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Diretta 2002
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Dibattito con esperti sulle problematiche legate al bisogno di
alimentazione ed elminazione.
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Maura
Lusignani Milano, IID, Vice Direttore della Scuola Universitaria di
discipline Infermieristiche, Facoltà di Medicina e Chirurgia Università
degli Studi di Milano.
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Insisto, siete veramente bravi, ho visto anche oggi
pomeriggio dei lavori che denotano una grande preparazione, una grande
competenza, quindi permettetemi ancora di farvi i complimenti
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Vorrei dire tre cose.
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La prima riguarda la competenza dell'infermiere
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Mi è venuto un dubbio atroce, mi sono chiesta se tutti gli
infermieri qui presenti, tutti gli infermieri che lavorano in aria
critica, tutti gli infermieri italiani, europei, del mondo devono essere
in grado di fare questi studi, ad esempio quelli che voi avete portato,
che sono abbastanza complessi.
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Quali sono le competenze che bisogna avere?
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Giustamente mi ricordate che si deve andar al pratico,
soprattutto noi che ci occupiamo di etica rischiamo sempre di rimanere ad
un livello dei problemi troppo alto.
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Quali sono i livelli formativi che occorre suggerire per
poter parlare di competenza anche in termini etici?
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Il CDC di Atlanta suggeriva, ad esempio, di organizzare
degli staff di infermieri, anche integrati da altri professionisti, dei
gruppi di infermieri dedicati solo a questo.
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Io credo che, parlando di competenza, una delle cose che
potremmo insegnarci a fare, anche dal punto di vista etico, è quello di
dire ai pazienti, alle persone assistite, che cercheremo di organizzare
nell'ambito di ogni istituzione, cercheremo di richiedere che si
organizzino gruppi di infermieri con altri professionisti che si dedichino
esclusivamente a questi studi, quindi che acquisiscano una formazione su
come si fa una ricerca bibliografica, su come si fa una revisione della
letteratura, su come si fa una meta-analisi, su come si valutano questi
dati, in modo da poter avere all'interno di ogni struttura la possibilità,
per tutti gli infermieri, di utilizzare questi dati e di non ritornare a
fare lavori che altri colleghi magari hanno già fatto.
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E' una soluzione, credo abbastanza semplice ma non so
quanto praticabile, che mi sentirei di suggerire proprio perché l'avete
presentata anche voi ed è suggerita anche dal CDC di Atlanta.
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Potremmo eventualmente richiedere questo tipo di
organizzazione direttamente alla direzione dei servizi infermieristici,
che assolutamente e responsabilmente dev'essere chiamata in causa nel far
sì che gli infermieri possano mantenere la competenza nei confronti delle
persone assistite.
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Credo che il problema non si possa risolvere qui, non è
soltanto nell'ambito di ogni singola azienda o ospedale che noi possiamo
risolvere il problema, il problema va rilanciato anche alle associazioni
professionali quali questa e la Federazione, perché anche i diversi
organismi rappresentativi della professione, a seconda ovviamente dei
livelli ai quali operano, possano esserci d'aiuto nel fare questi studi,
nel presentare le pubblicazioni e man mano poi nel permetterci di
utilizzarli.
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La seconda cosa riguardante la competenza dell'infermiere:
torniamo all'ipotesi che tutti siamo in grado comunque di fare questi
studi e quindi di confrontarci con questi dati.
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Allora ci troveremo di nuovo eticamente di fronte a diversi
tipi di comportamento: allora, conoscendo questi dati, ci sarà chi di noi
fa, cioè applica, ci sarà chi non fa, non applica, e chi di noi si astiene
dal fare.
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Abbiamo detto che uno dei valori di cui è portatore il
codice è "primum non nocere".
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Credo che il non recare danno alle persone sia il livello
minimo di comportamento sul quale dobbiamo attestarci.
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Dobbiamo però anche preoccuparci, perché è emerso, di
quanti colleghi non fanno, di quanti colleghi non sono nelle condizioni,
scelgono di non fare per tutta una serie di ragioni, dobbiamo porci anche
il problema di chi non fa nonostante le evidenze.
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Vorrei concludere questa parte insistendo e richiamando in
causa una parte dell'intervento che ho fatto stamattina, quando ho detto
che il fondamento del dovere morale di assicurare la qualità e l'efficacia
delle azioni professionali sta nel rapporto con la persona.
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Volevo mostrarvi questa tabella, che tra l'altro è una
tabella conosciutissima perché è estrapolata da un'indagine che fece la
Federazione nazionale dei collegi nel 1995, laddove fu chiesto a tutti gli
infermieri italiani di fare alcune valutazioni, di esprimersi rispetto
all'immagine che essi avevano del paziente ideale ed anche ai pazienti fu
chiesto che cosa pensavano dell'infermiere ideale.
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Si evidenzia che i pazienti pensano che gli infermieri
siano comunque preparati e capaci; gli infermieri hanno una concezione del
paziente ideale come un individuo fiducioso e collaborativo al quale si
chiede di rimettersi docilmente alle cure infermieristiche, senza opporre
resistenza ed ostacolare il processo di cura e di porsi come individuo
consapevole ed informato, non del trattamento e delle azioni che stiamo
facendo, ma dei problemi logistici ed organizzativi che il processo di
cura comporta per gli operatori.
Per necessita' tecniche o problemi
scrivete a: webmaster@aniarti.it |
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