Un
sistema di protezione. Infermiere
Marco Giacomo Gariglio, Torino
Managing Director Area nord
Ovest di Willis Italia S.p.A. ,
Volevo
innanzitutto ringraziarvi anticipatamente dell’attenzione e della
presentazione. Vorrei fare una precisazione: più che assicuratore, io sono un
broker di assicurazioni. Nella mia relazione cercherò di spiegare come una
riduzione dei costi possa effettivamente verificarsi e possa effettivamente
realizzarsi.
Il
titolo dell’intervento spero sia un titolo confortevole per voi, “Un sistema di protezione. Infermiere”.
Inizierò
facendo un accenno a quello che è accaduto, per farvi capire il punto di vista del mondo
assicurativo, il mondo proprio delle compagnie di assicurazione che sono un po’
i nostri ( e mi permetto di dire i nostri, perché mi metto vicino a voi)
antagonisti: quello che è il trasferimento del rischio all’assicurazione.
Il
decreto ministeriale n. 739 del ‘94 ha
regolamentato la figura e il profilo
professionale dell’infermiere.
Sostanzialmente a seguito di questo decreto ministeriale,
l’infermiere è divenuto non più un ausiliario ma direttamente il responsabile
del proprio operato, non è più quello che si definisce un mero esecutore, ma è
obbligato ad assumersi ogni responsabilità della propria attività
professionale.
L’articolo
2 della legge n. 42 del 26 febbraio ‘99 ha abrogato il cosiddetto mansionario e
con esso è stato rimosso l’elenco dettagliato di mansioni da svolgere. Si è
creato il profilo dell’infermiere, il contenuto degli ordinamenti didattici e il
codice deontologico con l’unico limite fatte salve le competenze previste per
le professioni mediche e per le altre professioni del ruolo sanitario.
Quindi
abbiamo detto che l’infermiere diviene responsabile di tutto il processo
assistenziale: dalla raccolta dati, alle identificazioni dei bisogni, alla
pianificazione, alla gestione, alla valutazione finale. A tal proposito mi
preme sottolineare come sia fondamentale (e lo vedremo meglio più avanti), che
venga documentata sempre l’attività svolta.
Perché
insieme alla responsabilità si muovono tutta un’altra serie di situazioni
collaterali, quali essere in grado di provare e dimostrare di avere svolto al
meglio una prestazione per competenza e
per propria cognizione.
Il
richiamo al codice deontologico e agli ordinamenti didattici è obbligatorio,
infatti sappiamo a tal proposito che la formazione degli infermieri è diventata
universitaria, sono poi seguite la legge
n. 251 del 10 agosto 2000, per la disciplina delle professioni sanitarie
infermieristiche, la legge della dirigenza (legge n. 1 dell’ 8 gennaio 2002), la cosidetta legge sull’emergenza
infermieristica.
Da
queste norme possiamo trarre la conclusione che l’infermiere oggi è una figura
altamente e pienamente responsabilizzata, nell’esercizio di un’attività
professionale il più delle volte complessa.
Il
riflesso che se ne è avuto è descritto di seguito.
Alla
base del nostro ordinamento giuridico c’è un principio fondamentale: chiunque
causa un danno è obbligato a risarcirlo.
Ne
consegue che quando un infermiere nell’esercizio della sua attività
professionale, causa un danno ad un suo paziente, per legge è obbligato a
risarcirlo.
L’infermiere
è oggi diventato una figura professionalmente elevata,professione
intellettuale, ed ecco che ha acquisito la responsabilità.
In
alcuni casi si parla di responsabilità civile extracontrattuale.
La
radice normativa della responsabilità civile deriva dall’articolo 2043 del codice civile.
Il
suddetto articolo stabilisce che se viene commesso con dolo o colpa, un fatto
illecito che ha cagionato un danno ingiusto a terzi, l’autore della condotta è
obbligato a risarcire il danno.
Gli
elementi costitutivi della responsabilità civile sono che il fatto deve essere
doloso o colposo: la condotta deve avere causato un danno e deve sussistere,
fra condotta e danno, un nesso causale.
Il
fatto illecito deve essere dunque un comportamento umano che può consistere in
una azione o in una omissione.
Il
fatto illecito deve essere pertanto doloso o colposo.
Il
dolo si ha quando l’infermiere ha causato un danno al paziente, la colpa invece
è quella che si verifica quando l’infermiere non vuole causare il danno, ma
l’evento dannoso si produce, poiché l’infermiere stesso ha agito con
negligenza, imprudenza e imperizia o perché ha violato una norma o un
regolamento.
La
colpa si ha quando l’infermiere omette di osservare quel grado minimo di
diligenza, che tutti osservano nell’esecuzione di una prestazione
professionale. L’infermiere agisce con straordinaria ed inscusabile imprudenza.
Il
concetto di colpa grave è abbastanza complesso e si distingue dalla colpa lieve
perché ha tutta una rilevanza oltre che giuridica, anche assicurativa
soprattutto nell’ambito dell’attività prestata presso gli enti pubblici: quando
viene dimostrata la colpa grave del soggetto agente, quindi dell’infermiere,
l’ente o l’assicurazione dell’ente (qualora non sia compresa la colpa grave
nella stessa assicurazione), ha il dovere di agire per la rivalsa di quanto ha
pagato.
Per
esempio: io, infermiere agisco con colpa grave e con un comportamento che
nessuno nei miei panni avrebbe tenuto svolgendo la mia identica attività e so
anche (ho coscienza), di agire con una temerarietà senza limiti: cagiono un
danno ad un paziente.
In
questo caso il paziente fa un’azione di risarcimento (tralasciamo la parte
penale, che in questa situazione non teniamo in considerazione, in quanto la
responsabilità penale è personale e quindi di per se stessa inassicurabile),inizia
l’azione di risarcimento che evidentemente viene fatta sia nei confronti
dell’ente sia nei confronti dell’infermiere.
L’ente
paga, ma ha il dovere di agire nei confronti dell’infermiere chiedendo la
ripetizione di quanto pagato.
Quindi
se viene risarcito un miliardo di lire al terzo danneggiato, la corte dei conti
sanziona l’ente se questi non esercita quel dovere.
Che
cosa succede: che molti enti inseriscono la colpa grave nelle loro polizze
assicurative. In questo caso però debbono farla pagare agli infermieri, perché
evidentemente c’è una violazione della stessa norma amministrativa che
impedisce di pagare per una responsabilità di colpa grave che appartiene
all’infermiere stesso, e non evidentemente all’ente, quindi sostanzialmente una perdita di denaro
pubblico e come tale sanzionabile.
Avevamo
detto che deve esserci un danno ingiusto. Quand’è che c’è un danno ingiusto?
Il
danno ingiusto è la lesione dell’interessato protetto da un ordinamento
giuridico, per contro abbiamo quello che si definisce danno giusto (c’è il
danno ma è giustificato come legittima difesa o stato di necessità).
Abbiamo
varie tipologie di danno: danno di proprietà di terzi, danno a persone (quello
più citato) e il danno morale (la sofferenza psicologica che il paziente
subisce a seguito di una lesione fisica) e il danno biologico, che consiste nella
perdita dell’integrità fisica di ciascun soggetto indipendentemente da quella
che è la sua capacità di reddito, facilmente assimilabile al danno morale e
rientrante per alcune scuole di pensiero nel danno morale.
C’è
un nesso di causalità, cioè un rapporto causa-effetto fra il fatto illecito,
quindi l’azione compiuta con colpa ed il danno ingiusto, ovvero il primo
(l’azione) deve avere causato il secondo (il fatto).
Tutto
quanto detto fino a qui ha evidentemente un risvolto assicurativo.
Sulla
base della nuova professionalità dell’infermiere quest’ultimo è pienamente
responsabile dei suoi comportamenti.
Ma
qual è il problema assicurativo?, Come agiscono le compagnie di assicurazione
di fronte a questa mutata situazione, di fronte a questa figura dell’infermiere
che non è più quello che era prima?
In
tal senso bisogna sottolineare che c’è molta ignoranza, c’è molta poca volontà
di comprendere.
Di
primo acchito c’è la difficoltà di comprensione del rischio, questo genera o una sottovalutazione o una
supervalutazione del rischio stesso. In entrambi i casi c’è una grossa
pericolosità: perché nel primo caso se c’è una sottovalutazione vuol dire che
c’è un assicuratore che uscirà alla prima occasione quando comprenderà che il
rischio era diverso da come lo intendeva, dall’altro caso evidentemente avremo
un assicuratore spaventato o pauroso, che o farà pagare tantissimo o
addirittura dirà che non gli interessa entrare in un sistema assicurativo di
questo genere.
La
difficoltà di comprensione del rischio deriva anche dal fatto che gli assicuratori hanno delle difficoltà ad
individuare dei sinistri che in passato erano a capo della struttura, ma che
oggi non lo sono più. Come è stato detto prima, una volta o non c’era nessuno
che pagava o sicuramente erano altri che pagavano.
Spesso
c’è la difficoltà degli stessi infermieri di individuare l’esistenza degli
stessi ambiti di responsabilità: quanti di voi sanno qual è l’effettivo ambito
di responsabilità nel quale esercitano la propria attività professionale.
D’altra
parte c’è anche la difficoltà degli enti ad individuare l’esistenza di una
responsabilità in capo all’infermiere: per esempio l’estensione della colpa
grave è offerta normalmente ai medici, che hanno concordato un prezzo nell’ambito
della polizza di responsabilità civile con l’ente.
Tutto
questo non accade per gli infermieri o se accade, succede raramente.
Non
dimentichiamo che c’è un altro problema: dal punto di vista di situazione
sociale/giuridica, il medico è ben cautelato, l’ente è ben cautelato, (con
tutta una serie di circostanze che lo proteggono), ma se guardiamo
l’infermiere, è forse l’anello più debole: da loro si può aggredire il tutto,
soprattutto ora che ha una propria responsabilità
Non
voglio fare degli allarmismi, però questo è un problema di cui dobbiamo tenere
conto oggi, perché sta sorgendo e sorgerà sempre più ingigantito un domani.
Che
cosa è stato fatto (con grande sforzo), nella estrema necessità di trovare un
assicuratore, nel diffondere un pensiero e un sistema di ingegneria
assicurativa? (Il temine ingegneria è forse molto importante ma la lascerei lo
stesso).
E’
stato messo in piedi un sistema di protezione e di collaborazione con l’IPASVI,
attraverso il quale monitorare il rischio.
Il
ragionamento che è stato fatto è questo:
se ciascuno di noi, singolarmente si assicura, trasferisce il rischio di quello
che è la responsabilità civile ad un assicuratore, ma quando avrà una richiesta
di risarcimento, quando si troverà in una situazione di sinistro, si troverà da
solo col suo assicuratore a dover affrontare la situazione. La conseguenza sarà
che probabilmente l’assicuratore pagherà, ma non vorrà più assicurarlo o gli
chiederà delle cifre esorbitanti anche per proseguire nell’assicurazione, ed
inoltre quel sinistro che ha determinato questa situazione rimarrà nel silenzio,
non lo si conoscerà e si perderà in mezzo a tutti gli altri.
Ma
per effettuare un concreto monitoraggio del rischio, questa non è evidentemente
la soluzione.
La
soluzione è quella del momento associativo.
Ci
vuole qualche cosa di più anche per tenere sotto controllo l’assicurazione
stessa.
Un
sistema che preveda un comitato tecnico- scientifico che monitorizzi tutti i
sinistri, quindi che ci sia una centralizzazione attraverso il momento
associativo.
L’assicurazione
è solo uno degli elementi che concorre a determinare il monitoraggio ed
evidentemente anche la sua conoscenza. Non dimentichiamo che chi conosce,
possiede.
E’
giusto quello che diceva Tartaglia precedentemente, quando diceva che gli
assicuratori, le compagnie di assicurazione non devono essere dei nostri
antagonisti, perché devono monitorare insieme a noi il rischio, ma noi dobbiamo
partecipare insieme a loro alla gestione del rischio stesso, perché così lo si
conosce, lo si tiene sotto controllo e lo si trasferisce correttamente al
mercato assicurativo,ed inoltre così facendo si definiscono con precisione gli
ambiti di responsabilità rispetto agli altri soggetti coinvolti che abbiamo
visto prima: gli enti, i medici, ecc.
Si
riescono ad attivare tutti quei meccanismi di formazione per diminuire i rischi
futuri, quindi in quel comitato tecnico- scientifico si tratta di definire
tutte quelle che sono le modificazioni delle responsabilità anche sulla base
delle sentenze che incontriamo sulla base delle nostre attività: si riesce
attraverso quel momento a informare gli infermieri sul comportamento più a
rischio.