Congresso Nazionale Aniarti 2007
Per l'attivita' quotidiana, per l'assunzione di responsabilita', per l'etica della decisione.
Rimini (RN), 15 Novembre - November 2004 / 17 Novembre - November 2004
» Indice degli atti del programma
I confini dell'Assistenza Infermieristica con particolare riferimento all'Area Critica Elio Drigo
15 Novembre - November 2001: 11:20 / 11:40
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I confini dell’assistenza
infermieristica con particolare riferimento all’area critica.
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Elio Drigo
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Il tema del confine dell’assistenza infermieristica è
cruciale oggi, dopo la caduta dei formali confini dettati dal soppresso
mansionario dell’infermiere.
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Di fatto parliamo di confini della professione
infermieristica, adesso che è risultato palese che l’esercizio
dell’assistenza infermieristica è incontenibile in regole anguste e rigide,
quando tutto continua a cambiare e mentre è chiaro che l’attività
infermieristica è uno dei principali fattori di cambiamento nel servizio
sanitario.
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La caduta anche formale di confini ha posto però il
problema diretto dei nuovi criteri di definizione della specificità
infermieristica. (necessità di chiarimento sia interno alla professione che,
ancor più, esterno).
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Una molteplicità di fattori ha portato alla caduta dei
confini:
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- l’evoluzione storica dovuta alla maturazione culturale
generale, alla valorizzazione della persona, alle relazioni sociali, alla
contrazione della disponibilità di risorse ed alla maggiore attenzione alla
loro allocazione...
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- la radicale trasformazione dell’operatività delle strutture
sanitarie (= dalla routine all’efficienza);
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- l’elevarsi delle esigenze di servizi sanitari sia da parte
della popolazione e sia da parte delle strutture stesse;
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- la necessità di “utilizzare” tutte le competenze (comunque
acquisite) e le “risorse” esistenti in sanità, per raggiungere gli
obiettivi;
- - la quotidiana dimostrazione da parte degli
infermieri di aver percorso una strada di sviluppo culturale e di
consolidamento delle competenze, anche se non attraverso le normali vie
della formazione.
- Ed è con questi fattori che ci dobbiamo
misurare se vogliamo superare definitivamente l’aura del “confine” e
spostarci in una logica diversa ed alternativa.
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Però, nonostante alcuni segnali di cambiamento (ormai
inevitabile e trascinato dall’insieme della storia) assurdamente permane nei
confronti degli infermieri una sorta di sbarramento che rischia di sembrare
medioevale, alla possibilità di inserirsi nei luoghi delle decisioni, per
contribuire alla pari.
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In sostanza i confini vengono ancora mantenuti “verso”
gli infermieri, per continuare a contenerli.
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In nome di non si sa quale timore.
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O meglio, si sa che il timore è ancora quello della supposta
superiorità di qualcuno su altri, nella compagine degli addetti ai lavori
(abbiamo già visto a che cosa porti questa concezione...) della arrogazione
del dovere di tutelare i cittadini. Dovere non arrogabile da qualcuno
per altri, stante che ciascun professionista e ciascun gruppo professionale
è direttamente responsabile delle proprie azioni di fronte ai singoli
cittadini ed alla società.
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Da questa premessa il concetto di confine non è più un limite
ma un’area di transizione per la libertà assistenziale.
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Limite sta per finito e chiuso. L’area di transizione
dell’assistenza è l’area per l’esercizio della libertà responsabile.
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Va ridefinito che cosa dobbiamo, oggi, intendere con il
concetto di assistenza.
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Assistenza preventiva, curativa, palliativa, riabilitativa.
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In questo orizzonte ampio sta la responsabilità di gestire
completamente la risposta alle necessità della persona, qui sempre più
globali, in situazioni sempre complesse come in area critica, in cui i
problemi vengono notoriamente estremizzati.
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I confini si dilatano ad area , abbiamo detto, e si dilata
anche la responsabilità certamente all’interno della competenza propria.
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Necessariamente vanno ripensati anche tutti i concetti
riguardanti gli specifici campi di competenza delle professioni che operano
in integrazione con quella infermieristica, in funzione del servizio
per la salute della persona.
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Concetti di terapia, diagnosi, riabilitazione, prevenzione,
guarigione, salute... per vedere chi e fino a che livello se ne deve
occupare o è in grado di occuparsene.
- Va rivista l’idea di rigida separatezza
e l’idea di flessibilità dei professionisti in funzione
dell’obiettivo ultimo da garantire ed in funzione dell’utilizzazione della
massima competenza disponibile.
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In buona sostanza, continuiamo a parlare ancora di
integrazione. L’essenziale ridefinizione dei rapporti di integrazione tra i
professionisti ed in vista del risultato per il malato. Il risultato
oggi è più che mai ciò che conta; anche perché è sempre più difficile da
perseguire. Avanzamenti minimi di qualità sono a certi livelli sempre più
dispendiosi, in risorse, in conoscenze ed in competenze.
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- Libertà come responsabilità
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Se l’idea guida che ha fatto scaturire tutto questo
rinnovamento è la priorità della qualità del servizio alla persona e tutto
il resto diventa secondario, allora ne viene stravolto tutto il sistema dei
riferimenti precedenti.
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Non sono le gerarchie classiste determinanti, ma gli
obiettivi di salute.
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Non sono le consuetudini ma le attività di provata efficacia
a guidare i processi.
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Non sono le regole fisse che possono tener conto della
globalità, ma il mix di soluzioni.
- Un sistema basato su questi
riferimenti non è sostenibile se non con l’esercizio della massima libertà
degli operatori.
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Libertà che non esclude la responsabilità: anzi, se
possibile, la estende e la carica ancora di più di una valenza etica molto
vasta ed impegnativa.
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Responsabilità di far guadagnare salute e operare con
razionalità
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In area critica, tutto questo non rappresenta forse una
grande novità.
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Forse perché la necessità di risolvere rapidamente i problemi
ha, da sempre, costretto tutti ad una qualche integrazione oltre le formali
norme superate dai fatti.
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Ma se vogliamo definitivamente fondare la ragione e la
correttezza di una tale integrazione dobbiamo identificare i motivi che
sostengono la libertà di scelta delle caratteristiche dell’assistenza
infermieristica.
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I motivi sono gli stessi che giustificano le scelte di tutti
i professionisti:
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- l’approfondimento con lo studio del campo di cui ci si
occupa;
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- l’aver praticato con ragionevole successo ed evidenza
l’attività che si intende svolgere in autonomia;
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- la garanzia che si opera nel massimo interesse delle
persone / società e non mai per interesse proprio.
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Il tutto per quanto ci riguarda, riferito all’assistenza alla
persona in criticità vitale attuale o potenziale.
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Vediamo alcuni elementi cruciali per i nuovi confini e
l’area della transizione dell’assistenza infermieristica.
- Le prospettive di sviluppo della
particolarità delle competenze dell’assistenza in area critica in tutto
questo quadro, quali possono essere?
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- 1) La definitiva acquisizione
dell’autonomia, indipendenza, non-ausiliarità dell’assistenza
infermieristica dalla professione medica in specie, nell’erogazione del
servizio di assistenza alle persone in situazione di criticità di vita; la
famosa risposta ai bisogni di vita quotidiana delle persone è responsabilità
dell’infermiere.
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Questo non significa minimamente, né deve significare per
nessuno, mancata integrazione con i medici o gli altri numerosi
professionisti che intervengono per la salute del malato.
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Anzi, tutt’altro. Significa poter garantire la
non-interferenza nei confronti di tutte le possibilità di sviluppo del
massimo di competenze elaborabili all’interno della professione
dell’assistenza, esercitata nel massimo della responsabilità.
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Questo significa rispetto del diritto dei cittadini di avere
disponibile il miglior livello di assistenza reso fruibile dalla comunità
scientifica infermieristica.
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Su questo punto l’impegno deve esserci in duplice direzione:
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a.
interna alla professione,
con uno sforzo importante, rigoroso ed urgente nell’immaginare e definire,
se non già fatto, gli ambiti della propria autonomia e nel saperli e volerli
sostenere senza cedimenti verso chiunque. Qui dobbiamo onestamente,
affermare un saggio mea culpa e cambiare velocità, perché finora
abbiamo troppo atteso, rispetto a quello che avremmo dovuto produrre;
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b.
e l’impegno da parte delle
altre professioni, quella medica in particolare, ma anche sul versante
amministrativo e, fatto ancora più grave, sul versante istituzionale. Deve
essere vinta la consuetudine di considerare l’infermiere il braccio
esecutivo di altre menti pensanti. Credo sia sotto gli occhi di tutti, al
punto che sento disagio a ricordarlo qui, che nella realtà di oggi, il
risultato di un intervento sanitario è esclusivamente il concorso di molte
intelligenze, competenze, abilità specifiche, servizi, risorse
effettivamente disponibili. Ed è anche sempre più chiaro che, soprattutto
sulla qualità complessiva, la differenza viene fatta dagli infermieri. E’
lesivo della verità continuare a sostenere il contrario.
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Accennavo alle istituzioni che non considerano l’infermiere
un professionista a tutto tondo: questa ignoranza è sicura origine
dell’attuale, tragica mancanza di infermieri nel nostro paese.
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Altra prospettiva da considerare:
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2) Nuove corresponsabilità anche su diagnosi e terapia; è
necessario superare il semplice eseguire.
- Urge una revisione serena della concezione
statica di diagnosi e di terapia (specifico campo dell’operatività del
medico) per attribuire al medico il disegno del percorso diagnostico
complessivo e la “definitiva diagnosi” e conseguentemente, il progetto
terapeutico e la “terapia complessa”.
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L’infermiere in area critica ha la competenza e la necessità
di formulare un “sospetto diagnostico” o una “diagnosi probabile”
o “ipotetica”, per poter agire.
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In un contesto come l’area critica in cui la regola prima è
identificare al più presto segni e sintomi dei nuovi problemi ed evitare
complicanze, non è possibile non avere “sospetti diagnostici” e non
applicare terapie semplici e/o proceduralizzate sulla base di evidenza
scientifica ormai mondiale. Il razionale contrario non regge.
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Inoltre in tutta questa partita, si deve tener conto che vi
sono molti fattori non necessariamente farmacologici o chirurgici o
interventistici, che oggi si rivelano terapeutici e che non sono patrimonio
strettamente medico. E’ un fenomeno che deve portare a rileggere con
maggiore serietà, responsabilità ed oggettività i concetti di diagnosi e
terapia, per vederne, anche qui, confini nuovi, più sfumati, ma per converso
più concentrati sulla sostanza, non sulla forma.
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Anche in contesti complessi come l’area critica va trovata
una ragionevole mediazione tra l’automedicazione del cittadino e la
medicazione semplice o salvavita o proceduralizzata del sanitario
anche se non necessariamente medico.
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3) Nuove responsabilità del progetto di globalità
assistenziale (parliamo di processi…)
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In area critica i processi assistenziali alla persona sono
autonomi rispetto alla parzialità della diagnosi e della terapia (anche
se questi sono quantitativamente e qualitativamente abbondanti).
L’assicurazione del processo diagnostico e la garanzia dell’applicazione
delle terapie sono comunque parte dell’assistenza ed in questa si
inseriscono.
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L’assistenza è dunque il “contenitore”, che, con
l’occhio all’obiettivo ultimo, organizza autonomamente e sempre in
integrazione con gli altri professionisti, il processo di recupero della
salute possibile. Questa è e deve essere il confine dilatato della
nuova responsabilità infermieristica, assunta e riconosciuta.
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4) Nuovo coinvolgimento nell’organizzazione per il risultato.
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In area critica, i confini o l’area di transizione
assistenziale della libertà responsabile, riguardano in maniera
significativa anche il versante dell’organizzazione.
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Se il raggiungimento dell’obiettivo di salute è l’idea madre,
e l’integrazione è lo strumento migliore per garantirlo, l’organizzazione
attuale per patologie o per organi delle strutture intensive va rivista.
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L’organizzazione deve dare risposte all’area di intensità di
cura per la criticità della persona.
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La gestione è infermieristica, attenta in modo specialistico
alla globalità dei problemi, e il medico specialista d’organo o di patologia
viene attivato in caso di bisogno e comunque è responsabile di coordinarsi
con altri specialisti medici per il massimo di risultato.
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5) Nuova dimensione della responsabilità infermieristica
nella diffusione di conoscenze e nell’acquisizione di competenze specifiche,
verso l’espansione della conoscenza e la capacità di soluzione dei problemi
assistenziali.
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E’ uno degli elementi che determinano l’area della libertà...
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Deontologia ed etica non consentono l’autoriduzione delle
competenze e delle capacità di soluzione dei problemi quando queste sono
fruibili.
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Ne deriva una responsabilità nella ricerca di contatti ed
integrazioni fin là dove le soluzioni sono praticate e la responsabilità di
praticare quelle soluzioni che noi possiamo essere in grado di offrire.
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6) Nuovo approccio alla responsabilità nell’indirizzo delle
scelte di livello politico, per la concezione, l’impostazione e la gestione
dei servizi sanitari per l’area critica.
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Idee di garanzia di un servizio alla salute, di equità e di
solidarietà, fanno parte dei valori idealmente condivisi, ma forse, spesso
applicati solo con difficoltà.
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Etica e deontologia professionale non consentono di passare
in secondo piano queste idee e valori.
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Se questo succedesse per un nostro mancato impegno
nell’informare la società ed i referenti, del significato e delle
caratteristiche razionali dell’assistenza infermieristica in area critica,
ne saremo colpevolmente responsabili.
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Abbiamo riflettuto solo su un quadro, anche molto parziale,
per una lettura dei nuovi confini dell’assistenza infermieristica in
area critica e li abbiamo pensati come la nuova area della transizione
assistenziale verso la libertà responsabile.
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Ci dobbiamo confrontare con il sapore ed il rischio della
libertà.
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Dobbiamo operare facendo attenzione a contenere il rischio
nell’ambito della razionalità ma anche a sviluppare il sapore della libertà,
che è garanzia di reale progresso.
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