Maria Benetton*, Angelina Di Nuccio**,Fabrizio
Moggia***
* Maria Benetton, Treviso
Infermiera AFD,Tutor e
docente Corso di Laurea in
Infermieristica Generale dell’Università di Padova, sede di Treviso
Componente del Comitato
Direttivo Aniarti
*** Fabrizio Moggia, Genova
Infermiere DDSI,
U.O. Formazione e Aggiornamento Ospedale
San Martino, Genova
Componente del Comitato
Direttivo Aniarti
** Angelina Di Nuccio, Caserta
Relatore
Infermiera
AFD
Coordinatore
Infermierisitco, Blocco Operatorio Ospedale. “S. Rocco” di Sessa Aurunca,
Caserta
Componente del Comitato
Direttivo Aniarti
Ritorniamo
a questa mattina in cui abbiamo rivisitato, nel tempo, come l’Aniarti sia stata promotrice
di cultura ed abbia anche permesso di definire i concetti di alcuni termini che
sono poi divenuti terminologia quotidiana.
Anche
il concetto di prestazione è stato spesso analizzato e studiato sin dai
primissimi Congressi; la prestazione è il risultato conseguito mediante lo
svolgimento di un complesso di azioni fra loro coordinate per la risoluzione di
un bisogno specifico manifestatosi in un paziente. [1]
Ma
allora, nel 1987 la discussione era soprattutto finalizzata a comprendere la
differenza tra prestazione semplice e complessa e a definire quando questa
potesse essere considerata autonoma o ad autonomia limitata.
§ Nella
prestazione semplice il processo decisionale, che conduce al risultato assistenziale
è noto, le alternative sono limitate e vi è una certezza nell’esecuzione delle
azioni.
§ Nella
prestazione complessa il processo decisionale presenta possibilità di
alternative e pertanto, maggiore dovrà essere l’attenzione, ma anche capacità
di osservazione, informazione e discrezionalità professionale. Alti sono i
rischi, come alta l’incertezza sul risultato.
§ Una
prestazione è autonoma quando sono individuate precise competenze
infermieristiche, l’interdipendenza con altre professioni nell’ottenimento del
risultato è assente o bassa, mentre la responsabilità dell’infermiere sul
risultato è piena e diretta.
§ La
prestazione è ad autonomia limitata quando il risultato della prestazione è
garantito da decisioni prese da diversi professionisti, l’interdipendenza è
quindi media o medio-alta e la responsabilità del risultato è di conseguenza
parziale, mentre vi è responsabilità sulla specifica azione infermieristica che
ha portato al risultato.
Se
queste sono state le fondamenta, ci ritroviamo adesso a dover analizzare
criticamente le prestazioni infermieristiche secondo altri criteri. Nel caso
di una prestazione, l’operatore è, nello stesso tempo, colui che esegue
direttamente l’attività lavorativa ma alla funzione esecutiva che si
concretizza nell’azione infermieristica, si aggiungono anche quelle di programmazione
cioè stabilisce gli obiettivi e nella fattispecie pianifica l’assistenza, di organizzazione
cioè di valutazione delle risorse, scelta dei metodi, strumenti e tempi, e di controllo
per la valutazione dei risultati e apportandovi le opportune correzioni. [2]
In questa lettura perciò la
prestazione assume completezza e autonomia, e ne scaturisce
controllo e responsabilità. Si
mira
ad introdurre una maggiore varietà di prestazioni e a far sì che siano compiti
completi, non frazionati, per cercare di dare una visione globale e complessiva
dei bisogni del paziente e una minore tecnicità all’azione.
L’ulteriore
evoluzione nell’analisi del concetto di prestazione è stato quello di definire
cosa si intende in questo momento storico per specificità, esclusività,
demandabilità, responsabilità.
SPECIFICITA’
La
specificità risiede nella caratteristica di erogare prestazioni che si basano
innanzitutto in un approccio alla globalità alla persona; la nostra stessa disciplina,
e il paradigma su cui si fonda, richiama ad una visione completa della persona
(uomo, salute, contesto, assistenza); e così anche le nostre prestazioni, che
definiamo specifiche, devono essere caratterizzate da questo. [3]
Nel
definire che una prestazione è specifica di alcuni professionisti
bisogna tener conto che essa è tale perché è agita da persone che hanno
determinati caratteri o competenze o abilità che li distinguono da altri.
La
specificità della prestazione risiede nel riconoscere se ci sono questi
elementi aggreganti.
Una
prestazione è specifica di un professionista se si oggettiva:
1. c’è una disciplina di riferimento?
2. c’è una conoscenza teorica derivata da
un percorso formativo documentato?
3. c’è una abilità pratica riconosciuta con
casistica?
4. c’è un riconoscimento da parte della
comunità professionale che si è in grado di agire quella prestazione o c’è una
prassi operativa accettata?
5. c’è una capacità di gestione delle
complicanze che ne possono derivare?
La
specificità della prestazione non è elemento esclusivo della professione
infermieristica; altri professionisti della salute hanno competenze e abilità
comuni.
Per
esemplificare potremmo prendere il caso, estremamente comune, di un intervento
informativo sanitario (non educativo) al paziente.
Questa
prestazione è specifica dell’infermiere in quanto egli ha:
1. una disciplina di riferimento. Questo
gli permette di assumere un approccio globale alla persona impegnandosi a
conoscere a priori la condizione fisica, cognitiva e psicologica di colui che
viene informato
2. conoscenze derivate da percorsi di
studio riconosciuti. Possiede infatti conoscenze scientifiche e tecniche,
conoscenza delle tecniche appropriate di comunicazione, conoscenza delle
alternative da proporre e delle condizioni organizzative che vincolano, ecc.
3. abilità nel gestire la comunicazione
esercitata nella pratica professionale quotidiana e nel periodo di tirocinio
nella formazione di base
4. espresso riconoscimento da parte della
comunità scientifica e sociale di essere veicolo di informazione sanitaria
5. capacità nel gestire i disturbi nella
comunicazione
Questa
è una prestazione specifica dell’infermiere ma può essere agita anche da un
medico, da uno psicologo, da una assistente sanitaria.
La
specificità della prestazione deve tener conto, particolarmente in una
logica organizzativa di utilizzo di risorse, a quale figura professionale
conviene affidare la prestazione; a parità di competenze, abilità pratiche,
casistica, va considerato quale valore aggiunto può dare una professione rispetto
un’altra, considerando che comunque si opera con alte competenze e capacità, e
la sicurezza del paziente è comunque garantita.
ESCLUSIVITA’
Esclusivo
significa che non compete ad altri.
L’esclusività deriva dalle indicazioni di leggi e regolamenti o da formazione
specifica documentata con percorsi riconosciuti dallo Stato.
Nell’ambito
dell’esclusività della prestazione, riconosciamo anche l’autonomia e
l’eccellenza della professione infermieristica.
La
prestazione esclusiva per antonomasia è la pianificazione assistenziale. Solo
l’infermiere ha la competenza per identificare i bisogni assistenziali,
progettare e gestire gli interventi utili alla loro risoluzione e valutarne i
risultati. La dipendenza fisica o psichica dei pazienti non è un indice di esclusività
della prestazione, mentre lo è individuare i bisogni assistenziali di questa
tipologia di pazienti. Forse è perché si parte da un criterio sbagliato (la
dipendenza) che c’è la percezione sociale (e di alcuni politici) che manchino
così tanti infermieri.
L’esclusività
è data dai seguenti criteri:
1. l’infermiere, e solo lui, ha avuto una
formazione di base specifica e prolungata nello studio della tematica
2. questa conoscenza è prevista e
riconosciuta da ordinamenti didattici
3. la conoscenza è diventata competenza in
quanto si è acquisito anche abilità pratica e relazionale nell’applicarla
4. c’è un riconoscimento che quella
competenza non appartiene ad altri, dichiarato e legittimato da normative in
vigore
5. c’è un riconoscimento da parte della
comunità professionale che quella competenza agita come esclusiva è a tutela e
garanzia del cliente
6. il professionista risponde in toto della
prestazione e non può demandarla ad altre figure
7. il professionista è autonomo nella
gestione della prestazione.
Noi
infermieri abbiamo molte importanti aree di esclusività; ciò comporta che
agiamo varie prestazioni esclusive ma forse non ne abbiamo ancora compreso la
loro importanza e peculiarità e soprattutto non abbiamo compreso come dobbiamo
invece difenderle, agirle il più possibile ed implementarle, nella prospettiva
che non sono attività aggiuntiva ma attività in cui la professione
infermieristica opera in completa autonomia, autorevolezza e introducendo
elementi di qualità per i pazienti.
Non
segnaleremo mai abbastanza quanto siamo distratti dall’operare su prescrizione
o facendo attività improprie, sottovalutando invece la necessità di pianificare
l’assistenza infermieristica che eroghiamo, anzi considerando questa una
attività aggiuntiva!
Ma
abbiamo anche altre aree in cui si riconosce l’esclusività della prestazione.
Altri esempi sono la formazione clinica del personale infermieristico o di
supporto, o la gestione e supervisione del personale di supporto.
Rispetto
a queste aree, c’è una esclusività della prestazione che l’infermiere
agisce. Nessuno può sostituirlo; egli è autonomo nella prestazione e
responsabile.
DEMANDABILITA’
Nel
dibattito che la professione sta vivendo ormai da anni si è persa la dicitura
(non sempre corretta) di delega per portarsi verso il concetto di
trasferibilità ed ora di demandabilità.
Il concetto di delega indica l’attribuzione, da parte di chi ha
autorità/responsabilità più elevata, a qualcun altro di un’attività che
comunque, è propria anche del delegante. Il delegato viene riconosciuto ed autorizzato
a svolgere un’attività all’interno di un processo di lavoro in modo completo ed
assumendosene la responsabilità.
Delegare
una competenza propria è un atto illecito sia per chi delega sia per chi pone
in essere la delega.
Nel caso
dei rapporti infermiere/ OTA-OSS, non possiamo parlare tout-cour di delega, perché ci riferiremmo anche alle attività
specifiche ed esclusive dell’infermiere
Certo, vi
sono alcune attività per le quali anche l’OTA-OSS è autorizzato, ma sempre in
un piano assistenziale definito dall’infermiere e sotto la responsabilità di
quest’ultimo; la delega presupporrebbe anche il passaggio della responsabilità
complessiva all’operatore di supporto che invece non avviene.
Il concetto di
demandabilità indica l’affidamento,
da parte di chi ha competenza e responsabilità per una funzione, ad altri di
alcune attività; queste attività però sulla base di considerazioni proprie,
possono essere avocate a sé da parte di chi demanda.
Le attività
per le quali l’OTA-OSS è autorizzato sono, di fatto, demandate dall’infermiere,
cioè attribuite per l’esecuzione. La responsabilità della scelta, della
decisione e del risultato complessivo di quelle attività resta dell’infermiere.
Il
concetto di trasferimento sembra troppo esclusivamente organizzativo e non
introduce (rispetto al termine “demandare”) l’idea del mandato cioè,
indicazione autorevole, comando.
Invece il
concetto della demandabilità contiene e trasmette l’idea che dietro c’è
un mandato, cioè il conferire facoltà ad altri di fare qualcosa per la quale
c’è stato un ordine, un’indicazione specifica. La linea della responsabilità
rimane chiarissima e nel demandare dobbiamo avere un approccio vigilante.
Inoltre noi
non diamo mandati, non demandiamo, qualunque azione a chiunque: analizziamo,
scegliamo, valutiamo se la persona è in grado di eseguire il mandato, se ne ha
le conoscenze, le abilità, le capacità fisiche e psichiche.
Il concetto
della demandabilità perciò diventa più completo e ricco del semplice
trasferire, e rende anche più evidente il ruolo dell’infermiere di decisore,
valutatore dei criteri per l’assegnazione del mandato, della supervisione in
itinere e del risultato finale.
Queste sono
prestazioni esclusive dell’infermiere e rientrano negli ambiti della propria
responsabilità professionale.
RESPONSABILITA’
Il
contenuto della responsabilità professionale è continuamente in
evoluzione; cambiano le conoscenze, cambiano le abilità o le competenze
complesse richieste, cambia quindi il modo e la misura in cui l’infermiere
risponde delle proprie e delle altrui azioni.[4]
L’essere
investiti di sempre nuove responsabilità porta ad entrare in uno stato di forte
carica emotiva tanto da porsi la domanda: “chi mi aiuta a capire? Quanto sono
responsabile?”
L’aiuto
a comprendere qual è l’assunzione di responsabilità viene dato da regolamenti,
norme ma un ulteriore appoggio ci viene dalle indicazioni delle
organizzazioni professionali che danno
indicazioni ed interpretazioni.
Vorremmo
quindi fare un’analogia che l’infermiere inserito e partecipe alla vita
culturale della propria professione ha una visione più completa e attuale del
concetto di responsabilità e dei suoi elementi caratterizzanti.
Responsabilità
significa
· conoscere
· saper
cosa fare e come fare
· saper
valutare
Assunzione
di responsabilità significa anche recuperare l’interezza del processo
assistenziale.
Il
lavoro per mansioni porta ad una percezione di frammentazione di
responsabilità, ma è un falso sentire; per nostra natura professionale,
formazione, e ruolo legittimato dalle norme, noi rispondiamo dell’assistenza
infermieristica globale e quindi del processo assistenziale.
Questo
non può portare ad una reazione del tipo” faccio tutto io” ma deve ci deve
rendere consapevoli su quali prestazioni demandare, a chi e come mantenere il
controllo, e quali prestazioni eseguire
personalmente assumendosi la
responsabilità diretta.
Non
dobbiamo scordare, e non smetteremo mai di ricordarlo in ogni occasione, che
saper gestire la responsabilità professionale implica l’obbligo di informarsi,
di scegliere i collaboratori più idonei, di controllare gli stessi, di saper efficacemente comunicare e di saper
documentare. Per quanto riguarda quest’ultimo obbligo, il documentare, va
richiamato che esso è una parte essenziale della quotidiana attività infermieristica, ed inoltre può ridurre i rischi di una
chiamata in giudizio.
Il vecchio adagio “non scritto, non fatto” va
applicato ora più di un tempo; ciò richiama ad meticolosa e continua
documentazione del nostro operato.
In
conclusione diremmo che il nostro agire deve dimostrare che come infermieri
abbiamo:
· chiarezza
di obiettivi professionali e chiari riferimenti di politica sanitaria e
giurisprudenziale
· disponibilità
ad orientarsi agli obiettivi aziendali attraverso la condivisione, la
motivazione, mantenendo alta l’attenzione sulla relazione tra la persona che
eroga il servizio e la persona che ne ha bisogno
· adottare
sistemi che rendano visibile il nostro operato sia come quantità ma soprattutto
come qualità di lavoro. E’ importante dichiarare le scelte, le criticità, le
decisioni assunte, gli indicatori di verifica.
Dobbiamo
sapere come professionisti dove andare perché, citando Seneca, “non esiste
vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare”.
[1] A. Massei, L’autonomia professionale nel concetto di prestazione, Atti VI° Congresso Nazionale Aniarti, 1987
[2] M. Cantarelli, Il Modello delle Prestazioni Infermieristiche, Collana di Scienze Infermieristiche, Masson, Milano 1997
[3] E. Drigo, L’infermieristica nell’intensitività assistenziale: quale il valore aggiunto, Atti XXII° Congresso Nazionale Aniarti, 2003
[4] D. Rodriguez, A. Aprile, Medicina legale per infermieri, Carocci Faber, Roma 2004