di 92 pazienti e 49 infermieri
emergevano delle differenze statisticamente significative sul livello di
importanza dei bisogni attribuito dai familiari e dagli infermieri nel 50%
dei bisogni dei familiari analizzati.
-
Quali sono le differenze statisticamente
significative fra le percezione dei familiari e le percezioni degli
infermieri emerse in alcuni studi?
-
Gli infermieri tendono a sottostimare le
seguenti voci:
-
- avere una figura di riferimento da chiamare quando
non si è là (Kleinpell e Powers13 e Magotti, Saiani, Drigo1)
-
- sentirsi sicuro che il paziente sta ricevendo le
migliori cure possibili (Norris e Grove10, Magotti, Saiani,
Drigo1)
-
- sapere in che cosa sta migliorando il paziente (Magotti,
Saiani, Drigo1).
-
Da queste voci emerge la tendenza da parte degli
infermieri di sottostimare la necessità dei familiari di ricevere delle
informazioni frequentemente, in modo da essere sollevati dall’ansia
dell’attesa senza sapere cosa sta succedendo al paziente.
-
Gli infermieri tendono a sovrastimare le
seguenti voci:
-
- ricevere informazioni in termini comprensibili (Magotti,
Saiani, Drigo1)
-
- avere indicazioni su cosa fare al letto del
paziente (Magotti, Saiani, Drigo1)
-
- parlare riguardo alla morte (O’Malley at all15
e Magotti, Saiani, Drigo1)
- Queste voci possono
indicare la tendenza degli infermieri a sovrastimare dei bisogni dei
familiari che essi stessi vivono come difficili e problematici da gestire,
quali richieste di chiarimenti da parte dei familiari delle informazioni
ricevute, o affrontare esperienze emotivamente coinvolgenti quali la morte
di un paziente.
-
Dagli studi che si sono posti il quesito se
esitono differenze significative nella percezione dei bisogni da parte degli
infermieri intervistati in vari contesti di terapia intensiva (es.
Polivalente o Unità coronarica, ) emergono risultati discordanti.
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In O’Malley at all15 su un campione
di convenienza di 126 infermieri di 4 unità di terapia intensiva emersero
delle differenze significative fra gli infermieri dell’unità di terapia
avanzata e gli infermieri delle altre unità. Gli infermieri dell’unità di
terapia avanzata (dove i pazienti sono più gravi ) attribuivano un minor
livello di importanza ai bisogni dei familiari; questa differenza è dovuta,
secondo l’autore, alla priorità del servizio più orientato a fornire un’
assistenza tecnicamente più complessa rispetto alle unità di terapia
intensiva medica, chirurgica, cardiologica. I valori più alti erano
attribuiti dagli infermieri dell’unità di telemetria, questo secondo
l’autore rifletteva l’orientamento del servizio nel coinvolgere la famiglia
nell’educazione al paziente e nella riabilitazione prima della dimissione.
-
Nello studio di effettuato nelle rianimazioni
del Trentino1, invece, si nota una buona coincidenza di
percezione rispetto ai bisogni ritenuti più importanti dagli infermieri che
lavorano nelle Rianimazioni e dagli infermieri che lavorano nelle Unità
Coronariche. Le sole differenze che emergono si riferiscono in particolare
alla categoria dei bisogni di sostegno dei familiari nel rapporto con il
paziente. Gli infermieri delle rianimazioni dimostrano di considerare più
importante per i familiari la necessità di “avere indicazioni su cosa fare
al letto del paziente”, di “poter essere in due durante la visita”, di
“ricevere chiarimenti rispetto ai presidi/apparecchiature collegate al
paziente”. Questa diversità potrebbe essere collegata alla diversa
complessità del paziente e alle diverse misure terapeutiche. Molto
frequentemente il paziente in rianimazione si presenta intubato, collegato
ad un respiratore e con alterazioni dello stato di coscienza. La
comunicazione con il paziente, quindi, viene percepita dall’infermiere più
difficile tanto da ritenere importante supportare il familiare durante la
visita al proprio caro e favorire il sostegno reciproco fra familiari,
consentendo in alcuni casi la presenza di più di una persona al letto del
paziente. Interessante è notare come questa differenza di percezione
rispetto ai bisogni di sostegno nel rapporto con il paziente, emersa fra gli
infermieri delle diverse unità operative, non coincida con una diversa
attribuzione d’importanza a tali bisogni da parte dei familiari stessi
intervistati nelle rianimazioni e nelle unità coronariche.
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Dallo studio di O’Malley at all15,
emerse che gli infermieri che lavoravano in terapia intensiva dai 4 ai 6
anni attribuivano un valore d’importanza più alto ai bisogni dei familiari
rispetto agli infermieri che erano in terapia intensiva da meno di 3 anni e
da più di 6 anni. Secondo gli autori questo risultato potrebbe essere
spiegato in relazione allo sviluppo professionale descritto da Benner.
L’infermiere con meno di 3 anni di esperienza sta continuando a sviluppare
modelli su come fornire assistenza al paziente, quindi la sua attenzione è
centrata più sul rapporto infermiere / paziente e di conseguenza attribuisce
un valore più basso ai i bisogni della famiglia . Gli infermieri con più di
6 anni di esperienza sono in grado di soddisfare i bisogni della famiglia
con un po’ di più consapevolezza e facilità in quanto più esperti; perciò
tendono a non attribuire ai bisogni della famiglia un valore così alto
rispetto ad altre priorità. A differenza di questi risultati nello studio
effettuato in Trentino5 l’esperienza lavorativa non sembra
influire sulla percezione dei bisogni.
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Dagli studi1-15-16-17 che hanno
indagato il livello di soddisfazione dei bisogni secondo le opinioni sia dei
familiari che degli infermieri emerge una buona soddisfazione dei bisogni
ritenuti prioritari dai familiari, parzialmente soddisfatti erano i bisogni
riferiti alla visita al paziente, al supporto psicologico, agli aspetti di
comfort.
- Nello studio
effettuato in Trentino emergeva che le voci di bisogno: “avere orari di
visita più flessibili in base alle proprie esigenze” e “vedere il paziente
frequentemente” secondo gli infermieri erano parzialmente soddisfatti. Si
trattava di bisogni che i familiari classificavano fra i primi 10 più
importanti.
- In uno studio (Daley
19848) che chiedeva ai familiari quali erano le figure che meglio
soddisfavano i diversi bisogni è emerso che:
- i 10 bisogni
ritenuti più importanti erano percepiti dai familiare essere meglio
soddisfatti dal medico (si trattava prevalentemente di bisogni di
informazione) e la maggior parte dei restanti bisogni era percepita come
meglio soddisfatta dagli infermieri ( supporto psicologico e spiegazioni
durante la visita, essere avvisato a casa di cambiamenti.
- Altre figure
professionali individuate dagli infermieri per soddisfare dei bisogni dei
familiari erano il cappellano, servizi sociali, amministrazione15.
- Ques’ultimo
aspetto evidenzia la necesità di integrazione e collaborazione fra più
figure professionali per fornire un’ assistenza di qualità, centrata
sull’utente e il suo nucleo familiare.
-
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Concludo questa revisione della letteratura
senza la pretesa di essere stata esaustiva, ma con la speranza di aver
sollecitato motivi di discussione e curiosità rispetto ad un ambito della
nostra professione così importante e nel contempo così difficile, qual è la
relazione con i familiari in contesti di Area Critica.
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