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Rimini (RN), 15 Novembre - November 2004 / 17 Novembre - November 2004

» Indice degli atti del programma

I confini dell'Assistenza Infermieristica con particolare riferimento all'Area Critica Elio Drigo

15 Novembre - November 2001: 11:20 / 11:40

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I confini dell’assistenza infermieristica con particolare riferimento all’area critica.

Elio Drigo 
 
Il tema del confine dell’assistenza infermieristica è cruciale oggi, dopo la caduta dei formali confini dettati dal soppresso mansionario dell’infermiere.
Di fatto parliamo di confini della professione infermieristica, adesso che è risultato palese che l’esercizio dell’assistenza infermieristica è incontenibile in regole anguste e rigide, quando tutto continua a cambiare e mentre è chiaro che l’attività infermieristica è uno dei principali fattori di cambiamento nel servizio sanitario.
La caduta anche formale di confini ha posto però il problema diretto dei nuovi criteri di definizione della specificità infermieristica. (necessità di chiarimento sia interno alla professione che, ancor più, esterno).
 
Una molteplicità di fattori ha portato alla caduta dei confini:
- l’evoluzione storica dovuta alla maturazione culturale generale, alla valorizzazione della persona, alle relazioni sociali, alla contrazione della disponibilità di risorse ed alla maggiore attenzione alla loro allocazione...
- la radicale trasformazione dell’operatività delle strutture sanitarie (= dalla routine all’efficienza);
- l’elevarsi delle esigenze di servizi sanitari sia da parte della popolazione e sia da parte delle strutture stesse;
- la necessità di “utilizzare” tutte le competenze (comunque acquisite) e le “risorse” esistenti in sanità, per raggiungere gli obiettivi;
- la quotidiana dimostrazione da parte degli infermieri di aver percorso una strada di sviluppo culturale e di consolidamento delle competenze, anche se non attraverso le normali vie della formazione.
Ed è con questi fattori che ci dobbiamo misurare se vogliamo superare definitivamente l’aura del “confine” e spostarci in una logica diversa ed alternativa.
 
Però, nonostante alcuni segnali di cambiamento (ormai inevitabile e trascinato dall’insieme della storia) assurdamente permane nei confronti degli infermieri una sorta di sbarramento che rischia di sembrare medioevale, alla possibilità di inserirsi nei luoghi delle decisioni, per contribuire alla pari.
In sostanza i confini vengono ancora mantenuti “verso” gli infermieri, per continuare a contenerli.
In nome di non si sa quale timore.
O meglio, si sa che il timore è ancora quello della supposta superiorità di qualcuno su altri, nella compagine degli addetti ai lavori (abbiamo già visto a che cosa porti questa concezione...) della arrogazione del dovere di tutelare i cittadini. Dovere non arrogabile da qualcuno per altri, stante che ciascun professionista e ciascun gruppo professionale è direttamente responsabile delle proprie azioni di fronte ai singoli cittadini ed alla società.
 
Da questa premessa il concetto di confine non è più un limite ma un’area di transizione per la libertà assistenziale.
Limite sta per finito e chiuso. L’area di transizione dell’assistenza è l’area per l’esercizio della libertà responsabile.
 
Va ridefinito che cosa dobbiamo, oggi, intendere con il concetto di assistenza.
Assistenza preventiva, curativa, palliativa, riabilitativa.
In questo orizzonte ampio sta la responsabilità di gestire completamente la risposta alle necessità della persona, qui sempre più globali, in situazioni sempre complesse come in area critica, in cui i problemi vengono notoriamente estremizzati.
I confini si dilatano ad area , abbiamo detto, e si dilata anche la responsabilità certamente all’interno della competenza propria.
 
Necessariamente vanno ripensati anche tutti i concetti riguardanti gli specifici campi di competenza delle professioni che operano in integrazione con quella infermieristica, in funzione del servizio per la salute della persona.
Concetti di terapia, diagnosi, riabilitazione, prevenzione, guarigione, salute... per vedere chi e fino a che livello se ne deve occupare o è in grado di occuparsene.
Va rivista l’idea di rigida separatezza e l’idea di flessibilità dei professionisti in funzione dell’obiettivo ultimo da garantire ed in funzione dell’utilizzazione della massima competenza disponibile.
 
In buona sostanza, continuiamo a parlare ancora di integrazione. L’essenziale ridefinizione dei rapporti di integrazione tra i professionisti ed in vista del risultato per il malato. Il risultato oggi è più che mai ciò che conta; anche perché è sempre più difficile da perseguire. Avanzamenti minimi di qualità sono a certi livelli sempre più dispendiosi, in risorse, in conoscenze ed in competenze.
 
Libertà come responsabilità
 
Se l’idea guida che ha fatto scaturire tutto questo rinnovamento è la priorità della qualità del servizio alla persona e tutto il resto diventa secondario, allora ne viene stravolto tutto il sistema dei riferimenti precedenti.
Non sono le gerarchie classiste determinanti, ma gli obiettivi di salute.
Non sono le consuetudini ma le attività di provata efficacia a guidare i processi.
Non sono le regole fisse che possono tener conto della globalità, ma il mix di soluzioni.
            Un sistema basato su questi riferimenti non è sostenibile se non con l’esercizio della massima libertà degli operatori.
Libertà che non esclude la responsabilità: anzi, se possibile, la estende e la carica ancora di più di una valenza etica molto vasta ed impegnativa.
Responsabilità di far guadagnare salute e operare con razionalità
 
In area critica, tutto questo non rappresenta forse una grande novità.
Forse perché la necessità di risolvere rapidamente i problemi ha, da sempre, costretto tutti ad una qualche integrazione oltre le formali norme superate dai fatti.
Ma se vogliamo definitivamente fondare la ragione e la correttezza di una tale integrazione dobbiamo identificare i motivi che sostengono la libertà di scelta delle caratteristiche dell’assistenza infermieristica.
I motivi sono gli stessi che giustificano le scelte di tutti i professionisti:
- l’approfondimento con lo studio del campo di cui ci si occupa;
- l’aver praticato con ragionevole successo ed evidenza l’attività che si intende svolgere in autonomia;
- la garanzia che si opera nel massimo interesse delle persone / società e non mai per interesse proprio.
Il tutto per quanto ci riguarda, riferito all’assistenza alla persona in criticità vitale attuale o potenziale.
 
Vediamo alcuni elementi cruciali per i nuovi confini e l’area della transizione dell’assistenza infermieristica.
Le prospettive di sviluppo della particolarità delle competenze dell’assistenza in area critica in tutto questo quadro, quali possono essere?
 
1) La definitiva acquisizione dell’autonomia, indipendenza, non-ausiliarità dell’assistenza infermieristica dalla professione medica in specie, nell’erogazione del servizio di assistenza alle persone in situazione di criticità di vita; la famosa risposta ai bisogni di vita quotidiana delle persone è responsabilità dell’infermiere.
Questo non significa minimamente, né deve significare per nessuno, mancata integrazione con i medici o gli altri numerosi professionisti che intervengono per la salute del malato.
Anzi, tutt’altro. Significa poter garantire la non-interferenza nei confronti di tutte le possibilità di sviluppo del massimo di competenze elaborabili all’interno della professione dell’assistenza, esercitata nel massimo della responsabilità.
Questo significa rispetto del diritto dei cittadini di avere disponibile il miglior livello di assistenza reso fruibile dalla comunità scientifica infermieristica.
Su questo punto l’impegno deve esserci in duplice direzione:
a.  interna alla professione, con uno sforzo importante, rigoroso ed urgente nell’immaginare e definire, se non già fatto, gli ambiti della propria autonomia e nel saperli e volerli sostenere senza cedimenti verso chiunque. Qui dobbiamo onestamente, affermare un saggio mea culpa e cambiare velocità, perché finora abbiamo troppo atteso, rispetto a quello che avremmo dovuto produrre;
b.  e l’impegno da parte delle altre professioni, quella medica in particolare, ma anche sul versante amministrativo e, fatto ancora più grave, sul versante istituzionale. Deve essere vinta la consuetudine di considerare l’infermiere il braccio esecutivo di altre menti pensanti. Credo sia sotto gli occhi di tutti, al punto che sento disagio a ricordarlo qui, che nella realtà di oggi, il risultato di un intervento sanitario è esclusivamente il concorso di molte intelligenze, competenze, abilità specifiche, servizi, risorse effettivamente disponibili. Ed è anche sempre più chiaro che, soprattutto sulla qualità complessiva, la differenza viene fatta dagli infermieri. E’ lesivo della verità continuare a sostenere il contrario.
Accennavo alle istituzioni che non considerano l’infermiere un professionista a tutto tondo: questa ignoranza è sicura origine dell’attuale, tragica mancanza di infermieri nel nostro paese.
 
 
Altra prospettiva da considerare:
2) Nuove corresponsabilità anche su diagnosi e terapia; è necessario superare il semplice eseguire.
Urge una revisione serena della concezione statica di diagnosi e di terapia (specifico campo dell’operatività del medico) per attribuire al medico il disegno del percorso diagnostico complessivo e la “definitiva diagnosi” e conseguentemente, il progetto terapeutico e la “terapia complessa”.
L’infermiere in area critica ha la competenza e la necessità di formulare un “sospetto diagnostico” o una “diagnosi probabile” o “ipotetica”, per poter agire.
In un contesto come l’area critica in cui la regola prima è identificare al più presto segni e sintomi dei nuovi problemi ed evitare complicanze, non è possibile non avere “sospetti diagnostici” e non applicare terapie semplici e/o proceduralizzate sulla base di evidenza scientifica ormai mondiale. Il razionale contrario non regge.
Inoltre in tutta questa partita, si deve tener conto che vi sono molti fattori non necessariamente farmacologici o chirurgici o interventistici, che oggi si rivelano terapeutici e che non sono patrimonio strettamente medico. E’ un fenomeno che deve portare a rileggere con maggiore serietà, responsabilità ed oggettività i concetti di diagnosi e terapia, per vederne, anche qui, confini nuovi, più sfumati, ma per converso più concentrati sulla sostanza, non sulla forma.
Anche in contesti complessi come l’area critica va trovata una ragionevole mediazione tra l’automedicazione del cittadino e la medicazione semplice o salvavita o proceduralizzata del sanitario anche se non necessariamente medico.
 
3) Nuove responsabilità del progetto di globalità assistenziale (parliamo di processi…)
In area critica i processi assistenziali alla persona sono autonomi rispetto alla parzialità della diagnosi e della terapia (anche se questi sono quantitativamente e qualitativamente abbondanti). L’assicurazione del processo diagnostico e la garanzia dell’applicazione delle terapie sono comunque parte dell’assistenza ed in questa si inseriscono.
L’assistenza è dunque il “contenitore”, che, con l’occhio all’obiettivo ultimo, organizza autonomamente e sempre in integrazione con gli altri professionisti, il processo di recupero della salute possibile. Questa è e deve essere il confine dilatato della nuova responsabilità infermieristica, assunta e riconosciuta.
 
4) Nuovo coinvolgimento nell’organizzazione per il risultato.
In area critica, i confini o l’area di transizione assistenziale della libertà responsabile, riguardano in maniera significativa anche il versante dell’organizzazione.
Se il raggiungimento dell’obiettivo di salute è l’idea madre, e l’integrazione è lo strumento migliore per garantirlo, l’organizzazione attuale per patologie o per organi delle strutture intensive va rivista.
L’organizzazione deve dare risposte all’area di intensità di cura per la criticità della persona.
La gestione è infermieristica, attenta in modo specialistico alla globalità dei problemi, e il medico specialista d’organo o di patologia viene attivato in caso di bisogno e comunque è responsabile di coordinarsi con altri specialisti medici per il massimo di risultato.
 
5) Nuova dimensione della responsabilità infermieristica nella diffusione di conoscenze e nell’acquisizione di competenze specifiche, verso l’espansione della conoscenza e la capacità di soluzione dei problemi assistenziali.
E’ uno degli elementi che determinano l’area della libertà...
Deontologia ed etica non consentono l’autoriduzione delle competenze e delle capacità di soluzione dei problemi quando queste sono fruibili.
Ne deriva una responsabilità nella ricerca di contatti ed integrazioni fin là dove le soluzioni sono praticate e la responsabilità di praticare quelle soluzioni che noi possiamo essere in grado di offrire.
 
6) Nuovo approccio alla responsabilità nell’indirizzo delle scelte di livello politico, per la concezione, l’impostazione e la gestione dei servizi sanitari per l’area critica.
Idee di garanzia di un servizio alla salute, di equità e di solidarietà, fanno parte dei valori idealmente condivisi, ma forse, spesso applicati solo con difficoltà.
Etica e deontologia professionale non consentono di passare in secondo piano queste idee e valori.
Se questo succedesse per un nostro mancato impegno nell’informare la società ed i referenti, del significato e delle caratteristiche razionali dell’assistenza infermieristica in area critica, ne saremo colpevolmente responsabili.
 
Abbiamo riflettuto solo su un quadro, anche molto parziale, per una lettura dei nuovi confini dell’assistenza infermieristica in area critica e li abbiamo pensati come la nuova area della transizione assistenziale verso la libertà responsabile.
Ci dobbiamo confrontare con il sapore ed il rischio della libertà.
Dobbiamo operare facendo attenzione a contenere il rischio nell’ambito della razionalità ma anche a sviluppare il sapore della libertà, che è garanzia di reale progresso.

 

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