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Intraossea in emergenza: valutazione del consenso da parte degli infermieri

 

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(Cumulative Index to Nursing and Allied Health Literature) in EBSCO HOST.

Un nuovo traguardo per la diffusione della cultura infermieristica.

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Congresso Nazionale Aniarti 2007

Per l'attivita' quotidiana, per l'assunzione di responsabilita', per l'etica della decisione.

Rimini (RN), 15 Novembre - November 2004 / 17 Novembre - November 2004

» Indice degli atti del programma

Sessioni Parallele: Sala B  

16 Novembre - November 2001: 14:45 / 17:15

UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE – ROMA
POLICLINICO UNIVERSITARIO “A. GEMELLI”
SEZIONE AUTONOMA DI TERAPIA INTENSIVA PEDIATRICA
LA GESTIONE DEL DOLORE NEL BAMBINO POLITRAUMATIZZATO
R. Megliorin**, A.Barletta*, D.Carlini°, L.Caddeu*, L.Muscheri*, N. Tofani*
“ Miei cari bambini: vedo la luce
Nei vostri occhi, l’energia nei vostri corpi
E la speranza nei vostri cuori.
So che sarete voi, non io, a rimediare
Ai nostri errori e a portare avanti
Ciò che è giusto nel mondo”
Nelson Mandela
INTRODUZIONE
Il ritardo nella ricerca scientifica, la parcellizzazione dei risultati e i pregiudizi hanno fatto sì che per molti anni la professione infermieristica non ha preso piena coscienza del problema dolore.La stessa scienza medica deve attendere la metà degli anni 80 per riscontrare un primo passo avanti verso l’analgesia pediatrica finchè finalmente, grazie anche all’intervento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, questo tema ha raggiunto l’attenzione necessaria per essere affrontato con serietà e senza pregiudizi alcuni. La relazione qui presentata vuole essere sopratutto uno spunto di riflessione e di dibattito per quanti operano in area critica pediatrica e che, come noi, sentono la necessità di garantire al bambino il ritorno al massimo delle sue potenzialità nel pieno rispetto di tutti i suoi diritti.
Il dolore: definizione e classificazione
Il termine “dolore” deriva dal latino dolo- re (m), da dolire “sentire dolore”,
Definizione: sostantivo maschile.
1. sensazione di sofferenza fisica: dolore lieve, forte, acuto, lancinante, atroce; dolore di testa….
2. sofferenza morale, spirituale; afflizione, pena: dolore straziante, inconsolabile, ……
3. cosa o persona che causa dolore: quel figlio è sempre stato il suo dolore.
(Da: ”Vocabolario Garzanti” anno 2000)
Se analizziamo la definizione data dal vocabolario vediamo come ancora oggi si tenda a suddividere la sofferenza fisica da quella morale e spirituale, come se ogni individuo riuscisse a scindere questo suo vissuto sempre in modo razionale e così ben definito.
In realtà Il dolore non è un sintomo ma un fenomeno multidimensionale, complesso, difficile da definire, il cui significato può essere ricondotto ad una risultante che comprende più aspetti: fisici, ambientali, psicologici, morali…
Da ciò se ne deduce che:
Il bambino politraumatizzato che ha dolore, vive “ l’esperienza dolore”
L’Associazione Internazionale per lo Studio del Dolore (IASP) ha dato questa definizione :
Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole, associata ad un danno tissutale reale o potenziale, o descritta nei termini di tale danno.
Il dolore è sempre soggettivo; ogni individuo impara l’applicazione della parola dolore per il tramite delle esperienze correlate ai traumatismi della prima infanzia.
LE RISPOSTE AL DOLORE
La trasmissione dello stimolo algogeno è il risultato di un processo di neuromodulazione, mediato dall’azione di molecole chimiche quali la sostanza P, la serotonina, l’istamina, la bradichinina, le prostglandine e gli ioni k+.
Alcune di queste sostanze chimiche sono rilasciate in misura diversa secondo l’entità del trauma al momento dell’insulto tissutale, mentre altre di queste sono rilasciate in un secondo momento.
Una volta che il messaggio algogeno è stato modulato a livello del midollo spinale, è trasmesso al cervello mediante una serie di fibre.
I meccanismi di percezione del dolore sono presenti fin dall’inizio della gestazione. All’epoca della 6° settimana di gestazione, le cellule delle corna posteriori del midollo spinale hanno formato sinapsi con i neuroni sensitivi in via di sviluppo.
A mano a mano che il bambino si sviluppa riscontriamo un cambiamento delle risposte comportamentali agli stimoli dolorosi che dipendono alla maturazione delle vie nocicettive e all’integrazione con i centri superiori e, in parte, allo sviluppo delle capacità cognitive ed emotive che il bambino sta sperimentando.
Le soglie del dolore sembrano innalzarsi con l’età anche se non è ancora chiaro se questa modifica sia legata alla percezione del dolore in sé o a una maggiore capacità di autocontrollo, certo è che differenti personalità e differenti culture portano il bambino a reagire in modi comportamentali diversi.
Le reazioni all’insulto algogeno possono essere di tipo:
Ø fisiologico,
Ø comportamentale,
Ø legate allo stress.
Risposte fisiologiche
I primi segnali di risposta allo stimolo algogeno sono rilevati mediante le variazioni dei parametri emodinamici e in particolare della frequenza cardiaca (FC), frequenza respiratoria (FR), della pressione arteriosa (PA), della saturazione d’ossigeno (SaO2) e della Pressione intracranica (PIC).
In particolare è importante ricordare che la PA e la PIC sono i migliori indici di controllo sull’aumento del dolore; un aumento della PA comporta sempre un aumento della PIC in misura proporzionale, con conseguente riduzione della perfusione cerebrale.
Altra risposta facilmente rilevabile è la SaO2 che in caso di dolore mal controllato e soprattutto nei bambini più piccoli, può subire decrementi fino a 50mmHG. E' importante aggiungere che nel bambino ventilato la presenza del dolore può provocare una ridotta compliance al sistema di ventilazione con conseguente aumento delle pressioni intratoraciche, della PIC, oltre che a desaturazioni anche gravi.
Risposte comportamentali/cognitive.
Le risposte comportamentali sono rilevabili tramite:
è la mimica del volto:
è caratterizzata da espressioni specifiche quali: la tensione dei muscoli facciali, strizzare gli occhi, aggrottare le sopracciglia, sguardo spaventato;
è la postura:
il bambino che ha dolore cerca di toccare la zona dolorante, assume una postura antalgica, mostra rigidità nei movimenti, tensione muscolare.
è il pianto:
il pianto è il primo segnale di disagio nel bambino che ha dolore e che ha paura. Se il dolore è tollerabile e lo stato di ansia ridotto il pianto si presenta flebile e può essere consolato. Se il dolore è troppo forte e il bambino non si sente sicuro il pianto diventa inconsolabile ed è di alto grado.
è l’inappetenza o l’anoressia:
sono sintomi frequenti nel bambino che ha dolore. Ci può essere un rifiuto della tettarella o movimenti di tipo masticatori della stessa senza però assunzione di latte. Spesso è presente il vomito o la nausea che può essere accentuata dalla presenza di genitori che si dimostrano impauriti o in collera.
L’inappetenza e il vomito sono anche sintomo di ipertensione cerebrale.
è l’alterazione del ritmo sonno-veglia:
soprattutto per la perdita selettiva del sonno REM che può protrarsi anche per lunghi periodi. Tale alterazione si ripercuote poi sulla risposta allo stress e sulla risposta al dolore stesso che è accentuata.
è Legate allo stress dato dal trauma fisico:
inducono cambiamenti sistemici ormonali e metabolici che possono provocare gravi danni allo sviluppo, e della risposta neuro-umorale del bambino. In particolare si segnala un rilascio di catecolamine, cortisolo, aldosterone e altri corticosteroidi. Oltre a ciò la secrezione di insulina è soppressa o fortemente ridotta con conseguente grave e prolungato aumento della glicemia, dei lattati, dei chetoni e dei piruvati.
LA CLASSIFICAZIONE DEL DOLORE
Il dolore può essere così classificato:
- Nocicettivo
- Viscerale
- neurogeno
Il primo è generalmente ben localizzato, acuto e risponde bene all’utilizzo dei farmaci oppioidi.
Il dolore viscerale è meno localizzato, può essere acuto, profondo o intermittente. Il bambino ha una sensazione continua di malessere e non sa identificare bene la sede.
Questo tipo di dolore risponde alla somministrazione di oppioidi specie con attività kappa e delta.
Il dolore neurogeno ha una natura molto varia che va dalla sensazione della scossa elettrica a sintomatologie complesse legate all’alterazione percettiva.
E’ il dolore tipico del bambino cui è stato amputato un arto o del bambino oncologico.
Vi è poi il tipo di dolore più frequente in Terapia Intensiva e cioè quello legato a procedure invasive.
Un' ulteriore classificazione suddivide il dolore in:
Ø acuto (è il dolore postoperatorio, da frattura, da trauma, da ustione);
Ø cronico (oncologico ed emopatico, artritico, da cefalea, neuropatico);
Ø organico/funzionale (dato da stress emotivi).
L’ASSISTENZA AL BAMBINO POLITRAUMATIZZATO
Le specificità della struttura corporea dal punto di vista anatomico (peso, altezza, maturità ossea) e funzionale dell’età pediatrica determinano un’assistenza specifica e diversa da quella dell’adulto.
Accanto a ciò si devono ricordare le differenti sedi d’impatto dell’evento traumatico, oltre all’aumento della forza di collisione tipica dei corpi più piccoli (< massa corporea x energia /unità di area = energia d’impatto > dell’adulto).
Tipico dell’età infantile è ad esempio il trauma caratterizzato dalla triade di Waddell:
Ø trauma toracico o addominale,
Ø trauma degli arti inferiori,
Ø trauma cranico.
La stabilizzazione iniziale del bambino politraumatizzato prevede:
AÞ Airway con stabilizzazione della colonna cervicale (anche se nel bambino il trauma della colonna avviene approssimativamente con una percentuale pari a circa il 5% rispetto a tutti i casi di trauma);
Posizionamento del paziente
Aspirazione delle vie aeree
BÞ Breathing / stabilizzazione respiratoria
Ventilazione in maschera;
Intubazione orotracheale;
Iperventilazione se si suppone un trauma cranico
CÞ Circulation /controllo dei parametri vitali, delle perdite emorragiche esterne e dello shock;
Presidi antischock
Accesso venoso centrale;
Accesso venoso periferico;
Accesso intraosseo;
Utile prelievo per gruppo e interreazione;
Somministrare sangue o Sol.RL 20ml/Kg
Controllo ipotermia
DÞ Disability/ compromissione neurologica
Controllo: Stato mentale con GCS modificata,
Tono muscolare,
Pupille
Fontanelle (fino ai due anni),
Postura.
Se esistono segni di aumento della PIC:
Ridurre velocità d’infusione di liquidi (se non segni di shock),
Alzare di 20° la posizione della testa (se non c’è trauma vertebrale)
Iperventilare.
EÞ Exposure / Verificare le ferite
Fratture
Lacerazioni
Contusioni
Valutare il polmone e il cuore, preparare per una toracentesi se PNX;
Valutare l’addome:
· inserire SNG per distensione addominale (se vi sono segni di Trauma Cranico posizionare SOG)
· ipotizzare trauma epatico e/o della milza, .
Valutare genitali e pelvi.
· se ci sono segni di trauma come sangue dal meato uretrale, ematoma scrotale,
· non posizionare mai il catetere ma chiamare l’urologo
· se si presenta dolore alla palpazione o ematomi o deformità si deve programmare un’indagine radiografica o ecografia;
Valutare eventuali deficit di perfusione degli arti (crush sindrome)
Durante la prima osservazione il bambino può essere agitato e impaurito, è da evitare una sedazione fino a completo controllo neurologico del paziente. In questo caso la calma dimostrata dal team, l’uso di un tono di voce tranquillo e di gesti rapidi ma non costrittivi o bruschi può evitare ulteriori crisi di panico per il piccolo paziente.
Il sistema di valutazione della gravità del bambino politraumatizzato si avvale dell’uso di due scale:
IL PEDIATRIC TRAUMA SCORE
Presentazione del paziente
+2
+1
-1
Peso in Kg.
>20
Da 10 a 20
<10
Vie aeree
Normali
Conservate
Non conservate
Pressione sistolica
>90 mmHg
Da 50 a 90 mmHg
< 50 mmHg
Stato di coscienza
Sveglio
Obnubilato
Coma/decerebrato
Ferite aperte
Nessuna
Minima
Grande/penetrante
Trauma scheletrico
Nessuno
Fratture chiuse
Fratture aperte/ multiple
IL GLASCOW COMA SCORE MODIFICATO
Parametri
Bambini
Neonati
Punteggio
Apertura degli occhi
Spontanea
Agli stimoli verbali
Al dolore
Non risponde
Spontanea
Agli stimoli verbali
Al dolore
Non risponde
4
3
2
1
Risposta motoria
Obbedisce al comando
Localizza il dolore
Si ritrae al dolore
Flette al dolore
Estende al dolore
Non risponde
Movimenti spontanei
Si ritrae al tatto
Si ritrae al dolore
Decortica al dolore
Decerebra al dolore
Non risponde
6
5
4
3
2
1
Risposta verbale
Orientata, appropriata
Confusa
Parole inappropriate
Parole incomprensibili
Non risponde
Balbetta
Pianto irritabile
Piange al dolore
Geme al dolore
Non risponde
5
4
3
2
1
E’ importante che il GCS venga valutato all’arrivo del bambino e monitorizzato nel tempo. Fattori quali l’ipotermia possono incidere in una prima valutazione, mentre la paura del bambino può modificare alcuni parametri: la risposta verbale può manifestarsi confusa oppure non presentarsi (specie se rilevata da personale non esperto), il dolore a volte non permette di rispondere in modo verbale.
La valutazione del dolore nei bambini politraumatizzati sotto I due aNNI di età
Molta della sintomatologia dipende dall’età del bambino ma, molto di più, dal grado di maturità e di sviluppo; in parte è legata alle esperienze precedenti che hanno tracciato un sentiero difficile da modificare, soprattutto se negativo.
Alcune delle risposte al dolore sono di tipo fisiologico si caratterizzano con modifiche della frequenza cardiaca, della pressione arteriosa, della saturazione di ossigeno nel sangue arterioso, della sudorazione. A queste però si uniscono risposte di tipo comportamentale, che quindi, più di altre, possono essere soggette alla libera interpretazione di personale a volte inesperto, psicologicamente provato, troppo o troppo poco partecipe all’evento.
Alcuni autori, per la maggior parte di cultura anglosassone, hanno creato delle scale di valutazione che permettono a tutti gli operatori di leggere oggettivamente, la reale situazione dolorosa del piccolo paziente e di poterla registrare come un normale parametro vitale sulla scheda infermieristica e/o cartella clinica. Se è vero infatti che le variabili del dolore come intensità, frequenza e qualità sono meglio valutabili se descritte dal soggetto che vive il dolore, è pur vero che gli effetti della terapia antalgica o di altri tipi di interventi possono essere letti e valutati in chiave critica dall’infermiere.
I sistemi di valutazione comprendono alcune scale tra le quali ricordiamo:
la scala delle risposte comportamentali
la scala analogico-visive.
La nostra realtà operativa si avvale della CRIES (Crying Requires O2 Increased vital signs Expression Sleepless). Il nome è una sigla formata da 5 variabili psicologiche e comportamentali che, come abbiamo visto precedentemente, sono associate al dolore.
SCALA CRIES
0
1
2
Pianto
No
Acuto
Inconsolabile
Necessità di ossigeno per SpO2 >95%
No
<30%
>30%
Indici vitali aumentati
FR e PA = al periodo precedente
FR e PA <20%
FR e PA >20%
Espressione
Nessuno
Smorfie
Smorfie/grugniti
Insonnia
No
Frequenti risvegli
Sveglio
La valutazione del dolore nei bambini più grandi
Con l’aumentare dell’età si modifica l’atteggiamento del bambino nei confronti del dolore, della paura per l’evento accadutogli, per la paura dell’ambiente a lui completamente estraneo, e spesso, non rispondente ai suoi bisogni (ricovero nelle rianimazioni per adulti) e del distacco dai propri genitori.
In questo caso per l’infermiere è ancora più difficile scindere tutte le variabili per definire la reale intensità e durata del dolore provato dal piccolo paziente.
L’organizzazione del lavoro gioca in questo caso un ruolo decisivo soprattutto con bambini che all’ingresso hanno un livello di coscienza buono.
La voce deve essere calmo e pacato, le frasi, dette tra gli operatori, poche e a bassa voce. Tutto deve far ritenere al bambino che non c’è nulla da temere e che quella situazione è sovrapponibile a quella di altri bambini.
I gesti con cui si svolgono le prestazioni devono essere tranquilli anche in emergenza.
Rassicurare il bambino serve a ridurre lo stato d’ansia che incide anche sul dolore.
La scala che utilizziamo è la scala di CHEOPS
SCALA CHEOPS
Pianto
Non piange
1
Geme
2
Piange
2
Urla
3
Espressione
Sorride
0
Composto
1
Smorfie
2
Verbale
Positiva
0
Nessuna
1
Si lamenta di altro
1
Si lamenta di dolore
2
Entrambi
2
Torso
Neutro
1
Cambia posizione
2
Teso
2
Tremante
2
Eretto
2
Controllato
2
Tatto
Non tocca
1
Cerca
2
Tocca
2
Afferra
2
Bloccato
2
Gambe
Neutro
1
Si agita/scalcia
2
Piegate/tese
2
In piedi
2
Bloccato
2
La valutazione del dolore dovrà essere ripetuta nel tempo soprattutto nella prima giornata di ricovero, quando ancora la conoscenza della situazione del bambino è incompleta. Durante le procedure invasive o diagnostiche alle quali il piccolo paziente viene sottoposto è necessario che la rilevazione del dolore venga effettuata in modo standardizzato ogni 3-5 minuti.
Una volta che la terapia antalgica è stata iniziata e che il farmaco ha raggiunto un range ottimale di effetto, il controllo può essere effettuato solamente in concomitanza con alcune procedure particolarmente dolorose quali cambiamenti di postura, medicazioni di ferite, cure igieniche…
Il trattamento farmacologico
Il modo migliore per trattare il dolore è rimuoverne le cause. Non sempre però questo è possibile, così è necessario intervenire con una terapia adatta a ridurre la sintomatologia.
Prima però di arrivare alla descrizione particolareggiata della terapia farmacologia da utilizzare, è importante premettere che, ogniqualvolta trattiamo il dolore, dobbiamo focalizzare la nostra attenzione sul bambino e non soltanto sulla sua patologia o sulla procedura che ci accingiamo a svolgere.
Dobbiamo anche ricordare che alcuni preconcetti quali: è imprudente somministrare analgesici narcotici perché inducono alla dipendenza, i narcotici deprimono sempre la funzione respiratoria dei bambini,…, non hanno più ragione di esistere
A confronto invece è importante sottolineare quanto i farmaci consentano di ridurre la risposta allo stress, con conseguente riduzione dei fenomeni catabolici e della iperglicemia già ricordati precedentemente; che la terapia antalgica permette al bambino di mantenere o riprendere i ritmi circadiani altrimenti compromessi; che la terapia del dolore aiuta il bambino sottoposto a ventilazione meccanica a meglio tollerarla e a non contrapporsi alle eventuali pressioni necessarie come nel caso della Sindrome da distress respiratorio.
L’OMS ha definito le linee guida per la terapia del dolore che possono essere così sintetizzate:
SCALA DI GRAVITA’ DELL’OMS
A
S
OPPIOIDI DEBOLI OPPIOIDI FORTI S E
N
ANALGESICI PERIFERICI FARMACI ADIUVANTI FARMACI ADIUVANTI Z A
FARMACI ADIUVANTI ANALGESICI ANALGESICI D PERIFERICI PERIFERICI O L O R PERSISTENZA O AUMENTO DEL DOLORE E
®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®®
I farmaci analgesici si dividono in:
Ø Analgesici periferici,che riducono l’azione dei recettori periferici del dolore;
Ø Analgesici oppioidi, riducono l’attività dei recettori del SNC;
Ø Analgesici locali, rallentano la trasmissione dell’impulso nervoso dalla periferia ai centri di integrazione spinale;
Ø Farmaci adiuvanti, non sono farmaci analgesici in senso stretto, ma possono modularne l’effetto e/o controllarne gli effetti collaterali.
Gli analgesici periferici (A.P.)
Gli A.P. costituiscono il primo passo verso la terapia del dolore medio-lieve che si può riscontrare in un bambino solamente contuso, con un processo flogistico, nel politrauma possono essere di supporto alla terapia oppioide, ma usati da soli non devono essere considerati come una terapia idonea.
Il meccanismo d’azione degli analgesici periferici è basato sull’inibizione a livello periferico della liberazione delle sostanze algogene; interferiscono sul metabolismo dell’acido arachidonico, bloccando la sintesi delle prostglandine; svolgono azione antiflogistica ed antipiretica.
Gli A.P. non danno mai depressione respiratoria ma alcuni si presentano soltanto sotto forma di farmaci con somministrazione per via orale perciò possono risultare maltollerati in caso di riduzione della peristalsi o vomito.
Gli effetti collaterali possono ridurne la possibilità di somministrazione, poiché a dosaggi prolungati, possono aumentare il tempo di sanguinamento e ridurre la filtrazione glomerulare. Sono inoltre descritti casi di piastrinopenia, broncospasmo, asma, gastrite e allergie.
Gli AP sono quindi da usare con cautela nei bambini con storie d’allergie, con patologie dell’emostasi, asma ed insufficienza renale.
La somministrazione deve essere effettuata secondo uno schema ad orari fissi e secondo il peso del bambino, deve tener presente il CEILING EFFECT, aumentando la dose non migliora l’effetto analgesico, e che l’uso di questi farmaci può mascherare una risposta febbrile.
Gli analgesici oppioidi (AO)
Gli analgesici oppioidi si suddividono in deboli e forti. Sono indicati nel dolore medio –grave come nel caso del dolore post traumatico, postoperatorio e di tipo oncologico.
Il loro meccanismo d’azione è basato essenzialmente con il legame con i recettori specifici del SNC che modulano la trasmissione dell’impulso doloroso, e sull’interferimento con il rilascio dei neurotrasmettitori mimando l’azione dei peptici endogeni (endorfine ed encefalite) che si legano a tali recettori.
I vantaggi nell’uso degli AO sono quelli terapeuticamente utili: euforia, diminuzione dello stato d’ansia, analgesia; gli effetti secondari indesiderati sono invece legati alla tolleranza, alla dipendenza fisica, nausea e vomito, bradicardia, costipazione, spasmi biliari, arrossamenti, sudorazione….
La depressione respiratoria, effetto collaterale molto temuto, è in realtà dose-correlata e deriva da una diminuita risposta della CO2 da parte dei centri del respiro. Provoca diminuzione della frequenza respiratoria e come detto, diminuzione della risposta all’ipercapnia, ma non all’ipossia perciò è necessaria cautela nella somministrazione di ossigeno.
In realtà quando l’oppioide è adattato al bambino, non si verifica quasi mai un’importante depressione respiratoria, in quanto il dolore agisce come antagonista fisiologico nei confronti dei centri del respiro, il rischio massimo deriva invece nell’eventuale aggiunta di un farmaco sedativo, a volte necessario nei casi di gravi politraumi, con fratture esposte e con problemi di per fusione degli arti o nei gravi traumi cranici.
La depressione respiratoria è comunque reversibile con l’utilizzo del Naloxone alla dose di: 0.01 – 0.1 mg/Kg ev o im.
Nel bambino politraumatizzato o nel trauma cranico spesso è richiesto l’uso degli oppioidi forti che devono essere somministrati tenendo in considerazione l’età, il peso e le condizioni del bambino.
In questo caso il farmaco deve essere somministrato in via ev , in infusione continua in pompa siringa, associato ad un sedativo per bloccare la componente psicologica del dolore. Se inizialmente si ha uno scarso controllo e il bambino è ancora in dolore si possono effettuare delle somministrazioni in push di farmaco. In ogni caso il farmaco deve essere somministrato in una via endovenosa a parte, senza altre infusioni e senza che questa venga utilizzata per altre terapie, sia per evitare che il farmaco precipiti o riduca l’effetto per eventuali interazioni con altre sostanze, sia sia vengano effettuati dei boli di sedativo che potrebbero causare poi l’effetto secondario indesiderato.
Dosaggio Fentanyl: 0.5 – 1 gamma/Kg/h
Dosaggio Remifentanil: 0.1gamma /Kg/m’
Se dopo 24 ore il controllo del dolore non è completamente assente, si può aumentare la dose fino al 30%
I farmaci adiuvanti (FA)
I farmaci adiuvanti possono esserci utili nel bambino traumatizzato laddove ci sia la necessità di modulare l’effetto dei farmaci analgesici e controllare gli effetti collaterali di tali farmaci.
Pediatric Controll Analgesia (PCA) e Nursing Controll Analgesia (NCA) in terapia intensiva pediatrica:criteri e tecniche
La PCA è un sistema alternativo di analgesia che dà la possibilità al malato di valutare il proprio grado di dolore e di agire con i farmaci per ridurre l’intensità dello stesso.
Nel 1968, per la prima volta, Philip Sechzer descriveva l’utilizzo della Patient Control Analgesia (PCA) quale metodica per il controllo del dolore comandata dal paziente.
In particolare la PCA consente il mantenimento costante dei livelli ematici del farmaco permettendo al paziente di rimanere entro il range di concentrazione analgesica.
Ormai da alcuni anni tale metodica è consuetudine nel mondo degli adulti, un po’ meno lo è per la realtà pediatrica, anche se i paesi anglosassoni, in cui la tecnica è utilizzata da oltre 10 anni, hanno dimostrato che anche con i bambini si ottengono risultati di buona efficacia, buona sicurezza e ottima compliance.
Le vie di somministrazione della PCA sono: la via endovenosa, la via sottocutanea, la via epidurale, la via intranasale e la via orale.
La realtà del nostro centro ha un’esperienza relativa alla PCA per via endovenosa
Alla domanda qual è l’età del bambino più adatta per iniziare l’utilizzo della PCA alcuni autori anglosassoni rispondono che “… quando un bambino è in grado di utilizzare i videogames è in grado anche di autosomministrarsi un farmaco con la PCA”.
Nella nostra terapia intensiva abbiamo un’esperienza di circa due anni relativa a questa metodica che approntiamo in base ad alcuni criteri che prendono in considerazione sia il malato che il farmaco.
CRITERI RELATIVI AL MALATO
Età: Abbiamo preso in considerazione non tanto le esperienze degli altri paesi ( le culture diverse possono influire) quanto dagli studi di J Piaget che ha definito i 7 – 8 anni l’età della comprensione del concetto causa – effetto.
Nei due anni di utilizzo presso la TIP abbiamo scelto per la tecnica di PCA soprattutto bambini con un’età maggiore o uguale ai 10 anni.
Comprensione del linguaggio: Ci siamo trovati davanti ad alcuni casi in cui l’incapacità di comprensione della lingua ha creato un vero e proprio ostacolo all’applicazione della metodica. Il bimbo deve capire bene la tecnica, facendogliela provare e maneggiare prima ancora di essere innestata, e soprattutto lo scopo della PCA
E’ importante che bambino venga assistito in modo partecipe nei primi tentativi di utilizzo, così da non sentirsi trascurato. In questo caso la comunicazione verbale deve essere seguita da una comunicazione gestuale e del corpo: l’infermiere deve essere vicino al bambino, dalla parte in cui è adagiato il sistema di PCA, deve guidare la mano del piccolo paziente e rassicurarlo. Ben presto il bambino comunicherà, in modo esplicito, che non c’è più bisogno di seguirlo nella tecnica, anzi dimostrerà la capacità di utilizzarla nel modo più congruo.
Consenso Informato: Come già detto, della metodica devono essere messi a conoscenza i genitori che, prendendone atto, decidono se far applicare la PCA o utilizzare le normali tecniche di terapia analgesica.
Stato di coscienza: il livello di coscienza è forse il criterio principale che può, di per sé escludere o no, l’utilizzo di questa metodica.
Nella nostra realtà quindi abbiamo escluso i bambini con problemi neurologici o neurochirurgici, per l’impiego della PCA, che invece è stato utilizzato prioritariamente nei bambini con problemi traumatici relativi all’apparato osteoarticolare sottoposti ad interventi alla colonna vertebrale o agli arti.
Patologie preesistenti: la presenza d’altre patologie non esclude l’utilizzo della PCA, fatte salve quelle a carico del SNC o che alterano la motilità delle mani (artrite reumatoide, fratture)
criteri per la scelta e l’utilizzo del farmaco
Dose personalizzata: la dose del farmaco, sia esso un FANS o un oppiaceo deve essere misurata e studiata per il singolo bambino: dose/Kg.
Facile maneggiabilità: il farmaco deve essere stabile, anche dopo diluito, per almeno 12/24 ore, così da garantire al paziente la giusta efficacia.
Via di somministrazione: è necessaria una via d’infusione da utilizzare singolarmente per la PCA mantenuta da Sol.Fisiologica a non più di 5 ml/h. Sono da evitare prolunghe di raccordo maggiori a 10 cm per l’infusione dei piccoli boli, così da evitare il ritardo nell’infusione rispetto al momento dell’invio dell’impulso da parte del utente.Meglio è se il dispositivo per la PCA è innestato subito dopo il catetere venoso.
la tecnica prevede solo l’utilizzo della PCA o della PCA unita ad un’infusione continua dello stesso farmaco; nel traumatizzato il protocollo utilizzato prevede la seconda opzione (un’infusione di base con il supplemento della PCA) con dosaggi corrispondenti al seguente schema:
Morfina Fentanyl
Bolo: 20 μg/Kg. Bolo: 0,5 -1 μg/Kg.
Intervallo minimo: 5 minuti Intervallo minimo: 6 – 10 minuti
Infusione basale: 4 μg/Kg./h Infusione basale: 0.5 - 1 μg/Kg./h
Accanto alla tecnica della PCA c’è la Nursing Control Analgesia .
Questa metodica rappresenta un po’ la sommatoria di quanto è stato detto fino ad ora: controllo del dolore, valutazione secondo una scala appropriata, somministrazione di una terapia farmacologia idonea, oppure utilizzo di tecniche psicologiche o di terapie fisiche secondo protocollo.
La NCA si rende necessaria ogni qualvolta il bambino politraumatizzato non può gestire da solo il proprio dolore, a causa di:
età,
problemi neurologici,
problemi fisici,
non disponibilità da parte dei genitori ad acconsentire alla PCA,
paura del bambino,
non comprensione del linguaggio.
Spesso la NCA si utilizza nella fase di svezzamento dalla terapia analgesica in infusione continua, quando il farmaco è scalato e una tantum si rende necessario un supplemento.
Anche in questo caso si tratta della somministrazione di piccoli boli d’oppioidi secondo i protocolli precedentemente descritti, ma in alcuni casi possono essere utilizzati anche analgesici periferici (seguire le linee guida dell’OMS).
Gli algoritmi di riferimento rappresentano per l’infermiere validi strumenti operativi, riconosciuti dal team assistenziale, atti a favorire una risposta pronta ed efficace alla richiesta del bambino.
Il protocollo della NCA deve prendere in considerazione:
- pain score da rilevare almeno ogni ora
- tipo di farmaco
- dose del farmaco /Kg
- via di somministrazione
- n° di dosi/die
- corrispondenza tra patologia e farmaco.
Non possiamo terminare questa relazione senza suggerire un’altra esperienza speciale: Le tecniche psicologiche sul controllo del dolore.
Queste tecniche hanno come riferimento scientifico la modulazione del segnale del dolore a livello del corno posteriore del midollo, che, a sua volta, può essere attenuato o amplificato a seguito di altri stimoli (tattili, immaginativi,…) che arrivano da altre fibre afferenti o dal cervello e sono di semplice comprensione per i bambini oltre che facili da applicare.
I bambini infatti, a differenza degli adulti hanno una grande capacità di apprendimento e si aspettano di riuscire a fare ciò che apprendono; a differenza dell’adulto sono capaci di far fronte con naturalezza a problemi che sgomenterebbero l’adulto e hanno una capacità d’immaginazione che li aiuta a distrarsi dal problema dolore.
Le tecniche psicologiche si suddividono in:
terapie cognitive
terapie comportamentali
Le prime hanno lo scopo di influenzare l’immaginazione ed i pensieri del bambino.
Per favorire questo processo nei bambini in età prescolare possono essere utilizzati oggetti (gioco preferito, libri colorati) o eventi concreti (animazioni, video, musica, oggetti transazionali). Per i bambini più grandi sono utili invece: conversazioni, storie magiche, speciali, la musica, la distrazione, l’ipnosi.
Tra le tecniche di distrazione ricordiamo le bolle di sapone che si fonda sul distrarre e sul “soffiare via” tutte le paure. Altra tecnica è quella del guanto magico. Qui l’operatore o il genitore seduto davanti al bambino è coinvolto nel posizionamento di un guanto magico che “isolerà” la mano da ogni possibile sensazione spiacevole che può aversi durante un prelievo o l’incannulamento di una vena.
Le tecniche biocomportamentali, mobilitano le risorse adattative e di recupero del bambino, favorendone la partecipazione al trattamento cercando di modificare il comportamento generalmente utilizzato (rilassamento progressivo, tecnica del respiro,..)
Quindi,in base all'età del piccolo, potremo utilizzare:
Primo anno:
succhiotto, musica, filastrocche, bolle di sapone
Secondo anno:
Bolle di sapone, filastrocche animate, libri tridimensionali, pupazzi
Tre - cinque anni:
Bolle di sapone, libri tridimensionali, giochi con animali, musica, canzoncine, pupazzi, giochi di fantasia, guanto magico, interruttore del dolore, storie
Età scolare:
Pupazzi, libri tridimensionali, interruttore del dolore, respirazione profonda, guanto magico, rilassamento progressivo.
CONCLUSIONI
L’utilizzo della PCA, della NCA e delle tecniche psicologiche ben rispondono alla domanda assistenziale del bambino poiché ci permettono di concentrare la nostra attenzione su di lui, nella sua totalità, e non soltanto sulla patologia che presenta.
Nella nostra esperienza, questa diversità di approccio ha permesso al gruppo di ritrovare lo specifico professionale, modificando così un atteggiamento portato a non riconoscere pienamente le potenzialità di ogni piccolo paziente.
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