|
-
-
La persona politraumatizzata pervenuta direttamente in
Pronto Soccorso attraverso un servizio di volontari
-
-
Relatori:
-
-
Giovanni Becattini, Enrico Lumini
-
Infermieri presso il DEA del policlinico dell’Azienda
Ospedaliera Careggi, Firenze
-
-
Abstract:
-
Da molti anni ormai l’assistenza al paziente vittima di un
politrauma ha catalizzato l’interesse del mondo scientifico in generale,
ed infermieristico in particolare, sia per la rilevanza epidemiologica che
sociale, connesse a loro volta all’importante impegno assistenziale dei
team di cura. Il processo che ne è scaturito, tuttora in divenire, ha
prodotto un miglioramento dell’assistenza a questo tipo di pazienti
misurabile in termini di riduzione della mortalità e della gravità degli
esiti. Il presente articolo ha lo scopo di rivedere ed analizzare le
competenze infermieristiche durante l’assistenza ad un paziente
politraumatizzato all’interno del DEA (Dipartimento Emergenza e
Accettazione) alla luce del recente sviluppo in ambito formativo e
normativo per la professione infermieristica nonché sulla scorta delle
evidenze scientifiche disponibili. L’analisi nel contesto della realtà
italiana, per diversi aspetti disomogenea, sia al suo interno che nei
confronti dei paesi europei o nord americani, mette in luce le necessarie
competenze organizzative e tecniche dell’infermiere e le prospettive
future per un miglioramento della qualità assistenziale.
-
-
Parole chiave:
Politrauma, emergenza,
nursing, ebn, revisione, trattamento ospedaliero
-
- Introduzione
-
Da molti anni ormai l’assistenza al paziente vittima di un
politrauma ha catalizzato l’interesse del mondo scientifico in generale ed
infermieristico in particolare sia per la rilevanza epidemiologica che
sociale connesse a loro volta all’importante impegno assistenziale dei
team di cura, dando vita ad un processo, tuttora in divenire, che ha
prodotto un miglioramento dell’assistenza a questo tipo di pazienti
misurabile in termini di riduzione della mortalità e della gravità degli
esiti. Il presente articolo ha lo scopo di rivedere ed analizzare le
competenze infermieristiche durante l’assistenza ad un paziente
politraumatizzato all’interno del DEA (Dipartimento Emergenza e
Accettazione) alla luce del recente sviluppo in ambito formativo e
normativo per la professione infermieristica nonché sulla scorta delle
evidenze scientifiche disponibili. Un’altra valida motivazione per
focalizzare l’attenzione sul percorso diagnostico terapeutico in DEA
scaturisce dal fatto che l’implementazione dei sistemi di sicurezza
passiva negli autoveicoli, la maggiore prevenzione sui luoghi di lavoro
unitamente al miglioramento della qualità del soccorso extra ospedaliero,
grazie all’istituzione e allo sviluppo delle centrali 118 con l’importante
contributo degli infermieri, fanno sì che giungano in DEA un numero sempre
maggiore di pazienti critici12, vittime di un trauma
importante, quando la lancetta della celebre “golden hour” non ha ancora
compiuto il proprio giro e la sopravvivenza dei pazienti dipende in
maniera cruciale dalla qualità del processo alla stessa stregua del
soccorso extra ospedaliero. Prima di scendere nel particolare delle varie
fasi proprio l’analisi delle evidenze disponibili dimostra con forza che a
monte di tutto per garantire ai pazienti le migliori possibilità di
sopravvivenza è necessario un efficiente ed efficace “Trauma System”
1,2,3,4: la realtà italiana mostra un panorama estremamente
disomogeneo con le ultime centrali 118 ancora in fase di creazione, trauma
centres troppo rari, trauma team improvvisati e/o carenti nella
formazione; di contro esistono realtà che da anni hanno intrapreso questa
strada ottenendo quei buoni risultati9,10 che la letteratura
prometteva e sui quali continuare a crescere.
![Casella di testo: TRAUMA SYSTEM
lGestione della richiesta di soccorso
lSoccorso territoriale
lDispatch
lTrauma center
lTrauma team
lRegistro traumi](becattinirelazione_file/image001.gif)
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Gli studi presi in esame dimostrano mortalità e morbilità
inversamente proporzionali al grado di organizzazione ed efficienza del
trauma system3,4 e l’infermiere del DEA forte di questa
consapevolezza ha il dovere di fornire la propria spinta propulsiva a
livello formativo od organizzativo nei propri ambiti di competenza e
quindi, per quanto attiene al DEA, di collaborare con il personale medico
per l’aggiornamento, l’istituzione od il miglioramento dei trauma team
oppure nella gestione di un registro traumi che consenta un’analisi della
patologia traumatica10 tale da consentire la formulazione di
strategie ed obiettivi di miglioramento e verifica della qualità o ancora
nell’implementazione delle comunicazioni con il soccorso extra ospedaliero
o con i DEA limitrofi.Tra le molteplici definizioni di politrauma sono
state scelte le due che hanno maggiore rilevanza nell’immediato lasciando
alle fasi successive valutazioni più accurate come l’Injury Severity Score
(ISS) che è quella maggiormente accreditata.
-
- TRAUMA MAGGIORE
|
- POLITRAUMA
|
- Criterio clinico + situazionale
|
- Criterio clinico
|
- Gravità delle lesioni reale o
potenziale
- in base alla dinamica
dell’evento
-
-
|
- Traumatismo di due o più distretti corporei con
compromissione delle funzioni vitali
-
-
|
-
-
1. Allertamento
-
-
La fase che precede l’arrivo del traumatizzato in ospedale
è determinante per un corretto approccio allo stesso. La possibilità di
organizzare e predisporre il funzionamento della macchina ospedaliera ha
un impatto rilevante soprattutto in funzione dell’ottimizzazione dei tempi
del soccorso. Questa fase prende il nome di allertamento poiché
sottintende l’applicazione di un complesso dispositivo che consentirà di
avere attorno al letto del traumatizzato le risorse tecniche ed umane
necessarie al miglior soccorso possibile6. il primo passo in
questa fase è rappresentato dalla ricezione della chiamata da parte del
sistema 118 o, laddove questo non sia attivo o venga bypassato,
direttamente dal mezzo di soccorso. Al fine di migliorare il passaggio di
questa importantissima informazione è ormai consuetudine la
predisposizione di linee telefoniche, e/o radio, dedicate tra la centrale
operativa e l’ospedale, gli ospedali, di riferimento. La corretta gestione
dell’informazione telefonica è quindi la pietra d’angolo sulla quale
poggerà l’intera architettura del soccorso ospedaliero al
politraumatizzato. La ricezione di questa chiamata deve essere affidata ad
un operatore ben identificato che per caratteristiche e funzione non potrà
che essere l’infermiere di triage. L’obiettivo dell’infermiere di triage
al momento della gestione della chiamata sarà quello di ricercare le
informazioni rilevanti per l’attivazione del trauma team; saranno, quindi,
determinanti le competenze relative all’abilità di gestire adeguatamente
la relazione telefonica e la conoscenza dei criteri situazionali di
identificazione del trauma maggiore. L’infermiere di triage dovrà
acquisire le notizie relative allo stato clinico dell’infortunato,
richiedendo una sintesi secondo ABC, la dinamica dell’incidente, ed il
tempo stimato per l’arrivo in DEA. La necessità di ottenere queste
informazioni è tale da far ritenere utile la dotazione di uno strumento
dedicato per la loro raccolta. Analogamente, se le notizie ottenute lo
indicheranno, l’infermiere di triage seguirà un diagramma di flusso
costruito per la trasmissione dell’allarme in DEA ed alle strutture di
supporto, avrà così inizio la fase dell’anticipazione. Il concetto di
allertamento è intimamente collegato con quello dell’anticipazione7,8,
che in realtà potrebbe addirittura collocarsi in una momento ancora
precedente, con l’individuazione in stand by del personale dedicato alla
gestione dell’emergenza. Il team infermieristico raccomandato per la
gestione del politraumatizzato è composto da due infermieri ed un
operatore di supporto6,7. Il team infermieristico si deve
comporre al momento della ricezione della chiamata, può essere previsto
l’inserimento dell’infermiere di triage nei casi in cui tale funzione
possa essere altrimenti presidiata, in caso contrario questi si farà
carico della trasmissione corretta delle informazioni ottenute. Un
infermiere del team provvederà ad allertare la diagnostica radiologica,
per gli esami da eseguire in sala emergenza; la tomografia computerizzata;
il centro trasfusionale, per le eventuali, ulteriori, necessità rispetto
alla dotazione di sangue universale che è comunque raccomandata; e la sala
operatoria, al fine di rendere disponibile l’opzione chirurgica immediata
laddove se ne riscontri la necessità. Nel contempo l’altro infermiere
attiverà le professionalità previste per la costituzione del Trauma Team,
chirurgo e rianimatore, quindi procederà, in sala emergenza, alla
predisposizione delle apparecchiature e dei dispositivi medici
potenzialmente necessari al trattamento. La predisposizione tiene conto
delle informazioni ottenute e nei casi in cui queste siano scarse essa
dovrà rispondere agli standard più elevati. L’operatore di supporto sarà
impiegato per la compilazione della modulistica necessaria per le indagini
diagnostiche ed il percorso amministrativo documentale del malato. Tutte
le operazioni illustrate otterranno un risparmio di tempo utile a
migliorare gli standard operativi al momento dell’arrivo del malato.
-
- Allertamento – Quesito
- L’infermiere, sulla
base delle informazioni ottenute organizza, in autonomia, la risposta del
dipartimento.
-
L’assunzione di responsabilità conseguente questa decisione
è motivata dal fattore tempo e dalle competenze disponibili. Se poi si
analizzasse il percorso dall’inizio si vedrebbe che: un infermiere riceve
la chiamata e dispone l’invio di un mezzo di soccorso magari con
infermiere a bordo che confermerà la presenza di trauma maggiore
trasmettendo l’informazione al collega del triage ospedaliero, ebbene non
si vede per quale motivo quest’ultimo non debba disporre delle
potenzialità della struttura dipartimentale. La disponibilità di un
documento validato che descriva i passi della trasmissione dell’allarme e
quindi dell’attivazione del DEA, risulterebbe determinante per il
superamento dei dubbi residui sulla liceità dell’operazione.
-
-
2. Sala Emergenza
-
-
La disponibilità di una sala dedicata al trattamento
dell’emergenza è prassi validata ed, ormai, consolidata5,6,7.
Questo locale si caratterizza per la disponibilità di attrezzature e
dispositivi medici. La volumetria, l’impiantistica, l’illuminazione ed il
trattamento dell’aria devono consentire l’effettuazione di interventi
invasivi che prevedono la compresenza di molti operatori. Le attrezzature
indicate come necessarie sono quelle utili al supporto ventilatorio, al
sostegno e controllo del circolo ed all’effettuazione della diagnostica
standard in emergenza.
-
In particolare è raccomandata la disponibilità di:
-
ventilatore da trasporto con PEEP: da preferire la
trasportabilità rispetto alla possibilità di garantire ventilazioni con
supporto pressorio “sofisticato”;
-
pompe peristaltiche per infusione, pompe a siringa:
l’infusione controllata di infusioni e farmaci rappresenta una necessità
assoluta;
-
infusore di liquidi riscaldati: dispositivo indispensabile
per il riscaldamento attivo dei malati;
-
emoteca: necessaria per garantire la costante disponibilità
di sangue universale in DEA;
-
monitor multiparametrico per ECG, SpO2, NiBP, capnometria:
anche in questo caso trasportabilità ed alimentazione a batteria
rappresentano criteri rilevanti per la scelta;
-
termometro timpanico: rilievo rapido ed affidabile nella
quasi totalità dei casi;
-
defibrillatore con pacemaker transcutaneo: la stimolazione
transcutanea deve essere preferita, come opzione tecnologica, rispetto
alla defibrillazione semiautomatica;
-
elettrocardiografo ed arcoscopio radiologico consentiranno
il primo inquadramento diagnostico fin dai primi momenti d’assistenza in
DEA;
-
lampada scialitica: indispensabile per le procedure
invasive.
-
I dispositivi medici necessari devono essere ordinati ed
organizzati secondo funzione, possono essere immaginati i seguenti Kit:
-
immobilizzazione spinale, aspirazione, gestione delle vie
aeree, drenaggio toracico, sondaggio gastrico, gestione accesso venoso
periferico e centrale, gestione accesso arterioso, cateterismo vescicale,
immobilizzazione degli arti.
-
- SALA EMERGENZA
-
|
- Dotazione apparecchi
elettromedicali
-
|
- Dotazione presidi
-
|
-
ü
Ventilatore da
trasporto (PEEP)
-
ü
Pompe infusione
peristaltiche/siringa
-
-
ü
Infusore liquidi
riscaldati
-
ü
Emoteca
-
ü
Monitor
multiparametrico:
-
ü
ECG, Sp O2, NIBP, IBP,
capnometria
-
-
ü
Termometro timpanico
-
ü
Defibrillatore / pacer
transcutaneo
-
ü
Elettrocardiografo
-
ü
Arcoscopio radiologico
-
ü
Lampada scialitica
-
|
-
ü
Immobilizzazione
spinale
-
ü
Aspirazione
-
ü
Gestione delle vie
aeree
-
ü
Drenaggio toracico
-
ü
Sondaggio gastrico
-
ü
Gestione accesso venoso
periferico e centrale
-
ü
Gestione accesso
arterioso
-
ü
Cateterismo vescicale
-
ü
Immobilizzazione arti
-
-
|
-
-
Considerando la presenza di almeno due infermieri è
consigliabile disporre attrezzature e presidi affinché risultino di facile
accesso, ad uno quelli necessari a garantire le fasi A, B e D, e all’altro
C ed E.
-
Il controllo delle attrezzature e della disponibilità dei
presidi deve basarsi su una check list dedicata ed essere almeno
giornaliero.
-
-
3. Accoglienza
-
-
Il momento di accettazione in DEA del traumatizzato, anche
quando atteso ed organizzato, rappresenta comunque un passaggio critico:
l’interfaccia tra le due squadre di soccorso, quella territoriale e quella
ospedaliera, necessita di una attenta gestione. Al momento dell’ingresso
in DEA del traumatizzato l’infermiere di triage effettuerà una rapida
valutazione mirata ad individuare elementi indicativi per criticità
vitale. Il processo decisionale sotteso alla decisione di triage
garantisce l’immediato accesso alle cure per i malati in pericolo di morte26.
Il politraumatizzato è, se correttamente definito, un codice rosso e deve
avere accesso immediato alla sala emergenza. In questi casi, quella che
solitamente è un’attività determinante per il buon funzionamento del DEA,
il triage, avrà valenza soprattutto nella gestione del ragguaglio o del
passaggio delle informazioni tra le due squadre di soccorso. Le
informazioni che è necessario raccogliere sono:
-
la descrizione della scena luogo dell’evento, determinante
per conoscere la meccanica della produzione delle lesioni7,8;
-
le condizioni del traumatizzato al momento dell’arrivo
sulla scena della squadra di soccorso, importanti per comprendere l’evolutività
del quadro clinico;
-
la presenza o meno sul posto di familiari e agenti di
pubblica sicurezza, gli uni e gli altri devono essere informati
dell’evento è indispensabile sapere se e come l’informazione è arrivata
loro;
-
gli interventi praticati durante il soccorso ed il
trasporto6.
-
I dati raccolti, utili all’inquadramento ed al primo
approccio al traumatizzato, dovranno essere considerati per valutare
l’adeguatezza del soccorso in un ottica di miglioramento continuo della
qualità degli interventi. La valutazione corretta deve tenere conto degli
obiettivi specifici di quel soccorso, degli standard richiesti a quel tipo
di equipe, professionale o meno, dell’integrazione dimostrata con la
centrale operativa 118. La fase dell’accoglienza termina con la presa in
carico del malato che ha accesso alla sala emergenza dove si procederà al
passaggio barella - letto non prima di aver garantito il mantenimento o
l’instaurazione dell’immobilizzazione spinale e di un monitoraggio di
minima: ECG ed SpO2. Il licenziamento dell’equipe territoriale deve sempre
prevedere un minimo debriefing che, quando necessario, sarà completato, a
posteriori, in un altro momento.
-
- Accoglienza – Quesito
- L’infermiere rileva
che, durante il soccorso territoriale non professionale, non è stata
assicurata l’immobilizzazione del rachide cervicale: la misura del
collare non è stata regolata, il malato si trova su barella bivalve e si
nota extrarotazione del piede sinistro. Cosa fare?
-
Il malato viene correttamente immobilizzato e monitorizzato
prima di essere posto su tavola spinale e barella/letto da supporto
avanzato. All’equipe di soccorso viene richiesto lo stand by finché non
sarà possibile garantire loro un adeguato feed back sull’intervento
praticato. L’assunzione di responsabilità legata al trattenimento di una
squadra di soccorso territoriale è ben legittimata dalla necessità di
formazione dimostrata dal comportamento non adeguato, l’occasione non deve
essere differita.
-
-
4. Trattamento Primario
-
Normalmente questo momento assistenziale deve essere
gestito direttamente sul territorio da équipe di soccorso con
professionisti sanitari medici e/o infermieri secondo le specifiche
competenze ed in tal caso i momenti successivi costituiranno solo un
controllo iniziale delle condizioni iniziali del paziente mentre, per le
sopracitate disomogeneità dello scenario italiano, il paziente può
giungere improvvisamente senza allertamento, oppure, per svariati motivi,
trasportato da un’équipe di soccorritori volontari o da testimoni
dell’evento traumatico ed il DEA sfruttando le capacità organizzative di
cui deve essere dotato e menzionate precedentemente deve provvedere ad un
veloce ed adeguato trattamento primario. Infermieri adeguatamente formati
e con esperienza di attività di pronto soccorso devono essere in grado di
accogliere il paziente e gestire in autonomia e sicurezza per il paziente
quei pochi minuti iniziali nei quali la presenza del medico o del team
completo non sia immediatamente disponibile. Prima del passaggio sulla
barella o letto di trattamento deve essere eseguita una rapida valutazione
dell’immobilizzazione del paziente con particolare riguardo al rachide
cervicale: eventuale assenza o malposizionamento di collare cervicale
devono essere corretti prima di procedere al trasferimento7,8.
-
4.1 Fase A
-
Successivamente il paziente viene trasferito sul letto di
trattamento e posizionato su asse spinale nel caso non si fosse già
provveduto in tal senso. Nel caso che il paziente non sia stato raccolto
nemmeno con barella bivalve, quest’ultima deve essere utilizzata per il
passaggio dalla barella dell’ambulanza all’asse spinale sul letto di
trattamento e ivi rimossa. Il momento successivo è costituito dalla
valutazione della pervietà delle vie aeree24 e prevede la
conoscenza da parte dell’infermiere dei criteri e delle manovre di base
(abbassamento della mandibola) ed avanzate (utilizzo di cannula naso/orofaringea)
per l’ottenimento della pervietà con eventuale aspirazione del cavo orale
e faringe per la rimozione di eventuale ingombro7,8.
-
4.2 Fase B
-
L’obiettivo di questa fase è quello di valutare l’attività
respiratoria e garantire ventilazione ed ossigenazione del paziente.
L’osservazione, palpazione, auscultazione nonché la rilevazione della
frequenza respiratoria e l’instaurazione precoce della saturimetria (OPACS)
forniscono un quadro iniziale completo in grado di rilevare i quadri
clinici più minacciosi come l’arresto respiratorio, il pneumotorace
iperteso o la presenza di evidenti traumi della gabbia toracica. In attesa
del trattamento definitivo delle vie aeree va comunque erogato ossigeno ad
alte percentuali con lo scopo di ossigenare il paziente tenendo presente
la soglia critica di una saturazione periferica > 90%. Le raccomandazioni
disponibili richiedono con forza il presidio della funzione respiratoria e
dell’ossigenazione del paziente, individuando nell’ipossia un fattore
assoluto di rischio; in caso di arresto respiratorio, gasping o
ipoventilazione l’infermiere deve essere in grado di instaurare una
ventilazione artificiale manuale con sistema pallone, maschera e valvola
geometrica8.
-
4.3 Fase C
-
Insieme all’ossigenazione l’altra funzione vitale da
presidiare con pertinacia è quella cardiocircolatoria: ipossia ed
ipotensione possono innalzare la mortalità dei pazienti traumatizzati fino
al 75%16. In questa fase quindi gli obiettivi assistenziali
saranno tesi ad una prima valutazione dell’attività cardiocircolatoria
con misurazione della pressione arteriosa sistolica (PAS),sufficiente in
questa prima fase, e della frequenza cardiaca (FC) 21 e ad
assicurare la possibilità di infusione reperendo due accessi venosi di
grosso calibro (16 – 14 G) o verificando l’efficienza di quelli reperiti
dall’équipe di soccorso8. Il tamponamento di eventuali
emorragie esterne attive deve essere iniziato altrettanto precocemente.
L’inizio di infusione di 500 ml di colloidi o cristalloidi riscaldati
tramite apposito infusore, alla stregua di test di espansione volemica,
rappresenta l’intervento conclusivo di questa fase.
-
-
Trattamento primario – quesito:
- L’infermiere inizia
l’infusione di liquidi eseguendo un test di espansione volemica.
-
La letteratura disponibile dimostra con sufficiente forza
che in questa categoria di pazienti l’inizio dell’infusione di liquidi
riscaldati oltre ad essere utile per combattere precocemente uno stato di
ipotermia è un intervento indifferibile e scevro da rischi per il
paziente: negli studi che confrontavano pazienti sottoposti a massiccia
infusione di liquidi rispetto a quelli con restrizione delle infusioni i
risultati hanno mostrato migliori risultati nel primo gruppo, in un altro
studio si è dimostrato che la reinfusione di liquidi oltre a combattere
l’ipotensione non produce effetti negativi sul pre carico cardiaco nei
pazienti politraumatizzati23. Dette considerazioni unite ai ben
noti effetti negativi dell’ipotermia sul consumo di ossigeno da parte del
paziente e sulle alterazioni dell’omeostasi a livello di acidosi e
discoagulopatia rendono sicuro e mandatorio15,18,19,20 l’inizio
dell’infusione da parte dell’infermiere in attesa di una successiva,
accurata valutazione dei target pressori da mantenere e del quantitativo
da reinfondere.
-
4.4 Fase D
- Si procede ad una valutazione neurologica
del paziente mediante assegnazione di punteggio Glasgow Coma Scale (GCS)
che verrà confrontato con quello riscontrato dall’équipe di soccorso se
disponibile e comunque questa valutazione sarà quella iniziale di
riferimento. L’utilizzo del punteggio GCS è validato da numerosi studi13,14,16
che gli attribuiscono notevole sensibilità e valore prognostico in fase
acuta soprattutto nei pazienti con trauma cranico associato; la
confrontabilità è un altro elemento importante che ha reso la scala GCS
così diffusa ed utile a livello mondiale. La valutazione neurologica non
può escludere una valutazione dei riflessi e del diametro pupillare con
particolare attenzione alla rilevazione della midriasi o dell’anisocoria
quali segni di impegno del tronco cerebrale.
- 4.5 Fase E
- Si tratta della fase conclusiva di questo
primo approccio sul paziente durante la quale si provvede ad un
monitoraggio di minima che prevede traccia elettrocardiografia e FC,
pressione arteriosa non invasiva (NIBP), saturimetria7,8,11 e
rilevazione della temperatura timpanica21 che è
sufficientemente rapida e sicura fatta eccezione per pazienti con segni di
lesione al padiglione auricolare o che presentino otoliquorrea o otorragia.
Dopo aver esposto il paziente viene eseguita una rapida valutazione
globale delle sue condizioni, alla ricerca di evidenti segni di lesione,
provvedendo ad un iniziale allineamento degli arti che mostrino anomalie.
Anche in questo caso una valutazione strutturata può essere resa possibile
dall’utilizzo del punteggio del Revised Trauma Score (RTS) 15,17
che è uno strumento semplice e sufficientemente preciso in questa fase. La
copertura isotermica del paziente, con lo scopo di prevenire la
dispersione di calore ed evitare un peggioramento di un’eventuale
ipotermia, con appositi teli conclude questa fase.
-
-
5. Trauma Team
-
Come si evince facilmente dal nome il trauma team è un
équipe multidisciplinare composta da due medici, due infermieri con
esperienza e crediti formativi specifici per l’assistenza al paziente
politraumatizzato ai quali si aggiunge un operatore di supporto2,7,8.
La formazione e l’aggiornamento continui, l’analisi degli interventi
effettuati e la verifica costante della qualità dell’assistenza erogata
sono i pilastri sui quali fondare efficienza ed efficacia di questa
squadra. Le linee guida più autorevoli raccomandano che la leadership del
team sia affidata al chirurgo anche se non va dimenticato che sono
prodotte proprio da associazioni scientifiche e professionali di
chirurghi: in Italia le due figure maggiormente coinvolte in questo
delicato ruolo sono il chirurgo e l’anestesista rianimatore mentre,
ancora, una terza figura prevista, quella del medico dell’emergenza, è per
il momento scarsamente disponibile e di conseguenza, di fatto non
rappresentata. Alcuni studi condotti negli Stati Uniti non mostrano
correlazione fra il tipo di medico che accoglie il paziente e gli esiti
mentre depongono a favore di team e medici addestrati che sono in grado di
ottenere i risultati migliori2,11. In sostanza per i medici
come per gli infermieri non è importante il tipo di specialità ma il
proprio bagaglio esperienziale e formativo in merito. Come anticipato il
trauma team dovrebbe essere già composto al momento dell’arrivo del
paziente e dopo un inquadramento iniziale come proposto in precedenza
dovrebbe procedere al trattamento secondario; nei casi di arrivo di
pazienti con modalità anomale l’infermiere più esperto che ha accolto il
paziente ed eseguito il trattamento primario sintetizzerà le informazioni
rilevanti al leader del team con particolare riguardo alla dinamica
dell’evento, parametri vitali e neurologici, lesioni riscontrate.
-
-
6. Trattamento secondario
-
Le capacità di leadership e di coordinamento del leader del
team dovranno guidare i successivi momenti diagnostico terapeutici nei
quali comunque le competenze dell’infermiere inerenti il funzionamento del
dipartimento nonché la valutazione della complessità del quadro
assistenziale senza tralasciare le ovvie competenze collaborative
risulteranno parimenti importanti ai fini del miglior esito possibile per
il paziente. All’infermiere più esperto ad esempio va ascritta la facoltà
di ampliamento del team con un altro infermiere o operatore di supporto a
seconda delle esigenze e compatibilmente con le risorse disponibili.
- Fase A
-
L’obiettivo della fase A è quello della protezione delle
vie aeree e l’intervento in grado di garantirla è l’intubazione tracheale
(IT) 7,8,11. Le evidenze disponibili rendono imperativa l’intubazione
tracheale per quei pazienti con GCS <9 e la raccomandano per pazienti con
GCS compreso tra 9 e 128. Prima di procedere alla sedoanalgesia
e/o curarizzazione è opportuno che l’infermiere compia una nuova
rivalutazione del punteggio GCS per confrontarla con la precedente. Per
quanto attiene alla scelta dei farmaci va notato che non vi è consenso
unanime anche per la debolezza degli studi in questo ambito: fra i più
utilizzati vanno citati il propofol e le benzodiazepine fra gli ipnotici,
la ketamina per indurre dissociazione ed analgesia soprattutto per le
sequenze rapide di intubazione, il fentanil e la morfina tra gli
analgesici ed i curari con preferenza per i non depolarizzanti limitandone
l’uso alla fase iniziale dell’intubazione stessa24,29,32,33.
Instaurata la sedazione e l’eventuale miorisoluzione l’infermiere
collabora con il medico rianimatore durante la manovra provvedendo a
rendere immediatamente disponibile la linea di aspirazione e durante il
fissaggio e la verifica del corretto posizionamento del tubo endotracheale.
La via di prima scelta in assenza di traumi mandibolari o mascellari è
quella oro tracheale. Oltre a garantire un’adeguata protezione delle vie
aeree e successivamente un’adeguata ossigenazione e ventilazione l’intubazione
tracheale è anche la manovra gravata dal minor rischio per l’instabilità
del rachide cervicale24. In caso di intubazione difficile
l’infermiere deve essere pronto a collaborare con il medico per i
tentativi successivi o per tecniche alternative. L’evoluzione recente
della maschera laringea (LMA) con il modello fast trach, che consente di
procedere all’intubazione attraverso di essa, rende questo presidio una
valida prima scelta in caso di intubazione fallita da preferire al combi
tube o altri presidi alternativi anche in considerazione dei movimenti a
carico del rachide cervicale durante la manovra che sembrano essere minori
proprio con la LMA24.
- Fase B
-
Come anticipato l’obiettivo di questa fase è quello di
garantire un’adeguta ossigenazione e ventilazione al paziente7,8,11.
Vengono utilizzate alte frazioni inspiratorie di ossigeno ed il
monitoraggio emogasanalitico e capnometrico dovrebbe guidare il setting
dei parametri ventilatori. Una volta stabilito dal medico il target
iniziale è certamente competenza infermieristica la sorveglianza
dell’adeguatezza della ventilazione che ha come standard valori di
saturazione periferica >95% e la normocapnia: alcuni studi dimostrano una
frequente inadeguatezza della ventilazione eseguita in emergenza e quindi
si tratta di un compito estremamente rilevante25. L’iperventilazione
è ad oggi sconsigliata e viene riservata nel trattamento dell’ipertensione
endocranica solo nei casi di deterioramento neurologico non rispondenti ad
altri trattamenti farmacologici16,17,24. Il sondaggio gastrico
eseguito a scopo diagnostico e per ridurre l’eventuale distensione
gastrica e favorire la performance ventilatoria del paziente conclude
questa fase.
- Fase C
-
Se nel momento del trattamento primario si è iniziata
l’infusione di liquidi in questa fase viene ricercato l’equilibrio
emodinamico ed il relativo target pressorio a seconda del tipo di trauma
(Trauma penetrante PAS 70 mm/Hg, Trauma chiuso PAS 90mm/Hg, trauma cranico
PAS 110-120mm/Hg) 8. Dopo una valutazione del team sulla stima
delle perdite viene stabilito il quantitativo da reinfondere e la qualità
delle infusioni. Nonostante numerosi studi abbiano paragonato cristalloidi
e colloidi non si è ancora giunti a risultati tali da giustificare
l’utilizzo dell’uno o dell’altro e l’opzione più ragionevole appare quella
che prevede l’infusione di entrambi39,40. Il rimpiazzo volemico
rappresenta la prima scelta nel presidio dei valori pressori ed il ricorso
alle amine simpaticomimetiche è limitato al controllo degli effetti
ipotensivi dei farmaci sedativi o analgesici23; l’infusore di
liquidi consente velocità di infusione fino a 750 ml/min e quindi di far
fronte a stati di shock estremi anche se va tenuto conto che un infermiere
in questi casi deve essere dedicato esclusivamente alla gestione
dell’apparecchio per la necessità di cambiare spesso le sacche di liquidi
o emoderivati. Se già si è detto degli effetti negativi dell’ipotermia va
anche aggiunto che raramente l’incidenza dell’ipotermia è legata alle
temperature ambientali e più spesso all’infusione massiccia di liquidi non
riscaldati considerazione questa che porta alla conclusione che gli
infusori di liquidi riscaldati e quindi il loro utilizzo appaia
irrinunciabile15,19,20. Per quanto attiene all’infusione di
sangue ed emoderivati non vi è, anche in questo caso, consenso sul livello
di emoglobina da presidiare anche se viene indicata in letteratura la
soglia critica di 7.0 g/dL al di sotto della quale utilizzare sangue
universale presente in DEA per l’emotrasfusione36. Gli infusori
consentono il riscaldamento anche degli emoderivati limitando ancor di più
rischi di ipotermia iatrogena. In caso di emorragie non controllabili
oltre che la predisposizione rapida per l’intervento chirurgico necessario
è opportuno prevedere anche la trasfusione di plasma oltre che di globuli
rossi per arginare l’eventuale coagulopatia da consumo e deplezione. Se
disposto dal medico l’infermiere collabora durante l’inserimento di
catetere arterioso che può essere utile sia per il monitoraggio
emogasanalitico che per quello pressorio cruento. Il monitoraggio
emodinamico si completa con l’inserimento di un catetere vescicale. Sempre
in questa fase vengono prelevati gli esami ematici in urgenza ed eseguito
un elettrocardiogramma a 12 derivazioni. La valutazione della funzione
circolatoria si completa con la rilevazione dei polsi periferici.
- Fase D
-
La valutazione neurologica è stata anticipata al momento
dell’intubazione tracheale ma durante la permanenza in sala di emergenza è
utile concordare con il leader del team un momento di sospensione della
sedazione in modo da ottenere una finestra di rivalutazione soprattutto
nei pazienti con trauma cranico associato16,17,37. A paziente
stabile, la criticità delle condizioni, non deve far dimenticare in tal
caso la stima del dolore e della sofferenza del paziente che va comunque
considerato alla stessa stregua di un parametro vitale29,30,31
non dimenticando che, ad esempio, il farmaco più usato per la sedazione,
che è il propofol, non possiede proprietà analgesiche. Se il medico o i
medici sono impegnati nel decidere le priorità diagnostiche o terapeutiche
assume importanza enorme la visione d’insieme che l’infermiere può fornire
ai fini di un trattamento completo ed efficace, infatti se la gestione di
questi parametri è medica, la valutazione dell’ efficacia e la richiesta
di adeguamento sono di competenza infermieristica. Sempre a tale scopo
l’utilizzo di pompe peristaltiche, volumetriche o a siringa sono da
preferire per la somministrazione di sedativi o farmaci vasoattivi a
fronte di una maggior sicurezza della somministrazione e di un minor
rischio di complicanze quali ad esempio l’estubazione accidentale38.
- Fase E – F
-
Si procede in questa fase ad un esame più approfondito
testa - piedi del paziente con eventuale sutura e medicazione delle
ferite, profilassi antitetanica, stabilizzazione provvisoria di eventuali
arti fratturati e loro immobilizzazione con lo scopo di ridurre e
prevenire i danni secondari ai tessuti osseo, muscolare e cutaneo ed in
tal senso in caso di fratture esposte è indicata una precoce profilassi
antibiotica ad ampio spettro7,11. In questa fase viene anche
concordato il livello di monitoraggio: gli studi disponibili sembrano
dimostrare che con l’aumentare della complessità del monitoraggio aumenta
la sensibilità e specificità dello stesso ma aumentano anche la
complessità del successivo trasporto in diagnostica, sala operatoria o
terapia intensiva con incremento anche di possibili incidenti22.
In quest’ottica la valutazione infermieristica sulla base del percorso del
paziente, delle risorse disponibili e sul grado di stabilità del paziente
appare la più calzante dopo condivisione con il personale medico. Il
monitoraggio di minima in quanto tale deve essere garantito mentre per il
monitoraggio pressorio quello con metodo cruento è da preferire
soprattutto in pazienti con elevata instabilità od infusione di farmaci
vasoattivi. Per quanto attiene la capnometria va detto che può essere un
monitoraggio utile ma non indispensabile essendo inaffidabile in pazienti
sottoposti a ventilazione meccanica ad alte Fi di ossigeno il rapporto tra
Pressione arteriosa dell’ anidride carbonica e pressione dell’anidride
carbonica di fine espirazione22. La pressione venosa centrale
non trova indicazione generalmente in questo tipo di pazienti e nel
contesto dell’emergenza in considerazione delle alterazioni prodotte dalla
pressione positiva della ventilazione meccanica e delle scarse indicazioni
sempre in regime di emergenza al cateterismo venoso centrale22.
-
-
7. Diagnostica in sala emergenza
- Ottenuto un valido supporto delle funzioni
vitali ed eseguiti gli interventi emergenti come l’intubazione tracheale
ed il controllo dei foci emorragici si procede ad una prima valutazione
diagnostica in sala di emergenza con lo scopo di ottenere un primo
bilancio lesionale teso ad individuare la presenza di lesioni minacciose
per la vita7,11.
![Casella di testo: Diagnostica in sala emergenza
•Rx rachide cervicale AP, LL
•Rx torace AP
•Rx bacino AP
•Eco addome](becattinirelazione_file/image002.gif)
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
-
Gli esami hanno lo scopo di ottenere una prima informazione
sull’integrità del rachide cervicale, sull’eventuale presenza di
contusioni polmonari o conferma di un pneumotorace già sospettato
clinicamente, lesioni di grossi vasi intratoracici, emorragie addominali
da rottura di organi parenchimatosi o da lesioni vascolari, verificare
l’integrità della pelvi e bacino che in caso di gravi fratture da solo può
compromettere direttamente o indirettamente l’emodinamica.
L’organizzazione del dipartimento e le competenze infermieristiche nel
coordinamento e nella collaborazione con il personale dedicato, nonché la
conoscenza sulle modalità di esecuzione di questi esami possono avere
importanti effetti sul timing di questa fase della diagnostica che deve
essere ovviamente precoce e più rapida possibile. E’ competenza
infermieristica la preparazione del paziente con la rimozione di monili o
protesi nonché la sorveglianza sulla radioprotezione del paziente e degli
operatori del team.
-
-
8. Custodia Valori
-
-
L’arrivo in DEA del politraumatizzato, come abbiamo visto,
dà origine ad un’attività frenetica assicurata da più persone in un unico
locale. Il relativo, organizzato, caos non deve far dimenticare che è
proprio questo tipo di malato che rappresenta i rischi maggiori per lo
smarrimento di beni o valori. Il contenzioso tra cittadinanza e struttura
ospedaliera per questo aspetto specifico mostra senz’altro un trend in
ascesa. La miglior risposta possibile al problema è l’adozione di
procedure e istruzioni operative che orientino gli infermieri
nell’espletamento di questa attività.
-
Risulterà importante quindi:
-
conservare tutti gli effetti personali, anche se
danneggiati; talvolta il valore affettivo di alcuni oggetti supera quello
effettivo, in altri casi lo stato degli abiti può avere rilevanza per gli
accertamenti giudiziari.
-
Isolare beni e valori in apposti contenitori; la
disponibilità di sacchetti per gli abiti e di contenitori a tenuta per i
valori rende più sicuro il momento della presa in carico di questi
effetti.
-
Compilare la nota valori; la redazione deve essere in
doppia copia perché sia possibile conservare una ricevuta.
-
La nota valori deve contenere: l’identità dell’infortunato
e degli infermieri che hanno rimosso gli effetti, la descrizione dei beni
con modalità di presunzione per metalli e valori in genere e puntuale per
le monete. La descrizione precisa dei beni presenti al momento
dell’ingresso in ospedale sarà fondamentale per la composizione dei
contenziosi possibili con i familiari e le equipe di soccorso
territoriale.
-
- Custodia valori –
Quesito
- L’infermiere procede
allo spoglio dei beni alla presenza dei soli colleghi.
-
La contingenza della situazione rendono questo
provvedimento ineludibile, la tutela personale del professionista è
ricercata attraverso la compresenza testimoniata di uno o più colleghi e
la disponibilità di una procedura validata che preveda le modalità della
rimozione e conservazione dei beni. Laddove sia possibile il
coinvolgimento degli organi di polizia è assolutamente raccomandato.
-
-
I valori saranno custoditi nella cassaforte del DEA e
consegnati, in un secondo tempo, allo stesso infortunato o ad un suo
familiare avente diritto al ritiro, previa presentazione di documento
d’identità che sarà registrato sulla nota valori. Gioverà ricordare che la
custodia dei beni è dovere etico con importanti ricadute sul fronte
penale, laddove le responsabilità sono, comunque e sempre, individuali.
-
- Custodia valori –
Quesito
- E’ corretto che
l’infermiere del DEA consegni gli effetti del malato ai colleghi del
servizio di destinazione in assenza dei familiari?
-
La trasmissione dei valori richiede modalità precise e
puntuali adempimenti amministrativi. La sicurezza, la riservatezza ed il
rispetto dell’altrui professionalità consigliano la conservazione dei beni
nella cassaforte del DEA.
-
-
9. Documentazione infermieristica
-
Negli ultimi anni la documentazione infermieristica ha
assunto sempre più importanza dimostrandosi in più casi, anche giudiziari,
complementare, quando non più completa, di quella clinica redatta dal
medico. L’assistenza infermieristica in DEA occupa uno spazio importante
all’interno del percorso di cura del malato. Logica e praticità vorrebbero
che la documentazione clinica che seguirà il paziente sia integrata
prevedendo spazi di pertinenza medica ed infermieristica: se al medico
competono gli spazi relativi al percorso diagnostico e terapeutico
l’infermiere dovrà disporre di quelli relativi ai rilievi direttamente
effettuati, siano essi di carattere anagrafico e personale, situazionale
relativi al soccorso, dei parametri vitali ed assistenziali. Non si potrà
prescindere da uno spazio utile alla registrazione della necessaria
valutazione d’ingresso, anche attraverso i già citati scores, e dalla
presenza di una griglia multiparametrica, in proposito è utile riaffermare
il concetto che spetta all’operatore che rileva il dato la registrazione
dello stesso. La disponibilità, sempre più diffusa, di documentazioni
informatizzate rende l’integrazione dei diversi campi ancora più semplice.
Risulterà importante prevedere uno spazio nel quale effettuare una sintesi
clinica al momento della conclusione dell’intervento, in tale modo si
consentirà una rapida trasmissione delle informazioni ai colleghi del team
che riceverà il traumatizzato. Il valore della documentazione
infermieristica è di grande importanza sia ai fini della tutela
professionale che per la revisione critica e di qualità dell’intero
processo di cura: misurare per migliorare.
-
-
10. Gestione dei familiari
-
Il trauma è forse la situazione che esprime più fedelmente
la sensazione di passaggio dal pieno benessere ad una condizione di
disagio, dolore quando non di pericolo di morte. Questa considerazione non
deve essere dimenticata quando ci si trova a rapportarsi con i familiari
dell’infortunato. Il termine familiare non deve essere inteso come
limitativo al vincolo anagrafico, si fa, infatti, riferimento alla sfera
di affettività che nella società odierna è ben più complessa rispetto al
passato. L’infermiere del DEA è, spesso, il primo operatore sanitario a
rapportarsi con i familiari, diventa quindi la prima fonte di informazioni
e come tale è necessario si consideri. Il primo compito da assolvere sarà
quello di assicurare la presenza in ospedale dei familiari, con ciò si
intende che si devono acquisire notizie circa il contatto tra squadra di
soccorso o forze di polizia e la famiglia e quando non si dovessero avere
conferme in tal senso è necessario ci si adoperi affinché i familiari
possano raggiungere il DEA. La partecipazione dei familiari al processo di
cura, mandato deontologico, si esprime attraverso un periodico, seriato,
passaggio di informazioni. All’arrivo in ospedale infermiere e/o medico
devono fornire una prima informazione ai familiari, una brutta verità sarà
comunque preferibile a mille inquietanti dubbi. La prima informazione deve
riguardare il, sommario, quadro clinico ed il percorso che il
traumatizzato affronterà nei minuti successivi. L’informazione deve essere
chiara e precisa, l’infermiere deve comunicare il suo ruolo nel soccorso
ed offrirsi come punto di riferimento per domande e chiarimenti; la
mancanza di riferimenti precisi ed il bisogno di sapere generano una
richiesta reiterata a chiunque si trovi a passare dalla sala d’attesa con
conseguente frustrazione e disinformazione a seconda dell’approccio scelto
dagli operatori. I numerosi momenti di valutazione che l’infermiere
esercita durante l’assistenza sono una base certa su cui fondare
l’informazione al familiare, è comunque raccomandato che sia il Team
leader a dare notizie dopo averle condivise con tutta l’equipe, in questo
caso l’infermiere potrà rinforzare ed integrare il messaggio garantito dal
medico.
-
- 11 Conclusioni
-
A fronte di una letteratura ancora incompleta ma comunque
ricca di importanti e rilevanti dati ed alla luce dello sviluppo della
professione infermieristica l’assistenza al paziente politraumatizzato si
conferma un tema trainante per il conseguimento di importanti traguardi
sul campo nel miglioramento della qualità dell’assistenza e nel prosieguo
dello sviluppo di nuove competenze ed approfondimento di quelle già
tradizionalmente acquisite per la professione infermieristica. I vuoti
ancora lasciati dalla ricerca e la possibilità di attingere alle evidenze
scientifiche più forti ed autorevoli possono essere potenti strumenti per
guidare il processo ed anche l’attività di misura e verifica della qualità
delle prestazioni erogate possono essere un primo scalino di approccio per
gli infermieri: negli USA e nel Regno Unito gli infermieri sono già
coinvolti in programmi simili, nella misura di parametri ed indicatori non
strettamente infermieristici come la percentuale di politraumatizzati
intubati in DEA, il tempo di permanenza in DEA del paziente, la quantità
di liquidi infusi, il livello di emoglobina del paziente al momento del
trasferimento, il timing della diagnostica e dell’arrivo in sala
operatoria2,6. In ultimo anche a livello formativo si avverte
il bisogno di inserire nei corsi di base e in quelli post base quelle
competenze avanzate al fine di un miglioramento qualitativo della
professione infermieristica che possa essere il più possibile trasversale.
-
- Bibliografia di
riferimento
-
-
1.
Kreis D,
Jr, Plasencia G, Augenstein D, et al: Preventable trauma deaths: Dade
County, Florida.
J Trauma
26:649-54, 1986
-
2.
ACS-COT. American College of
Surgeons Committee on Trauma: Resources for Optimal Care of the Injured
Patient: 1993. Chicago: American College of Surgeons, 1993
-
3.
Campbell S, Watkins G, Kreis
D: Preventable deaths in a self-designated trauma system. Am Surg
55:478-80, 1989
-
4.
Mendeloff J, Cayten C: Trauma
systems and public policy. Annu Rev Public Health 12:401-24, 1991
-
5.
Roy P: The value of trauma
centres: a methodologic review. Can J Surg 30:7-22, 1987
-
6.
American College of Surgeons
– Committee on trauma: Trauma Performance Improvement handbook. 9/1999
-
7.
Committe on Trauma American
College of Surgeons: Advanced Trauma Life Support.1997;
-
8.
Albanese
P, Cattarossi A, D iani A, Filippetto C, Nardi G, Polato T, Raffin L,
Sanson G "Pre-hospital Trauma Care IRC - approccio e trattamento
pre-ospedaliero al traumatizzato". 5° ed., IRC, 1998;
-
9.
S.
Ribaldi, S.M. Calderale, M. Coletti, F. Stagnitti, E. Natalizi:
L’urgenza Oggi: I
modelli organizzativi, Congresso Internazionale di Chirurgia d’Urgenza,
1999
-
10.
S.
Ribaldi, S.M. Calderale, M. Coletti, F. Stagnitti, E. Natalizi:
Il Registro del
Trauma, Congresso Società Italiana di Chirurgia d’Urgenza ,1998
-
11.
M. Pasquale, T. Fabian, and
EAST Committee: Practice management guidelines for trauma from the EAST.
J. Trauma; vol. 44, pag. 941, 1998;
-
12.
S.
Ribaldi et Al.: Studio multicentrico organizzativo-assistenziale sul
trauma nella regione Lazio. Attività di 21 Ospedali. Atti Settimana
Chirurgica Romana pag.249, SIC 1996 Roma.
-
13.
Menegazzi
JJ, Davis EA, Sucov AN, et al.
Reliability of the Glasgow Coma Scale when used by emergency physicians
and paramedics. J Trauma 34: 46-48, 1993
-
14.
Fielding
K, Rowley G: Reliability of assessment by skilled observers using the
Glasgow coma Scale.
Austr J Adv
Nurs 7: 13-21, 1990
-
15.
Gentilello LM, Pierson DJ: Trauma critical care.
Am J
Respir Crit Care Med 163: 604-607, 2001
-
16.
Woodrow P. Head injuries:
acute care. Emerg Nurse 8: 25-32, 2000
-
17.
Wright MM. Resuscitation of
the multitrauma patient with head injury. AACN Clin Issues; 10: 32-45 1999
-
18.
Luna GK,
Maier RV, Pavlin EG, Anardi D, Copass MK, Oreskovich MR. Incidence and
effect of hypothermia in seriously injured patients.
J Trauma
1987 Sep;27(9):1014-8
-
19.
Fritsch DE. Hypothermia in
the trauma patient. AACN Clin Issues 1995 May;6(2):196-211
-
20.
Mikhail J. The trauma triad
of death: hypothermia, acidosis, and coagulopathy. AACN Clin Issues 1999
Feb;10(1):85-94
-
21.
The Joanna Briggs Institute for Evidence Based Nursing
and Midwifery,: Vital signs; volume 3
(3):1-6, 1999
-
22.
Landais A, Aviles T, Cuvier
C, McGee K, N'Guyen K. Monitoring of multiple trauma in an emergency
hospital unit. Cah Anesthesiol 1996;44(4):347-54
-
23.
Miller PR, Meredith JW, Chang
MC. Randomized, prospective comparison of increased preload versus
inotropes in the resuscitation of trauma patients: effects on
cardiopulmonary function and visceral perfusion. J Trauma 1998
Jan;44(1):107-13
-
24.
Tyrode A. Airway management
in the multi trauma patient AUST EMERG NURS J 1997 Oct; 1(3): 6-9
-
25.
Helm M,
Hauke J, Sauermuller G, Lampl L, Bock KH. Quality of emergency
ventilation. A prospective study of trauma patients.
Unfallchirurg 1999 May;102(5):347-53
-
26.
GFT
Gruppo Formazione Triage. Triage infermieristico, Mc Graw-Hill 2000
-
27.
Terregino CA.
Indices,
scores and scales: the development of triage systems in modern trauma
care. Trauma Quarterly. 14(2):113-31, 1998.
-
28.
Nelson MS. A triage-based
emergency department patient classification system. Journal of Emergency
Nursing. 20(6):511-6, 1994 Dec.
-
29.
Richard A.
Sedation and Pain Management in Critically Ill Adults. Critical Care
Nurse, 20( 5): 39-55, 2000
-
30.
Zohar Z.
Eitan A. Halperin P. Stolero J. Hadid S. Shemer J. Zveibel FR.:Pain relief
in major trauma patients: an Israeli perspective J TRAUMA INJ INFECT CRIT
CARE 2001 Oct; 51(4): 767-72
-
31.
Epstein
J, Breslow MJ. The stress response of critical illness. Crit Care Clin.
1999;1:17-33.
-
32.
Hill L,
Bertaccini E, Barr J, Geller E. ICU sedation: a review of its pharmacology
and assessment. J Intensive Care Med. 1998;13:174-183.
-
33.
Shields RE. A comprehensive
review of sedative and analgesic agents. Crit Care Nurs Clin North Am.
1997;9:281-288.
-
34.
James Li,
Ketamine:
Emergency Applications. eMedicine Journal 2 (7); 2001
-
35.
Kwan I, Bunn F, Roberts I.
Timing and volume of fluid administration for patients with bleeding
following trauma. Cochrane review, 2000
-
36.
Sibbald
WJ.
Indications for Blood
Transfusion in Critical Care Patients Reviewed.
30th
International Educational and Scientific Symposium of the Society of
Critical Care Medicine Day 1 - February 10, 2001
-
37.
Arienta
C, Caroli M, Balbi S Management of head-injured patients in the emergency
department: a practical protocol.
Surg Neurol
48: 213-219;1997
-
38.
Balon JA.
Common
factors of spontaneous self-extubation in a critical care setting Int J
Trauma Nurs;7:93-9. 2001
-
39.
Bunn F, Alderson P, Hawkins
V. Colloid solutions for fluid resuscitation (Cochrane Review).
The Cochrane Library,
4,
2001
-
40.
Alderson P, Schierhout G,
Roberts I, Bunn F. Colloids versus crystalloids for fluid resuscitation in
critically ill patients (Cochrane Review).
The Cochrane Library,
4,
2001
-
-
-
|
|