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Diretta
2003
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La complessità e
l’assistenza infermieristica: significati e modalità di analisi per la
composizione dell’équipe assistenziale.
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Premessa
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Il modello della
“Complessità assistenziale” è stato elaborato
sia per dare una risposta professionale alla difficoltà che l’organizzazione
sanitaria ha nel reperimento di infermieri nel mercato del lavoro, sia per
evitare che si possa pensare di risolvere tale difficoltà sostituendo
acriticamente gli infermieri con gli operatori di supporto all’assistenza
infermieristica.
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La sfida che viene lanciata
nel convegno dell’Aniarti presentando il modello e ridefinendolo rispetto
alle tipicità assistenziali dell’Area Critica, è quella di verificare se si
può sostenere che in tale area possono essere inseriti operatori di supporto
all’assistenza infermieristica.
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Giuliana Pitacco
– Infermiera Dirigente, I.R.C.C.S. “Burlo Garofalo” di Trieste.
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- La base per
l’elaborazione del modello è stata:
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la presa
d’atto che la legge n. 251/2000 – dopo la legge n. 42/99 - assegna
all'infermiere la responsabilità della personalizzazione dell'assistenza,
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la convinzione
che la personalizzazione dell’assistenza risulta essere spesso solamente uno
slogan,
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la
constatazione che l'ospedale è sempre di più un luogo di cura per pazienti
acuti con dimissioni precoci,
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l’idea che è
necessario garantire una forte integrazione con il territorio mediante una
capillare diffusione dei servizi territoriali,
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ed infine la necessità di stimare coerentemente a quanto
sopra riportato il fabbisogno di infermieri.
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- In letteratura vengono
evidenziate circa una trentina di variabili che influenzano il carico di
lavoro infermieristico, quali ad esempio la struttura architettonica, la
distanza dei servizi diagnostici dal paziente, la disponibilità di
attrezzature di risorse e di tecnologie, le caratteristiche del gruppo
professionale, l'esperienza dei professionisti, lo stile di leadership, il
fatto che la sede lavorativa sia anche sede di formazione clinica.
- Tali elementi però, che
caratterizzano le varie Unità Operative, non possono essere presi in
considerazione nella elaborazione di un modello che deve necessariamente
astrarsi dalle specifiche realtà.
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- Sono state di
conseguenza prese in considerazione, in quanto omogeneamente estraibili, le
caratteristiche delle persone assistite, lasciando che le variabili
sopradescritte giochino in modo diverso nelle varie realtà.
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- Le prime riflessioni
elaborative rispetto al modello della complessità, si sono basate sulle
variabili che definiscono la complessità organizzativa.
- Tali variabili sono
state poi tradotte in variabili che definiscono la complessità
assistenziale.
- Le variabili considerate
sono: "incertezza", "interdipendenza", "decentramento della discrezionalità
decisoria".
- Le variabili sono state
declinate su alcuni elementi cardine:
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la condizione
di salute malattia della persona,
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la
"competenza" intesa come "saper agire",
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la capacità di
soddisfare autonomamente i propri bisogni ossia di essere in grado di
“fare”.
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- Tanto più la situazione
assistenziale è complessa, tanto più è importante enucleare elementi
generali su cui sviluppare l’analisi, piuttosto che studiare pedissequamente
le singole componenti della situazione.
- Sui tre assi che
definiscono graficamente la logica del modello rispetto alla persona
assistita, sono state messe in evidenza le variabili ricordate prima.
- Sull’asse “salute –
malattia” viene indicata l’instabilità e la stabilità clinica ; sull'asse
“comprensione – scelta” è indicata la capacità di decidere cosa si vuole
venga attuato; sull’asse “autonomia – dipendenza” è indicata la capacità
della persona di soddisfare i propri bisogni.
- Mano che si compie
l’analisi sulle diverse assi analizzando le singole variabili si modifica e
cambia il ruolo dell'infermiere.
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- L'asse della salute e
malattia, ovvero l'asse verticale, rappresenta l'incertezza sulle condizioni
cliniche del paziente.
- L'asse della
comprensione e della scelta, ovvero l’asse longitudinale, rappresenta la
coniugazione della discrezionalità decisoria; l’asse dell’autonomia –
dipendenza, ossia l’asse orizzontale, rappresenta la capacità di mettere in
atto azioni autonome.
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- Man mano che aumenta
l'instabilità del paziente, vi è una diminuzione della capacità decisoria e
della discrezionalità dell'infermiere. L’asse verticale rappresenta l'area
della attività collaborativa degli infermieri con altri professionisti.
Questa è l’asse in cui vengono gestiti i processi diagnostico - terapeutici
che vengono prescritti da altri.
- Nonostante l’alta
instabilità clinica produca una bassa capacità decisoria per l’infermiere, a
quest’ultimo è comunque richiesta una alta capacità di interpretare segni e
sintomi.
- Sull’asse della
comprensione e della scelta si colloca l'area della specifica attività
dell'infermiere che in questo caso ha sempre un’alta discrezionalità
decisoria, in quanto in questo asse si collocano gli interventi di tipo
educativo, di sostegno e di mobilizzazione delle risorse della persona
assistita.
- Il terzo asse è quello
dell'autonomia e della dipendenza, variabile quest’ultima che viene
considerata in tutte o nella maggior parte delle metodologie per la
rilevazione al fabbisogno infermieristico.
- Anche quest’ultima asse
si connota per l’alta discrezionalità decisoria dell'infermiere rispetto la
pianificazione delle attività da mettere in atto e la decisione se
effettuare direttamente le diverse attività oppure demandarle agli operatori
di supporto.
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- Alla luce del modello si
ritiene che l'assistenza infermieristica sia un processo di presa in carico
ad elevata integrazione con la persona assistita e con i care givers
(parenti e figure di riferimento dell'assistito) oltre che con altri
professionisti della salute (ad esempio i medici) e con il personale di
supporto (in particolare per quanto riguarda l'area dell'autonomia della
dipendenza).
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Annalisa Sivestro
–
Dirigente del Servizio infermieristico, Azienda per i servizi sanitari n. 4
“Medio Friuli”, Udine - Vice Presidente Aniarti
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- La presentazione
precedente era impostata sulla analisi della persona di cui l'infermiere si
fa carico. In questa relazione il percorso viene rifatto rispetto alla
funzione che l'infermiere svolge.
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- Fino ad ora l'infermiere
ha prevalentemente ragionato basandosi sul concetto di dipendenza.
- Quando vi è dipendenza,
sia di tipo fisico sia di tipo cognitivo, vi è altresì una completa e
globale presa in carico della persona.
- Dalla tale presa in
carico deriva un carico di lavoro e un impegno infermieristico che è molto
più orientato alla manualità lavorativa che all’attenzione a quelli che sono
i modelli cognitivi, le abilità, la capacità di analizzare problemi, di
individuare priorità e di decidere cosa è meglio fare, quando farlo e come
farlo.
- La logica conseguenza di
quanto esposto è la scarsa necessità di avere infermieri con un
significativo percorso formativo.
- Da cui la domanda che
spesso ci è stata posta: ma a cosa serve che gli infermieri vadano
all’università?
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- Un altro aspetto su cui
è importante riflettere è la capacità – possibilità della persona di
governarsi durante questo il continuum salute malattia.
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- L’attuale società non
accetta l’approccio paternalistico nei confronti del paziente; ciò produce
il superamento dell’autoreferenzialità e la necessità di far comprendere
perché servono infermieri e che cosa succede se c’è o meno assistenza
infermieristica.
- Ne consegue il bisogno
di far comprendere qual è la diversità:
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tra una
assistenza effettuata da un professionista Infermiere ed una assistenza
effettuata da un Operatore Socio Sanitario,
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tra una
assistenza effettuata da un medico che ha la collaborazione altamente
qualificata di un infermiere,
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tra
un’assistenza effettuata da un medico che ha la collaborazione di un
Operatore Socio Sanitario, di un barelliere, di un autista soccorritore, di
un volontario non professionista.
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- Ogni singolo
professionista infermiere deve farsi portatore di questi messaggi e dve
essere capace di fare marketing professionale.
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La competenza non significa
solo "fare" ma significa anche capire quando "far fare" ad altri e quando
chiedere la competenza di altri.
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Su questo punto è importante
una riflessione: quante volte il gruppo professionale non ha voluto il
coadiuvo di altri (ad esempio gli OSS) perché, forse, in difficoltà nel
valutare le priorità relativamente alla propria azione autonoma.
- Se la competenza è
intesa anche come un "sapere agire" della persona, è indispensabile traslare
tale competenza sulla professionalità infermieristica.
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- L'infermiere deve essere
in grado di capire, comprendere, analizzare ciò che sta succedendo per
scegliere, ovvero per definire la priorità di esecuzione di manovre in
relazione alla specificità infermieristica, per definire le possibilità di
demando ad altri operatori di alcune attività o per decidere la non
pertinenza con l'assistenza infermieristica di alcune attività o prestazioni
in quanto distoglienti dal proprio mandato principale.
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- Altra riflessione è
necessaria sul coinvolgimento della persona assistita o dei suoi familiari
nell'esecuzione delle manovre non propriamente sanitarie; in alcuni casi può
essere utile una informazione ed educazione della persona o l’addestramento
all’autocura che l'infermiere effettua.
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- Analizzando nei dettagli
il modello emergono una serie di riflessioni su quanto presentato
precedentemente.
- Il Profilo Professionale
dell'infermiere indica che lo stesso deve rendersi garante della corretta
esecuzione delle procedure diagnostico - terapeutiche che vengono prescritte
dal professionista medico, che ha competenza primaria in questa fase.
- In tale fase
l’infermiere è un collaboratore ad altissima ed elevatissima capacità e
competenza professionale, ma non è l'attivatore del processo. Questa è
l'area della collaborazione in quanto maggiore è la specificità e la
competenza del medico, minore è la discrezionalità dell'infermiere.
- Il paziente di cui ci si
fa carico ha bisogno di avere buoni medici ma anche buoni infermieri; il
continuo spostamento degli infermieri sulle attività tipiche del medico
porta a trascurare le attività tipiche dell’assistenza infermieristica e
questo pone le basi per una sottrazione dello specifico professionale
mediante l’effettuazione di attività caratterizzanti altri professionisti
sanitari.
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- Il modello
presentato deve permettere una ulteriore riflessione: il fatto che il
professionista infermiere non abbia una discrezionalità decisoria ma lavori,
assista in base alle prescrizioni e alle indicazioni del medico non
significa che l'infermiere non debba avere una grande capacità e competenza
tecnica, ad esempio sulla semeiotica (che in questo momento è quasi
esclusivamente appannaggio dell'infermiere).
- Segni, Sintomi e
sensazioni caratterizzano l'attività quotidiana dell'infermiere,
supportandone la capacità decisoria nell'attivazione dei processi
assistenziali.
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- Relativamente all'Area
Critica è ben ricordare che per certi versi può avere una maggiore capacità
di utilizzare la semeiotica un infermiere che lavora in un reparto di
medicina rispetto chi opera in una terapia intensiva.
- Quest'ultimo infatti può
usufruire di molteplici supporti tecnici, mentre il collega della medicina
deve necessariamente compiere autonomamente l'analisi dei dati, in quanto se
ciò non avviene vi può essere la compromissione delle capacità vitali del
paziente (momento tardivo).
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- Una bassa
discrezionalità decisoria non significa necessariamente una bassa capacità
di interpretare segni e sintomi; una competenza strutturata porta ad una
alta capacità di prevedere eventuali problemi per il paziente o di gestirli
in maniera corretta nel momento in cui si verificano anche per attivare
altri professionisti, quali ad esempio il medico.
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- Proseguendo con
l'analisi, possiamo dire che è possibile trovare l'asse dove è presente la
massima espressività della professionalità infermieristica, ovvero l'area
specifica.
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- Se la persona non è in
grado di comprendere ciò che gli sta accadendo, ad esempio perché è
obnubilata nel sensorio, perché presenta una demenza, perché è in coma o per
altri motivi, è fondamentale il ruolo dell'infermiere; questi deve essere in
grado di decodificare i bisogni che la persona può avere e definire ciò che
deve essere attuato di conseguenza. L'infermiere si sostituisce alla persona
nel caso in cui questa non può compiere autonomamente alcune azioni.
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- Nelle nostre Unità
Operative vengono decodificati problemi o vengono attuati compiti ripetitivi
(rifacimento letti, somministrazione della terapia, manutenzione dei
respiratori e degli umidificatori) ?
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- Se una persona è in
grado di interloquire con l'esterno il ruolo dell'infermiere è
importantissimo in quanto è necessaria la spiegazione, il coinvolgimento nei
percorsi assistenziali, l'aiuto alla persona nella comprensione e nella
scelta di ciò che è meglio per sé, l'addestramento a compiere autonomamente
gli atti che soddisfino i suoi bisogni.
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- Questa è l'area autonoma
e di eccellenza dell'infermiere, che molte volte viene trascurata e di cui
non sempre gli infermieri si fanno carico.
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- Ancora una riflessione
sull'area della pianificazione e supervisione: gli Infermieri hanno gestito
sempre completamente quest’area, fino ad arrivare ad una "infermieristizzazione"
dell'assistenza.
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- Molte volte gli
infermieri hanno effettuato attività e prestazioni aspecifiche non perché
fosse necessario e importante per la persona, ma perché l'organizzazione del
lavoro andava in quella direzione.
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- La dipendenza fisica o
mentale faceva scattare automaticamente il concetto di competenza esclusiva
infermieristica.
- Questo concetto deve
essere rivisto.
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- Infatti, con l'avvento
sul territorio di strutture alternative all'ospedale (residenze sanitarie
assistite, ospedali di comunità, case di riposo) dove è presente un alto
grado di dipendenza degli ospiti, non vi è una importante e rilevante
presenza infermieristica.
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E' importante pertanto la definizione di che cosa è atto
sanitario infermieristico, di che cosa è atto sanitario in genere e di che
cosa non lo è che di conseguenza non necessita della concretizzazione
operativa dell'infermiere.
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- L'infermiere non può
essere visto solo in una ottica di "professional" in senso puro, cioè di
colui che esegue direttamente le prestazioni, ma deve essere anche visto
come colui che coordina e gestisce altri operatori che collaborano con lui.
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- La gestione del
personale di supporto all'assistenza infermieristica non è del coordinatore
infermieristico, ma dell'infermiere che, essendo responsabile
dell'assistenza generale infermieristica, decide cosa, quando, come
demandare alcune attività ad altri, mantenendo la titolarità del processo
assistenziale.
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- Da quanto detto deriva
il progetto di presa in carico della persona assistita da parte
dell'infermiere che ha una competenza specifica che gli derivata dal proprio
Profilo Professionale (D.M. 739/94).
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- La competenza
infermieristica:
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sull'asse
salute - malattia è legata alla gestione dei percorsi diagnostico
terapeutici attivati da altri professionisti sanitari (ad esempio modalità
di gestione della somministrazione della terapia);
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sull’asse
comprensione – scelta è legata alla gestione della relazione educativa e
alla definizione della tipologia dei processi di assistenza (mediante la
relazione con la persona assistita o la sostituzione per il tempo più breve
possibile in caso di possibilità autonoma)
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sull’asse
autonomia - dipendenza è legata al pieno governo dei processi assistenziali.
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- Da quanto detto è
possibile evidenziare quali possano essere le competenze distintive anche
nella formazione post base dell'infermiere, ovvero che cosa significa
acquisire un Master clinico.
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- Un infermiere in
possesso di Master clinico è in grado di dare risposte ulteriori e più
approfondite agli stessi bisogni che vengono gestiti degli infermieri che si
occupano di assistenza generale.
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- L'Infermiere in possesso
di Laurea Specialistica, ovvero il Dottore in Scienze Infermieristiche, può
continuare ad occuparsi di assistenza (ponendo una maggiore attenzione alla
specificità disciplinare), può attivare percorsi di ricerca, di riflessione
sulle modalità di effettuazione e di pianificazione dell' assistenza, di
concretizzazione delle prestazioni. Potrà inoltre rivedere i percorsi,
concettualizzare, riempire lo zaino della disciplina infermieristica di
ulteriore contenuti che potranno diventare patrimonio professionale e quindi
operativo di tutto il gruppo professionale infermieristico italiano.
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“modello della complessità assistenziale” di A. Silvestro e G. Pitacco
Per necessita' tecniche o problemi
scrivete a: webmaster@aniarti.it |
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