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Congresso Nazionale Aniarti 2007

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Rimini (RN), 15 Novembre - November 2004 / 17 Novembre - November 2004

» Indice degli atti del programma

La persona politraumatizzata pervenuta direttamente in Pronto Soccorso attraverso un servizio di volontari Giovanni Becattini

15 Novembre - November 2001: 14:50 / 15:20

Audio  NB: la relazione audio e' composta da due parti fuse assieme

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La persona politraumatizzata pervenuta direttamente in Pronto Soccorso attraverso un servizio di volontari
 
Relatori:
 
Giovanni Becattini,  Enrico Lumini
Infermieri presso il DEA del policlinico dell’Azienda Ospedaliera Careggi, Firenze
 
Abstract:
Da molti anni ormai l’assistenza al paziente vittima di un politrauma ha catalizzato l’interesse del mondo scientifico in generale, ed infermieristico in particolare, sia per la rilevanza epidemiologica che sociale, connesse a loro volta all’importante impegno assistenziale dei team di cura. Il processo che ne è scaturito, tuttora in divenire, ha prodotto un miglioramento dell’assistenza a questo tipo di pazienti misurabile in termini di riduzione della mortalità e della gravità degli esiti. Il presente articolo ha lo scopo di rivedere ed analizzare le competenze infermieristiche durante l’assistenza ad un paziente politraumatizzato all’interno del DEA (Dipartimento Emergenza e Accettazione) alla luce del recente sviluppo in ambito formativo e normativo per la professione infermieristica nonché sulla scorta delle evidenze scientifiche disponibili. L’analisi nel contesto della realtà italiana, per diversi aspetti disomogenea, sia al suo interno che nei confronti dei paesi europei o nord americani, mette in luce le necessarie competenze organizzative e tecniche dell’infermiere e le prospettive future per un miglioramento della qualità assistenziale.
 
Parole chiave: Politrauma, emergenza, nursing, ebn, revisione, trattamento ospedaliero
 
Introduzione
Da molti anni ormai l’assistenza al paziente vittima di un politrauma ha catalizzato l’interesse del mondo scientifico in generale ed infermieristico in particolare sia per la rilevanza epidemiologica che sociale connesse a loro volta all’importante impegno assistenziale dei team di cura, dando vita ad un processo, tuttora in divenire, che ha prodotto un miglioramento dell’assistenza a questo tipo di pazienti misurabile in termini di riduzione della mortalità e della gravità degli esiti. Il presente articolo ha lo scopo di rivedere ed analizzare le competenze infermieristiche durante l’assistenza ad un paziente politraumatizzato all’interno del DEA (Dipartimento Emergenza e Accettazione) alla luce del recente sviluppo in ambito formativo e normativo per la professione infermieristica nonché sulla scorta delle evidenze scientifiche disponibili. Un’altra valida motivazione per focalizzare l’attenzione sul percorso diagnostico terapeutico in DEA scaturisce dal fatto che l’implementazione dei sistemi di sicurezza passiva negli autoveicoli, la maggiore prevenzione sui luoghi di lavoro unitamente al miglioramento della qualità del soccorso extra ospedaliero, grazie all’istituzione e allo sviluppo delle centrali 118 con l’importante contributo degli infermieri, fanno sì che giungano in DEA un numero sempre maggiore di pazienti critici12, vittime di un trauma importante, quando la lancetta della celebre “golden hour” non ha ancora compiuto il proprio giro e la sopravvivenza dei pazienti dipende in maniera cruciale dalla qualità del processo alla stessa stregua del soccorso extra ospedaliero. Prima di scendere nel particolare delle varie fasi proprio l’analisi delle evidenze disponibili dimostra con forza che a monte di tutto per garantire ai pazienti le migliori possibilità di sopravvivenza è necessario un efficiente ed efficace “Trauma System” 1,2,3,4: la realtà italiana mostra un panorama estremamente disomogeneo con le ultime centrali 118 ancora in fase di creazione, trauma centres troppo rari, trauma team improvvisati e/o carenti nella formazione; di contro esistono realtà che da anni hanno intrapreso questa strada ottenendo quei buoni risultati9,10 che la letteratura prometteva e sui quali continuare a crescere.

TRAUMA SYSTEM

lGestione della richiesta di soccorso

lSoccorso territoriale

lDispatch

lTrauma center

lTrauma team

lRegistro traumi

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
Gli studi presi in esame dimostrano mortalità e morbilità inversamente proporzionali al grado di organizzazione ed efficienza del trauma system3,4 e l’infermiere del DEA forte di questa consapevolezza ha il dovere di fornire la propria spinta propulsiva a livello formativo od organizzativo nei propri ambiti di competenza e quindi, per quanto attiene al DEA, di collaborare con il personale medico per l’aggiornamento, l’istituzione od il miglioramento dei trauma team oppure nella gestione di un registro traumi che consenta un’analisi della patologia traumatica10  tale da consentire la formulazione di strategie ed obiettivi di miglioramento e verifica della qualità o ancora nell’implementazione delle comunicazioni con il soccorso extra ospedaliero o con i DEA limitrofi.Tra le molteplici definizioni di politrauma sono state scelte le due che hanno maggiore rilevanza nell’immediato lasciando alle fasi successive valutazioni più accurate come l’Injury Severity Score (ISS) che è quella maggiormente accreditata.
 

TRAUMA MAGGIORE
POLITRAUMA
Criterio clinico + situazionale
Criterio clinico
Gravità delle lesioni reale o potenziale
in base alla dinamica dell’evento
 
 
Traumatismo di due o più distretti corporei con compromissione delle funzioni vitali
 
 

 
1. Allertamento
 
La fase che precede l’arrivo del traumatizzato in ospedale è determinante per un corretto approccio allo stesso. La possibilità di organizzare e predisporre il funzionamento della macchina ospedaliera ha un impatto rilevante soprattutto in funzione dell’ottimizzazione dei tempi del soccorso. Questa fase prende il nome di allertamento poiché sottintende l’applicazione di un complesso dispositivo che consentirà di avere attorno al letto del traumatizzato le risorse tecniche ed umane necessarie al miglior soccorso possibile6. il primo passo in questa fase è rappresentato dalla ricezione della chiamata da parte del sistema 118 o, laddove questo non sia attivo o venga bypassato, direttamente dal mezzo di soccorso. Al fine di migliorare il passaggio di questa importantissima informazione è ormai consuetudine la predisposizione di linee telefoniche, e/o radio, dedicate tra la centrale operativa e l’ospedale, gli ospedali, di riferimento. La corretta gestione dell’informazione telefonica è quindi la pietra d’angolo sulla quale poggerà l’intera architettura del soccorso ospedaliero al politraumatizzato. La ricezione di questa chiamata deve essere affidata ad un operatore ben identificato che per caratteristiche e funzione non potrà che essere l’infermiere di triage. L’obiettivo dell’infermiere di triage al momento della gestione della chiamata sarà quello di ricercare le informazioni rilevanti per l’attivazione del trauma team; saranno, quindi, determinanti le competenze relative all’abilità di gestire adeguatamente la relazione telefonica e la conoscenza dei criteri situazionali di identificazione del trauma maggiore. L’infermiere di triage dovrà acquisire le notizie relative allo stato clinico dell’infortunato, richiedendo una sintesi secondo ABC, la dinamica dell’incidente, ed il tempo stimato per l’arrivo in DEA. La necessità di ottenere queste informazioni è tale da far ritenere utile la dotazione di uno strumento dedicato per la loro raccolta. Analogamente, se le notizie ottenute lo indicheranno, l’infermiere di triage seguirà un diagramma di flusso costruito per la trasmissione dell’allarme in DEA ed alle strutture di supporto, avrà così inizio la fase dell’anticipazione. Il concetto di allertamento è intimamente collegato con quello dell’anticipazione7,8, che in realtà potrebbe addirittura collocarsi in una momento ancora precedente, con l’individuazione in stand by del personale dedicato alla gestione dell’emergenza. Il team infermieristico raccomandato per la gestione del politraumatizzato è composto da due infermieri ed un operatore di supporto6,7. Il team infermieristico si deve comporre al momento della ricezione della chiamata, può essere previsto l’inserimento dell’infermiere di triage nei casi in cui tale funzione possa essere altrimenti presidiata, in caso contrario questi si farà carico della trasmissione corretta delle informazioni ottenute. Un infermiere del team provvederà ad allertare la diagnostica radiologica, per gli esami da eseguire in sala emergenza; la tomografia computerizzata; il centro trasfusionale, per le eventuali, ulteriori, necessità rispetto alla dotazione di sangue universale che è comunque raccomandata; e la sala operatoria, al fine di rendere disponibile l’opzione chirurgica immediata laddove se ne riscontri la necessità. Nel contempo l’altro infermiere attiverà le professionalità previste per la costituzione del Trauma Team, chirurgo e rianimatore,  quindi procederà, in sala emergenza, alla predisposizione delle apparecchiature e dei dispositivi medici potenzialmente necessari al trattamento. La predisposizione tiene conto delle informazioni ottenute e nei casi in cui queste siano scarse essa dovrà rispondere agli standard più elevati. L’operatore di supporto sarà impiegato per la compilazione della modulistica necessaria per le indagini diagnostiche ed il percorso amministrativo documentale del malato. Tutte le operazioni illustrate otterranno un risparmio di tempo utile a migliorare gli standard operativi al momento dell’arrivo del malato.
 
Allertamento – Quesito
L’infermiere, sulla base delle informazioni ottenute organizza, in autonomia, la risposta del dipartimento.
L’assunzione di responsabilità conseguente questa decisione è motivata dal fattore tempo e dalle competenze disponibili. Se poi si analizzasse il percorso dall’inizio si vedrebbe che: un infermiere riceve la chiamata e dispone l’invio di un mezzo di soccorso magari con infermiere a bordo che confermerà la presenza di trauma maggiore  trasmettendo l’informazione al collega del triage ospedaliero, ebbene non si vede per quale motivo quest’ultimo non debba disporre delle potenzialità della struttura dipartimentale. La disponibilità di un documento validato che descriva i passi della trasmissione dell’allarme e quindi dell’attivazione del DEA, risulterebbe determinante per il superamento dei dubbi residui sulla liceità dell’operazione.
 
2. Sala Emergenza
 
La disponibilità di una sala dedicata al trattamento dell’emergenza è prassi validata ed, ormai, consolidata5,6,7. Questo locale si caratterizza per la disponibilità di attrezzature e dispositivi medici. La volumetria, l’impiantistica, l’illuminazione ed il trattamento dell’aria devono consentire l’effettuazione di interventi invasivi che prevedono la compresenza di molti operatori. Le attrezzature indicate come necessarie sono quelle utili al supporto ventilatorio, al sostegno e controllo del circolo ed all’effettuazione della diagnostica standard in emergenza.
In particolare è raccomandata la disponibilità di:
ventilatore da trasporto con PEEP: da preferire la trasportabilità rispetto alla possibilità di garantire ventilazioni con supporto pressorio “sofisticato”;
pompe peristaltiche per infusione, pompe a siringa: l’infusione controllata di infusioni e farmaci rappresenta una necessità assoluta;
infusore di liquidi riscaldati: dispositivo indispensabile per il riscaldamento attivo dei malati;
emoteca: necessaria per garantire la costante disponibilità di sangue universale in DEA;
monitor multiparametrico per ECG, SpO2, NiBP, capnometria: anche in questo caso trasportabilità ed alimentazione a batteria rappresentano criteri rilevanti per la scelta;
termometro timpanico: rilievo rapido ed affidabile nella quasi totalità dei casi;
defibrillatore con pacemaker transcutaneo: la stimolazione transcutanea deve essere preferita, come opzione tecnologica, rispetto alla defibrillazione semiautomatica;
elettrocardiografo ed arcoscopio radiologico consentiranno il primo inquadramento diagnostico fin dai primi momenti d’assistenza in DEA;
lampada scialitica: indispensabile per le procedure invasive.
I dispositivi medici necessari devono essere ordinati ed organizzati secondo funzione, possono essere immaginati i seguenti Kit:
immobilizzazione spinale, aspirazione, gestione delle vie aeree, drenaggio toracico, sondaggio gastrico, gestione accesso venoso periferico e centrale, gestione accesso arterioso, cateterismo vescicale, immobilizzazione degli arti.
 

SALA EMERGENZA
 
Dotazione apparecchi elettromedicali
 
Dotazione presidi
 
ü      Ventilatore da trasporto (PEEP)
ü      Pompe infusione peristaltiche/siringa
 
ü      Infusore liquidi riscaldati
ü      Emoteca
ü      Monitor multiparametrico:
ü      ECG, Sp O2, NIBP, IBP, capnometria
 
ü      Termometro timpanico
ü      Defibrillatore / pacer transcutaneo
ü      Elettrocardiografo
ü      Arcoscopio radiologico
ü      Lampada scialitica
 
ü      Immobilizzazione spinale
ü      Aspirazione
ü      Gestione delle vie aeree
ü      Drenaggio toracico
ü      Sondaggio gastrico
ü      Gestione accesso venoso periferico e centrale
ü      Gestione accesso arterioso
ü      Cateterismo vescicale
ü      Immobilizzazione arti
 
 

 
Considerando la presenza di almeno due infermieri è consigliabile disporre attrezzature e presidi affinché risultino di facile accesso, ad uno quelli necessari a garantire le fasi A, B e D, e all’altro C ed E.
Il controllo delle attrezzature e della disponibilità dei presidi deve basarsi su una check list dedicata ed essere almeno giornaliero.
 
3. Accoglienza
 
Il momento di accettazione in DEA del traumatizzato, anche quando atteso ed organizzato, rappresenta comunque un passaggio critico: l’interfaccia tra le due squadre di soccorso, quella territoriale e quella ospedaliera, necessita di una attenta gestione. Al momento dell’ingresso in DEA del traumatizzato l’infermiere di triage effettuerà una rapida valutazione mirata ad individuare elementi indicativi per criticità vitale. Il processo decisionale sotteso alla decisione di triage garantisce l’immediato accesso alle cure per i malati in pericolo di morte26. Il politraumatizzato è, se correttamente definito, un codice rosso e deve avere accesso immediato alla sala emergenza. In questi casi, quella che solitamente è un’attività determinante per il buon funzionamento del DEA, il triage, avrà valenza soprattutto nella gestione del ragguaglio o del passaggio delle informazioni tra le due squadre di soccorso. Le informazioni che è necessario raccogliere sono:
la descrizione della scena luogo dell’evento, determinante per conoscere la meccanica della produzione delle lesioni7,8;
le condizioni del traumatizzato al momento dell’arrivo sulla scena della squadra di soccorso, importanti per comprendere l’evolutività del quadro clinico;
la presenza o meno sul posto di familiari e agenti di pubblica sicurezza, gli uni e gli altri devono essere informati dell’evento è indispensabile sapere se e come l’informazione è arrivata loro;
gli interventi praticati durante il soccorso ed il trasporto6.
I dati raccolti, utili all’inquadramento ed al primo approccio al traumatizzato, dovranno essere considerati per valutare l’adeguatezza del soccorso in un ottica di miglioramento continuo della qualità degli interventi. La valutazione corretta deve tenere conto degli obiettivi specifici di quel soccorso, degli standard richiesti a quel tipo di equipe, professionale o meno, dell’integrazione dimostrata con la centrale operativa 118. La fase dell’accoglienza termina con la presa in carico del malato che ha accesso alla sala emergenza dove si procederà al passaggio barella - letto non prima di aver garantito il mantenimento o l’instaurazione dell’immobilizzazione spinale e di un monitoraggio di minima: ECG ed SpO2. Il licenziamento dell’equipe territoriale deve sempre prevedere un minimo debriefing che, quando necessario, sarà completato, a posteriori, in un altro momento.  
 
Accoglienza – Quesito
L’infermiere rileva che, durante il soccorso territoriale non professionale, non è stata assicurata  l’immobilizzazione del rachide cervicale: la misura del collare non è stata regolata, il malato si trova su barella bivalve e si nota extrarotazione del piede sinistro. Cosa fare?
Il malato viene correttamente immobilizzato e monitorizzato prima di essere posto su tavola spinale e barella/letto da supporto avanzato. All’equipe di soccorso viene richiesto lo stand by finché non sarà possibile garantire loro un adeguato feed back sull’intervento praticato. L’assunzione di responsabilità legata al trattenimento di una squadra di soccorso territoriale è ben legittimata dalla necessità di formazione dimostrata dal comportamento non adeguato, l’occasione non deve essere differita.   
 
4. Trattamento Primario
Normalmente questo momento assistenziale deve essere gestito direttamente sul territorio da équipe di soccorso con professionisti sanitari medici e/o infermieri secondo le specifiche competenze ed in tal caso i momenti successivi costituiranno solo un controllo iniziale delle condizioni iniziali del paziente mentre, per le sopracitate disomogeneità dello scenario italiano, il paziente può giungere improvvisamente senza allertamento, oppure, per svariati motivi, trasportato da un’équipe di soccorritori volontari o da testimoni dell’evento traumatico ed il DEA sfruttando le capacità organizzative di cui deve essere dotato e menzionate precedentemente deve provvedere ad un veloce ed adeguato trattamento primario. Infermieri adeguatamente formati e con esperienza di attività di pronto soccorso devono essere in grado di accogliere il paziente e gestire in autonomia e sicurezza per il paziente quei pochi minuti iniziali nei quali la presenza del medico o del team completo non sia immediatamente disponibile. Prima del passaggio sulla barella o letto di trattamento deve essere eseguita una rapida valutazione dell’immobilizzazione del paziente con particolare riguardo al rachide cervicale: eventuale assenza o malposizionamento di collare cervicale devono essere corretti prima di procedere al trasferimento7,8.
4.1 Fase A
Successivamente il paziente viene trasferito sul letto di trattamento e posizionato su asse spinale nel caso non si fosse già provveduto in tal senso. Nel caso che il paziente non sia stato raccolto nemmeno con barella bivalve, quest’ultima deve essere utilizzata per il passaggio dalla barella dell’ambulanza all’asse spinale sul letto di trattamento e ivi rimossa. Il momento successivo è costituito dalla valutazione della pervietà delle vie aeree24 e prevede la conoscenza da parte dell’infermiere dei criteri e delle manovre di base (abbassamento della mandibola) ed avanzate (utilizzo di cannula naso/orofaringea) per l’ottenimento della pervietà con eventuale aspirazione del cavo orale e faringe per la rimozione di eventuale ingombro7,8.
4.2 Fase B
L’obiettivo di questa fase è quello di valutare l’attività respiratoria e garantire  ventilazione ed ossigenazione del paziente. L’osservazione, palpazione, auscultazione nonché la rilevazione della frequenza respiratoria e l’instaurazione precoce della saturimetria (OPACS) forniscono un quadro iniziale completo in grado di rilevare i quadri clinici più minacciosi come l’arresto respiratorio, il pneumotorace iperteso o la presenza di evidenti traumi della gabbia toracica. In attesa del trattamento definitivo delle vie aeree va comunque erogato ossigeno ad alte percentuali con lo scopo di ossigenare il paziente tenendo presente la soglia critica di una saturazione periferica > 90%. Le raccomandazioni disponibili richiedono con forza il presidio della funzione respiratoria e dell’ossigenazione del paziente, individuando nell’ipossia un fattore assoluto di rischio; in caso di arresto respiratorio, gasping o ipoventilazione l’infermiere deve essere in grado di instaurare una ventilazione artificiale manuale con sistema pallone, maschera e valvola geometrica8.
4.3 Fase C
Insieme all’ossigenazione l’altra funzione vitale da presidiare con pertinacia è quella cardiocircolatoria: ipossia ed ipotensione possono innalzare la mortalità dei pazienti traumatizzati fino al 75%16. In questa fase quindi gli obiettivi assistenziali saranno tesi  ad una prima valutazione dell’attività cardiocircolatoria con misurazione della pressione arteriosa sistolica (PAS),sufficiente in questa prima fase, e della frequenza cardiaca (FC) 21 e ad assicurare la possibilità di infusione reperendo due accessi venosi di grosso calibro (16 – 14 G) o verificando l’efficienza di quelli reperiti dall’équipe di soccorso8. Il tamponamento di eventuali emorragie esterne attive deve essere iniziato altrettanto precocemente. L’inizio di infusione di 500 ml di colloidi o cristalloidi riscaldati tramite apposito infusore, alla stregua di test di espansione volemica, rappresenta l’intervento conclusivo di questa fase.
 
Trattamento primario – quesito:
L’infermiere inizia l’infusione di liquidi eseguendo un test di espansione volemica.
La letteratura disponibile dimostra con sufficiente forza che in questa categoria di pazienti l’inizio dell’infusione di liquidi riscaldati oltre ad essere utile per combattere precocemente uno stato di ipotermia è un intervento indifferibile e scevro da rischi per il paziente: negli studi che confrontavano pazienti sottoposti a massiccia infusione di liquidi rispetto a quelli con restrizione delle infusioni i risultati hanno mostrato migliori risultati nel primo gruppo, in un altro studio si è dimostrato che la reinfusione di liquidi oltre a combattere l’ipotensione non produce effetti negativi sul pre carico cardiaco nei pazienti politraumatizzati23. Dette considerazioni unite ai ben noti effetti negativi dell’ipotermia sul consumo di ossigeno da parte del paziente e sulle alterazioni dell’omeostasi a livello di acidosi e discoagulopatia rendono sicuro e mandatorio15,18,19,20 l’inizio dell’infusione da parte dell’infermiere in attesa di una successiva, accurata valutazione dei target pressori da mantenere e del quantitativo da reinfondere.
4.4 Fase D
Si procede ad una valutazione neurologica del paziente mediante assegnazione di punteggio Glasgow Coma Scale (GCS) che verrà confrontato con quello riscontrato dall’équipe di soccorso se disponibile e comunque questa valutazione sarà quella iniziale di riferimento. L’utilizzo del punteggio GCS è validato da numerosi studi13,14,16 che gli attribuiscono notevole sensibilità e valore prognostico in fase acuta soprattutto nei pazienti con trauma cranico associato; la confrontabilità è un altro elemento importante che ha reso la scala GCS così diffusa ed utile a livello mondiale. La valutazione neurologica non può escludere una valutazione dei riflessi e del diametro pupillare con particolare attenzione alla rilevazione della midriasi o dell’anisocoria quali segni di impegno del tronco cerebrale.
4.5 Fase E
Si tratta della fase conclusiva di questo primo approccio sul paziente durante la quale si provvede ad un monitoraggio di minima che prevede traccia elettrocardiografia e FC, pressione arteriosa non invasiva (NIBP), saturimetria7,8,11 e rilevazione della temperatura timpanica21 che è sufficientemente rapida e sicura fatta eccezione per pazienti con segni di lesione al padiglione auricolare o che presentino otoliquorrea o otorragia. Dopo aver esposto il paziente viene eseguita una rapida valutazione globale delle sue condizioni, alla ricerca di evidenti segni di lesione, provvedendo ad un iniziale allineamento degli arti che mostrino anomalie. Anche in questo caso una valutazione strutturata può essere resa possibile dall’utilizzo del punteggio del Revised Trauma Score (RTS) 15,17 che è uno strumento semplice e sufficientemente preciso in questa fase. La copertura isotermica del paziente, con lo scopo di prevenire la dispersione di calore ed evitare un peggioramento di un’eventuale ipotermia, con appositi teli conclude questa fase.
 
5. Trauma Team
Come si evince facilmente dal nome il trauma team è un équipe multidisciplinare composta da due medici, due infermieri con esperienza e crediti formativi specifici per l’assistenza al paziente politraumatizzato ai quali si aggiunge un operatore di supporto2,7,8. La formazione e l’aggiornamento continui, l’analisi degli interventi effettuati e la verifica costante della qualità dell’assistenza erogata sono i pilastri sui quali fondare efficienza ed efficacia di questa squadra. Le linee guida più autorevoli raccomandano che la leadership del team sia affidata al chirurgo anche se non va dimenticato che sono prodotte proprio da associazioni scientifiche e professionali di chirurghi: in Italia le due figure maggiormente coinvolte in questo delicato ruolo sono il chirurgo e l’anestesista rianimatore mentre, ancora, una terza figura prevista, quella del medico dell’emergenza, è per il momento scarsamente disponibile e di conseguenza, di fatto non rappresentata. Alcuni studi condotti negli Stati Uniti non mostrano correlazione fra il tipo di medico che accoglie il paziente e gli esiti mentre depongono a favore di team e medici addestrati che sono in grado di ottenere i risultati migliori2,11. In sostanza per i medici come per gli infermieri non è importante il tipo di specialità ma il proprio bagaglio esperienziale e formativo in merito. Come anticipato il trauma team dovrebbe essere già composto al momento dell’arrivo del paziente e dopo un inquadramento iniziale come proposto in precedenza dovrebbe procedere al trattamento secondario; nei casi di arrivo di pazienti con modalità anomale l’infermiere più esperto che ha accolto il paziente ed eseguito il trattamento primario sintetizzerà le informazioni rilevanti al leader del team con particolare riguardo alla dinamica dell’evento, parametri vitali e neurologici, lesioni riscontrate.
 
6. Trattamento secondario
Le capacità di leadership e di coordinamento del leader del team dovranno guidare i successivi momenti diagnostico terapeutici nei quali comunque le competenze dell’infermiere inerenti il funzionamento del dipartimento nonché la valutazione della complessità del quadro assistenziale senza tralasciare le ovvie competenze collaborative risulteranno parimenti importanti ai fini del miglior esito possibile per il paziente. All’infermiere più esperto ad esempio va ascritta la facoltà di ampliamento del team con un altro infermiere o operatore di supporto a seconda delle esigenze e compatibilmente con le risorse disponibili.
Fase A
L’obiettivo della fase A è quello della protezione delle vie aeree e l’intervento in grado di garantirla è l’intubazione tracheale (IT) 7,8,11. Le evidenze disponibili rendono imperativa l’intubazione tracheale per quei pazienti con GCS <9 e la raccomandano per pazienti con GCS compreso tra 9 e 128. Prima di procedere alla sedoanalgesia e/o curarizzazione è opportuno che l’infermiere compia una nuova rivalutazione del punteggio GCS per confrontarla con la precedente. Per quanto attiene alla scelta dei farmaci va notato che non vi è consenso unanime anche per la debolezza degli studi in questo ambito: fra i più utilizzati vanno citati il propofol e le benzodiazepine fra gli ipnotici, la ketamina per indurre dissociazione ed analgesia soprattutto per le sequenze rapide di intubazione, il fentanil e la morfina tra gli analgesici ed i curari con preferenza per i non depolarizzanti limitandone l’uso alla fase iniziale dell’intubazione stessa24,29,32,33. Instaurata la sedazione e l’eventuale miorisoluzione l’infermiere collabora con il medico rianimatore durante la manovra provvedendo a rendere immediatamente disponibile la linea di aspirazione e durante il fissaggio e la verifica del corretto posizionamento del tubo endotracheale. La via di prima scelta in assenza di traumi mandibolari o mascellari è quella oro tracheale. Oltre a garantire un’adeguata protezione delle vie aeree e successivamente un’adeguata ossigenazione e ventilazione l’intubazione tracheale è anche la manovra gravata dal minor rischio per l’instabilità del rachide cervicale24. In caso di intubazione difficile l’infermiere deve essere pronto a collaborare con il medico per i tentativi successivi o per tecniche alternative. L’evoluzione recente della maschera laringea (LMA) con il modello fast trach, che consente di procedere all’intubazione attraverso di essa, rende questo presidio una valida prima scelta in caso di intubazione fallita da preferire al combi tube o altri presidi alternativi anche in considerazione dei movimenti a carico del rachide cervicale durante la manovra che sembrano essere minori proprio con la LMA24.
Fase B
Come anticipato l’obiettivo di questa fase è quello di garantire un’adeguta ossigenazione e ventilazione al paziente7,8,11. Vengono utilizzate alte frazioni inspiratorie di ossigeno ed il monitoraggio emogasanalitico e capnometrico dovrebbe guidare il setting dei parametri ventilatori. Una volta stabilito dal medico il target iniziale è certamente competenza infermieristica la sorveglianza dell’adeguatezza della ventilazione che ha come standard valori di saturazione periferica  >95% e la normocapnia: alcuni studi dimostrano una frequente inadeguatezza della ventilazione eseguita in emergenza e quindi si tratta di un compito estremamente rilevante25. L’iperventilazione è ad oggi sconsigliata e viene riservata nel trattamento dell’ipertensione endocranica solo nei casi di deterioramento neurologico non rispondenti ad altri trattamenti farmacologici16,17,24. Il sondaggio gastrico eseguito a scopo diagnostico e per ridurre l’eventuale distensione gastrica e favorire la performance ventilatoria del paziente conclude questa fase.
Fase C
Se nel momento del trattamento primario si è iniziata l’infusione di liquidi in questa fase viene ricercato l’equilibrio emodinamico ed il relativo target pressorio a seconda del tipo di trauma (Trauma penetrante PAS 70 mm/Hg, Trauma chiuso PAS 90mm/Hg, trauma cranico PAS 110-120mm/Hg) 8. Dopo una valutazione del team sulla stima delle perdite viene stabilito il quantitativo da reinfondere e la qualità delle infusioni. Nonostante numerosi studi abbiano paragonato cristalloidi e colloidi non si è ancora giunti a risultati tali da giustificare l’utilizzo dell’uno o dell’altro e l’opzione più ragionevole appare quella che prevede l’infusione di entrambi39,40. Il rimpiazzo volemico rappresenta la prima scelta nel presidio dei valori pressori ed il ricorso alle amine simpaticomimetiche è limitato al controllo degli effetti ipotensivi dei farmaci sedativi o analgesici23; l’infusore di liquidi consente velocità di infusione fino a 750 ml/min e quindi di far fronte a stati di shock estremi anche se va tenuto conto che un infermiere in questi casi deve essere dedicato esclusivamente alla gestione dell’apparecchio per la necessità di cambiare spesso le sacche di liquidi o emoderivati. Se già si è detto degli effetti negativi dell’ipotermia va anche aggiunto che raramente l’incidenza dell’ipotermia è legata alle temperature ambientali e più spesso all’infusione massiccia di liquidi non riscaldati considerazione questa che porta alla conclusione che gli infusori di liquidi riscaldati e quindi il loro utilizzo appaia irrinunciabile15,19,20. Per quanto attiene all’infusione di sangue ed emoderivati non vi è, anche in questo caso, consenso sul livello di emoglobina da presidiare anche se viene indicata in letteratura la soglia critica di 7.0 g/dL al di sotto della quale utilizzare sangue universale presente in DEA per l’emotrasfusione36. Gli infusori consentono il riscaldamento anche degli emoderivati limitando ancor di più rischi di ipotermia iatrogena. In caso di emorragie non controllabili oltre che la predisposizione rapida per l’intervento chirurgico necessario è opportuno prevedere anche la trasfusione di plasma oltre che di globuli rossi per arginare l’eventuale coagulopatia da consumo e deplezione. Se disposto dal medico l’infermiere collabora durante l’inserimento di catetere arterioso che può essere utile sia per il monitoraggio emogasanalitico che per quello pressorio cruento. Il monitoraggio emodinamico si completa con l’inserimento di un catetere vescicale. Sempre in questa fase vengono prelevati gli esami ematici in urgenza ed eseguito un elettrocardiogramma a 12 derivazioni. La valutazione della funzione circolatoria si completa con la rilevazione dei polsi periferici.
Fase D
La valutazione neurologica è stata anticipata al momento dell’intubazione tracheale ma durante la permanenza in sala di emergenza è utile concordare con il leader del team un momento di sospensione della sedazione in modo da ottenere una finestra di rivalutazione soprattutto nei pazienti con trauma cranico associato16,17,37. A paziente stabile, la criticità delle condizioni, non deve far dimenticare in tal caso la stima del dolore e della sofferenza del paziente che va comunque considerato alla stessa stregua di un parametro vitale29,30,31 non dimenticando che, ad esempio,  il farmaco più usato per la sedazione, che è il propofol, non possiede proprietà analgesiche. Se il medico o i medici sono impegnati nel decidere le priorità diagnostiche o terapeutiche assume importanza enorme la visione d’insieme che l’infermiere può fornire ai fini di un trattamento completo ed efficace, infatti se la gestione di questi parametri è medica, la valutazione dell’ efficacia e la richiesta di adeguamento sono di competenza infermieristica. Sempre a tale scopo l’utilizzo di pompe peristaltiche, volumetriche o a siringa sono da preferire per la somministrazione di sedativi o farmaci vasoattivi a fronte di una maggior sicurezza della somministrazione e di un minor rischio di complicanze quali ad esempio l’estubazione accidentale38.
Fase E – F
Si procede in questa fase ad un esame più approfondito testa - piedi del paziente con eventuale sutura e medicazione delle ferite, profilassi antitetanica, stabilizzazione provvisoria di eventuali arti fratturati e loro immobilizzazione con lo scopo di ridurre e prevenire i danni secondari ai tessuti osseo, muscolare e cutaneo ed in tal senso in caso di fratture esposte è indicata una precoce profilassi antibiotica ad ampio spettro7,11. In questa fase viene anche concordato il livello di monitoraggio: gli studi disponibili sembrano dimostrare che con l’aumentare della complessità del monitoraggio aumenta la sensibilità e specificità dello stesso ma aumentano anche la complessità del successivo trasporto in diagnostica, sala operatoria o terapia intensiva con incremento anche di possibili incidenti22. In quest’ottica la valutazione infermieristica sulla base del percorso del paziente, delle risorse disponibili e sul grado di stabilità del paziente appare la più calzante dopo condivisione con il personale medico. Il monitoraggio di minima in quanto tale deve essere garantito mentre per il monitoraggio pressorio quello con metodo cruento è da preferire soprattutto in pazienti con elevata instabilità od infusione di farmaci vasoattivi. Per quanto attiene la capnometria va detto che può essere un monitoraggio utile ma non indispensabile essendo inaffidabile in pazienti sottoposti a ventilazione meccanica ad alte Fi di ossigeno il rapporto tra Pressione arteriosa dell’ anidride carbonica e pressione dell’anidride carbonica di fine espirazione22. La pressione venosa centrale non trova indicazione generalmente in questo tipo di pazienti e nel contesto dell’emergenza in considerazione delle alterazioni prodotte dalla pressione positiva della ventilazione meccanica e delle scarse indicazioni sempre in regime di emergenza al cateterismo venoso centrale22.
 
7. Diagnostica in sala emergenza
Ottenuto un valido supporto delle funzioni vitali ed eseguiti gli interventi emergenti come l’intubazione tracheale ed il controllo dei foci emorragici si procede ad una prima valutazione diagnostica in sala di emergenza con lo scopo di ottenere un primo bilancio lesionale teso ad individuare la presenza di lesioni minacciose per la vita7,11.

Diagnostica in sala emergenza

 

Rx rachide cervicale AP, LL

Rx torace AP

Rx bacino AP

Eco addome

 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Gli esami hanno lo scopo di ottenere una prima informazione sull’integrità del rachide cervicale, sull’eventuale presenza di contusioni polmonari o conferma di un pneumotorace già sospettato clinicamente, lesioni di grossi vasi intratoracici, emorragie addominali da rottura di organi parenchimatosi o da lesioni vascolari, verificare l’integrità della pelvi e bacino che in caso di gravi fratture da solo può compromettere direttamente o indirettamente l’emodinamica. L’organizzazione del dipartimento e le competenze infermieristiche nel coordinamento e nella collaborazione con il personale dedicato, nonché la conoscenza sulle modalità di esecuzione di questi esami possono avere importanti effetti sul timing di questa fase della diagnostica che deve essere ovviamente precoce e più rapida possibile. E’ competenza infermieristica la preparazione del paziente con la rimozione di monili o protesi nonché la sorveglianza sulla radioprotezione del paziente e degli operatori del team.
 
8. Custodia Valori
 
L’arrivo in DEA del politraumatizzato, come abbiamo visto, dà origine ad un’attività frenetica assicurata da più persone in un unico locale. Il relativo, organizzato, caos non deve far dimenticare che è proprio questo tipo di malato che rappresenta i rischi maggiori per lo smarrimento di beni o valori. Il contenzioso tra cittadinanza e struttura ospedaliera per questo aspetto specifico mostra senz’altro un trend in ascesa. La miglior risposta possibile al problema è l’adozione di procedure e istruzioni operative che orientino gli infermieri nell’espletamento di questa attività.
Risulterà importante quindi:
conservare tutti gli effetti personali, anche se danneggiati; talvolta il valore affettivo di alcuni oggetti supera quello effettivo, in altri casi lo stato degli abiti può avere rilevanza per gli accertamenti giudiziari.   
Isolare beni e valori in apposti contenitori; la disponibilità di sacchetti per gli abiti e di contenitori a tenuta per i valori rende più sicuro il momento della presa in carico di questi effetti.
Compilare la nota valori; la redazione deve essere in doppia copia perché sia possibile conservare una ricevuta.
La nota valori deve contenere: l’identità dell’infortunato e degli infermieri che hanno rimosso gli effetti, la descrizione dei beni con modalità di presunzione per metalli e valori in genere e puntuale per le monete. La descrizione precisa dei beni presenti al momento dell’ingresso in ospedale sarà fondamentale per la composizione dei contenziosi possibili con i familiari e le equipe di soccorso territoriale.
 
Custodia valori – Quesito
L’infermiere procede allo spoglio dei beni alla presenza dei soli colleghi.
La contingenza della situazione rendono questo provvedimento ineludibile, la tutela personale del professionista è ricercata attraverso la compresenza testimoniata di uno o più colleghi e la disponibilità di una procedura validata che preveda le modalità della rimozione e conservazione dei beni. Laddove sia possibile il coinvolgimento degli organi di polizia è assolutamente raccomandato.
 
I valori saranno custoditi nella cassaforte del DEA e consegnati, in un secondo tempo, allo stesso infortunato o ad un suo familiare avente diritto al ritiro, previa presentazione di documento d’identità che sarà registrato sulla nota valori. Gioverà ricordare che la custodia dei beni è dovere etico con importanti ricadute sul fronte penale, laddove le responsabilità sono, comunque e sempre, individuali.
 
Custodia valori – Quesito
E’ corretto che l’infermiere del DEA consegni gli effetti del malato ai colleghi del servizio di destinazione in assenza dei familiari?
La trasmissione dei valori richiede modalità precise e puntuali adempimenti amministrativi. La sicurezza, la riservatezza ed il rispetto dell’altrui professionalità consigliano la conservazione dei beni nella cassaforte del DEA.
 
9. Documentazione infermieristica
Negli ultimi anni la documentazione infermieristica ha assunto sempre più importanza dimostrandosi in più casi, anche giudiziari, complementare, quando non più completa, di quella clinica redatta dal medico. L’assistenza infermieristica in DEA occupa uno spazio importante all’interno del percorso di cura del malato. Logica e praticità vorrebbero che la documentazione clinica che seguirà il paziente sia integrata prevedendo spazi di pertinenza medica ed infermieristica: se al medico competono gli spazi relativi al percorso diagnostico e terapeutico l’infermiere dovrà disporre di quelli relativi ai rilievi direttamente effettuati, siano essi di carattere anagrafico e personale, situazionale relativi al soccorso, dei parametri vitali ed assistenziali. Non si potrà prescindere da uno spazio utile alla registrazione della necessaria valutazione d’ingresso, anche attraverso i già citati scores, e dalla presenza di una griglia multiparametrica, in proposito è utile riaffermare il concetto che spetta all’operatore che rileva il dato la registrazione dello stesso. La disponibilità, sempre più diffusa, di documentazioni informatizzate rende l’integrazione dei diversi campi ancora più semplice. Risulterà importante prevedere uno spazio nel quale effettuare una sintesi clinica al momento della   conclusione dell’intervento, in tale modo si consentirà una rapida trasmissione delle informazioni ai colleghi del team che riceverà il traumatizzato. Il valore della documentazione infermieristica è di grande importanza sia ai fini della tutela professionale che per la revisione critica e di qualità dell’intero processo di cura: misurare per migliorare.
 
10. Gestione dei familiari
Il trauma è forse la situazione che esprime più fedelmente la sensazione di passaggio dal pieno benessere ad una condizione di disagio, dolore quando non di pericolo di morte. Questa considerazione non deve essere dimenticata quando ci si trova a rapportarsi con i familiari dell’infortunato. Il termine familiare non deve essere inteso come limitativo al vincolo anagrafico, si fa, infatti, riferimento alla sfera di affettività che nella società odierna è ben più complessa rispetto al passato. L’infermiere del DEA è, spesso, il primo operatore sanitario a rapportarsi con i familiari, diventa quindi la prima fonte di informazioni e come tale è necessario si consideri. Il primo compito da assolvere sarà quello di assicurare la presenza in ospedale dei familiari, con ciò si intende che si devono acquisire notizie circa il contatto tra squadra di soccorso o forze di polizia e la famiglia e quando non si dovessero avere conferme in tal senso è necessario ci si adoperi affinché i familiari possano raggiungere il DEA. La partecipazione dei familiari al processo di cura, mandato deontologico, si esprime attraverso un periodico, seriato, passaggio di informazioni. All’arrivo in ospedale infermiere e/o medico devono fornire una prima informazione ai familiari, una brutta verità sarà comunque preferibile a mille inquietanti dubbi. La prima informazione deve riguardare il, sommario, quadro clinico ed il percorso che il traumatizzato affronterà nei minuti successivi. L’informazione deve essere chiara e precisa, l’infermiere deve comunicare il suo ruolo nel soccorso ed offrirsi come punto di riferimento per domande e chiarimenti; la mancanza di riferimenti precisi ed il bisogno di sapere generano una richiesta reiterata a chiunque si trovi a passare dalla sala d’attesa con conseguente frustrazione e disinformazione a seconda dell’approccio scelto dagli operatori. I numerosi momenti di valutazione che l’infermiere esercita durante l’assistenza sono una base certa su cui fondare l’informazione al familiare, è comunque raccomandato che sia il Team leader a dare notizie dopo averle condivise con tutta l’equipe, in questo caso l’infermiere potrà rinforzare ed integrare il messaggio garantito dal medico.       
 
11 Conclusioni
A fronte di una letteratura ancora incompleta ma comunque ricca di importanti e rilevanti dati ed alla luce dello sviluppo della professione infermieristica l’assistenza al paziente politraumatizzato si conferma un tema trainante per il conseguimento di importanti traguardi sul campo nel miglioramento della qualità dell’assistenza e nel prosieguo dello sviluppo di nuove competenze ed approfondimento di quelle già tradizionalmente acquisite per la professione infermieristica. I vuoti ancora lasciati dalla ricerca e la possibilità di attingere alle evidenze scientifiche più forti ed autorevoli possono essere potenti strumenti per guidare il processo ed anche l’attività di misura e verifica della qualità delle prestazioni erogate possono essere un primo scalino di approccio per gli infermieri: negli USA e nel Regno Unito gli infermieri sono già coinvolti in programmi simili, nella misura di parametri ed indicatori non strettamente infermieristici come la percentuale di politraumatizzati intubati in DEA, il tempo di permanenza in DEA del paziente, la quantità di liquidi infusi, il livello di emoglobina del paziente al momento del trasferimento, il timing della diagnostica e dell’arrivo in sala operatoria2,6. In ultimo anche a livello formativo si avverte il bisogno di inserire nei corsi di base e in quelli post base quelle competenze avanzate al fine di un miglioramento qualitativo della professione infermieristica che possa essere il più possibile trasversale.
 
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