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Congresso Nazionale Aniarti 2005

L'infermiere in Area Critica: pensare, essere, fare.

Sorrento (NA), 26 Ottobre - October 2005 / 28 Ottobre - October 2005

» Indice degli atti del programma

Evento collaterale: Infermieri e tecnologie in area critica Angelina Di Nuccio, Andrea Mezzetti, Walter Aronni, Antonella D’Errico, Alessandro Grandi, Marcello Scardino, Brigitte Hochegger, Rita Megliorin

28 Ottobre - October 2005: 14:05 / 17:00

Presentazione

Relazione:


Monitoraggio emodinamico continuo con cateterismo centrale e valutazione infermieristica degli effetti dei trattamenti terapeutici:criteri e livelli di responsabilità

 

Marcello Scardino, Parma
Infermiere
Terapia intensiva Post-cardiochirurgica
Azienda Ospedaliera Parma

 

Introduzione

 

Il monitoraggio dei pazienti in terapia intensiva consiste, nella misurazione e nella osservazione costante di alcuni parametri fisiologici avente come scopo principale quello di registrare e valutare dati e informazioni sull’andamento clinico delle funzioni organiche del paziente. In una terapia intensiva tale monitoraggio riveste ulteriore importanza per le condizioni critiche e instabili del paziente e per la possibilità di poter prevedere, nei limiti, evoluzioni di eventi patologici e non: uno studio riporta una riduzione statisticamente significativa della mortalità in pazienti trattati precocemente prima dello sviluppo di danni di organo[1].

Il paziente sottoposto a chirurgia cardiaca inizia il suo monitoraggio in sala operatoria e lo continua in terapia intensiva: i motivi di questo sono legati alle condizioni cardiocircolatorie gravi ed instabili, alla possibile coesistenza di malattie associate, alle alterazioni fisiologiche indotte dalla circolazione extracorporea.

Il monitoraggio sarà sia di tipo non invasivo(ecg), ma anche e soprattutto invasivo (pressione arteriosa, pressione venosa centrale, pressione polmonare).

Uno degli strumenti di monitoraggio invasivo più usato nelle terapie intensive di tutto il mondo è sicuramente rappresentato dal catetere flottante polmonare o catetere di Swan-Ganz. In ambito cardiochirurgico l’applicazione dello Swan-Ganz avviene nella percentuale maggiore su scelta dell’anestesista che previa valutazione del paziente può già deciderne il suo posizionamento in base alle condizioni pre-intervento del paziente (bassa EF, alto ASA score, complessità dell’intervento), oppure posizionarlo durante l’intervento per sopravvenute complicanze (infarto perioperatorio, sindrome da bassa gittata,ecc). In percentuale ridotta può essere applicato in terapia intensiva dall’ intensivista per un peggioramento delle condizioni del paziente.

Nella nostra unità operativa nel 2004 sono stati effettuati  930 interventi di cui 734 in CEC, sono stati applicati  circa 600 Swan-Ganz, di cui il 10% a posteriori in Terapia Intensiva. Da quando abbiamo in dotazione il Vigilance  (agosto) sono stati applicati 20 cateteri per la misurazione in continuo della gittata: le indicazioni sono le identiche ma più gravi per il rischio del paziente. La limitazione dell’uso è anche in parte dovuto al costo diverso dello Swan-Ganz par la CO in continuo che è di circa 4 – 5 volte superiore ad uno “normale”.

Dalla sua iniziale descrizione nel 1970[2]  ha riscosso un enorme successo diventando una pietra miliare nella diagnostica e nel trattamento dei pazienti critici, ha di fatto reso possibili miglioramenti importanti delle conoscenze sulla fisiopatologia di numerose condizioni cliniche: il suo utilizzo malgrado concorrenze di altre metodiche diagnostiche continua a crescere solo in Europa del 5 – 10 %.

Come tutte le tecnologie presenti in campo sanitario e non, esso si è negli anni evoluto presentando sempre più innumerevoli accessori e strumenti per aumentare la sua capacità e potenzialità di misurazione: canali per infusioni, fibre ottiche per la misurazione della saturazione di O2 di emoglobina(SvO2) nel sangue venoso misto, termistori  per la misurazione della frazione di eiezione(EF), filamenti termici per la termodiluizione con misurazione in continuo della gittata cardiaca(CO).

Per questo catetere la ricerca ha inoltre  sviluppato sistemi di monitor dedicati che attraverso particolari algoritmi sono inoltre in grado di andare a misurare in continuo il volume diastolico del ventricolo destro (EDV), forniscono la rappresenta- zione grafica della curva di funzionalità ventricolare sulla base del principio di Frank-Starling :in un cuore normale, il principale fattore che regola la potenza della contrazione ventricolare è il volume diastolico (precarico)

L’esperienza che voglio illustrare è sull’utilizzo nella nostra terapia intensiva del monitoraggio in arteria polmonare attraverso il monitor Vigilance II della Edwards.

 

Catetere di Swan-Ganz: principi

 

Caratteristiche :

Lunghezza: 

110 cm

Contrassegni

Anelli grossi = 50 cm    anelli sottili = 10 cm

Materiale: 

Polivinilcloruro (PVC) 

Misura:

7 French (doppio lume) 7.5 French (triplo lume) 

Palloncino: 

1.5 ml di capacità 

Termistore: 

Montato a 4 cm dalla punta 

Porte:

Una alla punta ed un'altra a 30 cm dalla punta; una terza porta è disponibile in alcuni cateteri vicino alla porta prossimale 

Accessori: 

Fibre ottiche per la misura di SvO2; contatti per pacing 

 

 

Il catetere viene inserito attraverso la vena succlavia o la vena giugulare interna. Subito prima dell’inserzione il lume distale viene collegato al trasduttore e al monitor oscilloscopio cosi da poter monitorizzare durante il suo avanzamento le varie forme d’onde prodotte e quindi facilitarne ed individuarne il corretto posizionamento.

Quindi, attraverso la vena cava superiore, le sezioni destre del cuore raggiunge l’arteria polmonare, il tutto senza dover ricorrere a visioni radiologiche ma solo attraverso la monitorizzazione delle forme di onde da lui  prodotte nel suo percorso.

 La presenza del palloncino e il suo gonfiaggio permettono di sfruttare l’effetto vela[3] facendolo trasportare dal flusso ematico venoso attraverso le cavità destre del cuore fino all’arteria polmonare.

Una volta raggiunta l’arteria polmonare il palloncino sarà sgonfiato e verrà gonfiato solo nel momento in cui ci sarà necessità di misurare la pressione capillare di incuneamento (PCWP o wedge) che  corrisponderà alla pressione dell’atrio sinistro e questa se non vi sono ostruzioni tra atrio e ventricolo sinistro corrisponderà alla pressione telediastolica del ventricolo sinistro.

 

Parametri emodinamici

 

Lo studio dell'emodinamica intracardiaca comprende il rilevamento delle pressioni intracardiache, dei volumi delle cavità cardiache, della gittata cardiaca e delle resistenze  intra ed extracardiache. Tali parametri presentano delle interrelazioni importanti. Inoltre varie modificazioni a livello cardiaco, pericardico o della gabbia toracica possono interferire sullo studio dell'emodinamica cardiaca.

 

Parametro

Sigla

Intervallo di normalità

Pressione venosa centrale

PVC

1 – 6 mmHg

Pressione capillare polmonare di incuneamento (wedge)

PCWP

6 – 12 mmHg

Gettata cardiaca

CO

4 - 8 l/min

Volume ventricolare telediastolico

VTDV

80 – 150 ml/ m²  Destra

70 – 100  ml/ m²   Sinistra

Indice cardiaco

IC

2,4 – 4 l/min/m²

Indice sistolico

IS

40 – 70 ml/battito/ m²

Frazione di eiezione ventricolo destro

FEVD

46 – 50 %

Volume telediastolico ventricolo destro

VTDVD

80 – 150 ml/ m²

Resistenza vascolare sistemica indicizzata

RVSI

1600 – 2400 dyn x sec x m²/cm5

Resistenza vascolare polmonare indicizzata

RVPI

200 – 400  dyn x sec x m²/cm5

Indice lavoro sistolico ventricolo sinistro

IWSVS

40 – 60 g·m/battito/ m²

Indice lavoro sistolico ventricolo destro

IWSVD

4 – 8  g·m/battito/ m²

Saturazione di O2 dell’ Hb nel sangue venoso misto

SvO2

70 – 75 %

 

La finalità della regolazione della gittata cardiaca (GC) è quella di fornire ai tessuti dell'organismo un flusso sanguigno sufficiente ad assicurare il trasporto di sostanze nutritive e ad eliminare i prodotti di degradazione provenienti dagli stessi tessuti, per questo motivo e per capirne i fattori che la influenzano è importante riprendere alcuni concetti fondamentali quali il precarico e il postcarico.

Il cuore come altri muscoli presenta una capacità di contrarsi che è proporzionale alla lunghezza delle sue fibre. Questa relazione, chiamata legge di Starling fa sì, che se viene aumentata la lunghezza delle fibre cardiache, la contrazione aumenterà proporzionalmente.  Una legge che, riferita al miocardio, stabilisce che quanto più il muscolo cardiaco è stirato da un'aumentata quantità di sangue all'interno dei ventricoli, tanto più vigorosa sarà la contrazione seguente, di modo che una maggior quantità di sangue viene pompata dal cuore.

Alla lunghezza che il muscolo presenta prima della sua contrazione viene dato il nome di precarico. Concettualmente il precarico esprime una forza, che si oppone alla contrazione prima che questa avvenga, in contrapposizione al postcarico, che esprime una forza, che si oppone dopo che la contrazione è avvenuta.

Nel caso del cuore il precarico è costituito dalla quantità di sangue, che è in esso presente al momento della contrazione (sistole) o più esattamente alla fine del ciclo di riempimento (telediastole), potremmo quindi identificarla con la volemia.

La resistenza offerta al deflusso del sangue dal ventricolo durante la sistole è chiamata postcarico.

 Il postcarico è quindi correlato allo stato di elasticità dell'albero arterioso. La regolazione del postcarico, risentendo molto dell'attività adrenergica, è da ritenersi più una componente biochimica che meccanica del sistema cardiaco.

Analizzando dal punto di vista emodinamico il lavoro sostenuto dal muscolo cardiaco per mantenere una adeguata portata cardiaca potremo dire che il sangue circola nel sistema arterioso prevalentemente sotto l’azione di gradienti di pressione: poiché l’energia di pressione (dovuta alle forze di pressione) è continuamente dissipata per vincere le resistenze che si oppongono allo scorrimento del sangue nei vasi, ne segue che essa è sempre rifornita a spese del lavoro prodotto dalle contrazioni miocardiche (energia chimica).

E’ dunque compito del cuore fare in modo che a livello dell’aorta (nonché nell’arteria polmonare per quanto riguarda il piccolo circolo polmonare, sistema a bassa pressione) venga mantenuto un livello di pressione adeguato alla resistenza offerta dal grande circolo (sistema arterioso ad elevata resistenza in cui sono presenti forti dislivelli pressori). Il sangue che durante l’eiezione viene espulso dal ventricolo sinistro non riesce a vincere l’inerzia della lunga colonna di liquido che riempie l’aorta e le grandi arterie che da essa si dipartono.

Il lavoro del ventricolo viene dunque speso in minima parte ad accelerare temporaneamente la massa di liquido che gli sta davanti, trasformandosi in energia cinetica. Il sangue così espulso si accumula in un primo momento nell’aorta ascendente, aumentando la distensione delle sue pareti e quindi la pressione: il lavoro del cuore si trasforma in massima parte in energia potenziale.

Ma le pareti elastiche dell’aorta ascendente, deformate localmente, tendono a riprendere la forma iniziale, e cioè il sangue verrà sospinto in avanti, ovvero l’energia potenziale si trasforma in cinetica. Questo porta ad uno stiramento della parete elastica a valle e ancora alla trasformazione dell’energia cinetica in potenziale.

Si sviluppa così un’onda di pressione, che attraverso alterni passaggi da energia potenziale a cinetica, e viceversa, si trasmette dalla radice aortica alle arterie periferiche.

Il lavoro del ventricolo è quindi in massima parte legato all’immissione nell’arteria corrispondente di un certo volume di sangue (gettata sistolica) ad una certa pressione. Si tratta dunque di un lavoro pressione-volume, che per il ventricolo sinistro si ottiene moltiplicando la gettata sistolica per la pressione media aortica; pertanto il lavoro cardiaco può essere considerato proporzionale alla pressione nell’aorta e sarà molto minore per il ventricolo destro che per il sinistro, poiché la pressione nell’arteria polmonare è inferiore a quella nell’aorta. Per lo stesso motivo, il ventricolo sinistro lavora maggiormente in un individuo iperteso che in uno ipoteso.

Questi concetti risultano importanti per l’analisi del funzionamento del cuore che può essere fatto anche solo dal punto di vista meccanico (tralasciando la fisiologia, l’innervazione,ecc) e quindi delle conseguenze generali che comportano il buon o non buon funzionamento di questo.

Potendo identificare il precarico con la lunghezza delle fibre miocardiche a fine diastole,  maggiore sarà la loro lunghezza maggiore sarà la forza da loro esercitata: questo precarico andrebbe misurato idealmente con tecniche che possano registrare la lunghezza delle fibre, essendo ciò impossibile si utilizzeranno altri parametri che teoricamente possano correlarsi a questo dato:il volume di fine diastole ventricolare (EDV) è un valore che può riflettere la lunghezza dei sarcomeri miocardici, ecco che entra in gioco il catetere flottante di swan-ganz che dagli anni 80 è stato sviluppato dal punto di vista tecnologico per la rilevazione di tale misura attraverso un termistore a risposta rapida che permette di misurare tale valore.

 

SVO2: saturazione venosa mista in arteria polmonare

Il monitoraggio continuo della saturazione venosa mista risulta molto utile nei pazienti critici ad alto rischio permettendo un rilevamento precoce delle modificazioni metaboliche ed emodinamiche ( es. gittata cardiaca insufficiente) e monitorizza la risposta alla terapia.

Si basa sulla variazione cromatica del sangue ed è ottenuta grazie alla lettura attraverso fibre ottiche per mezzo della tecnica spettrofotometrica (misurazione  della variazione dell’intensità luminosa) .

 Essa è un indice del bilancio fra trasporto e consumo di ossigeno, quindi essa risulta variare in maniera direttamente proporzionale ai cambiamenti della gittata cardiaca, dell’emoglobina e della saturazione arteriosa di O2 , mentre varia in modo inversamente proporzionale  al cambiamento del consumo di ossigeno.

 Un cambiamento del valore della SVO2  segnala una variazione in una delle quattro variabili, la sua interpretazione non andrà fatta in maniera isolata ma attraverso il confronto di altre indagini e valori clinici per l’identificazione del problema : polmone ?, metabolismo?, funzionalità cardiaca?, anemia?

 

Vigilance II Monitor e relativo catetere

 

Una volta ben presenti i meccanismi meccanici ed emodinamici che regolano ed influenzano il lavoro del muscolo cardiaco risulterà più intuitivo capire l’importanza di poter monitorizzare in continuo la gittata, l’EDV, la EF ( frazione di eiezione ricavata come rapporto tra indice cardiaco e EDV ) e la SVO2  e nel potere quindi riconoscere precocemente segni di criticità clinica che possono intervenire nel decorso clinico del paziente, permettendo una possibilità di correzione terapeutica nei limiti delle condizioni cliniche del paziente.

Attraverso un termistore contenente una resistenza elettrica posizionato a 4 cm dal lume distale del catetere il monitor Vigilance elabora, utilizzando un particolare algoritmo, la termodiluizione fornendo una serie di cariche di energia( otto) con la stessa energia ma di durata diversa.


Un’altra caratteristica peculiare di questa apparecchiatura da noi utilizzata è la possibilità delle rappresentazioni grafiche, oltre che numerica,  quindi più immediata nella lettura e sua interpretazione ( per esempio del rapporto tra EDVI e CCI, ma non solo)  che ci permette immediatamente di capire se farmacologicamente si sta agendo verso il senso giusto: inotropi?, riempimento?

Questo perchè all’interno del monitor si possono impostare dei valori di riferimento (limiti inferiori e superiori per entrambi i parametri ) sulla curva in esame e il monitor ci restituirà la sua interpretazione grafica dell’andamento attraverso una serie di segni( di diversa gradazione di bianco/grigio, dal più recente  al meno) che in maniera immediata ci forniranno un’immagine  permettendoci la possibilità di  correzione.

Per quanto concerne la gittata in continuo e quindi la termodiluizione questa avvenendo in maniera del tutto automatica non risentirà nei valori risultanti delle variabili legate all’operatore che altrimenti dovrebbe iniettare manualmente dell’acqua per ottenere gli stessi risultati: cosa non da poco.

E’ inoltre in grado di eliminare quelle false letture/valori legati ad esempio ad infusioni veloci di composti ematici o altre infusioni che possano alterare le letture.

 

Gestione e livelli di responsabilità

 

La gestione di questa apparecchiatura non si discosta da quella che è la normale gestione di un catetere di Swan Ganz, tranne che nella iniziale impostazione dei parametri, della calibrazione (in vitro e in vivo) della SVO2 , della necessità di avere un monitoraggio arterioso e del collegamento del monitor Vigilance al monitor principale del paziente. Alcuni cateteri utilizzati per questo scopo sono trattati con un rivestimento di eparina antimicrobica (AMC THROMBOSHIELD), nonostante questo il monitoraggio invasivo con questi cateteri deve essere continuato per lo stretto tempo necessario: l’incidenza di complicazioni aumenta significativamente con un tempo di mantenimento superiore alle 72 ore, nei casi di monitoraggio superiore alle 48 ore deve essere presa in considerazione una eventuale protezione anticoagulante ed antibiotica profilattica sistemica.

Quindi per quanto concerne la gestione delle medicazioni e dell’osservazione del sito di ingresso si farà riferimento alle line guida sui cateteri venosi centrali[4].

Anche per quanto riguarda la posizione del paziente e la sua eventuale influenza sulla rilevazione dei dati della gittata in continuo uno studio condotto in merito[5] evidenzia l’identico valore per posizioni del capo da 0 gradi fino a 45 gradi.

Alcune cause possono determinare delle letture non corrette della CCO, tra cui:

o Posizionamento del catetere

o Temperatura eccessiva del paziente

o Coaguli sul termistore

o Eccessivi movimenti posturali del paziente

o Rottura fibre ottiche

 

 

 

 

Un aspetto molto importante su cui riflettere è invece legato all’importanza di una migliore conoscenza e valutazione/interpretazione dei dati: uno studio osservazionale[6]  condotto tra il 1989 e il 1994 che ha coinvolto 5735 pazienti ricoverati in 15 unità di terapia intensiva statunitensi, ha riportato un incremento significativo del rischio di morte a 30 giorni nei pazienti in cui era stato inserito un catetere polmonare ipotizzando che tale catetere fosse responsabile direttamente o indirettamente (induzione di scelte terapeutiche errate) di tale incremento, questo studio innescò una serie di controversie portando ad una rivalutazione delle indicazioni sull’impiego  del cateterismo polmonare. La Pulmonary Artery Catheter Consensus Conference nel 1997 ha stilato una serie di linee guida e raccomandazioni tra le quali vengono sottolineati due aspetti importanti la necessità di un miglioramento delle

conoscenze da parte dello staff medico ed infermieristico e l’importanza di una corretta valutazione ed interpretazione dei dati.[7]

Per quanto riguarda le complicanze derivanti dall’inserimento e dal mantenimento in sito del catetere uno studio condotto in Italia su 9701 pazienti ricoverati in una terapia intensiva post cardiochirurgia ha dimostrato che una buona tecnica eseguita da personale esperto si rivela come una procedura sicura, anche in questo studio viene data molta rilevanza alla competenza degli operatori nella gestione e nell’interpretazione dei dati. Una altro dato importante che risulta dalla lettura di questo studio è legato al costo/beneficio del cateterismo polmonare, questione sempre aperta è di difficile risoluzione, l’interpretazione che ne viene data riporta a due considerazioni importanti: una buona tecnica e una buona interpretazione dei dati, ma soprattutto la necessità di minimizzare i costi relativi alle complicanze. In questo lavoro si evidenzia come numero maggiore le complicanze dovute al momento dell’inserzione mentre quelle legate al monitoraggio vero e proprio sono in numero minore, anche se la colonizzazione batterica in cateteri lasciati in sito per 72 ore risulta essere un altro dato da considerare con molta attenzione. Anche in questo caso il ricorso a rigidi protocolli e ad un team esperto e qualificato ridurrebbe l’incidenza di infezioni da 5 a 8 volte.

Da queste considerazioni si evidenzia il ruolo che noi infermieri abbiamo, le responsabilità che ci vengono richieste e che ci dobbiamo assumere : conoscenze delle linee guida sulla gestione dei cateteri venosi centrali, applicazione( o elaborazione dove non esistano) di protocolli per coadiuvare il medico nell’inserimento del catetere, protocolli per il mantenimento in sito(medicazioni, osservazione del sito di inserzione,ecc), conoscenza ed interpretazione dei parametri letti dallo Swan-Ganz, conoscenza dei farmaci inotropi e loro effetti.

 

 

 

Conclusioni

 

Risulta difficile, a mio avviso, delineare in maniera marcata i limiti e le responsabilità attribuibili alle diverse figure professionali presenti all’interno di una equipe in terapia intensiva: sicuramente nessun infermiere si sognerà mai di andare ad impostare una terapia in base alla lettura e alla interpretazione dei parametri dello swan-ganz, come nessun medico interferirà su quello che è la gestione e l’assistenza di un paziente con swan-ganz, ma la combinazione e il sinergismo delle diverse competenze, la preparazione da entrambe le parti e la condivisione dell’obiettivo primario e comune, il paziente, porterà ad avere un scambio bilaterale nel raggiungimento del risultato finale.

Il limite di ogni tecnologia è legato principalmente alla presenza di un operatore qualificato, un buon utilizzo e una buona combinazione delle risorse tecnologiche ed umane rappresentano sicuramente il target più efficace per ottenere buoni risultati in termini di outcome del paziente. Nel nostro agire quotidiano non deve mai mancare  prima di ogni nostra azione la domanda: perché lo facciamo? , altrimenti saremo solo degli automi impostati ad eseguire determinate azioni e completamente slegati dalle reazioni e dai risultati. Investire nella tecnologia, nella ricerca ma anche sulla componente umana, sulle sue competenze, incidere sulla preparazione e sull’aggiornamento continuo.

Ultima considerazione legata all’uso delle tecnologie e al rischio di allontanarci dalla componente umana e relazionale fondamento della nostra professionalità: sì alle macchine ma solo se sono al servizio e al beneficio dell’uomo:la velocità sempre più elevata dell’innovazione tecnologica accentua lo squilibrio e spinge a delegare alle macchine una gamma crescente di azioni, funzioni e perfino decisioni.

Questo potrebbe comportare il rischio di nasconderci dietro alla “tecnologia” per allontanarci da nostre incapacità a relazionare con gli altri: malati o familiari di questi. L’alto uso delle tecnologie, può indurre nel pensiero sbagliato che la sofferenza, la malattia, la morte siano secondari o sempre risolvibili: non è così, la nostra esperienza quotidiana ce lo insegna ogni giorno, quindi giusto fruire della tecnologia ma sempre in un’ottica umana e consapevole della natura stessa su cui stiamo agendo.

 

Appena saliti a bordo dell’aereo, alcuni passeggeri udirono una voce metallica che diceva:

“Signore e signori benvenuti a bordo. Voi siete i primi passeggeri  del primo aeroplano interamente computerizzato e automatico. Su questo aereo non vi è il capitano di volo a darvi il benvenuto. In realtà non vi è neppure l’equipaggio e voi non avete alcun bisogno di agganciarvi la cintura di sicurezza. Infatti anche l’errore più insignificante, che naturalmente potrebbe sfuggire a un qualsiasi osservatore umano, viene immediatamente corretto da centinaia di controlli computerizzati completamente oggettivi. Per queste ragioni qualsiasi tipo di giudizio soggettivo è escluso, e niente può funzionare male… e niente può funzionare male… e niente può funzionare male… e niente può funzionare male… e niente può funzionare male… “

K. Popper,  Convegno di Filosofia Politica Torino 1983

 Bibliografia

 

o Il malato crititico:Principi e tecnica della terapia intensiva. E.Romano. UTET. Torino 2000

o Guida pratica in area critica. N. Diepenbrock. McGraw-Hill. Milano 2000

o  The ICU Book. P.L. Marino. Masson . Milano 2001

o Manuale Terapia intensive Postcardiochirurgica. G. Ruvolo Ambrosiana 1998

o  “Monitoraggio dell’arteria polmonare in 9701 pazienti cardiochirurgici: analisi delle complicanze legate al posizionamento e alla permanenza in situ del catetere di Swan-Ganz” B.Procaccini,G.Clementi

o  Invasive hemodynamic monitoring: physiological principles and clinical applications. M J.M.Headely .Edwards Lifesciences. Irvine, California

o Linee guida per la prevenzione da infezioni da cateteri intravascolari. CDC, Atlanta 2002

o  Meta-analysis of hemodynamic optimization in high-risk patient. Critical Care. Kern J.W; Shoemaker. Critical Care Medicine 2002; 30:1686-1692


 

[1] Kern J.W; Shoemaker W.C.:Meta-analysis of hemodynamic optimization in high-risk patient. Critical Care Medicine 2002; 30:1686-1692

[2] Swan Hj, GanzW,Forrester J,Marcus H,Diamone G,Chonette D, “Catheterization of the hearth in man with use of flow-directed balloon-tipped catheter”N Engl J Med 1970; 283: 447-51

[3] “ Nell’autunno del 1967, ebbi occasione di accompagnare mio figlio alla spiaggia di Santa Monica…All’incirca a mezzo miglio al largo notai una barca con un grande spinnaker ben issato fendere le acque a discreta velocità. Fu allora che concepii l’idea di sistemare una vela a pallone ….all’estremità di un catetere flessibile, pensando che ciò avrebbe potuto rendere più agevole l’inserimento in arteria polmonare” Swan Hj. The pulmonary artery catheter. Dis Mon 1991;37: 473-543

[4] “Guidelines for the prevention of Intravascular catheter-related infections” CDC Atlanta, 2002, vol. 51

[5] Nursing Research July,August 2003, 52:4

[6] Connors AF,Speroff,Dawson,et al”The effectiveness of right hearth catheterization in the initial care of critically ill patients” Support Investigators,JAMA 1996;276: 889-97

[7] Uno studio europeo (Gnagegi, Feihl,Perret :”Intensive care physicians’insufficient knowledge of right hearth catheterization at the bedside: time to act?” Crit Care Med 1997;25:213-20) ha confermato che il 54% dei medici non è in grado di leggere ed interpretare correttamente I tracciati dello SG

 

 

 

 

 

 

 

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