CONGRESSO NAZIONALE 2005

XXIV Congresso Nazionale Aniarti -- Diretta dal Congresso

 
24° Congresso nazionale
Sorrento, 26 – 27 - 28 Ottobre 2005
 L’Infermiere in Area Critica: pensare, essere, fare.
 

Un sistema di protezione. Infermiere

 

Marco Giacomo Gariglio,  Torino
Managing Director Area nord Ovest di Willis Italia S.p.A. ,Torino

 

Volevo innanzitutto ringraziarvi anticipatamente dell’attenzione e della presentazione. Vorrei fare una precisazione: più che assicuratore, io sono un broker di assicurazioni. Nella mia relazione cercherò di spiegare come una riduzione dei costi possa effettivamente verificarsi e possa effettivamente realizzarsi.

Il titolo dell’intervento spero sia un titolo confortevole per voi,  “Un sistema di protezione. Infermiere”.

Inizierò facendo un accenno a quello che è accaduto, per farvi  capire il punto di vista del mondo assicurativo, il mondo proprio delle compagnie di assicurazione che sono un po’ i nostri ( e mi permetto di dire i nostri, perché mi metto vicino a voi) antagonisti: quello che è il trasferimento del rischio all’assicurazione.

Il decreto ministeriale n. 739 del ‘94  ha regolamentato la figura  e il profilo professionale dell’infermiere.

Sostanzialmente  a seguito di questo decreto ministeriale, l’infermiere è divenuto non più un ausiliario ma direttamente il responsabile del proprio operato, non è più quello che si definisce un mero esecutore, ma è obbligato ad assumersi ogni responsabilità della propria attività professionale.

L’articolo 2 della legge n. 42 del 26 febbraio ‘99 ha abrogato il cosiddetto mansionario e con esso è stato rimosso l’elenco dettagliato di mansioni da svolgere. Si è creato il profilo dell’infermiere, il contenuto degli ordinamenti didattici e il codice deontologico con l’unico limite fatte salve le competenze previste per le professioni mediche e per le altre professioni del ruolo sanitario.

Quindi abbiamo detto che l’infermiere diviene responsabile di tutto il processo assistenziale: dalla raccolta dati, alle identificazioni dei bisogni, alla pianificazione, alla gestione, alla valutazione finale. A tal proposito mi preme sottolineare come sia fondamentale (e lo vedremo meglio più avanti), che venga documentata sempre l’attività svolta.

Perché insieme alla responsabilità si muovono tutta un’altra serie di situazioni collaterali, quali essere in grado di provare e dimostrare di avere svolto al meglio una prestazione  per competenza e per propria cognizione.

Il richiamo al codice deontologico e agli ordinamenti didattici è obbligatorio, infatti sappiamo a tal proposito che la formazione degli infermieri è diventata universitaria, sono poi seguite  la legge n. 251 del 10 agosto 2000, per la disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, la legge della dirigenza  (legge n.  1 dell’ 8 gennaio 2002), la cosidetta legge sull’emergenza infermieristica.

Da queste norme possiamo trarre la conclusione che l’infermiere oggi è una figura altamente e pienamente responsabilizzata, nell’esercizio di un’attività professionale il più delle volte  complessa.

Il riflesso che se ne è avuto è descritto di seguito.

Alla base del nostro ordinamento giuridico c’è un principio fondamentale: chiunque causa un danno è obbligato a risarcirlo.

Ne consegue che quando un infermiere nell’esercizio della sua attività professionale, causa un danno ad un suo paziente, per legge è obbligato a risarcirlo.

L’infermiere è oggi diventato una figura professionalmente elevata,professione intellettuale, ed ecco che ha acquisito la responsabilità.

In alcuni casi si parla di responsabilità civile extracontrattuale.

La radice normativa della responsabilità civile deriva  dall’articolo 2043 del codice civile.

Il suddetto articolo stabilisce che se viene commesso con dolo o colpa, un fatto illecito che ha cagionato un danno ingiusto a terzi, l’autore della condotta è obbligato a risarcire il danno.

Gli elementi costitutivi della responsabilità civile sono che il fatto deve essere doloso o colposo: la condotta deve avere causato un danno e deve sussistere, fra condotta e danno, un nesso causale.

Il fatto illecito deve essere dunque un comportamento umano che può consistere in una azione o in una omissione.

Il fatto illecito deve essere pertanto doloso o colposo.

Il dolo si ha quando l’infermiere ha causato un danno al paziente, la colpa invece è quella che si verifica quando l’infermiere non vuole causare il danno, ma l’evento dannoso si produce, poiché l’infermiere stesso ha agito con negligenza, imprudenza e imperizia o perché ha violato una norma o un regolamento.

La colpa si ha quando l’infermiere omette di osservare quel grado minimo di diligenza, che tutti osservano nell’esecuzione di una prestazione professionale. L’infermiere agisce con straordinaria ed inscusabile imprudenza.

Il concetto di colpa grave è abbastanza complesso e si distingue dalla colpa lieve perché ha tutta una rilevanza oltre che giuridica, anche assicurativa soprattutto nell’ambito dell’attività prestata presso gli enti pubblici: quando viene dimostrata la colpa grave del soggetto agente, quindi dell’infermiere, l’ente o l’assicurazione dell’ente (qualora non sia compresa la colpa grave nella stessa assicurazione), ha il dovere di agire per la rivalsa di quanto ha pagato.

Per esempio: io, infermiere agisco con colpa grave e con un comportamento che nessuno nei miei panni avrebbe tenuto svolgendo la mia identica attività e so anche (ho coscienza), di agire con una temerarietà senza limiti: cagiono un danno ad un paziente.

In questo caso il paziente fa un’azione di risarcimento (tralasciamo la parte penale, che in questa situazione non teniamo in considerazione, in quanto la responsabilità penale è personale e quindi di per se stessa inassicurabile),inizia l’azione di risarcimento che evidentemente viene fatta sia nei confronti dell’ente sia nei confronti dell’infermiere.

L’ente paga, ma ha il dovere di agire nei confronti dell’infermiere chiedendo la ripetizione di quanto pagato.

Quindi se viene risarcito un miliardo di lire al terzo danneggiato, la corte dei conti sanziona l’ente se questi non esercita quel dovere.

Che cosa succede: che molti enti inseriscono la colpa grave nelle loro polizze assicurative. In questo caso però debbono farla pagare agli infermieri, perché evidentemente c’è una violazione della stessa norma amministrativa che impedisce di pagare per una responsabilità di colpa grave che appartiene all’infermiere stesso, e non evidentemente all’ente,  quindi sostanzialmente una perdita di denaro pubblico e come tale sanzionabile.

Avevamo detto che deve esserci un danno ingiusto. Quand’è che c’è un danno ingiusto?

Il danno ingiusto è la lesione dell’interessato protetto da un ordinamento giuridico, per contro abbiamo quello che si definisce danno giusto (c’è il danno ma è giustificato come legittima difesa o stato di necessità).

Abbiamo varie tipologie di danno: danno di proprietà di terzi, danno a persone (quello più citato) e il danno morale (la sofferenza psicologica che il paziente subisce a seguito di una lesione fisica) e il danno biologico, che consiste nella perdita dell’integrità fisica di ciascun soggetto indipendentemente da quella che è la sua capacità di reddito, facilmente assimilabile al danno morale e rientrante per alcune scuole di pensiero nel danno morale.

C’è un nesso di causalità, cioè un rapporto causa-effetto fra il fatto illecito, quindi l’azione compiuta con colpa ed il danno ingiusto, ovvero il primo (l’azione) deve avere causato il secondo (il fatto).

Tutto quanto detto fino a qui ha evidentemente un risvolto assicurativo.

Sulla base della nuova professionalità dell’infermiere quest’ultimo è pienamente responsabile dei suoi comportamenti.

Ma qual è il problema assicurativo?, Come agiscono le compagnie di assicurazione di fronte a questa mutata situazione, di fronte a questa figura dell’infermiere che non è più quello che era prima?

In tal senso bisogna sottolineare che c’è molta ignoranza, c’è molta poca volontà di comprendere.

Di primo acchito c’è la difficoltà di comprensione del rischio,  questo genera o una sottovalutazione o una supervalutazione del rischio stesso. In entrambi i casi c’è una grossa pericolosità: perché nel primo caso se c’è una sottovalutazione vuol dire che c’è un assicuratore che uscirà alla prima occasione quando comprenderà che il rischio era diverso da come lo intendeva, dall’altro caso evidentemente avremo un assicuratore spaventato o pauroso, che o farà pagare tantissimo o addirittura dirà che non gli interessa entrare in un sistema assicurativo di questo genere.

La difficoltà di comprensione del rischio deriva anche dal fatto che  gli assicuratori hanno delle difficoltà ad individuare dei sinistri che in passato erano a capo della struttura, ma che oggi non lo sono più. Come è stato detto prima, una volta o non c’era nessuno che pagava o sicuramente erano altri che pagavano.

Spesso c’è la difficoltà degli stessi infermieri di individuare l’esistenza degli stessi ambiti di responsabilità: quanti di voi sanno qual è l’effettivo ambito di responsabilità nel quale esercitano la propria attività professionale.

D’altra parte c’è anche la difficoltà degli enti ad individuare l’esistenza di una responsabilità in capo all’infermiere: per esempio l’estensione della colpa grave è offerta normalmente ai medici, che hanno concordato un prezzo nell’ambito della polizza di responsabilità civile con l’ente.

Tutto questo non accade per gli infermieri o se accade, succede raramente.

Non dimentichiamo che c’è un altro problema: dal punto di vista di situazione sociale/giuridica, il medico è ben cautelato, l’ente è ben cautelato, (con tutta una serie di circostanze che lo proteggono), ma se guardiamo l’infermiere, è forse l’anello più debole: da loro si può aggredire il tutto, soprattutto ora che ha una propria responsabilità

Non voglio fare degli allarmismi, però questo è un problema di cui dobbiamo tenere conto oggi, perché sta sorgendo e sorgerà sempre più ingigantito un domani.

Che cosa è stato fatto (con grande sforzo), nella estrema necessità di trovare un assicuratore, nel diffondere un pensiero e un sistema di ingegneria assicurativa? (Il temine ingegneria è forse molto importante ma la lascerei lo stesso).

E’ stato messo in piedi un sistema di protezione e di collaborazione con l’IPASVI, attraverso il quale monitorare il rischio.

Il ragionamento che è stato fatto è  questo: se ciascuno di noi, singolarmente si assicura, trasferisce il rischio di quello che è la responsabilità civile ad un assicuratore, ma quando avrà una richiesta di risarcimento, quando si troverà in una situazione di sinistro, si troverà da solo col suo assicuratore a dover affrontare la situazione. La conseguenza sarà che probabilmente l’assicuratore pagherà, ma non vorrà più assicurarlo o gli chiederà delle cifre esorbitanti anche per proseguire nell’assicurazione, ed inoltre quel sinistro che ha determinato questa situazione rimarrà nel silenzio, non lo si conoscerà e si perderà in mezzo a tutti gli altri.

Ma per effettuare un concreto monitoraggio del rischio, questa non è evidentemente la soluzione.

La soluzione è quella del momento associativo.

Ci vuole qualche cosa di più anche per tenere sotto controllo l’assicurazione stessa.

Un sistema che preveda un comitato tecnico- scientifico che monitorizzi tutti i sinistri, quindi che ci sia una centralizzazione attraverso il momento associativo.

L’assicurazione è solo uno degli elementi che concorre a determinare il monitoraggio ed evidentemente anche la sua conoscenza. Non dimentichiamo che chi conosce, possiede.

E’ giusto quello che diceva Tartaglia precedentemente, quando diceva che gli assicuratori, le compagnie di assicurazione non devono essere dei nostri antagonisti, perché devono monitorare insieme a noi il rischio, ma noi dobbiamo partecipare insieme a loro alla gestione del rischio stesso, perché così lo si conosce, lo si tiene sotto controllo e lo si trasferisce correttamente al mercato assicurativo,ed inoltre così facendo si definiscono con precisione gli ambiti di responsabilità rispetto agli altri soggetti coinvolti che abbiamo visto prima: gli enti, i medici, ecc.

Si riescono ad attivare tutti quei meccanismi di formazione per diminuire i rischi futuri, quindi in quel comitato tecnico- scientifico si tratta di definire tutte quelle che sono le modificazioni delle responsabilità anche sulla base delle sentenze che incontriamo sulla base delle nostre attività: si riesce attraverso quel momento a informare gli infermieri sul comportamento più a rischio.

 

 

Aniarti: www.aniarti.it

 
 
 
20/09/2006