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Congresso Nazionale Aniarti 2007

Per l'attivita' quotidiana, per l'assunzione di responsabilita', per l'etica della decisione.

Rimini (RN), 15 Novembre - November 2004 / 17 Novembre - November 2004

» Indice degli atti del programma

Sessioni Parallele: Sala B  

16 Novembre - November 2001: 14:45 / 17:15

METODI DI RILEVAZIONE DELLA TEMPERATURA
 
  AFD Gennaro Arena * Relatore
  AFD Giuseppe Bianchi ** Relatore
  IP Nicola Crispino **
  IP Renato Cucarano *
  IP Salvatore D’Agostino *
  IP Vincenzo De Maria ***
  IP Giovanni Siciliano * 
 
* RIANIMAZIONE A.O.R.N. “ A.Cardarelli “ - Napoli -
** RIANIMAZIONE P.O. “ Loreto Mare “ ASL NA 1 - Napoli -
*** C.O. P.O. “ Ascalesi “ ASL NA 1 - Napoli -
 
 
 
 
INTRODUZIONE
 
La febbre è una caratteristica fondamentale dei processi infettivi e non (infettivi), ed è uno dei segni fisici più comuni riscontrato nei pazienti nelle unità di terapia intensiva (ICU).
E’ spesso la comparsa di febbre che allarma i medici sulla possibilità di una variazione critica dello stato del paziente, spingendolo ad eseguire procedure diagnostiche, modificare la terapia di supporto (rimozione di cateteri vascolari) o iniziare e/o modificare la terapia antimicrobica.
Non necessariamente la febbre equivale ad un’ infezione: in uno studio eseguito su 473 pz ricoverati in un ospedale di medicina generale con febbre superiore ai 38°C ed il sospetto clinico di una sepsi batterica, solo il 20% ha mostrato, in effetti, un’emocoltura positiva.
Secondo CLARKE e coll. la febbre viene definita come una temperatura interna maggiore a 38°C.
Van Deventer SJ, Buller HR, ten Cate JW et al. 1988. Endotoxaemia: an early predictor of septicaemia in febrile patients. Lancet 1: 605-609.
 
E’ ben nota la difficoltà di distinguere i processi infettivi da quelli non infettivi in ICU, ma data l’importanza attribuita alla febbre nella pratica di ICU, è curioso che sia stata così poco studiata.
 
PERCHE’?
 
Forse perché si considera la febbre come un evento comune in ICU che non è mai stata studiata approfonditamente. Questo può in parte essere dovuto al fatto che la febbre viene considerata come un riscontro non specifico e quindi inutile, ma, paradossalmente, come abbiamo detto, essa viene spesso usato come base per le variazioni maggiori di trattamento.
O’ Grady NP, Barie PS, Bartlett JG ed altri 1988. Practice guidelines for evaluating new fever in critically ill adult patients. Clin infect dis 26: 1041-1059.
 
Per questi motivi, si è ritenuto importante ricercare e verificare l’epidemiologia della febbre in una ICU generale.
I risultati principali di questo studio mostravano che la febbre è in effetti comune (70% dei casi ricoverati) ed è causata da processi infettivi e non infettivi in numero quasi uguale.
E’ stata identificata una sindrome ben riconosciuta ma poco definita, la febbre post-operatoria, come una causa frequente. La febbre si verifica nella maggiore parte dei casi precocemente durante la degenza, entro i primi 2 giorni, con una durata nella maggior parte dei casi inferiore a 5 giorni.
La febbre persistente (+5gg) era quasi sempre causata da infezioni ed era associata ad una mortalità significativamente superiore. E’ importante notare che, anche nell’ambiente specifico della ICU, non esiste consenso sui criteri di definizione della febbre, o su come debba essere misurata.
Per esempio Filice e coll. hanno usato una definizione di febbre nosocomiale in base alla quale era necessario che i pazienti fossero degenti in ospedali ed apiretici per almeno 24h prima di sviluppare la febbre: usando questi criteri solo il 4% dei pz ha sviluppato la febbre.
Sempre in questo studio, la febbre dovuta all’infezione è stata osservata in un numero inferiore di pz rispetto a studi elaborati in precedenza, ciò riflette il fatto che i pz di ICU sono a rischio di molti processi non infettivi e procedure che potrebbero indurre febbre. La lista delle cause di febbre in ICU è lunga, ma non è essenzialmente diversa dalle cause dei pz ospedalizzati in generale.
Clarke DE, Kimelmann J, Raffin TA (1991) The evaluation of fever in the intensive care unit. Chest 100: 213-220
 
Malgrado ciò, esistono alcuni aspetti particolari della valutazione della febbre in ICU che meritano un breve commento:
1. la complessità delle condizioni del pz di ICU significa che si possono verificare contemporaneamente molti processi; è perfettamente possibile osservare infezioni prodotte da più germi in siti diversi e la presenza contemporanea di un processo infettivo con uno non infettivo. In questo studio 7/70 (10%) degli episodi mostravano cause multiple;
2. le cause di febbre sono chiaramente influenzate dalla particolare popolazione di pz in una data ICU;
3. molti pz in ICU sono immunosoppressi per la gravità della patologia di base e/o per la specifica terapia immunosoppressiva.
Comunque, è notoriamente difficile distinguere fra processi non infettivi ed infezioni, Cunha e Shea hanno suggerito che la regola 38,9°C (102°F) è “in assoluto il principio più utile per distinguere la febbre infettiva da quella non infettiva in ICU”. Si tratta di una regola imperfetta, ma utile, usata insieme al quadro febbrile, relazione frequenza cardiaca/temperatura e presenza o meno di segni localizzati.
Cunha BA, Shea KW (1996) Fever in the intensive care unit. Infect Dis Clin North Am 10: 185-209.
 
Non è stata riscontrata nessuna chiara associazione tra livello di febbre e causa, e l’esistenza di tale informazione non supporta un legame assoluto fra febbre elevata ed infezione.
Caplan ES (1997) Fever following surgery and non surgical trauma. In: Mackowiak pa fever pp. 375-381.
 
La febbre è un segno clinico utile che merita un esame e uno studio più approfonditi.
Perché è importante scindere la febbre infettiva da quella non infettiva? Per evitare le cosiddette “coperture” empiriche.
La “copertura” empirica di tutte le febbri in ICU con antibiotici non è necessaria, né proficua, aggiunge costi inutili e può avere potenziali conseguenze mediche avverse.
La ICU rappresenta spesso un calderone per lo sviluppo di organismi resistenti ospedalieri. L’uso empirico indiscriminato degli antibiotici per trattare alterazioni non infettive non solo aumenta il costo della salute pubblica, ma espone il paziente a seri effetti potenzialmente dannosi: diarrea, interazione tra farmaci, effetti collaterali, febbre da farmaci, che possono prolungare l’ospedalizzazione se non riconosciuti. Questi problemi potenziali sottolineano insieme l’importanza critica della differenziazione diagnostica tra febbre di tipo infettivo e non infettivo.
Inoltre, in ICU, la terapia antibiotica empirica, inutile se diretta
contro iperpiressie non infettive, può contribuire ai problemi di resistenza antimicrobica generale.
Cunha BA (1994) Intensive Care, Not intensive antibioties. Heart Lung 23: 361-362.
 
Quindi non necessariamente la febbre equivale ad un’infezione.
E’ opportuno, prima di andare avanti, aprire una breve parentesi per definire l’ipertermia.
L’ipertermia è l’elevazione termica dovuta a inadeguatezza dei meccanismi omeostatici di fronte a:
· aumento della produzione di calore: (sforzo fisico, crisi tireotossica, feocromocitoma, ipertermia maligna in anestesia);
· diminuita dispersione di calore (disidratazione, colpo di calore);
· lesione ipotalamica, come può avvenire in corso di interventi neurochirurgici sul pavimento del terzo ventricolo o per compressione da tumori cerebrali limitrofi.
 
METODI DI MISURAZIONE
 
Ma, dove e come deve essere misurata la febbre, per avere il dato più certo, cioè più vicino alla temperatura interna?
Sarebbe ideale la misurazione della temperatura a livello ipotalamico. Probabilmente la temperatura del sangue che irrora la regione preottica dell’ipotalamo dovrebbe essere considerata come la temperatura centrale effettiva.
Purtroppo l’ipotalamo non è facilmente accessibile per la misurazione della temperatura.
E’ stato dimostrato che le procedure invasive che rilevano la temperatura nell’esofago, in arteria polmonare, in vescica, o altre temperature “centrali”, sono indicatori affidabili della temperatura dell’ipotalamo o del tronco cerebrale, ma non sono agevoli o comunemente attuabili.
Le temperature: ascellare- orale- rettale, vengono comunemente utilizzate soltanto per la praticità, ma spesso non rispecchiano la temperatura centrale.
Il migliore indicatore della temperatura corporea centrale, che è anche la sede più accessibile con il minor numero di variabili che influenzano la lettura, è la temperatura auricolare.
Accuracy of Infrared ear thermometry and other temperature methods in adults: by Roberta Erickson and Linda T. Meyer, American Journal of Critical Care - Gennaio 1994 vol. 3 n°1.
 
BOCCA
 
E’ il sito più comune (spazio sublinguale). La temperatura nel
cavo orale è in media 0,5°C (0,8°F) più bassa di quella interna. Bisogna fare attenzione al posizionamento del termometro nel cavo orale, un errato posizionamento comporta un’errata lettura della temperatura.
Perché lo spazio sublinguale? Esso è considerato il posto più
preciso in considerazione della sua prossimità alle arterie linguali e alla carotide esterna.
Si possono verificare variazioni fino a 0,95°C (1,7°F) tra tasca posteriore sublinguale e zona al di sotto del frenulo, davanti alla superficie della lingua.
Anche il tempo è importante, specialmente usando termometri di vetro a mercurio, che richiedono un tempo di posa che varia dai 3 ai 5 minuti.
Severine e Mc Kenzie (1998) spiegano che le letture possono essere alterate se:
· il paziente ha mangiato, bevuto, masticato gomma, fumato entro 15 minuti dalla lettura;
· il paziente non mantiene il corretto posizionamento del termometro;
· il pz è un asmatico;
· il pz parla durante la rilevazione;
· il pz non riesce a mantenere la bocca chiusa.
Di Benedetto (1993) spiega che i cambiamenti nella temperatura orale riflettono i cambiamenti del flusso sanguigno, non necessariamente della temperatura interna.
Houdas e Ring (1982) affermano che a causa delle condizioni variabili, la temperatura orale non dovrebbe essere considerata equivalente alla temperatura interna, a meno che gli studi non siano svolti sotto stretti controlli.
 
RETTO
 
Il retto è sempre stato considerato il sito migliore, soprattutto nei bambini. La temperatura rettale risulta leggermente più alta di quella interna. Molti studi hanno dimostrato che la temperatura rettale non registra significativi cambiamenti rispetto alla temperatura del corpo perché il retto non ha un termorecettore. (Heidenreich e Giuffre, 1990, Howie 1991).
Infatti, a causa della risposta ritardata, la temperatura può cambiare in senso apposto e il tempo di ritardo può essere fino ad un’ora. Di Benedetto (1993) afferma che il calore passa dal retto al sangue e non viceversa. Anche qui fissare il tempo è significativo; il termometro di vetro a mercurio richiede dai 5 ai 7 minuti. La temperatura rettale è una buona approssimazione della temperatura interna solo se il paziente è in un buon equilibrio termico (Houdas e Ring1982).
 
ASCELLA e INGUINE
 
Questi siti sono usati quando il cavo orale o l’accesso rettale
sono inaccessibili. Per questi siti si possono usare termometri a
mercurio e chimici monouso, che però sono abbastanza imprecisi.
Perché questa lettura sia efficace è opportuno mantenere un contatto per almeno 11 minuti. La temperatura visualizzata tende ad essere 1-2°C più bassa di quella interna. Anche questo sito riflette le variazioni della temperatura; esso è influenzato enormemente dagli agenti esterni.
Sempre a livello ascellare è possibile usare la cosiddetta sonda ascellare, che rappresenta un accesso non invasivo; i valori registrati si discostano da quello centrale di 0,7°C. La sonda va tenuta in sito per 10 minuti.
 
 
ESOFAGO
 
E’ un sito invasivo usato in genere in pz anestetizzati. Attraverso uno stetoscopio esofageo, si inserisce una sonda con termistore. La temperatura verrà monitorata costantemente con buona garanzia di precisione.
 
ARTERIA POLMONARE
 
Si tratta del catetere di S.G. inserito in arteria polmonare. La temperatura rilevata è quella più vicina a quella interna. Anche questo sistema, sfruttabile solo in corso di studio emodinamico, presenta alcuni aspetti negativi quali:
· deposito di fibrina che può danneggiare il termistore, inoltre si può verificare una scalibrazione del sistema elettronico.
 
 
 
VESCICA
 
Un termistore compatibile con le apparecchiature in dotazione viene inserito in vescica attraverso un catetere Foley; la temperatura rilevata è molto vicino a quella centrale. Eventuali irrigazioni della vescica possono alterare i valori registrati.
 
ORECCHIO
 
Il timpano, essendo molto vicino all’ipotalamo, è un ottimo sito dove rilevare la temperatura interna del nostro organismo. La misurazione avviene con sonda monouso per evitare infezioni crociate; essa riveste la lente ad infrarossi che legge la temperatura presente nel timpano convertendo i raggi infrarossi emessi dal corpo in gradi C°.
 
Esaminiamo adesso uno studio americano pubblicato sempre sulla stessa rivista; esso effettua un esame comparativo dei dati provenienti da 50 pz critici di cui la totalità era dotata di catetere in arteria polmonare.
L’età media dei pz oggetti dello studio varia tra i 27 e gli 83 anni, ripartiti in 14D e 36U. Si è voluto paragonare la rilevazione timpanica con la rilevazione della temperatura in arteria polmonare. La temperatura timpanica ai 50 pz è stata rilevata con 4 differenti dispositivi tutti a raggi infrarossi.
Il dato ottenuto è stato rilevato più volte, sia tirando il lobo dell’orecchio per facilitare l’inserimento della sonda nel dotto timpanico, così come richiesto da alcuni termometri, sia non spostandolo affatto, come suggeriscono altri.
La lettura della temperatura ascellare, in arteria polmonare, in vescica ed ascellare sono state effettuate solo dopo rilevazione timpanica. La rilevazione orale è stata effettuata solo quando possibile, cioè quando sussistevano quei requisiti minimi che il pz doveva avere affinché il dato fosse attendibile (es. chiusura completa della bocca).
L’esame dei dati è durato per un periodo di 4 mesi (marzo-giugno 1992) in 4 aree critiche: coronarica, medica, chirurgica, cardiaca di un ospedale universitario.
Nel gruppo dei 50 pz erano considerati anche alcuni pz ipotermici e alcuni febbricitanti al fine di estendere la casistica e ampliare la probabilità dell’attendibilità dei dati. Le rilevazioni timpaniche sono effettuate tutte nello stesso orecchio.
Le conclusioni dello studio sono:
· è stata rilevata una buona correlazione tra temperatura timpanica e temperatura dell’arteria polmonare;
· la temperatura vescicale è risultata pressocchè identica a quella di riferimento;
· i valori orali e ascellari sono risultati molto bassi rispetto al dato di riferimento.
 
Esaminiamo, adesso l’articolo:
A Comparison of pulmonary artery, rectal and tympanic membrane temperature measurement in the ICU.
Esso mette in risalto che la temperatura timpanica è un valido sostituto della temperatura rilevata con sensore in arteria polmonare.
(Healt Lung 1993, 22 pag. 435)
In effetti si vuole comparare la precisione del dato timpanico con il dato rilevato in arteria polmonare e la temperatura rettale.
 
Procedura:
 
Circa 128 pazienti adulti ricoverati in ICU con età tra i 18 e 90 anni, 50 U e 78 D.
 
In 60 pazienti sono state effettuate rilevazioni timpaniche e rettali.
In 68 pazienti sono state effettuate rilevazioni in arteria polmonare e timpaniche.
 
Conclusioni:
 
temperatura rettale e timpanica sono moderatamente correlate. La rettale fornisce in genere valori più alti (0,19°C) rispetto a quella timpanica. La temperatura timpanica e quella in arteria polmonare sono ben correlate. In media la rilevazione timpanica fornisce valori più alti di circa 0,42°C rispetto a quella rilevata in arteria polmonare.
Da: Temperature measurement in acute care by Robert C-Knies JR, Rn, MSN, CE.
 
Analizziamo qualche strumento di rilevazione con le sue caratteristiche.
E’ opinione comune che il termometro a mercurio sia lo strumento per eccellenza data la sua facilità d’uso, la sua maneggevolezza, il suo costo e la sua disponibilità. Ci sono, però, risultati precisi correlati a questo mezzo ideale: il vetro è poroso e il mercurio può evaporare in 6 mesi, pena la validità del valore registrato. Inoltre questi strumenti hanno bisogno di essere agitati prima dell’uso, questo può comportare la rottura dello strumento con la relativa fuoriuscita del metallo.
 
 
ANALISI DEI COSTI
 
Questa analisi riflette l’attività di rilevazione della temperatura c/o il Centro di Rianimazione e Terapia Intensiva dell’A.O.R.N. “A.Cardarelli” di Napoli.
La rilevazione prende in esame un solo tipo di termometro: quello di vetro a mercurio. Il sito della rilevazione è il cavo ascellare, l’obiettivo è quello di valutare i possibili benefici, sia in termini operativi che economici, offerti dal termometro timpanico con sonda monouso, rispetto al tradizionale termometro a mercurio con rilevazione ascellare.
 
Comparazione Economica:
· N° medio di pz 18
· N° medio di rilevazioni giornaliere pro pz 4
· Totale rilevazioni 72
· Paga oraria infermiere L. 33.500
· Tempo di permanenza 5 minuti
· Termometro a mercurio: 5’ x 72 x 33.500/60 = L. 200.999
· Termometro timpanico: 1,5” x 72 x 33.500/60 = L. 1004,94
 
Costo del presidio:
dotazione settimanale di 5 termometri a settimana, quindi 20 al mese con spesa presumibile di
L. 2.000 cadauno = L. 40.000
 
Termometro timpanico L. 1.440.000
 
Costo annuale termometro a mercurio: L. 40.000 x 12 = L. 480.000
Tempo 200.999 x 365 = 73.364.635 + 480.000
Totale L. 73.844.635
 
Costo annuale termometro timpanico: L. 1.440.000
Tempo L. 366.800
Cappucci L. 112 cadauno = L. 735.840
Batterie L. 21.000
Totale L. 2.563.640
 
Risparmio: L. 73.844.635 – L. 2.563.640 = L. 71.270.995

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