CONGRESSO NAZIONALE 2003

XXII Congresso Nazionale Aniarti

Bologna, 12 - 13 - 14 novembre 2003

Diretta 2003

3^ Fase “Intensività assistenziale alla persona instabile”

Pietro Capodiferro,Bologna

Sandra Scalorbi, Bologna

 

La terza fase che viene presa in considerazione è quella che va dal 12 febbraio al 4 marzo. E’ il momento in cui AZ ha problemi di salute ingravescenti che hanno inizio da un episodio di arresto cardiocircolatorio.Forse questa è la fase che possiamo considerare più incisiva dal punto di vista clinico-assistenziale in quanto ha delle implicazioni molto importanti per la vita stessa della persona.Ecco brevemente il  racconto 

III Fase: Intensività assistenziale alla persona instabile

Questa fase (12 febbraio – 4 marzo) è caratterizzata dalle condizioni di instabilità clinica/criticità della persona.

Il 12 febbraio AZ  ha un primo episodio di ACR, vengono eseguite le manovre rianimatorie, si ripristina la ventilazione meccanica, vengono effettuate  una  fibrobroncoscopia di controllo, un eco TEE, una Tac toracica e si predispone un monitoraggio invasivo emodinamico e respiratorio di standard elevato.            

Viene sostituito il materasso antidecubito e la persona viene inserita nel  protocollo lungodegenti.

La Tac di controllo  evidenzia una polmonite bilaterale.

Gli esami di laboratorio e le procedure diagnostiche evidenziano  uno scadimento dell’attività cardiaca,renale e intestinale.

Lo scadimento delle funzioni renali e l’aumento notevole delle pressioni polmonari determinano l’avvio  dell’emofiltrazione veno-venosa e la somministrazione di Ossido Nitrico. 

Il decorso continua con fasi  di iperpiressia; si  rilevano  segni di  sofferenza meningea, in seguito ai quali si effettua una rachicentesi a scopo diagnostico che si rivela negativa.

Il 21 febbraio viene eseguita una revisione sternale per diastasi  ed il giorno successivo, durante un ulteriore controllo Tac, si evidenzia un quadro compatibile con  ARDS (Acute Respiratory Distress Sindrome ).

Il 26 febbraio, durante l’ennesima puntata febbrile Il sig. AZ ha un forte brivido, per cui si decide di sostituire tutte le vie infusive ed arteriose, di monitoraggio emodinamico e respiratorio. 

Si ha un imponente sanguinamento gastrico e quindi viene effettuata una gastroscopia d’urgenza che evidenzia un gemizio a livello gastrico.

Si mette in corso una  gastrolusi refrigerante e relativo monitoraggio.

Il 27 febbraio si confeziona una tracheostomia con il metodo di  Criggs.

Sia il controllo Tac che i controlli quotidiani mediante fibrobroncoscopia indicano un lieve miglioramento del quadro polmonare.

 Questa fase è stata definita “intensività assistenziale alla persona instabile” in quanto la persona, accolta nel reparto di rianimazione cardiochirurgia e sottoposta a cure intensive, dopo una prima fase nella quale presenta condizioni cliniche di stabilità subisce una serie di eventi che prendono l’avvio da un episodio di arresto cardiorespiratorio.

Il paziente all’improvviso non ha più consapevolezza di sé né di quello che succede attorno e soprattutto non è assolutamente in grado di fare scelte consapevoli e non autonomo nel deciderle.

Divideremo la fase in quattro momenti o situazioni assistenziali che verranno a  loro volta scomposte in alcune attività che non riteniamo assolutamente esaustive ma importanti ai fini dell’esame della fase rispetto ad alcuni criteri quali il razionale scientifico/organizzativo alla base degli interventi e che giustifica le risorse strumentali utilizzate e la tipologia di personale che vi si dedica.

Faremo la lettura del caso dapprima analizzando i quattro momenti dell’operatività attuale dei professionisti implicati mettendo in evidenza il razionale scientifico della stessa e poi la collega che mi seguirà farà la stessa lettura del caso ma applicando il modello della complessità assistenziale.

Saranno quindi invariati gli interventi, integrati con le evidenze scientifiche e si cercherà di mettere in risalto laddove l’intervento è sostenuto da prove di efficacia, raccomandazioni, Linee-guida o consenso di esperti e rilevando invece quando la stessa operatività sia legata a prassi o a tradizione

Proveremo infine ad indicare rispetto alla complessità e alla peculiarità dell’intervento, la tipologia di personale (medico,infermieristico,di supporto o in consulenza) implicato nei processi di cui si parla,nonché le competenze richieste allo stesso.

Questa fase potrebbe essere considerata più impegnativa non certo per l’assistenza in sé quanto perché “gravata” dalla presenza di apparecchiature o tecnologie cui il paziente è connesso.

Il primo momento assistenziale è l’arresto cardiocircolatorio e la necessità di intubazione endotracheale.

Possiamo dividere tale momento in alcuni piccoli atti  operativi che vanno dall’attivazione del processo ossia dell’accorgersi dell’evento, dal MCE e ventilazione manuale fino alla collaborazione all’intubazione ,l’effettuazione delle varie EGA ,la somministrazione dei farmaci prescritti per l’emergenza, la preparazione e connessione al ventilatore polmonare automatico, l’informazione alla persona stessa ma anche alle persone di riferimento dopo l’evento acutissimo e la pulizia, il controllo del carrello e il ripristino del materiale usato.Questa divisione in atti riguarderà anche gli altri momenti assistenziali.

I professionisti implicati in questi eventi sono gli infermieri di diverse postazioni per fronteggiare l’evento e il medico anestesista.Le competenze richieste sono capacità diagnostiche  assistenziali avanzate per il malato critico,in quanto i suoi bisogni sono specifici perché derivano dal legame che si viene a creare tra il malato e la tecnologia a cui lo stesso è connesso.

Descriviamo una bassa discrezionalità decisoria per l’attivazione del processo, ma una grande discrezionalità nella gestione di altri processi che derivano dall’attivazione del primo che è di competenza medica.Continuando l’esame del momento distinguiamo altri atti come la somministrazione dei farmaci prescritti,l’effettuazione dell’Ega e la collaborazione al posizionamento del CVC di Svan-Ganz  Sono implicati sempre infermieri e medici a cui sono richieste le stesse competenze.E’ importante indicare lo spirito di integrazione e di collaborazione tra i vari professionisti per  cui tutto deve essere organizzativamente e professionalmente congruente alle necessità del malato.Altre attività sono la defibrillazione elettrica, la rivalutazione clinico-assistenziale e l’informazione data alla persona e ai familiari o persona di riferimento(in questo caso la sorella).Parliamo di informazione data al malato in quanto dopo l’evento acutissimo dell’arresto e dell’intubazione,la persona riprende un certo quale contatto con la realtà e necessita di essere informato su quello che è accaduto.

L’informazione al malato è una di quelle funzioni specifiche dell’infermiere attualmente non messa molto in pratica, ma valorizzerebbe e motiverebbe di molto i professionisti.

Le competenze sono sempre quelle avanzate in area critica e una buona capacità di gestire tecnologie anche molto complesse a cui il malato è connesso, formando quel binomio quasi indissolubile del quale abbiamo parlato prima e che risulta essere l’oggetto delle cure infermieristiche in area critica.Ci chiediamo pertanto se la pianificazione assistenziale dell’infermiere in quest’area sia da considerare specifica e se le competenze richieste non siano più “generaliste”come abbiamo sentito stamane da Maria Benetton parlando della prima fase ma “specialistiche” e quindi oggetto di formazione apposita.

Tutte le azioni che formano i processi (attivazione, allestimento materiale, collaborazione all’esame, osservazione del malato riordino,pulizia e ripristino del materiale utilizzato) sono più o meno direttamente a carico dell’infermiere, anche se già oggi ci sono gli OTA  e gli OSS.

Per quello che riguarda le evidenze ricordiamo alcune LG e studi già alla base dell’operatività attualmente agita dagli infermieri, ma ricordiamo anche il nostro nuovo profilo professionale che afferma molto chiaramente la garanzia della corretta applicazione delle procedure diagnostiche e terapeutiche, così come il dettato del nuovo Codice deontologico che all’art 4 ci ricorda l’obbligo di dare sempre informazioni adeguate alla persona.Diciamo questo in quanto sappiamo che anche per mancanza di tempo e di opportunità organizzative questa funzione è veramente poco agita dagli infermieri come stamane abbiamo sentito dalla collega Benetton , pur rappresentando uno degli specifici della professione infermieristica.

Per quello che riguarda l’applicazione delle procedure diagnostiche ,secondo  momento scelto per parlare dell’attività infermieristica, ricorderemo la necessità del caso reale di una fibrobroncoscopia in urgenza in quanto si sospettava che l’episodio di Arresto cardio-respiratorio potesse essere dovuto ad una ostruzione bronchiale.Ricordiamo che AZ era già stato sottoposto a questa procedura prima della nostra fase e questo aveva fatto pensare al fatto che sarebbe stato necessario avere sempre lo strumento pronto per l’uso.Il vincolo della macchina sterilizzatrice in uso  è che il ciclo di sterilizzazione dura 30-40 minuti e quindi non potendoci essere tempo in caso d’urgenza, lo strumento sia sempre disponibile Anche in questo caso l’operatività infermieristica è totale come nei casi precedenti, ma l’infermiere come si può ben immaginare è molto distolto da un’attività che è l’osservazione della persona.

Anche per le altre indagini prese in esame vale anche quanto detto a proposito della fibroscopia dovendo distinguere la fase preparatoria, la collaborazione all’indagine, lo smaltimento del materiale usato ed il rifornimento di quello eventualmente consumato.

Un altro esempio che possiamo fare rispetto a questo momento assistenziale è quello che riguarda il trasporto della persona nel servizio di radiologia per effettuare la TAC di controllo.Essendo al momento il paziente molto critico e quindi instabile come poi la collega dirà meglio di me è realistico ipotizzare l’idea di effettuare lo stesso con l’infermiere e il medico perché molti studi fanno notare che gli effetti del movimento sulle condizioni emodinamiche della persona possono essere destabilizzanti. Quali sono pertanto le competenze richieste al professionista? Si parla di possedere conoscenze tecniche specifiche sia sull’uso delle apparecchiature ,sempre bassa discrezionalità decisoria ed elevata capacità di interpretare segni e sintomi  della persona per poter tempestivamente intervenire in caso di emergenza.

Come terzo momento assistenziale illustreremo brevemente l’insieme delle prescrizioni terapeutiche e monitoraggio che per questa persona si può immaginare essere molto specifiche e invasive con tutti i pericoli che da queste pratiche possono derivare.Le attività vanno dal monitoraggio invasivo emodinamico e respiratorio alla somministrazione dei medicamenti prescritti ,dalla filtrazione veno-venosa necessaria in seguito alla sopraggiunta insufficienza renale alla somministrazione di ossido nitrico a casa dello stato di ipertensione polmonare, alla gastrolusi necessaria dopo che la gastroscopia aveva evidenziato uno stato di sanguinamento gastrointestinale fino a giungere alla fine della nostra fase quando ad AZ viene confezionata una tracheotomia secondo il metodo di Criggs.

Per  ognuna di queste attività dobbiamo distinguere i vari steps visti per quelle del precedente momento .Le competenze richieste sono conoscenze cliniche avanzate e specifiche nel trattamento dell’insufficienza renale, sorveglianza delle tecnologie usate e attivazione della consulenza del tecnico di dialisi e nefrologia, per cui l’integrazione professionale in questa fase è molto importante anche perché è prevista la figura del medico nefrologo.Notiamo ,come avviene in generale in questa fase, una bassa discrezionalità decisoria ma una certa discrezionalità sulla gestione dell’applicazione delle procedure diagnostico-terapeutiche oltre  ad una capacità di sorveglianza e monitoraggio della persona e delle tecnologie ad essa connessa, ma anche una discreta capacità di integrazione con il medico ma anche con altri professionisti in consulenza come il “tecnico” di dialisi.

La consulenza è già oggi utilizzata dagli infermieri sia di area critica sia come in questo caso proveniente da altre unità operative,ma non sono formalizzate e scritte.

Terminiamo con l’ultimo momento assistenziale identificato che risulta essere quello relativo all’identificazione dei bisogni assistenziali della persona.Il primo ha per oggetto le cure igieniche totali e parziali che per un paziente così critico ed instabile dovrebbero essere di esclusiva pertinenza dell’infermiere o addirittura anche del medico vista la pericolosità della procedura sulla sicurezza della persona, così come la mobilizzazione. L’igiene del cavo orale risulta essere per l’infermiere una strategia utile per prevenire infezioni.Per quello che riguarda il discorso della prevenzione una argomentazione ampia ci fa pensare al trattamento delle lesioni da decubito di cui la persona era portatore già dalla fase precedente e che in questa ha fatto prendere la decisione di sostituire il presidio antidecubito.

Infine la prevenzione delle infezioni respiratorie legate alla VAM assumono una importanza decisiva in quanto le LG del Cdc di Atlanta affermano che ogni giorno di VAM aumenta il rischio di Polmonite nosocomiale dall’1 al 3%. Non dimentichiamo infine la necessità di informare sempre la persona e quelle significative sulle sue condizioni e soprattutto nei confronti dei miglioramenti eventuali.Queste azioni sono da considerare come trasversali a tutta la fase. I professionisti implicati sono l’infermiere e l’OTA e/o l’OSS,ma non c’è il medico

Le competenze richieste in questo momento sono un’alta discrezionalità nella presa di decisioni ,in quanto attività autonoma,competenza nella pianificazione dell’assistenza alla persona critica,capacità di individuare i bisogni assistenziali, nonché capacità di tipo relazionale ed infine di interpretazione di segni e sintomi per intervenire tempestivamente in caso di necessità.

Dopo avere completato la presentazione di alcune situazioni assistenziali così come si sono realizzate nella realtà, passiamo all’esame della persona secondo il “modello per la lettura della complessità assistenziale”, il quale consente di leggere ed analizzare le funzioni infermieristiche in relazione alle necessità e bisogni delle persone assistite.

Si analizzano le tre dimensioni della persona che determinano la necessità di assistenza infermieristica.

Le tre dimensioni vengono per comodità esaminate separatamente anche se in una logica sistemica non va mai persa di vista la loro relazione reciproca e l’influenza che esercitano l’una sull’altra.

- Facendo riferimento al diagramma proposto, rispetto alla dimensione “condizione di salute/malattia” siamo in uno stato di elevata instabilità delle funzioni vitali, di criticità vitale, legata alla compromissione delle funzioni cardiaca, respiratoria e renale.

La persona necessita quindi di essere sostenuta totalmente per queste funzioni e di potere recuperare una condizione di stabilità.

L’obiettivo, ora, non è quindi recuperare la salute ma restare in vita e rendere la malattia gestibile.

L’attività infermieristica letta in riferimento a questa dimensione comprende la garanzia della corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico – terapeutiche, evidenziando quindi l’area di integrazione con il medico – anestesista, l’applicazione di tecnologie complesse per il sostegno delle funzioni vitali, la capacità di evidenziare ed interpretare segni e sintomi, di riconoscere e prevedere i problemi e trattarli tempestivamente.

Come si è visto precedentemente lungo questa dimensione la possibilità di applicare la propria discrezionalità decisoria è bassa.

Nonostante ciò è richiesta una elevata competenza tecnico – scientifica.

Inoltre si può applicare la propria discrezionalità, pur ridotta, nel decidere come intervenire in veste di collaboratore, quindi garantire l’applicazione delle prescrizioni (come e quando).

All’interno di questa dimensione, però, l’infermiere può comunque evidenziare una serie di atti di supporto alle attività e quando questi sono standardizzabili, semplici sotto il profilo tecnico, non svolti comunque sulla persona, decidere di affidarli agli operatori di supporto dopo aver definito le procedure di attuazione ed aver effettuato l’addestramento del personale stesso

Infine, anche in questa area alcuni interventi vengono messi in atto in modo autonomo, pur non rappresentando quelli risolutivi per la situazione (es. massaggio cardiaco esterno e ventilazione manuale devono essere accompagnati dalla somministrazione di farmaci e dall’intubazione).

- Sempre in riferimento al diagramma proposto per l’analisi della persona, rispetto alla dimensione “comprensione delle proprie necessità in relazione alla condizione di salute/malattia e scelta consapevole dei comportamenti idonei”, la persona è in una condizione in cui non è in grado di svolgere questo ruolo, la capacità di comprensione/scelta è al livello più basso in relazione allo stato di coscienza determinato anche dalla sedazione farmacologica.

Anche in relazione a questa dimensione, la persona in esame deve essere totalmente sostituita dall’infermiere, il quale dovrà essere in grado di valutare quali sono i bisogni e quali gli interventi atti a soddisfarli, nonché la modalità con cui attuare gli stessi e le risorse, anche umane, da attivare.

Non appena le condizioni lo consentono ed in modo graduale, la persona deve essere aiutata a comprendere la propria condizione e ad assumere le relative decisioni.

Infatti man mano che riprende un minimo livello di coscienza questo va evidenziato  ed aiutato nel suo progredire.

Non va però dimenticato che lungo questa dimensione dobbiamo considerare anche la necessità di coinvolgere la famiglia e/o le persone di riferimento le quali, pur se non completamente in grado di assumere decisioni, vista la situazione di complessità elevata, hanno il diritto di essere informate sull’andamento del percorso assistenziale per poterlo comprendere.

L’attività infermieristica letta lungo questa dimensione in questa fase mette in luce l’elevata competenza relazionale dell’infermiere, espressa sia nei confronti della persona che della famiglia, ed anche la dimensione etica dell’infermiere, che in situazioni quali quella presentata assume su di sé le scelte della persona e realizza l’assistenza facendosi garante dei valori e dei desideri della stessa (vedi codice deontologico).

L’attività di cui si parla viene poco agita dall’infermiere, pur facendo parte delle sue funzioni,anche a causa di mancanza di tempo che viene speso per altre attività improprie o non sanitarie.

Seguendo questa dimensione si mette in luce una elevata discrezionalità decisoria ed una elevata autonomia, pur permanendo la necessità di coordinare gli interventi con quelli degli altri professionisti, per quanto concerne il fornire informazioni su aspetti non esclusivi dell’assistenza infermieristica.

Non si evidenziano in questa dimensione aspetti di attribuzione ad altri operatori, per le motivazioni precedentemente espresse.

- Si completa l’analisi con la dimensione relativa alla “possibilità di mettere in atto autonomamente le azioni ed i comportamenti che si è deciso di intraprendere” in relazione alla condizione di salute/malattia.

In questo caso la persona si trova in una condizione di dipendenza legata all’impossibilità di compiere azioni volontarie.

Necessita quindi di essere totalmente sostituita nell’effettuazione di tali attività in attesa di poter essere accompagnata verso il recupero dell’autonomia.

Ovviamente questa dimensione non può essere disgiunta dalle due precedenti, per cui la dipendenza deve essere messa in relazione anche alla criticità ed all’incapacità di comprendere/scegliere

L’attività infermieristica letta in riferimento a questa dimensione comprende l’effettuazione delle attività che la persona non può svolgere autonomamente, in modo diretto o attraverso il personale di supporto, e comprende l’area della pianificazione, della supervisione e verifica

La possibilità di applicare la propria discrezionalità decisoria è elevata.

Quindi, nel caso specifico, l’infermiere può decidere di svolgere direttamente attività tese al soddisfacimento di bisogni di base della persona o che non vengono comunemente intese come attività di tipo sanitario, es. l’igiene personale ed il trasporto, ma che in questo caso vengono ad avere una valenza elevata perché la totale dipendenza si associa al modo in cui si esprimono le restanti variabili. Vi è quindi molta assistenza infermieristica diretta.

Esaminando i diversi momenti assistenziali, nella rianimazione cardiopolmonare  vengono messe in atto numerose attività a BASSA DISCREZIONALITA’ DECISORIA per l’infermiere ma che richiedono capacità avanzate di gestione dell’emergenza.

Queste attività risultano essere SPECIFICHE per l’infermiere,(es.  gestione della ventilazione meccanica, collaborazione durante l’intubazione ed il posizionamento del CVC, ecc.).

Alcuni interventi possono essere messi in atto in modo autonomo, es. MCE e ventilazione manuale, ma non rappresentano quelli risolutivi per la situazione della persona.

Deve essere presente un’elevata capacità di interpretare segni e sintomi nella persona critica.

Nonostante tutto possono essere messe in luce una serie di atti che sono GENERICI per l’infermiere, es. pulizia dei carrelli, e che possono essere affidati all’operatore di supporto; probabilmente anche il loro ripristino purché sia definita la procedura (ESCLUSIVO per l’infermiere), effettuata supervisione e verifica di quanto effettuato mediante check – list (ESCLUSIVO dell’infermiere).

SPECIFICA è l’informazione fornita alla famiglia in merito alle ricadute assistenziali di quanto accaduto, ricordando la necessità di coordinare tale attività con quella svolta dal medico per gli aspetti di competenza. La famiglia infatti ha il diritto di essere informata anche sul percorso assistenziale e probabilmente questo aspetto è spesso trascurato. Dare piena dignità all’intervento assistenziale MOTIVA l’infermiere.

Esistono poi attività di supporto di tipo tecnico che  potremmo definire GENERICHE per l’infermiere (es. controllo e manutenzione apparecchiature elettromedicali) in quanto potrebbero essere affidate ad un tecnico.

Nella consuetudine se ne occupa un infermiere che diviene esperto in tecnologie poiché l’assenza del personale tecnico sul posto può causare l’impossibilità di utilizzare tempestivamente l’apparecchio con rischi elevati per la sicurezza della persona assistita.

In ogni caso questa competenza tecnica non può essere diffusa a tutti gli infermieri perché richiede appropriate conoscenze.

ESCLUSIVA resta la rivalutazione della persona concluso l’evento critico e la conseguente ripianificazione assistenziale.

Essendo il malato stato appena intubato ed essendo anche in corso una sedazione farmacologica è opportuno che l’infermiere in questa fase di estrema instabilità resti accanto a lui per controllare i parametri, monitorizzare la situazione clinica ed individuare tempestivamente eventuali problemi.

Nella fattispecie, per l’effettuazione della fibroscopia, poiché il materiale da utilizzare deve essere sottoposto ad un processo di sterilizzazione immediatamente prima dell’uso (vincolo legato all’apparecchiatura utilizzata per la sterilizzazione), e poiché tale processo dura circa 30 – 40 minuti, si può ipotizzare che questo atto possa essere effettuato dal personale di supporto, essendo questo un atto tecnico non svolto direttamente sul malato, routinario, quindi standardizzabile e GENERICO per l’infermiere.

Su specifica pianificazione infermieristica lo strumento deve essere sempre disponibile in quanto esiste il vincolo del tempo necessario per la procedura  di sterilizzazione

Resta ESCLUSIVO l’addestramento del personale di supporto, la definizione delle procedure di preparazione, smaltimento e riordino del materiale, la supervisione e l’eventuale controllo mediante check - list.

Questo esempio può essere applicato anche ad altre attività analoghe e ad altri atti di supporto necessari a garantire la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico – terapeutiche.

SPECIFICA è la collaborazione con il medico durante l’indagine, così come il monitoraggio durante e dopo la stessa.

Un altro esempio è rappresentato da quelle attività di norma affidabili al personale di supporto (es. trasporto intraospedaliero) le quali però in questa situazione, vista la condizione della persona lungo la dimensione salute/malattia, possono avere ricadute anche significative. In questo caso quindi le possiamo definire SPECIFICHE per l’infermiere, richiedono inoltre conoscenze ed abilità avanzate.

La pertinenza di un atto – in questo caso il trasporto - rispetto alla professionalità infermieristica non è quindi definita una volta per tutte ma dipende dalla complessità assistenziale.

Si ritiene che il controllo del materiale da utilizzare durante il trasporto debba essere effettuato in modo ESCLUSIVO da parte dell’infermiere, vista l’impossibilità di integrarlo o sostituirlo durante il tragitto  o nel servizio diagnostico.

Si può invece affidare al personale di supporto il ripristino della postazione in assenza del malato per gli aspetti di competenza.

Si mette inoltre in luce, nel caso specifico, che l’infermiere del servizio di radiologia si è dichiarato non in grado di gestire la persona durante la permanenza del servizio stesso causa la complessità assistenziale, per cui l’infermiere della rianimazione ha svolto una funzione di consulenza (Codice Deontologico 3.2), funzione altamente MOTIVANTE. Ricordiamo che l’area critica è là dove si trova un malato critico.

L’applicazione delle prescrizioni terapeutiche è SPECIFICA e richiede conoscenze ed abilità avanzate; SPECIFICO il monitoraggio e la collaborazione durante il posizionamento dei CVC; attività GENERICHE lo smaltimento ed il riordino del materiale utilizzato.

L’emofiltrazione viene garantita dall’infermiere esperto in dialisi (funzione di consulenza).

Definiamo attività ESCLUSIVA l’identificazione dei bisogni della persona, la pianificazione assistenziale, la supervisione sul suo andamento e la verifica di quanto effettuato anche da altri tenendo conto delle specificità dell’applicazione del processo di assistenza al malato critico.

E’ attività ESCLUSIVA, con l’eventuale coinvolgimento di personale di supporto, l’effettuazione di interventi assistenziali diretti di norma affidabili anche al personale di cui si è detto (igiene e mobilizzazione) vista la situazione lungo l’asse salute/malattia e comprensione/scelta.

Durante l’effettuazione di queste attività, l’infermiere deve saper osservare la persona, valutarne i bisogni, prevedere i problemi ed intervenire tempestivamente; svolge quindi direttamente le attività, avvalendosi del personale di supporto, il quale, anche in questo caso, può svolgere gli atti che precedono e seguono l’attività, non diretti sulla persona , di preparazione, smaltimento e riordino del materiale utilizzato.

L’infermiere deve essere presente perché è necessaria una costante valutazione dei bisogni ed un continuo adattamento assistenziale

Rappresenta attività ESCLUSIVA l’informazione alla famiglia sul percorso assistenziale.

E’ auspicabile la consulenza di infermieri esperti per il trattamento delle lesioni da decubito (attività ESCLUSIVA).Ricordiamo che questa è una situazione particolare; ad esclusione dell’area critica, infatti, la persona parzialmente dipendente richiede più “tempo – infermiere” di quella totalmente dipendente, per essere ricondotta all’autosufficienza (ruolo peculiare dell’assistenza infermieristica).

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DPR 27 marzo 1992) art.10 Atto di indirizzo a Regioni e Province  autonome di Trento e 

           Bolzano per il sistema  del Servizio  di emergenza

DPR 384/1990 art. 40 (OTA)

Legge  n°251 del 10 agosto 2000 Disciplina delle professioni sanitarie 

            infermieristiche,tecniche,della riabilitazione,della prevenzione nonché della professione

            ostetrica

Legge n° 1 del  8 gennaio 2002 Disposizioni urgenti in materia di personale sanitario

Legge n°42 del 26  febbraio 1999 Disposizioni in materia di professioni sanitarie

LG n° 1/1996 Linee-guida per l’implementazione del servizio di emergenza

Piano sanitario nazionale 2003-2005 Punto 2.7 bis  Obiettivo Potenziare i servizi di urgenza 

            emergenza Roma Ministero della Salute   pubblicato in Supplemento ordinario n°95 della 

            G.U.  n° del 19 giugno 2003

 

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02/01/2004