banner di sinistra banner di sinistra
Login
Ricerca
...oppure prova
la ricerca avanzata
Scenario
Organo ufficiale aniarti

Motore di ricerca

Aniarti Survey

Nuova survey su

Intraossea in emergenza: valutazione del consenso da parte degli infermieri

 

Indicizzati

Scenario e' indicizzato su CINAHL

(Cumulative Index to Nursing and Allied Health Literature) in EBSCO HOST.

Un nuovo traguardo per la diffusione della cultura infermieristica.

EfCCNa
Eurpean Federation of Critical Care Nursing Association

www.efccna.org

Connect
Journal of wfccna

Connect

IPASVI
Fed. Naz.Collegi IPASVI

www.ipasvi.it

HON
Health on the Net


Noi aderiamo ai principi HONcode.
verify here.

Congresso Nazionale Aniarti 2002

Emergenza, cure intensive e Livelli Minimi di Assitenza

Sorrento (NA), 07 Novembre - November 2002 / 09 Novembre - November 2002

» Indice degli atti del programma

3° Intervento Marinella D’Innocenzo

07 Novembre - November 2002: 10:30 / 11:00

Audio

Foto

“Significato e cogenza dei LEA nella definizione dell’offerta regionale…”
M. D’Innocenzo
Direttore Dipartimento Assistenza Infermieristica, Azienda USL Roma B,
membro del Comitato Centrale della Federazione Nazionale Collegi  IPASVI – Roma.
 
L’analisi sul significato e la cogenza dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), deve partire necessariamente da due  premesse fondamentali:
a) dal richiamo ai principi etico-politici sanciti dalla Costituzione negli articoli 2 e 3:
·  l’art.2  individua lo Stato quale garante dei diritti inviolabili dell’individuo e quindi sancisce la parità dei diritti dei cittadini indipendentemente dal livello socio-economico raggiunto;
· l’art. 3 stabilisce la pari dignità di tutti i cittadini e conferisce allo Stato:
§ il compito di rimuovere  gli ostacoli che ne possano limitare la libertà e l’uguaglianza
§ il compito di garantire lo sviluppo della persona umana attraverso il principio solidarietà nella contribuzione e fruibilità dei servizi sanitari;
b) dal richiamo all’art.32 della Costituzione, all’art.1 della L.833/78 e dall’art.1 del Dlgs 229/99, nei quali si attribuisce alle Istituzioni il compito di verificare che la legislazione italiana in materia di servizi sociali e sanitari (sistema di welfare) sia attuata attraverso criteri di uguaglianza e modalità organizzative e gestionali in grado di garantire equità ed efficacia  negli esiti e nell'accesso.
 
Bisogna partire dal fatto che questo Paese ha scelto attraverso alcune leggi significative di offrire a tutti i cittadini la possibilità di essere curati, di essere presi in carico dallo Stato in un momento di particolare necessità, quale quello del bisogno di salute.
Tutto questo però nel corso degli anni ha significato un cambiamento profondo rispetto alle garanzie che lo Stato ha offerto ai cittadini.
Negli ultimi anni si sono modificati gli stili di vita, la tipologia di patologie, la quantità e la qualità della domanda sanitarie, le tecnologie, le strumentazioni diagnostico-terapeutiche e contestualmente si è verificato:
- un aumento dei bisogni percepiti, cioè una maggiore consapevolezza da parte del cittadino rispetto ai diritti di fruibilità dei servizi;
- un aumento quindi della domanda dei servizi sanitari,
- una capillarizzazione e diversificazione dell’offerta dei servizi stessi su tutto il territorio nazionale allo scopo di renderli il più vicino possibile ai cittadini.
 
A fronte di questo enorme sviluppo di tutto il sistema, si è avuta una richiesta di risposte assistenziali sempre più complesse e sofisticate che si è tradotta in un aumento consistente delle risorse destinate al finanziamento della sanità pubblica. 
All’inizio degli anni ’90, si è verificato un primo momento di crisi in cui il finanziamento del Servizio Sanitario ha subito un rallentamento. I livelli di spesa sanitaria pubblica, malgrado i tentativi per arginare il notevole disavanzo, hanno richiesto l’adozione di strumenti di programmazione e pianificazione (Piani Sanitari Nazionale e Regionale) in grado di assicurare l’assistenza sanitaria nel rispetto dei principi dell’economicità assicurando contestualmente l’equità di accesso all’assistenza, la qualità delle cure e la loro appropriatezza.
Alla fine degli anni ’90, dopo una serie di misure tese ad un risanamento più complessivo dell’economia, vi è stato un attestamento su livelli di finanziamento per il SSN progressivamente maggiori fino ad arrivare fino a 138.000 Miliardi per il 2001.
 
Il Rapporto tra il finanziamento del SSN (pari a 5,9%) e il Pil (Prodotto Interno Lordo) ha fatto però i conti con un progressivo scarto, a forma di “forbice”, derivante dal rapporto tra Spesa Sanitaria e Pil  (8,1%), con una Spesa Sanitaria Privata sempre più consistente.
Nel corso degli anni, quindi si è via via caratterizzata la necessità di coniugare la risposta ai bisogni sanitari  con la disponibilità delle risorse finanziarie.
La differenza tra Finanziamento (5,9%) e Spesa Sanitaria (8,1%) sta a significare quanto a fronte di risorse destinate al SSN di fatto si sia speso progressivamente di più per rispondere ai bisogni  dei cittadini.
Quindi, il SSN, nel periodo tra il 1992 (Dlgs 502/92) e il 1999 (Dlgs 229/99), si è trovato ad affrontare la contraddizione tra risorse disponibili e bisogni.
Il Fondo Sanitario Nazionale (FSN) non è riuscito a coprire i costi generati dai Servizi Sanitari Regionali.
Da tutto ciò è derivata la necessità di trovare meccanismi di contenimento che, a fronte delle risorse disponibili limitate, salvaguardassero l’universalità e l’equità nell'accesso ai servizi e nella distribuzione dell'offerta e al tempo stesso assicurassero la qualità dell’assistenza erogata ai cittadini.
È stata essenziale, in questo senso, la scelta di un modello sanitario (di cui si detto in premessa) di riferimento basato:
- sui principi costituzionali di universalità ed equità,
- su un sistema di welfare;
tale scelta, pone il Sistema Sanitario italiano ai primi posti nel mondo in termini di solidarietà, accessibilità, offerta di prestazioni.
Pertanto, è opportuno, prima di parlare dei LEA, ricordare a grande linee i modelli di risposta ai bisogni sanitari  adottati nei vari Paesi del mondo.
Sono tre le teorie che sottendono ai modelli di sistema sanitario
a) Teoria liberista
b) Teoria universalistica
c) Teoria utilitaristico-selettiva
 
a) la teoria liberista:
- Privilegia il libero mercato:
o Non garantisce l’equità e la solidarietà nella risposta ai bisogni di salute
o C’è libertà di scelta dei singoli sul tipo e sull’organizzazione del servizio desiderato
o Chi ha più reddito può comprarsi i servizi migliori
- Il servizio pubblico è residuale e spesso di qualità inferiore con poche risorse disponibili. Ne usufruiscono le fasce deboli con prestazioni “minime”.
Le disuguaglianze, in questo modello, tendono ad ingigantirsi progressivamente a svantaggio delle fasce deboli.
 
a) Nella teoria universalista, alla quale si sono ispirate le scelte del nostro Paese a partire dall’art.32 della Costituzione:
- L’assistenza sanitaria è garantita a tutti coloro che ne hanno bisogno salvaguardando anche chi non ha reddito;
- Prevale l’efficacia rispetto ai costi perché si privilegia la risposta al bisogno di salute; ma si rischia al contempo d’incrementare la spesa e di creare le condizioni per un “razionamento implicito iniquo” (ad es: le liste d’attesa) nel tentativo di assicurare la fruibilità e l’accessibilità dei servizi;
- C’è il rischio di iniquità nell’accesso e nell’esito delle prestazioni di provata efficacia.
Ciò che rende debole questo sistema è la vulnerabilità delle fasce socio-economicamente deboli verso le prestazioni inefficaci ed inappropriate.
 
c) La teoria utilitaristico-selettiva:
o Tende a trovare l’equilibrio sostenibile tra bisogni di assistenza in rapporto al miglior risultato con costi più bassi possibili;
o L’uguaglianza nella fruizione delle prestazioni è rapportata alla garanzia del massimo successo (efficacia) a fronte delle diverse condizioni di bisogno
o Non vengono tutelate quelle situazioni che presentano un elevato rischio d’insuccesso          (p.e.: by-pass coronarici oltre i 75 anni)
 
In questa teoria in cui si assicurano risposte soltanto a coloro per i quali esistono maggiori possibilità di successo, molte “minoranze” (fasce deboli)  restano escluse e non tutelate.
 
La teoria applicata al SSN italiano, così come previsto dal dlgs 229/99, è un mix di universalità, equità, appropriatezza (Figura 1):
 
Figura 1 – Universalità, Equità, appropriatezza
 
Nell’ultima riforma sanitaria è scelto di:
- creare quelle condizioni per cui tutti i cittadini sono uguali ed hanno le stesse opportunità su tutto il territorio nazionale;
- individuare, sulla base delle risorse disponibili, le prestazioni che devono essere garantite dal SSN  in quanto necessarie ed appropriate.
 
Si è fatta la scelta di un SSN come erogatore di interventi efficaci ed appropriati in cui si definisce anche il contesto organizzativo adeguato a garantire la pertinenza e il rapporto costo/efficacia delle prestazioni.
L’Italia è un paese che ha scelto di definire attraverso l’identificazione dei LEA le prestazioni ritenute essenziali e quelle che, invece,  sono ritenute inefficaci ed inappropriate (quelle della “lista negativa”).
I LEA, le Linee guida clinico-organizzative, i criteri di accreditamento, sono gli strumenti previsti dal legislatore  con il Dlgs 229/99 per assicurare l’efficacia, l’appropriatezza, l’economicità delle prestazioni nel sistema dell’offerta e della produzione di servizi. Tali strumenti
- delimitano i confini delle prestazioni erogate dal SSN, partendo dall’assunto che è necessario rispondere ai bisogni di salute dei cittadini nella misura in cui questi ne hanno effettivamente necessità;
- esplicitano le modalità di impiego delle risorse per le attività riconosciute essenziali;
- individuano i criteri di esito e di processo necessari per garantire la qualità dei servizi sanitari.
I LEA, le Linee guida clinico-organizzative, i criteri di accreditamento, sono pertanto strumenti differenti di uno stesso processo di “razionalizzazione esplicita” dell’assistenza sanitaria in cui:
o si dichiara esplicitamente quali sono le prestazioni che debbono essere offerte dal SSN e quelle non a carico dei contribuenti, in quanto non rispondenti ai criteri di appropriatezza, economicità ed efficacia
o si definisce il fabbisogno di prestazioni necessarie
o si regolano i sistemi di remunerazione a fronte delle risorse individuate,
o si controllano i processi di erogazione delle prestazioni allo scopo di garantire l’appropriatezza delle condizioni organizzative;
o si valutano gli esiti/effetti delle prestazioni rispetto a quelle condizioni di evidenza scientifica, di pertinenza e di efficacia che devono caratterizzare l’appropriatezza e la necessità delle risposte.
 
Quindi, nel rispetto dei principi di dignità della persona, dell’equità nell’accesso all’assistenza, della qualità delle cure e della loro appropriatezza, dell’economicità nell’impiego delle risorse sono stati individuati i Livelli Essenziali di Assistenza (Accordo della Conferenza Stato-Regioni; 22 novembre 2001, DPCM 29 novembre 2002).
Il concetto di  “essenzialità” dei livelli di assistenza, che si differenzia dal concetto di uniformità previsto dal Dlgs 502/92, è un concetto fondamentale in quanto si lega ad un concetto di universalismo e ad un rigore di tipo etico tale per cui a tutti i cittadini viene garantito solo quello che è necessario.
L’universalità, l’essenzialità e l’appropriatezza previste nei LEA, mal  si coniugano con quanto si sta proponendo in sede legislativa circa il processo di devoluzione totale. Infatti, nel DPEF e nell’ultima proposta di legge sulla devoluzione si vorrebbe realizzare da un lato, una legislazione esclusiva regionale per la materia sanitaria (senza la legislazione concorrente dello Stato); dall’altro si vorrebbero garantire solo i livelli minimi da assicurare per il SSN non garantendo a tutti quell’essenzialità prevista dai LEA e assicurando il minimo solo per i più poveri (così come prevede la teoria liberista).
 
Dalla lettura di alcuni articoli del DPCM 29 novembre 2002 sui (v. figure 2, 3, 4, 5) si evince quale è il patto del SSN con i cittadini, cosa questodeve garantire dal punto di vista dell’essenzialità, ma anche del diritto di cittadinanza, di fruibilità dei servizi e di accesso alle cure nel momento in cui il cittadino ne ha la necessità e si è più deboli; e soprattutto è più debole chi è più povero.
L’ articolo 2  prevede che “II Servizio sanitario nazionale garantisca, attraverso le risorse finanziarie pubbliche […] i livelli essenziali di assistenza sanitaria, […]”.
 
Figura 2 - DPCM 29 novembre 2002, articolo2
 
 
 
Nell’articolo 3, si afferma che i livelli essenziali di assistenza sanitaria”  individuati devono essere garantiti “a tutti i cittadini […]” e che le prestazioni comprese nei LEA sono soggette ad alcune limitazioni che sono riprese nell’articolo successivo.
 
Figura 3 - DPCM 29novembre 2002, articolo 3
Nell’articolo 4, si definiscono le modalità con cui le prestazioni ritenute essenziali sono garantite:
1.  Le prestazioni comprese nei livelli essenziali di assistenza sanitaria sono garantite dal Servizio sanitario nazionale a titolo gratuito o con partecipazione alla spesa.
 
2.  Le forme e le modalità della partecipazione alla spesa sono quelle individuate dalle disposizioni legislative statali […]”
 
Figura 4 - DPCM 29novembre 2002, articolo 4
 
Nell’articolo 5 si individuano quelle prestazioni non essenziali (“liste negativa”)ed i criteri e le modalità di esclusione dai LEA:
comma 1“[…]:
1)   
a)  i servizi e le prestazioni di cui all'allegato 2A sono esclusi dai livelli essenziali di assistenza;
b)  le prestazioni di cui all'allegato 2B sono parzialmente escluse dai livelli essenziali di assistenza in quanto erogabili solo alle condizioni indicate nello stesso allegato;
 
 
 
c)  sono incluse nei livelli essenziali di assistenza le prestazioni di cui all'allegato 2C, subordinatamente all’individuazione di modalità più appropriate di erogazione.
Comma 2:
“Le modalità di erogazione delle prestazioni di ricovero ordinario di cui al comma 1, lettera c) sono considerate appropriate se non viene superato il valore/soglia fissato dalla Regione o dalla Provincia autonoma, di compatibilità della prestazione con il profilo erogativo utilizzato. […]Le disposizioni del presente comma si applicano anche alle altre prestazioni, diverse da quelle di ricovero ordinario, che presentano un profilo organizzativo potenzialmente inappropriato o per le quali occorre comunque individuare modalità più appropriate di erogazione”.
Comma 3:
“Entro il 30 giugno 2002 le regioni disciplinano i criteri e le modalità per contenere la richiesta e l'erogazione di prestazioni che non soddisfino il principio di appropriatezza organizzativa e di economicità nella utilizzazione delle risorse”.
 

 
Figura 5 - DPCM 29 novembre 2002, articolo 5, comma 1
 
 
 
 
Figura 6 - DPCM 29 novembre 2002, articolo 5, comma 2

 
Tali prestazioni non incluse nei LEA sono deputate in parte alla possibilità del singolo cittadino di usufruirne attraverso meccanismi di trasparenza che sono ricompresi nei finanziamenti aggiuntivi da parte delle Regioni oppure nella possibilità di utilizzare i Fondi Integrativi che devono essere complementari al SSN (e non certamente sostitutivi attraverso un sistema assicurativo così come si vuole intendere nel DPEF 2003-2006, già richiamato).
 
I LEA assicurano prestazioni che rispondono a criteri di:
o Pertinenza, cioè rispondenti agli obiettivi di salute individuati dal PSN 2002-2004;
o Efficacia, cioè basate sull’evidenza  scientifica e rispondenti ai reali bisogni di salute;
o Appropriatezza,
o Economicità.
I criteri  di appropriatezza ed essenzialità diventano pertanto espressione di una duplice esigenza del SSN:
o identificare i bisogni prioritari;
o garantire prestazioni di provata efficacia in condizioni organizzative adeguate.
 
L’universalismo del nostro SSN si traduce in “prestazioni ritenute essenziali” per fornire un’efficace ed appropriata risposta ai bisogni sanitari, rendendola contestualmente compatibile con le risorse effettivamente disponibili. Ad ogni prestazione ritenuta necessaria è associata la migliore condizione organizzativa ed operativa  per erogarla.
Le risorse disponibili per assicurare ai cittadini i LEA sono oggi determinate nel 5,9% del Pil, anche se per far funzionare adeguatamente un Sistema Sanitario di questo tipo sarebbe necessario arrivare almeno al 7% del Pil, così come si era stabilito di raggiungere dopo le scelte assunte con il Trattato di Maastrict.
Le Regioni (ai sensi del Dlgs 56/2000) devono assicurare le “garanzie” previste dal SSN con l’individuazione dei LEA attraverso un processo di responsabilizzazione regionale sull’uso delle risorse. Si devono ufficializzare gli obblighi che ogni Regione si impegna a rispettare nei confronti dei propri cittadini definendo quali benefici devono essere garantiti (e quali tipologie di servizi devono essere offerti) a fronte del mandato implicito fra cittadini e sistema di solidarietà ed equità generale.
Sono essenziali ed appropriate, dunque, quelle prestazioni che sono in grado di tutelare nel miglior modo possibile la capacità di ogni utente di esercitare i propri diritti o di conquistarne la fruizione.
I L.E.A. comprendono (dlgs 229/99, art.1, c.6) le tipologie di: 
- Assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro,
- Assistenza distrettuale,
- Assistenza ospedaliera.          
Sono escluse dai LEA quelle prestazioni che non soddisfano l’efficacia, l’appropriatezza e l’economicità (Lista Negativa). Le prestazioni  non comprese nei LEA ("lista negativa") possono essere  erogate, come si è detto, con le risorse regionali aggiuntive e con Fondi Integrativi.
Allora dopo aver parlato del significato dei LEA, come si può garantire l’effettiva attuazione dei principi  di universalità, equità ed  accessibilità delle cure  in un contesto federalista con alle porte un processo orientato alla devoluzione totale, cioè un processo in cui si va verso la possibilità che ogni Regione non avendo più il vincolo del Fondo Sanitario Nazionale, ma avendo un sistema di finanziamento diverso stabilisce autonomamente quanto deve destinare al servizio sanitario?
Come possono gli infermieri e tutti i professionisti nel rispetto dei principi e dei valori professionali contribuire a garantire un sistema che, nel rispetto dei principi costituzionali di universalità, equità accessibilità, sia realmente in grado di farsi carico dei bisogni di salute dei cittadini? 
I  riferimenti normativi (vedi Figura 1Figura 7) per il Federalismo sono molti, ma cosa che è ben più importante è che sono sufficienti per garantire un Federalismo realmente solidale?
Cosa cambia con  il Federalismo? Intanto cambiano il Governo territoriale, i rapporti tra Stato e Regioni e tra Regione ed Enti Locali, la configurazione delle autonomie regionali e locali.
 
Figura 7 - Federalismo: riferimenti normativi
 
 
La sanità è stato un “laboratorio” per il Federalismo. Con la L.133/99 (art.10) e soprattutto con il Dlgs. 56/2000, di modifica al Titolo V della Costituzione, le Regioni possono migliorare il livello di risposta locale in termini qualitativi. In particolare, il Dlgs 56/2000 prevede:
- L’abolizione dei vincoli di destinazione nei trasferimenti erariali alle regioni a statuto ordinario.
- L’attribuzione alle regioni del gettito proveniente dalla compartecipazione all’IVA.
- Dall’anno 2000 le aliquote dell’addizionale IRPEF dello 0,5 e 1% destinata alle Regioni, sono elevate rispettivamente alle 0,9 e all’1,4%.
- È previsto l’aumento dell’accisa sulla benzina, spettante alle Regioni a Statuto ordinario.
- È prevista la costituzione di un fondo perequativo nazionale che attinge al gettito della compartecipazione all’IVA ed, eventualmente, dell’accisa sulla benzina per superare gli squilibri tra le varie Regioni
- Sono istituite procedure di monitoraggio e di verifica dell’assistenza sanitaria erogata dalle Regioni condizionando al loro rispetto i trasferimenti perequativi e le compartecipazioni.
 
Le Regioni sono “costrette” a concorrere al processo di risanamento della finanza pubblica attraverso una “forte” responsabilizzazione sulla spesa da loro generata.
Il problema di fondo è che con questo tipo di federalismo si delineano Servizi Sanitari Regionali con modelli di funzionamento differenti da Regione a Regione. Gli stessi LEA  hanno modalità applicativa diversa e  prevedono differenti modalità di  partecipazione alla spesa da parte dei cittadini.
Le criticità di questo sistema che nella forma è perfetto, ma che nella traduzione operativa viene gestito in maniera difforme, sono relative a:
- alla garanzia di un “uguale” diritto alla salute per i cittadini di tutte le Regioni.
o “I LEA come strumento di coesione nazionale”;
- al mantenimento degli equilibri economici contestualmente alla stima adeguata del FSN.
o Punto di caduta nella Finanziaria 2003, art.30 comma 2, lettera a-b-c-d e art.31 in cui vengono sottratte progressivamente risorse alle Regioni, agli Enti Locali e ai Comuni;
- al conflitto d’interesse tra funzione di tutela e produzione di servizi.
o Tipico lo spostamento di risorse verso il privato o verso prestazioni più remunerative, ma anche di bassa efficacia.
 
Gli aspetti nodali, pertanto, di cui un Federalismo sanitario garante del diritto all’equità e all’appropriatezza deve tener conto sono relativi a :
o La stima delle risorse
o Ai meccanismi di riequilibrio finanziario
o Al congelamento delle differenze tra Regioni “ricche” e “povere”.
 
Le opportunità ed i vantaggi dei LEA dentro un contesto di Federalismo sanitario si possono così indicare:
o Identificazione con maggiore precisione dei bisogni della popolazione di riferimento (devolution) da parte dei soggetti di governo decentrati;
o Maggiore responsabilizzazione su:
o Livelli di spesa
o Organizzazione dei servizi
o Reperimento delle risorse aggiuntive necessarie a finanziare le prestazioni
La maggiore autonomia rende possibile e più efficiente la valorizzazione delle proprie specificità che qualificano ed indirizzano lo sviluppo del sistema.
o Adozione di comportamenti clinico-assistenziali basati sull’evidenza.
o Garanzia di un contesto organizzativo più appropriato per l’erogazione delle prestazioni sanitarie con condizioni di adeguatezza operativa e di accettabilità del mix quali-quantitativo delle risorse utili al processo assistenziale.
 
Tra i rischi e limiti che invece si possono ipotizzare
o Ricreare nuovi centralismi nelle Regioni continuando ad avere come obiettivo prioritario la gestione delle strutture sanitarie (offerta) più che le politiche per la salute (analisi della domanda);
o Applicazione solo formale dei LEA e mantenimento di un sistema iniquo e spesso inefficace perché non legato all’appropriatezza e all’evidenza scientifica
o Creare, senza i correttivi al sistema di riparto del FSN  e ai criteri per la ripartizione tra le Regioni del Fondo di perequazione nazionale, un paese con differenti opportunità per i cittadini penalizzando le Regioni più disagiate;
o Adottare modelli che privilegiando la “scelta del cittadino” lo rendano vittima del mercato negando quell’integrazione tra servizi e saperi che orienta nelle scelte
o Creare un’ulteriore selezione nell’accesso alle prestazioni legate ad un uso distorto del sistema intramurario e dei fondi integrativi;
o Evitare l’attivazione del sistema di monitoraggio dello stato di salute, delle azioni programmate e dell’assistenza erogata.
 
Il rischio reale sarà un’accentuazione degli squilibri esistenti tra i diversi sistemi regionali e differenti opportunità per i cittadini e gli operatori. È necessario un modello di federalismo fondato sull’universalità e sull’equità.
 
Il ruolo della professione infermieristica nel processo del federalismo in sanità  e nell’applicazione dei LEA sarà pertanto quello di richiamare la responsabilizzazione dei soggetti di governo nazionale e decentrati  spingendoli a:
o adottare modelli di federalismo fondati sui principi di solidarietà, universalità ed accessibilità dei servizi sanitari;
o prevedere il contributo degli infermieri per la definizione dei L.E.A. evidenziando a livello regionale la necessità dell’analisi dei bisogni prioritari di assistenza infermieristica della popolazione;
o contribuire a definire con rigore e coerenza “cosa” il SSN garantisce ai cittadini con equità;
 
 
o concentrare le risorse su efficacia ed appropriatezza, valorizzando le prove scientifiche disponibili con un sistema continuo ed efficiente di revisione sistematica e di ricerca e sviluppo;
 
o consentire che le prestazioni siano erogate in condizioni organizzative tali da garantire l’efficacia e l’appropriatezza;
o garantire agli infermieri la piena attuazione della direzione, dell’organizzazione e della valutazione delle attività assistenziali, in un quadro di equità e valorizzazione professionale.
 
 
Gli infermieri rappresentano una risorsa consistente della Sanità, hanno pertanto una grossa responsabilità nella tutela e nello sviluppo del SSN. I LEA sono un’opportunità e sta agli infermieri difenderli da chi li vorrebbe rendere “minimi” e fare in modo che le garanzie per cittadini passino anche attraverso la loro partecipazione.
 

 

» Torna all'indice degli atti del programma