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- Diretta 2002
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Presentare con logica multiprofessionale,
utilizzando come indicatore d’efficacia assistenziale il contenimento delle
infezioni nosocomiali in area critica, le modalità di gestione di alcune
problematiche legate al bisogno di:
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alimentazione parenterale
nell’assistenza intensiva
- al neonato e
bambino
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- Marta Costa,
Annalisa Costa, Alessandra Nicolini, Serena Stornello
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- Vigilatrici
D’Infanzia, U.O. di Anestesia Rianimazione Pediatrica e Neonatale
- Istituto
Giannina Gaslini (Genova)
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Introduzione
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- L’infermiere
nella sua professionalità deve essere in grado di programmare e
regolamentare il proprio lavoro in un contesto sanitario in continua
evoluzione, deve dimostrare competenza e serietà con lo scopo di organizzare
al meglio l’attività lavorativa, di fornire un servizio sempre più adeguato
alle esigenze del paziente. L’assistenza infermieristica basata
sull’evidenza scientifica (Evidence Based Nursing), permette di fornire
delle prestazioni basate su prove di efficacia dimostrate scientificamente.
Questo impegno di ottimizzare la qualità dell’assistenza deve sensibilizzare
maggiormente il personale infermieristico che opera quotidianamente
nell’area critica essendo il paziente ivi ricoverato esposto in maniera
esponenziale al rischio infettivo.
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- In campo
pediatrico e soprattutto neonatale l’impegno deve essere estremo anzitutto
perché l’evoluzione di una sepsi nel neonato è molto rapida e drammatica,
non di rado con conseguenze infauste. I neonati, ed in particolar modo i
nati pretermine hanno difese immunitarie di base deficitarie e spesso
ulteriormente compromesse da fattori esterni, quali per esempio interventi
chirurgici, infezioni già presenti e che hanno portato al ricovero, ed
impossibilità di alimentazione con latte materno, ricco di anticorpi. Gli
anticorpi infatti non passano al feto attraverso la barriera placentare fino
alla ventottesima settimana, quindi i piccoli nati prima di tale età ne sono
privi. Per questi motivi i neonati sono scarsamente difesi dal sistema
immunitario mucosale e presentano un deficit di immunoglobuline secretorie (IgA).
In questi piccoli pazienti inoltre la traslocazione batterica dall’apparato
gastroenterico è un’evenienza comune. I microorganismi, infatti, migrano più
facilmente attraverso tessuti che presentano fisiologicamente giunzioni
intercellulari meno efficaci rispetto all’adulto.
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- Oltre ai fattori
di rischio intrinseci elencati, di notevole interesse risultano i fattori di
rischio estrinseci quali le procedure assistenziali invasive (ventilazione
meccanica, cateteri vascolari, nutrizione parenterale) e la profilassi
antibiotica, ampiamente somministrata in Terapia Intensiva Neonatale che
facilita la selezione di ceppi resistenti. E’ estremamente importante quindi
identificare i fattori di rischio modificabili e, tra questi, le procedure
assistenziali più a rischio.
- E’ fondamentale
quindi mettere a punto un programma di prevenzione che preveda il
coinvolgimento del personale sanitario e che sia rivolto principalmente
all’ambiente nel quale si opera e al personale che si dedica all’assistenza
neonatale:
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protocolli per la gestione delle
procedure
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adeguata programmazione della
profilassi antibiotica
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riduzione al minimo di tutti gli
interventi non strettamente necessari
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Indicazione alla N.P.T.
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- La tecnica della
Nutrizione Parenterale Totale consiste nel somministrare tutti gli elementi
nutritivi di cui l’organismo necessita (carboidrati, grassi, proteine,
elettroliti, minerali, oligoelementi e vitamine) attraverso un catetere
venoso centrale.
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- La sua
introduzione in clinica ha favorito la guarigione, con sviluppo e crescita
normali, di neonati con anomalie congenite del tratto gastrointestinale,
neonati con estrema prematurità, lattanti con diarrea idiopatica e bambini
con altre patologie cliniche caratterizzate da insufficienza intestinale
relativa o assoluta, aumentato fabbisogno metabolico (sepsi, ustioni, post
operatorio).
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- Tre sono i
maggiori risultati che hanno dato credibilità all’impiego di questa tecnica
in pediatria.
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1)
La tecnica ha migliorato
notevolmente la prognosi delle malformazioni ed affezioni gastrointestinali
di interesse chirurgico(gastroschisi, onfalocele, fistola tracheoesofagea,
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atresia duodenale, digiunale o ileale, ileo da
meconio, peritonite meconiale, malrotazione volvolo). Alcuni autori hanno
riportato il 100% di sopravvivenza in una serie di 18 neonati con
gastroschisi ed onfaloceli lacerati trattati con la N.P. con catetere
centrale dopo l’intervento chirurgico. La mortalità di questa patologia
prima dell’introduzione della tecnica era del 60-80 %.
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2)
La diarrea protratta idiopatica
dell’infanzia ha trovato oggi reale possibilità di cure e guarigione
attraverso la nutrizione clinica. Nella diarrea protratta dell’infanzia
determinare la causa della diarrea è spesso difficile, a volte impossibile
per gli effetti secondari di malassorbimento e malnutrizione. L’ipotesi
proposta è che tali pazienti si possano giovare di un periodo di riposo
intestinale assoluto durante il quale deve essere utilizzata la N.P. con
catetere centrale. La mortalità di questa patologia prima dell’introduzione
della N.P. con catetere centrale era del 75%.
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3)
Sono stati ottenuti notevoli
risultati nella cura del neonato di basso e bassissimo peso.
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- Nella cura
intensiva del neonato di basso e bassissimo peso una corretta nutrizione è
fattore spesso determinante nella buona riuscita della cura medica globale.
- L’80% dei
neonati con peso uguale o inferiore a 1000 gr. richiede nutrizione
esclusivamente parenterale; il 69% dei neonati con peso compreso fra 1001 e
1500 gr. richiede nutrizione clinica mista (nutrizione parenterale ed
entrale).
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- Nel “Respiratory
Distress Sindrome” RDS, patologia che è molto frequente in questo gruppo di
neonati, alcuni autori avevano riscontrato in uno studio controllato che in
neonati affetti da RDS con peso uguale o inferiore a 1500 gr. sottoposti a
N.P., la percentuale di sopravvivenza era del 71% contro il 37% del gruppo
non trattato.
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- La N.P. in
questa situazione permette di evitare i danni di inalazione da alimento
nelle vie aeree e di fenomeni di replezione gastrica che ostacolano
negativamente la meccanica respiratoria. Inoltre lo sforzo respiratorio
aumenta le richieste energetiche di un organismo che di base ha scarse
scorte, elevate esigenze e un apparato digerente spesso impreparato ad
essere alimentato per l’immaturità funzionale cui si associa lo stato di
stress legato alla malattia.
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- La N.P. con catetere venoso centrale è stata
utilizzata con beneficio in numerose altre branche pediatriche (nefrologia,
oncoematologia, epatologia) oltre alla chirurgia e alla neonatologia.
- L’importanza
dell’introduzione di questa tecnica è stata paragonata solo a quella
dell’introduzione degli antibiotici; ciò nonostante i risultati conseguiti
sembrano essere invalidati da un altissimo prezzo rappresentato dalla sepsi;
infatti negli anni 1969-70 alcuni centri hanno riportato per la prima volta
la sepsi come complicanza in corso di N.P. con catetere centrale. Nel 1972,
con l’aumento delle casistiche, si mise in evidenza, e fu concordamente
ammesso, che la sepsi era da considerarsi la complicanza più frequente e più
temibile in corso di N.P.T..
- In una vasta
casistica di pazienti adulti è riportato il 27% di sepsi ed un 37% nella
popolazione pediatrica.
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- Questi eventi
hanno determinato da un lato un rinnovato interesse sia per la N.P.
periferica che per la nutrizione entrale a flusso continuo e dall’altro una
maggior determinazione a definire presupposti e requisiti nell’espletamento
della tecnica della N.P. con catetere centrale onde evitare o quantomeno
contenere le complicanze, soprattutto quelle settiche.
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Questi aspetti possono essere completamente
affrontati solo con una adeguata impostazione organizzativa, articolata in
tre momenti considerati come requisiti basilari della N.P. con catetere
venoso centrale.
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- Essi sono:
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presenza ed efficienza di una
equipe dedicata;
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istruzione attiva del personale
medico ed infermieristico;
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stesura di un protocollo di lavoro
prestabilito.
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Supporto nutrizionale e durata della
N.P.T.
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- La N.P.T. è il
metodo impiegato per la nutrizione artificiale dei pazienti nei quali
l’alimentazione orale o la nutrizione enterale sono impossibili,
sconsigliate o pericolose.
- La
nutrizione parenterale può essere totale o parziale e si può effettuare
attraverso due vie di
-
Infusione:
-
·
Catetere venoso centrale (diretto
o con accesso periferico)
-
·
via venosa periferica.
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- La nutrizione
parenterale totale in quantità sufficiente a sopperire ai fabbisogni per
periodi prolungati di tempo, si può effettuare esclusivamente attraverso un
catetere venoso centrale, cioè posizionato con l’estemità in vena cava.
L’inserzione del catetere può avvenire attraverso una vena di grosso calibro
(succlavia, giugulare), oppure attraverso una vena periferica (basilica,
cefalica). Ciò è necessario per somministrare le soluzioni nutritive
iperosmolari ad elevato contenuto calorico (< 900 mOsm/l, a base di glucosio
al 20-50%) che sono lesive dell’endotelio vasale; per rendere tollerabili
tali soluzioni è necessario infondere in una vena ad alto flusso, che ne
consenta la rapida diluizione nel sangue.
- Con l’impiego
delle soluzioni glucosate iperosmolari è possibile fornire un apporto
calorico adeguato (variabile tra 25 e 50 kcal/die) in un volume di soluzione
infuso relativamente modesto e quindi ben tollerato (2000-3000 ml/die). I
principi nutritivi vengono miscelati in una sacca in materiale plastico
biocompatibile, in modo asettico, e vengono somministrati utilizzando una
pompa infusionale.
-
- Dal punto di
vista metabolico, tre periodi possono essere individuati durante
l’esecuzione della N.P.T.; in queste tre fasi le modalità di
somministrazione dei principi nutritivi, nonché la composizione delle
sostanze infuse sono diverse, ciò per consentire all’organismo di utilizzare
al meglio i substrati nutritivi e per evitare complicanze di ordine
metabolico e circolatorio.
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1)
Fase di induzione o di
adattamento; la durata di questa fase nel paziente pediatrico va in
genere da tre giorni nel paziente più grande a otto giorni nel neonato
pretermine. Le miscele in questa fase sono composte da soluzioni glucosate
di concentrazioni progressivamente crescenti, mescolate a soluzioni di
aminoacidi in quantità tali da rispettare un rapporto ottimale per
l’utilizzazione delle calorie.
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-
2)
Fase di stabilità o di stato;
essa viene raggiunta quando vi è un’ottima tolleranza ai compo-
-
nenti nutritivi (soprattutto al glucosio) ed un
buon equilibrio idro-elettrolitico. Anche in questa fase si può aumentare o
diminuire la quantità totale di soluzioni quotidianamente infuse per
adeguarsi alle esigenze metaboliche del paziente.
-
-
-
3)
Fase dello svezzamento;
quando si prevede la sospensione definitiva ed elettiva della N.P.
-
con catetere centrale, è indispensabile
procedere ad una riduzione graduale e progressiva dell’apporto glucidico.
Ciò viene generalmente effettuato nelle 24 ore con una riduzione graduale
dell’infusione della soluzione ipertonica in atto, oppure con soluzioni
ipertoniche in concentrazione progressivamente decrescenti.
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- La nutrizione
parenterale parziale si effettua solitamente mediante infusione delle
miscele nutritive in una vena superficiale del braccio o sul dorso della
mano; non permette l’impiego di soluzioni ipertoniche. Tuttavia utilizzando
soluzioni glucosate al 10% (quale fonte concentrata di energia), è possibile
somministrare fino a 1000-1500 kcal/die attraverso una vena periferica,
cambiando accesso venoso ogni 3-4 giorni.
- La nutrizione parenterale parziale è
frequentemente utilizzata nel periodo perioperatorio, per la grande facilità
e la sicurezza di impiego; ciò consente di effettuare un supporto
nutrizionale
- artificiale pari
a circa 2/3 del fabbisogno calorico, anche per 1-2 settimane. Per la
nutrizione parenterale di durata prolungata si deve invece obbligatoriamente
utilizzare un catetere venoso centrale.
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- Se si pianifica
una N.P.T. a lungo termine (oltre 2-3 mesi), è opportuno posizionare un
catetere venoso centrale a permanenza, adottando particolari precauzioni per
diminuire il rischio di infezione del catetere; in tal caso si utilizza un
catetere tipo Broviac, tunnellizzato nel sottocutaneo.
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-
L’applicazione corretta della N.P. con
catetere centrale presuppone:
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ü
Conoscenza delle indicazioni
dei problemi inerenti all’inserimento e al mantenimento asettico del
catetere;
-
ü
Conoscenza della formulazione
o prescrizione, preparazione sterile e somministrazione monitorizzata
delle soluzioni;
-
ü
Conoscenza dei problemi
inerenti al controllo clinico e metabolico del paziente e delle possibili
complicanze;
-
ü
Conoscenza dei vari
protocolli di lavoro prestabiliti e del coordinamento dell’equipe
richiesta per lo svolgimento del programma terapeutico.
-
-
- 3) L’utilizzo
di cateteri venosi centrali impregnati di antibiotico, è consigliato per
pazienti adulti
-
che necessitano di cateterizzazione venosa
centrale a breve termine(inferiore a10 giorni) e che
- sono ad
alto rischio di CR-BSI. Sebbene la maggior parte degli studi siano stati
condotti su
- pazienti
adulti, questi dispositivi sono stati approvati dall’FDA per l’utilizzo in
piccoli pazienti
- con peso
superiore o uguale a 3 Kg. Non sono invece utilizzabili in pazienti neonati
di peso in-
- feriore
ai 3 Kg.
-
-
-
4)
La tecnica della tunnellizzazione
sottocutanea del tratto extravascolare del catetere inserito nelle vene
centrali, può essere utilizzata soprattutto se si prevede un lungo periodo
di impiego.
-
Questa scelta viene attuata allo scopo di
impedire la migrazione all’interno del vaso dei microrganismi che
eventualmente contaminano il sito di inserzione. Questo metodo consiste nel
far uscire il catetere dalla cute in un punto lontano dal suo ingresso
vascolare. Sono cateteri posizionati tramite un piccolo intervento
chirurgico, con il quale si isola la vena(solitamente giugulare interna) e
si crea un tunnel sottocutaneo, piuttosto lungo, all’interno del quale si
posiziona la cuffia in materiale non assorbibile fissata al catetere.
Ultimamente sono entrati in commercio anche cateteri di questo tipo
inseribili con puntura diretta della cute e successivamente tunnellizzati,
che hanno due vantaggi: si elimina il traumatismo chirurgico e si evita la
legatura della vena utilizzata. La cuffia dopo qualche giorno crea nel
sottocutaneo una reazione di granulazione ed il catetere rimane così fissato
creando una ulteriore barriera difensiva in caso di risalita di germi
colonizzanti il punto di fuoriuscita sulla cute.
-
Vengono utilizzati per la somministrazione di
nutrizioni parenterali diversi tipi di dispositivi a permanenza che possiamo
distinguere in due gruppi :
-
-
-
dispositivi parzialmente
impiantabili (tipo BROVIAC)
-
-
dispositivi totalmente
impiantabili(tipo “PORT”)
-
-
I primi, hanno un tragitto in parte sottocutaneo
ed in parte esterno.
-
-
Verso la metà del tragitto sottocutaneo il
catetere possiede una sorta di rigonfiamento (detto “cuffia”) in
dacron, che, reagendo con i tessuti sottocutanei dell’ospite, si oppone a
possibili dislocazioni accidentali. I secondi sono totalmente sottocutanei.
-
-
Nei soggetti portatori di cateteri parzialmente
inpiantabili complicanze sistematiche (infezioni) risultano relativamente
frequenti, probabilmente in rapporto a maggior numero di manipolazioni
necessarie per la loro gestione quando non in uso.
-
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L’infezione del decorso sottocutaneo del
catetere può essere causata da una ferita aperta vicino al luogo di
inserzione o più frequentemente dalle manovre non perfettamente asettiche
durante l’inserzione e/o la manutenzione del catetere.
-
-
L’infezione può essere localizzata inoltre al
foro di inserzione o nel punto della tunnellizzazione del catetere.
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-
Questo tipo di infezione si verifica sia nei
cateteri parzialmente impiantabili sia in quelli totalmente impiantabili.
-
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Si tenga infine presente che:
-
-
·
Le infezioni del caterere tipo
port, specie se localizzate al tunnel o alla tasca richiedono la rimozione
del dispositivo.
-
·
Le infezioni micotiche e quelle da
micobatteri richiedono sempre la rimozione del catetere.
-
- - apporre medicazione sterile per
prevenire la contaminazione del sito oppure
-
utilizzare
medicazione con membrana semipermeabile trasparente che permette
-
con facilità
l’ispezione del sito d’ingresso del catetere
-
- registrare la data della procedura in
cartella o scheda infermieristica.
-
-
-
Sede di inserzione del catetere venoso centrale.
-
-
- Così come la
scelta del tipo di catetere deve essere attentamente valutata in base al suo
successivo utilizzo ed alle condizioni cliniche del paziente, così anche la
scelta della sede di inserzione, considerando anche le possibili complicanze
infettive e meccaniche.
- Nell’ambito
pediatrico e neonatale le sedi di inserzione variano rispetto a quelle
dell’adulto soprattutto a causa di una maggiore difficoltà a reperire
accessi venosi sia centrali che periferici.
- .
- Specificatamente
nel neonato o piccolo pretermine, le vie di accesso venoso più utilizzate
sono:
-
1)
la
via ombelicale
-
2)
giugulare
-
3)
basilica e cefalica.
-
-
1)
Nel neonato è possibile utilizzare, inizialmente e per un breve periodo di
tempo, la via ombelicale, facilmente reperibile ma non priva di difficoltà
di incannulamento e gestione. Il tempo di permanenza di un catetere
ombelicale in poliuretano è di 10-15 giorni, molto di più per uno al
silicone, tuttavia è sconsigliabile mantenere questa via per molto tempo,
essenzialmente per il rischio di sepsi, più elevato rispetto a quello
rilevato dall’uso di altri tipi di accessi venosi.
-
I fattori che comportano questo rischio,
indipendentemente dalla gestione, sono essenzialmente due: L’insorgenza
della vena ombelicale è in pratica all’esterno del corpo, non vi è nessuna
struttura cutanea o sottocutanea che separi l’ambiente dalla parete della
vena e del catetere inserito, e questa particolare condizione anatomica
consente una facile risalita di batteri nel caso di contaminazione; inoltre
la parte restante, seppur minima del moncone ombelicale, è un ottimo terreno
di coltura per i microrganismi eventualmente colonizzanti.
-
Una complicanza infettiva e/o reattiva molto
grave, che può insorgere con l’uso di questi cateteri, è la trombosi della
vena cava inferiore. Anche in ambiente protetto, è possibile utilizzare
questa via solo se si ha la possibilità di eseguire un controllo
radiografico che confermi la corretta posizione in vena cava inferiore del
catetere, o come alternativa, comunque meno sicura, un cardiomonitor che
possa evidenziare eventuali extrasistolie scatenate dalla punta del catetere
sulla parete del cuore, e che possa rilevare l’onda ed il valore della
pressione venosa centrale.
-
-
Rischio infettivo
-
-
La via ombelicale è quindi ad alto rischio di
infezioni; è di estrema importanza quindi tentare di mantenerla il più
possibile pulita, eventualmente ricorrendo alla cateterizzazione vescicale e
mantenendo la medicazione con pellicole impermeabili trasparenti da
sostituire spesso soprattutto i primi giorni, quando è maggiore la
possibilità che la medicazione si sporchi con sangue o sia molto umida a
causa del moncone ombelicale residuo in via di decomposizione.
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Ogni situazione anomala rilevata (arrossamenti
circostanti, secrezioni di aspetto corpuscolato) deve essere tempestivamente
segnalata, ed eseguito un monitoraggio microbiologico inviando subito ed
ogni 3/4giorni un tampone ombelicale.
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-
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2)
Non vi sono differenze di tecnica per quanto riguarda l’incannulamento
delle vene giugulari rispetto all’adulto, ma l’eterogeneità dei pazienti
pediatrici comporta diverse misure e lunghezze dei cateteri. Questi tipi di
cateteri possono rimanere in sede, qualora non vengano rilevati problemi
infettivi o irritativi a livello del foro di inserzione, non più di 20
giorni.
-
Vi sono alcuni problemi legati alla gestione
delle vie giugulari, derivanti dal fatto che il collo molto corto dei
neonati e dei lattanti causa spesso angolazioni del catetere a livello
della farfalla o del cono esterni creando iniziali problemi di occlusione,
risolvibili con medicazioni compressive ed iperestensione del collo, e
causando nel tempo fissurazioni del catetere stesso, evenienza non
infrequente. E’ molto importante quindi, controllare periodicamente che la
medicazione non sia bagnata, segnale di rottura del catetere: in questo caso
infatti non vi è quasi mai fuoriuscita di sangue dalla lesione; le pompe
infusionali non danno nessun avvertimento in quanto continuano a funzionare
con regolarità. Una disattenzione in questo senso può portare sia ad una
mancata somministrazione di liquidi e soprattutto di farmaci, spesso
essenziali per la stabilità emodinamica del bambino, sia all’ occlusione del
catetere, che non potrà più essere sostituito con la semplice manovra di
introduzione di una guida metallica.
-
-
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Rischio infettivo
-
- Il rischio
infettivo di questi cateteri è discretamente elevato, il catetere infatti
attraversa le strutture anatomiche per un breve tratto prima di immettersi
in una vena di grosso calibro e già in prossimità del cuore.
-
-
3) Nei neonati o piccoli prematuri,
altra sede scelta come sito di inserzione del catetere venoso centrale è
quella della vena basilica o cefalica che si trovano a livello della piega
del gomito. E’ sicuramente la via di accesso meno traumatizzante per il
bambino ed esente da complicanze immediate, comunque non priva di difficoltà
di posizionamento e gestione L’incannulamento venoso prevede l’inserzione
della cannula per via per cutanea o mediante incisione chirurgica.
-
La via percutanea costituisce il metodo
di incannulamento venoso(centrale e periferico) più utilizzato. Essa prevede
la puntura della vena prescelta per mezzo di un ago che attraversa la cute
ed i piani sottostanti sulla guida di reperi cutanei ed osteomuscolari
(puntura a cielo coperto). Il catetere può entrare nel sistema vascolare in
vari modi:
-
-
-
direttamente all’interno dell’ago
-
-
Direttamente all’esterno dell’ago
-
-
all’interno della cannula plastica
precedentemente inserita
-
-
lungo la guida metallica
introdotta nell’ago che ha punto la vena(tecnica di Seldinger);
questa tecnica, utilizzando aghi di piccolo calibro viene proposta
-
per ridurre il trauma ed
il rischio di complicanze.
-
-
La tecnica chirurgica che
prevede l’incisione, esposizione ed incannulamento
-
è associata ad un più elevato rischio
di infezione.
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Rischio infettivo
-
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Dal un punto di vista di contaminazioni
batteriche, questa sede è piuttosto sicura in quanto una eventuale infezione
del punto di ingresso incontra, nella progressione, prima uno stato
sottocutaneo,seppur breve, poi una vena periferica molto distante dai grossi
vasi: è quindi relativamente facile accorgersi della iniziale infezione, che
si presenta come una flebite, prima che questa crei gravi problemi di
sepsi.
-
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Preparazione della
N.P.T.
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- L’infermiere è
coinvolto in tutte le fasi della nutrizione clinica.
-
- La preparazione
della N.P.T. viene svolta in Farmacia, in una camera sterile, sotto cappa a
flusso laminare. I vantaggi sono: un prodotto sterile privo di errori, di
cui la formulazione è personalizzata e l’esenzione del personale di reparto
dalla preparazione.
-
- Un’impostazione
corretta del servizio di preparazione della N.P.T. prevede le seguenti fasi
a cui l’infermiere deve porre estrema attenzione:
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-
Raccolta dati. Viene
effettuata principalmente al mattino. Gli infermieri addetti a tale servizio
si recano nei reparti dove il medico avrà fatto le richieste di N.P.T.,
verranno riportati su apposito registro tutti i dati del paziente: nome,
cognome, età, peso, altezza, patologia, motivo della richiesta, via di
accesso vascolare, tipo di catetere. Tutte queste informazioni consentiranno
al Farmacista di formulare una N.P.T. personalizzata.
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-
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Preparazione camera sterile.
Il preparatore di farmacia si occupa della pulizia e disinfezione della
camera sterile. La cappa a flusso laminare e tutti i ripiani vengono passati
con alcool 70°, come tutto il materiale (flaconi, fiale, ecc) che viene
utilizzato. Si occuperà inoltre della sterilizzazione di: camici, garze,
spazzolini, elastici, forbici, pinze, klammer, buste per contenere le sacche
pronte.
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-
Preparazione delle sacche per
N.P.T. Solo il personale addetto può entrare in camera sterile, munito
di cappellino e mascherina. Si procede al lavaggio delle mani con tecnica
asettica, si segue la vestizione con camice e guanti sterili. Ha inizio la
preparazione. La scelta della sacca è fatta in base al volume totale della
soluzione da infondere. Per il riempimento, che avviene utilizzando una
riempitrice automatica, si segue uno schema prestabilito: 1) glucidi, 2)
aminoacidi, 3) acqua, 4) sali, 5) oligoelementi, 6) farmaci, 7) vitamine, 8)
lipidi. Alle sacche viene inserito il deflussore idoneo alla pompa
d’infusione usata per il reparto. La sacca così completa verrà protetta
dalla luce con la carta stagnola ed etichettata con il nome del paziente,
data, volume totale e millilitri orari da infondere. La sacca viene inserita
in una busta sterile, ed inviata in reparto.
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Se le soluzioni devono essere approntate in
reparto occorre osservare alcune regole fondamentali:
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·
Materiali occorrenti:
-
- - Sacche in
materiale plastico inerte provviste di tre punti di introduzione per i
nutrienti
- di maggiore
volume(glucosio, aminoacidi, acqua) e di una ulteriore
- via di
ingresso per quelli di minor volume(elettroliti, minerali, vitamine,
eventualmente lipi-
- di, che in
alcuni centri vengono ancora somministrati in seconda via).
-
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-
-
Burette graduate che si raccordano
alla sacca per il calcolo dei volumi introdotti. In tale modo si possono
costituire soluzioni utilizzando un sistema chiuso o semichiuso con aria
filtrata, che riduce in pratica a zero il rischio di contaminazione
batterica (è consigliabile eseguire periodicamente controlli microbiologici
sulle soluzioni parenterali, in particolare nei primi periodi di utilizzo di
tale pratica).
-
-
·
Il luogo di preparazione delle
miscele parenterali deve essere all’interno del reparto, in un ambiente
apposito e pulito. Deve essere una stanza di piccole dimensioni, con il
minimo indispensabile di suppellettili, una sola entrata ed elusivamente
adibita alla preparazione di soluzioni per N.P.T. e farmaci. Indispensabile
nella stanza, o ancor meglio all’ingresso, un lavandino.
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·
Il materiale posto in questa
stanza deve essere il minimo necessario:
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Fiale delle varie componenti
elettrolitiche.
-
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Siringhe monouso.
-
-
Infusori.
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Disinfettanti, garze sterili,
mascherine, guanti, cappe e telini sterili.
-
-
·
Chi si appresta a questa manualità
deve eseguire con massimo senso di responsabilità un protocollo: successione
precisa di gesti da compiere.
-
-
·
Le mani sono un importante veicolo
di trasmissione e quindi devono essere accuratamente lavate prima di
preparare le soluzioni.
-
-
·
La preparazione delle sacche per
N.P.T. prevede l’impiego di due operatori di cui uno vestito sterilmente,
che prepara materialmente la sacca, mentre il secondo coadiuva il lavoro del
primo, manipolando il materiale non sterile.
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-
- È altresì importante che nella stanza non
entrino persone durante la fase di allestimento.
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- Nella preparazione di una soluzione per
N.P.T. è necessario controllare che tutti i flaconi presentino le
caratteristiche di idoneità all’uso (la data di scadenza, assenza di
precipitati, limpidezza, ecc).
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- Per gli additivi e i farmaci impiegati per
la preparazione delle soluzioni è preferibile utilizzare confezioni
monodose; quando si utilizzano flaconi multidose è necessario che questi
siano correttamente utilizzati e conservati, seguendo le principali norme di
asepsi e le istruzioni fornite dalla casa farmaceutica.
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-
Gestione della linea
venosa centrale
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- Le infezioni
associate a dispositivi intravascolari sono correlate a due principali
fonti: la contaminazione del lume del CVC da parte di microorganismi
presenti nel fluido infusionale e la contaminazione della superficie esterna
del catetere con conseguente passaggio del germe dal sito di infezione al
torrente circolatorio.
-
- La
contaminazione dei fluidi infusionali oggi è piuttosto rara.
-
- Il corretto
mantenimento di un CVC e la cura scrupolosa del sito di inserzione sono
componenti essenziali per una strategia di prevenzione delle infezioni CVC
correlate. Questo include la corretta gestione di tutta la linea infusionale
(prolunghe, raccordi, rubinetti), l’uso di una appropriata medicazione del
sito di inserzione e di soluzioni di lavaggio per il mantenimento della
pervietà del CVC.
-
- Le mani vanno
accuratamente lavate prima di inserire o manipolare ogni dispositivo
intravascolare.
-
- La durata
ottimale del lavaggio delle mani è ancora in fase di studio.
- I componenti
sterili della linea infusionale vanno assemblati sterilmente (uso di guanti
sterili, mascherina e copricapo) al momento dell’inizio della
somministrazione, riducendo al minimo il numero di ports, connessioni e
colonne cieche di fluido infusionale (CAT A GR II).
-
- La
contaminazione della linea venosa fornisce un importante contributo alla
colonizzazione batterica intraluminale del catetere, soprattutto in quelli a
lunga permanenza.
-
- La manipolazione
frequente della linea aumenta il rischio di contaminazione.
- È quindi
dimostrato che prima di accedere al sistema è necessaria la disinfezione
delle superfici esterne di raccordi e connettori con soluzioni acquose di
clorexidina o iodopovidone (salvo diversa indicazione del produttore per
incompatibilità dei materiali).
-
- Tutto il sistema
infusionale deve essere sostituito alla sostituzione del CVC, e comunque ad
intervalli di 72 ore, salvo diversa prescrizione medica.
- L’uso del
biopatch (impregnato di clorexidina), per la medicazione nella sede di
inserzione del catetere sembra ridurre in modo significativo la
colonizzazione della punta del catetere nei pazienti pediatrici.
-
- In caso di
infusione di sangue, e suoi derivati o emulsioni lipidiche tutto il sistema
va sostituito alla fine della somministrazione e comunque entro le 24 ore
dall’inizio della stessa (CAT C; CAT B GR III).
- La scelta della
corretta medicazione del sito di inserzione riduce il rischio di infezione.
La caratteristica fondamentale di una medicazione deve essere la
permeabilità al vapore acqueo. Infatti l’ambiente umido favorisce il rapido
sviluppo della microflora cutanea. I due tipi più comuni di medicazione
usati sono la “medicazione trasparente” in poliuretano sterile,
semipermeabile (Opsite, Tegaderm) e la garza sterile con cerotto.
- La medicazione
trasparente assicura una stabile adesione alla cute, una immediata ispezione
del sito di inserzione, la possibilità di assicurare al paziente una
adeguata igiene personale (può infatti essere bagnata) e richiede
sostituzioni meno frequenti, con notevole risparmio di tempo del personale
in assistenza.
- Se dal punto di
vista del rischio di contaminazione non esistono studi in grado di
dimostrare l’efficacia di una rispetto all’altra, valutato il rapporto
costo/beneficio, ne è sconsigliato l’uso routinario. Entrambe le medicazioni
vanno sostituite ogni 48 ore o all’occorrenza, quando bagnate, staccate o
sporche e ogni qual volta sia necessaria l’ispezione del sito.
-
- La sorveglianza
include l’ispezione del sito frequente, sia per diretta osservazione, sia
tramite delicata palpazione attraverso la medicazione intatta. Alcuni studi
sull’uso di unguenti antimicrobici da applicare sotto la medicazione allo
scopo di prevenire infezioni non ne hanno dimostrato l’efficacia.
-
- Il mantenimento
della pervietà del lume del CVC e la prevenzione della formazione di
trombosi riduce il rischio infettivo. L’infusione di soluzione salina
eparinata o semplice soluzione salina ha lo scopo di prevenire trombosi e la
conseguente “adesione” microbica al catetere, prolungandone la pervietà.
- In particolare
alcuni studi hanno dimostrato che l’uso dell’eparina riduce significatamene
la colonizzazione batterica e mostra una forte ma non significativa
riduzione delle batteriemie CVC correlate.
- Nonostante
alcuni studi abbiano dimostrato che la somministrazione routinaria di
eparina, anche se a basso dosaggio, in alcuni pazienti abbia portato a
disordini coagulativi e complicanze, dato il rapporto rischio/beneficio
nella prevenzione delle infezioni, il suo uso è raccomandato.
- .
- Va inoltre
segnalato che: i campioni ematici non vanno prelevati da un catetere
destinato alla N.P.T., tranne quando sia indispensabile o quando si sospetta
una batteriemia CVC correlata. È preferibile l’uso di un catetere multilume,
uno dei quali dedicato esclusivamente al prelievo ematico (CAT A GR III).
- Tutto il sistema
intravascolare, compreso il CVC, va sostituito in caso di infezione
accertata o fortemente sospettata.
-
- Se si tratta di
CVC a lunga permanenza si fa un tentativo con la terapia antibiotica,
evitando la rimozione del catetere, sempre che lo permettano le condizioni
del paziente (CAT A GR III).
-
-
-
-
-
- Complicanze
infettive
-
- Le infezioni
catetere correlate sono classificate nei seguenti modi:
-
-
Colonizzazione del catetere
-
- Si verifica
quando un microrganismo è isolato dal segmento intravascolare del catetere
(punta del catetere) ma si tratta di un organismo saprofito, oppure la sua
crescita è considerata insufficiente come causa di infezione. Non si ha
setticemia, né evidenza di infiammazione locale o sistemica.
-
- Infezione
correlata al catetere
-
- In questo caso
un patogeno è isolato dalla punta del catetere e la sua crescita è
sufficiente a causare un’infezione. Questa condizione non è accompagnata da
sepsi, ma può costituire un preludio. Segni di infiammazione locale (per
esempio eritema o purulenza nel punto di inserzione) o sistemica (febbre o
leucocitosi) possono essere presenti come assenti. (una possibilità, quest’ultima,
che rende in parte insoddisfacente la descrizione di questa condizione,
poiché è possibile che si verifichi un’infezione correlata al catetere senza
che siano osservabili segni clinici di infiammazione o infezione).
-
- Sepsi correlata
al catetere
-
- In questo caso
lo stesso organismo patogeno viene individuato sulla punta del catetere e
nella circolazione sistemica. La crescita dell’organismo sul catetere è
sufficiente a indicare nel catetere la causa primaria della sepsi.
-
- Vie di infezione
-
- La figura 1
mostra le vie più comuni di setticemia correlata a catetere. Vediamola ora,
facendo riferimento ai corrispondenti numeri.
-
-
1)
Gli agenti infettivi possono
penetrare nel lume interno dei cateteri vascolari attraverso punti di
discontinuità del sistema di infusione. Le infezioni per questa via possono
essere limitate mantenendo un sistema di infusione chiuso ed evitando
collegamenti non necessari nel sistema.
-
-
2)
Gli agenti infettivi sulla
superficie della pelle migrano lungo il tratto sottocutaneo creato dai
cateteri in sede. Questa è considerata la via principale delle infezioni
correlate al catetere; la sua evidenza, tuttavia, non è convincente.
-
-
3)
I microorganismi del sangue
circolante possono rimanere intrappolati nella rete che circonda i segmenti
intravascolari dei cateteri in sede. In questo modo, la guaina di fibrina
funziona da filtro per il sangue circolante, così come i filtri impiegati
nelle emotrasfusioni. Questa via di infezione viene generalmente ignorata,
ma può diventare rilevante nei pazienti critici
-
- figura 1.
-
-
-
Considerazioni speciali per le infezioni da catetere nei pazienti
pediatrici.
- Come negli
adulti, anche nei bambini la maggior parte delle BSI è correlata con l’uso
di catetere
- La prevenzione
delle suddette infezioni, richiede ulteriori considerazioni, sebbene solo
alcuni studi siano stati specificatamente condotti nei bambini. I dati
pediatrici sono stati ricavati principalmente da studi in unità di terapia
intensiva neonatale e pediatrica e in pazienti pediatrici oncologici.
-
- Epidemiologia
-
- . Dal 1995 al
2000, il numero di infezioni correlate a catetere nelle ICU pediatriche è
stato di 7,7 per mille cateteri/die. La frequenza di infezioni in bimbi di
peso < 1 kg per cateteri venosi centrali o cateteri ombelicali è stata di
11,3 per mille/die, mentre al di sopra di questo peso è stata di 4 per mille
cateteri/die. Non c’è stata differenza per CRBSI o BSI senza una sorgente di
contagio ben determinata.
-
- L’incidenza > di
infezioni da CVC o ombelicale nel paziente neonato fortemente immaturo, è
correlato anche allo stato di immaturità della cute e dei tessuti
sottostanti.
- Il biopatch è
stato associato a dermatite da contatto localizzata in bambini di bassissimo
peso. Di 58 neonati di basso peso, 15 (circa il 15%) hanno sviluppato
dermatite da contatto; solo 4 (1,5%) di 357 neonati di peso > 1 kg hanno
sviluppato una dermatite (p < 0,0001).
-
- I neonati di età
gestazionale < a 26 settimane in cui era stato messo un catetere venoso
centrale a meno di 8 giorni di vita extrauterina erano a maggior rischio di
sviluppare dermatite da contatto, mentre nessuno dei neonati normali, a
termine, di un gruppo di controllo, ha sviluppato la stessa reazione.
-
- Indicazione di
prestazione
-
- Gli indicatori
di prestazione per ridurre le CRBSI sono:
-
-
-
L’implementazione di programmi
didattici che richiedono componenti didattiche e interattive per coloro che
posizionano e gestiscono i cateteri.
-
-
-
Uso delle massime barriere sterili
cautelative durante il posizionamento dei cateteri.
-
-
-
Uso della clorexidina per
l’antisepsi cutanea.
-
-
-
Tempestività nell’ablazione del
catetere quando questo non sia più essenziale per il trattamento medico del
paziente.
-
- L’impatto di
queste raccomandazioni dovrebbe essere valutato per ogni istituzione usando
specifici indicatori di prestazione.
-
- Educazione
degli operatori sanitari e training
-
-
-
Educare gli operatori sanitari
riguardo l’uso e l’indicazione dei cateteri intravascolari (procedure
adeguate per l’introduzione dei cateteri e mantenimento degli stessi,
prevenzione delle infezioni da catetere). CAT I A.
-
-
-
Verificare la conoscenza e il
rispetto delle linee guida periodicamente per tutto il personale che
introduce e gestisce i cateteri endovascolari. CAT I A.
-
-
-
Assicurare un appropriato livello
assistenziale del personale infermieristico in ICU per minimizzare
l’incidenza di CRBSI. CAT I B.
-
- Microbiologia
-
- La maggior parte
delle CRBSI nei bambini è dovuta a stafilococco coagulasi negativa. Nel
periodo tra il1992 e il 1999 questi germi erano responsabili del 37,7% delle
BSI nelle ICU pediatriche. I batteri gram negativi erano responsabili del
25% delle BSI nelle ICU pediatriche, mentre gli enterococchi e le Candida
Species erano responsabili rispettivamente del 10% e 9%.
-
- Studio
delle infezioni nosocomiali nella U.O. di Anestesia e Rianimazione Neonatale
e Pediatrica dell’Istituto Giannina Gaslini: incidenza, aspetti eziologici,
fattori di rischio e proposte operative per misure di controllo.
-
- Le sepsi gravi
in età neonatale possono essere a trasmissione verticale o nosocomiale,
mentre in altre età pediatriche sono a trasmissione comunitaria o
nosocomiale. (diapositiva a)
-
-
- Sepsi
gravi in età pediatrica.
-
-
·
Età neonatale:
trasmissione verticale
-
trasmissione nosocomiale
-
-
·
Altre età
pediatriche: trasmissione comunitaria
-
trasmissione nosocomiale
-
diapositiva a
-
|
-
- Le sepsi
neonatali possono essere ad insorgenza precoce (entro le prime 72 ore di
vita) (diapositiva b)
-
-
- Sepsi
neonatali.
-
-
·
Insorgenza
precoce: < 72 ore
-
-
·
Insorgenza
tardiva: > 72 ore
-
-
diapositiva b
-
|
-
- Le sepsi
neonatali ad insorgenza tardiva hanno generalmente origine nosocomiale, i
principali agenti eziologici sono CNS con mortalità fino all’11%, ed i gram
positivi che possono causare il 70% di queste infezioni. (diapositiva c)
-
- Sepsi
neonatali ad insorgenza tardiva ( > 72 ore)
-
-
·
Origine nosocomiale nella
maggior parte dei casi
-
-
·
Principali agenti
eziologici: CNS. Mortalità fino all’11%
-
-
·
Fino ad oltre il 70% di
queste infezioni possono essere causate da Gram-positivi
-
-
Stall. J Pediatrics,
2002; Mahr. J Ped Child Health, 2002
-
-
diapositiva c
|
-
- La conseguenza è
un aumento quantificabile della durata del ricovero, dei costi e della
mortalità. (diapositiva d)
-
- Sepsi
nosocomiali
-
-
·
Aumento quantificabile
della durata del
-
ricovero in ospedale, dei costi diretti e
-
della mortalità, nelle sepsi nosocomiali
-
confermate dai dati colturali.
-
-
(Orsi, Infect Control
Hosp Epidemiol, 2002)
-
-
diapositiva
d
-
|
-
- Nel periodo
compreso tra il 15 gennaio 2000 e il 15 luglio 2000 sono stati
ricoverati nella U.O. di Anestesia e Rianimazione Neonatale e Pediatrica
dell’istituto Giannina Gaslini 225 pazienti.
- Tra questi 83
erano neonati (51 maschi e 32 femmine) e 144 non neonati (90 maschi e 54
femmine). (diapositiva 1 e 2)
-
-
Sepsi nosocomiali in età neonatale
- U.O.
Anestesia e Rianimazione Neonatale e Pediatrica
-
Ist. G. Gaslini
-
-
·
Periodo 15 Gennaio-15
Luglio 2000
-
·
83 pazienti (51 maschi, 32
femmine)
-
·
incidenza delle infezioni:
33,3%
-
·
incidenza delle sepsi: 57%
delle infezioni
-
·
mortalità: 3,7%
-
-
diapositiva 1
-
|
-
-
-
Sepsi nosocomiali in età pediatrica
- U.O.
Anestesia e Rianimazione Neonatale e Pediatrica
-
Ist. G.
Gaslini.
-
-
·
Periodo 15 Gennaio-15
Luglio 2000
-
·
144 pazienti (90 maschi, 54
femmine)
-
·
incidenza delle infezioni:
13,8%
-
·
incidenza delle sepsi: 40%
delle infezioni
-
-
diapositiva 1
|
-
-
- Tra 225 pazienti
osservati 158 hanno subito un intervento chirurgico (44 neonati e 144 non
neonati), nel 63,3% dei casi si è trattato di interventi cardiochirurgici
per la correzione di malformazioni cardiache congenite; negli altri casi si
è trattato prevalentemente di interventi di neurochirurgia, chirurgia
addominale od ortopedica.
-
- Incidenza
delle infezioni nosocomiali.
-
- Durante questo
periodo di osservazione si sono verificate 47 infezioni nosocomiali,
corrispondenti ad una incidenza globale del 20,9%.
- La distribuzione
delle infezioni è stata poi esaminata considerando la sede: le infezioni più
frequenti sono state le sepsi (27 casi, pari al 57%), seguite dalle
polmoniti (14 casi, pari al 29,8%) e dalle infezioni delle vie urinarie (6
casi, pari al 12,8%).
- L’incidenza di
infezioni nosocomiali risulta molto diversa tra il gruppo di pazienti
neonati ed il gruppo di pazienti di età superiore ad un mese;tra gli 81
neonati infatti si sono verificati 27 episodi infettivi, corrispondenti ad
una incidenza del 33,3%, mentre tra i pazienti non neonati i casi di
infezione registrati sono stati 20, pari ad una incidenza del 13,8%.Le sepsi
sono state le infezioni più frequenti in entrambi i gruppi di pazienti.
-
-
distribuzione delle infezioni nosocomiali per sede.
-
-
-
- distribuzione
delle infezioni nosocomiali per sede nei pazienti neonatali.
-
-
- Notazioni
clinico-epidemiologiche.
-
-
-
Importanza eziologia degli
stafilococchi coagulasi-negativi, impatto emergente degli stafilococchi
NANE, con particolare concentrazione per le sepsi. Tali ceppi hanno un grado
estremo di resistenza a oxacillina e gentamicina, mentre si rilevano minori
livelli medi di sensibilità ai glicopeptidi. Bassa incidenza di MRSA, tale
effetto sembra legato a fattori di rischio altamente significativi come
N.P.T. e CVC prolungati, unitamente alla progressione antibiotica con
antibiotici ad ampio spettro, esercitata in particolare sui glicopeptidi.
-
-
Tra i fattori di rischio, sembrano
degni di misure di controllo quelli legati alle manovre invasive vascolari
ed ai batteri più frequentemente causa di sepsi, quali gli stafilococchi
coagulasi negativi.
-
- Proposte
per misure di controllo.
-
-
-
puntualizzazione degli standard di
gestione per le manovre invasive,in particolare quelle maggiormente gravate
da infezioni da ceppi resistenti ed emergenti (CVC,N.P.T.).
-
-
rivalutazione della politica degli
antibiotici con: reale profilassi perioperatoria short term (sole
cefalosporine I o II gen. senza aminoglucosidi); terapia d’attacco
ragionata senza glicopeptidi e amikacina (es netilmicina + penicillina con
inattivatore beta-lattamasi); uso solo mirato delle cefalosporine di III
generazione; uso di standard di gestione e non di copertura antibiotica
prolungata per manovre invasive prolungate come CVC, CV e ventilazione
meccanica.
-
-
Isolamento di contatto dei
pazienti con ceppi batterici resistenti
-
-
Sorveglianza microbiologica
continuativa
-
-
Impiego di markers sensibili di
infezione e in particolare di sepsi neonatale (dosaggio procalcitonina
sierica, impiego dello score NOSEP per sepsi neonatale).
-
-
-
Conclusioni
-
- Obiettivi:
-
-
·
Analizzare le pratiche
assistenziali esistenti
-
·
Studiare la letteratura
inerente gli argomenti di maggiore interesse
-
·
Costruire e verificare gli
strumenti operativi
-
·
Stabilire gli obiettivi
assistenziali
-
·
Definire le fasi operative
-
·
Definire gli indicatori di
qualità
-
- È fondamentale
creare un gruppo di lavoro cui partecipano infermieri addetti al controllo e
medici.
- Gli operatori
devono essere coinvolti affinchè gli interventi si dimostrino efficaci. La
riunione di reparto è un momento fondamentale dal quale devono emergere
tutti i problemi relativi alle pratiche assistenziali, di base o
specialistiche, che il personale adotta quotidianamente. È necessario
concordare sempre le decisioni che non devono mai configurarsi come
direttive esterne.
-
- Uno dei primi
obiettivi di un programma di controllo ha lo scopo di :
-
-
eliminare tutte le misure di
inefficacia dimostrata
-
-
fare emergere e valutare le misure
efficaci.
-
- È necessario
quindi porsi il problema di come continuare a rinforzare e stimolare
l’adozione di pratiche assistenziali corrette, per migliorare sempre la
nostra professione.
-
-
-
-
- “Di tutti i mali è il nutrimento il
rimedio migliore”
- (Ippocrate)
-
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