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Congresso Nazionale Aniarti 2002

Emergenza, cure intensive e Livelli Minimi di Assitenza

Sorrento (NA), 07 Novembre - November 2002 / 09 Novembre - November 2002

» Indice degli atti del programma

Sessioni Parallele: Sala principale Maria Benetton, Isabella Zennaro, Edna Biase, Tonia De Crescenzo,

Angelina DI Nuccio, Maura Lusignani, Martin Langer, Anna Maria Toffano



08 Novembre - November 2002: 14:00 / 17:00

Audio

RESPONSABILITA’ DECISIONALI E ORGANIZZATIVE NELLA GESTIONE INTEGRATA DEL RISCHIO DI INFEZIONE NPT CORRELATO:
proposta strategie operative basate sulle prove di efficacia
Baldi M, Bego PG, Biase E, Lavagnolo D,d Montesano R¥, Zapparoli F·, Toffano AM.*
 
Introduzione
L’invasività delle procedure terapeutiche e assistenziali attuate nelle terapie intensive espone il paziente critico ad un elevato rischio di infezione,  ulteriormente influenzato dall’indice di gravità dello stesso paziente, dai requisiti ambientali/strutturali delle UTI, dalla variabilità comportamentale degli operatori, dagli standard di competenza, dalle condizioni organizzative e dalle antibiotico-resistenze prodotte. Nei pazienti ricoverati nelle terapie intensive si verifica il maggior numero di decessi associati a infezioni ospedaliere.[1]Si può dire che nelle UTI osserviamo un’alta tensione di rischio infettivo. E’ importante quindi identificare ed adottare strategie operative efficaci ed appropriate che orientino il gruppo professionale a prevenire il rischio di infezione correlato alle pratiche clinico-assistenziali più diffuse all’interno delle unità di terapia intensiva. Tra queste la nutrizione parenterale totale, spesso risposta clinica primaria al bisogno di nutrizione del paziente critico, costituisce un “problema gestionale” in quanto non é scevra da complicanze di tipo settico, correlate alla presenza di un accesso venoso centrale e alle modalità di allestimento della miscela nutrizionale, di conservazione e di somministrazione della preparazione ottenuta. Poiché si tratta di un processo complesso, la cui gestione é attribuita a diverse competenze professionali e in misura rilevante all’équipe infermieristica, il gruppo di lavoro ha identificato il seguente obiettivo generale:
 
produrre strategie operative basate sulle prove di efficacia atte ad orientare la pratica professionale nella gestione integrata, responsabile e sicura della NUTRIZIONE PARENTERALE TOTALE (NPT) all’interno delle terapie intensive, al fine di prevenire il rischio di infezione ad essa correlato.
 
Obiettivi specifici:
 
§ Migliorare lo standard qualitativo dell’assistenza infermieristica attraverso la riduzione delle complicanze infettive correlate alla NPT;
§ Uniformare i comportamenti attraverso l’adesione a protocolli scientificamente validati;
§ Ridurre il carico di lavoro infermieristico per mezzo dell’integrazione professionale e della razionalizzazione delle procedure assistenziali;
§ Individuare i nodi irrisolti ed i nuovi orientamenti della ricerca in materia, al fine di stimolare i colleghi ad intraprendere degli studi in tali direzioni.
 
Materiali e metodi
 
I principi che hanno orientato lo sviluppo del lavoro sono:
 
- i valori e le aspettative dell’utenza nei confronti della salute e della assistenza sanitaria;
- l’esigenza dettata dalla nuova legge di riforma sanitaria di declinare all’interno delle realtà operative i principi di appropriatezza ed essenzialità delle cure;
- l’irrinunciabilità del principio di interdisciplinarietà e di coinvolgimento dei professionisti nel produrre strumenti per l’orientamento delle decisioni cliniche e della pratica assistenziale;
- la necessità di lavorare alla costruzione di una cultura organizzativa fondata sullo sviluppo delle competenze necessarie per praticare la EBN / EBM.
 
Il gruppo di lavoro ha disegnato inizialmente il processo relativo alla gestione della nutrizione parenterale totale nel paziente critico, declinando le diverse fasi e le attività principali. Per ciascuna di esse sono stati identificati i fattori di rischio di infezione correlati e le responsabilità /corresponsabilità decisionali e gestionali.
Successivamente, utilizzando tecniche di consenso all’interno del gruppo e sfruttando le conoscenze e le esperienze a disposizione relativamente all’area di interesse, sono stati definiti i quesiti sui quali indirizzare la ricerca. La ricerca della letteratura é avvenuta:
ð utilizzando le banche dati internazionali Medline, Cinhal e parole chiave standardizzate
ð consultando i seguenti siti: CDC, GIMBE, Cochrane Collaboration, Joanna Briggs Institute, EBN.
Le fonti primarie utilizzate per la nostra analisi sono state le linee guida per la prevenzione delle infezioni correlate ai dispositivi intravascolari pubblicate dai CENTERS FOR DISEASE CONTROL AND PREVENTION (CDC) di Atlanta nel mese di agosto 2002, le linee guida della SOCIETA’ ITALIANA DI FARMACIA OSPEDALIERA (SIFO) pubblicate nel 1993 e le linee guida della SOCIETA’ ITALIANA DI NUTRIZIONE PARENTERALE ed ENTERALE pubblicate nel 1995 al fine di supportare attraverso un razionale scientifico ciò che in parte già si realizza nella quotidianità assistenziale.
Successivamente è stata effettuata un’analisi critica della letteratura ricavata attraverso la ricerca sulle banche dati, sia per quanto riguarda gli articoli integrali che gli abstract. Il criterio di scelta seguito é stato quello di ricercare prioritariamente metanalisi, revisioni sistematiche, trial randomizzati.
Nel corso di queste fasi ci siamo altresì avvalorate della consulenza di esperti ( Infermiere CIO, Medico Rianimatore, Medico Dietologo).
 
 
ACRONIMI UTILIZZATI
 
NPT: nutrizione parenterale totale
 
CVC: catetere venoso centrale
 
NE: nutrizione enterale
 
CDC: centers for disease control
 
LAF: laminar air flow (flusso laminare)
 
UTI: unità di terapia intensiva
 
EBN: evidence based nursing
 
EBM: evidence based medicine
 
ARDS: acquired respiratory distress syndrome
 
Pnx : pneumotorace
 
PAROLE CHIAVE
Infezioni nosocomiali, batteriemie, cateteri venosi centrali, nutrizione parenterale totale, nutrizione enterale, terapie intensive.
 
 
I RISULTATI OTTENUTI DALLA REVISIONE DELLA LETTERATURA
 
 
1) QUAL È LA DIMENSIONE DEL BISOGNO NUTRIZIONALE DEL PAZIENTE CRITICO?
 
Negli ultimi trent’anni è stata posta un’attenzione crescente agli effetti del supporto nutrizionale sullo sviluppo delle complicanze nei pazienti che superano l’evento acuto.
La gravità clinica del paziente, nella maggior parte delle situazioni caratterizzata da comorbilità, determina un’immediata risposta ipermetabolica all’insulto iniziale, che si manifesta con perdita di massa corporea magra, compromissione del sistema immunitario, rallentamento del processo di guarigione delle ferite chirurgiche, perdita del tono muscolare, difficoltà di svezzamento dalla ventilazione meccanica, rischio elevato di infezione e aumento della mortalità.
Un adeguato supporto nutrizionale garantito precocemente può ridurre questi potenziali eventi avversi. Secondo una metanalisi di Heyland’s (1998) la NPT può avere effetti positivi sugli endpoints nutrizionali e sulle complicanze minori, non sulla mortalità e sulle complicanze più severe.[2]
 Tuttavia la decisione rispetto a ”QUANDO” iniziare il supporto nutrizionale e al “COME” somministrarlo (via parenterale versus via enterale) é tutt’oggi molto dibattuta e l’evidenza scientifica disponibile riporta risultati molto discordanti.
 
2) QUALE DECISIONE CLINICA ASSUMERE PER CONTENERE IL RISCHIO DI INFEZIONE: NUTRIZIONE PARENTERALE TOTALE O NUTRIZIONE ENTERALE?
 
Un gruppo di lavoro della European Society of Intensive Care Medicine ha realizzato nel 1999 un’indagine sulla gestione della nutrizione nelle unità di terapia intensiva europee (35 Paesi). Dall’analisi dei questionari pervenuti sono emersi i seguenti dati:
 
- 2/3 dei 2774 pazienti ricoverati nelle UTI erano sottoposti a supporto nutrizionale;
- il 58% di essi erano alimentati attraverso la via enterale;
- il 23% attraverso la via parenterale;
- il 19% ricevevano nutrizione combinata enterale e parenterale.
 
La via di elezione risultava quindi essere quella enterale attuata entro le 48 ore dall’ammissione del paziente in ICU.[3]
Questa scelta clinica, quando possibile, è il supporto nutrizionale di scelta nei pazienti critici; essa infatti, rispetto alla NPT, stimola la normale funzionalità della mucosa gastrointestinale, contribuendo così al mantenimento della barriera intestinale che impedisce la traslocazione batterica, riducendo conseguentemente il rischio di setticemie.[4] 
 La NE consente, inoltre, un miglior controllo sulla glicemia rispetto alla NPT in quanto, a differenza di questa, permette la somministrazione dei carboidrati a lento assorbimento. L’ iperglicemia è una delle più temute complicanze della NPT in quanto determina un’alterazione della funzione dei polimorfonucleati, un’inibizione del complemento e una inattivazione delle IgG. Si osserva inoltre una maggiore suscettibilità alle infezioni fungine poiché è dimostrato che in un substrato ricco di zuccheri la Candida Albicans sviluppa una maggiore capacità di adesione a endoteli e mucose.[5] 
Molte delle moderne miscele per NE vengono arricchite con nutrienti specifici (arginina, glutamina, acidi grassi Omega 3, nucleotidi, antiossidanti)  noti per la loro capacità di modulare favorevolmente la risposta biologica all’infiammazione, all’infezione e all’insulto acuto iniziale.
Questo tipo di NE viene indicato come immunonutrizione. Esistono in letteratura studi scientifici a riguardo, i cui risultati descrivono una riduzione delle batteriemie e del numero di pazienti con più di un’infezione nosocomiale; l’incidenza sulla mortalità risulta praticamente nulla.  [6]  [7]  [8]  [9]  [10]
Premesso quindi che la NE debba costituire la scelta nutrizionale primaria, vi sono situazioni in cui la NE non è praticabile (ileo paralitico, diarrea, vomito incoercibile, fistole…) e quella parenterale risulta essere l’unica via per fornire un supporto nutrizionale al paziente. L’uso della via parenterale è associato ad una aumentata incidenza di infezioni e ad un significativo aumento dei costi determinato dalla tipologia di catetere venoso centrale, dalla tecnica di posizionamento, dalla tipologia delle soluzioni e dei componenti, dalle tecniche di allestimento e dalle complicanze.[11]
La nutrizione parenterale per via periferica è prevalentemente usata come supporto alla NE in quanto da sola non sarebbe in grado di fornire un adeguato intake calorico ed elettrolitico. La NPT, per essere praticata, necessita quindi di un accesso venoso centrale che in terapia intensiva risulta essere una scelta obbligata in quanto consente anche il monitoraggio emodinamico, l’infusione di grandi volumi di liquidi e degli emoderivati e la somministrazione in sicurezza di farmaci salvavita.
 
 
3) LA VIA DI ACCESSO UTILIZZATA PER LA SOMMINISTRAZIONE DELLA NUTRIZIONE PARENTERALE INCIDE SUL RISCHIO DI INFEZIONE?
 
 
La NPT può essere condotta attraverso due tipi di accesso venoso:
 
- Accesso venoso periferico;
- Accesso venoso centrale.
 
Cateterismo venoso periferico
 
Il cateterismo venoso periferico è fattibile ovviamente quando vi sia adeguata disponibilità di vene periferiche e il paziente sia ben collaborante.
Il posizionamento dei cateteri venosi periferici negli arti inferiori comporta un rischio di generare flebiti più elevato rispetto a quelli posizionati negli arti superiori (Categoria IA).[12] 
Anche i siti sugli arti superiori differiscono fra loro per il rischio di generare flebiti: nel paziente adulto, l’inserimento del catetere in una vena della mano comporta un minore rischio di infezione rispetto alle vene del polso o del braccio.[13]
Il materiale di costruzione della cannula sembra essere il singolo più importante fattore nell’incidenza e nella gravità delle tromboflebiti conseguenti alle infusioni. Gli studi in vitro dimostrano che i cateteri in Teflon, in elastomero di silicone o in poliuretano sono più resistenti all’adesione di microrganismi rispetto a quelli in cloruro di polivinile (PVC) e in polietilene (PET). Le ragioni di ciò sono da ricercarsi sia nella presenza di irregolarità nella superficie, caratteristica di alcuni materiali, che favorisce l’aderenza di taluni tipi di batteri (es. Stafilococchi coagulase negativi e Pseudomonas aeruginosa), sia nella loro trombogenicità, caratteristica che predispone alla colonizzazione del catetere.[14]
 
Le indicazioni a condurre una nutrizione parenterale per via venosa periferica sono le seguenti:
 
- Quando si attua una nutrizione parenterale ipo-osmolare (< 900 mOsm/l) o integrativa (di supporto ad una nutrizione per os o enterale);
- Nelle nutrizioni parenterali di breve durata (< 10 giorni);
- Qualora vi sia un alto rischio legato alla incannulazione venosa centrale ( rischio legato alla venipuntura oppure rischio infettivo). [15]
 
 
Cateterismo venoso centrale
 
Nella maggioranza dei casi, la nutrizione parenterale viene attuata per via venosa centrale.
 
Le indicazioni nette alla NPT attraverso catetere venoso centrale sono le seguenti:
 
- Necessità di impiegare soluzioni nutritive iper-osmolari (nutrizione parenterale totale);
- Necessità di via stabile per nutrizione parenterale di lunga durata (> 10 giorni);
- Necessità di CVC per altri motivi come per non disponibilità di vene periferiche, infusione di potassio o farmaci flebolesivi, o necessità di monitoraggio della pressione venosa centrale.  [16]
 
Il posizionamento di un accesso venoso centrale, a breve , a medio o a lungo termine (Port-a-cath, Groshong, Hickman, Broviac) dovrebbe essere preceduto da un’attenta valutazione dell’uso previsto, della durata e di tutti gli altri fattori che condizionano la scelta, in modo tale da impiantare il presidio più adatto ad ogni singolo caso con il rischio di complicanze (infettive versus non infettive) più basso e costi minori. In genere i cateteri usati per infondere NPT rimangono in sede molto più a lungo dei cateteri usati per altre terapie.[17]
La scelta del sito di inserzione deve essere valutata attentamente in base alle caratteristiche cliniche ed anatomiche del paziente e alle possibili complicanze infettive e meccaniche ( pnx, puntura arteria succlavia, emotorace, trombosi, embolia gassosa…). L’influenza del sito di inserzione sul rischio di infezioni del catetere è correlato  alla densità di flora microbica locale residente. I cateteri inseriti in vena succlavia presentano un rischio di infezione minore rispetto a quelli inseriti in vena giugulare o femorale (Cat IA), è quindi preferibile scegliere questa sede a meno che non sia clinicamente controindicato (es. coagulopatia, deformità anatomiche …).[18] 
Influiscono altresì sulla scelta della vena da cateterizzare:
 
- Esperienza/preferenza dell’operatore;
- Fattori locali (trombosi, mastectomia..);
- Pregressa apposizione di CVC.
 
La patogenesi delle infezioni catetere correlate è simile per tipologia a quella delle infezioni da corpo estraneo, nelle quali si realizza una condizione di deficienza immunitaria locale, conseguente alla perdita della capacità fagocitaria e opsonica dei leucociti adesi al catetere stesso. La causa più importante delle infezioni causate da catetere è la migrazione sulla superficie extraluminale del catetere da parte della flora batterica residente sulla cute.[19]Raramente la contaminazione dei liquidi infusi porta a batteriemie.[20]
Occasionalmente il catetere può anche venire contaminato per via ematogena conseguentemente alla migrazione di microrganismi da focolai infettivi presenti in altri distretti corporei.[21] I pazienti con un’infezione nosocomiale in atto, hanno un rischio fino ad 11 volte maggiore di contrarre un’ulteriore infezione nosocomiale rispetto ai pazienti privi di un’infezione in atto.[22] 
Risultano essere patogenicamente determinanti per le infezioni alcune caratteristiche intrinseche del catetere stesso:
 
1. Numero di lumi;
2. Materiale di cui è rivestito/impregnato;
3. Lunghezza;
4. Tunnellizzazione;*
5. Presenza della cuffia.*
 
1) Le linee guida emanate dai CDC raccomandano l’uso di CVC a lume singolo (categoria IB). Tuttavia le necessità terapeutiche dei pazienti critici richiedono di CVC a più lumi. L’impiego di questi cateteri, quindi, deve essere orientato al principio di ridurre al massimo le manipolazioni sui lumi di accesso, sui rubinetti, sulle rampe etc. Inoltre, se un catetere multilume viene usato anche per la somministrazione della NPT, bisogna riservare ad essa un lume dedicato (Cat II); nel caso in cui non vi fosse alternativa all’infusione di altri farmaci in quel lume, per evitare problemi di incompatibilità, è indispensabile eseguire un lavaggio del lume (flush) prima e dopo la loro infusione.
 
2) I cateteri impregnati prevengono le infezioni in quanto riducono l’aderenza batterica e la formazione del biofilm.[23]
Viene raccomandato l’uso di CVC impregnati di sostanze antisettiche/antimicrobiche* in tutti quei casi in cui, pur adottando le massime precauzioni barriera per la sterilità, pur istruendo gli operatori riguardo alla corretta tecnica di inserimento e gestione del CVC, pur disinfettando correttamente (clorexidina al 2%) il sito di inserzione, l’incidenza di infezioni CVC correlate resti alta oppure si preveda una cateterizzazione maggiore di 5 giorni(Cat IB).
L’uso di questi cateteri ha permesso una significativa riduzione dei costi in termini di diminuzione di infezioni CVC correlate, nei gruppi di pazienti altamente vulnerabili alle infezioni nosocomiali (ustionati, neutropenici…).
Sebbene alcuni Autori abbiano dimostrato che i CVC impregnati con antibiotici non favoriscono la comparsa di resistenza batterica, non si dispone ancora di osservazioni a lungo termine grazie alle quali escludere con certezza questo potenziale effetto collaterale.
Rari episodi di anafilassi sono stati riportati riguardo ai CVC impregnati di Clorexidina/Argento Sulfadiazina in Giappone.[24]
Sono ora disponibili in commercio dei cateteri impregnati di seconda generazione, rivestiti di sostanze antimicrobiche/antisettiche sia sulla superficie extraluminale che intraluminale; mancano ancora degli studi comparativi riguardo alla loro reale efficacia.[25]  [26]
La letteratura riporta infine l’utilizzo di cateteri impregnati di anticoagulante (eparina) che, a differenza dei precedenti, non inibiscono direttamente la crescita dei microrganismi sulla superficie del catetere ma hanno la funzione di ridurre l’aderenza batterica  prevenendo l’accumulo della fibronectina .[27]
 
3) Maggiore è la lunghezza del catetere minori probabilità ci sono che i microrganismi migrino sulla sua superficie ed arrivino a colonizzarne la punta.
Al fine di eseguire una NPT i Cateteri Centrali ad Inserimento Periferico (PICC)  non sono indicati in quanto si tratta di una via ad alta resistenza (per il rapporto diametro interno/lunghezza) e le molecole lipidiche depositano facilmente nel loro lume.[28]
 
4) Dato che la colonizzazione della punta del catetere da parte dei microrganismi presenti normalmente sulla cute è un prerequisito per la maggior parte delle batteriemie e sepsi CVC correlate, far scorrere il catetere in un tunnel sottocutaneo aumenta la distanza tra il punto di inserzione e l’ingresso nella vena, diminuendo conseguentemente il rischio di infezione.[29]
 
5)  La presenza della cuffia intorno al lume del catetere, oltre a favorirne l’ancoraggio, impedisce la risalita dei microrganismi per via extraluminale in quanto costituisce un ostacolo meccanico.[30]
 
 
4) Quali azioni adottare per contenere il rischio di infezione correlato al processo PREPARAZIONE, CONSERVAZIONE E SOMMINISTRAZIONE della NPT?
 
Ø  Relazione tra scelta della miscela per Nutrizione Parenterale e rischio di contaminazione[31]  [32]  [33]
 
Miscele nutrizionali
Caratteristiche principali
Fattori di rischio di contaminazione
 
 
 
 
ALLESTIMENTO MANUALE
 
 
§ Infusione separata medianti flaconi in vetro dei singoli componenti
§ Costi ridotti
§ Allestimento della sacca in reparto in locale non dedicato
§ Aumento delle manipolazioni dei singoli flaconi = aumento del rischio di contaminazione
§ Tecnica obsoleta, rischiosa ed economicamente svantaggiosa (tempo, risorse umane e materiali, rischio per il paziente)
§ Ambiente operativo non conforme alle raccomandazioni delle linee guida dei CDC
 
ALLESTIMENTO AUTOMATIZZATO
(centralizzato)
§ Destinate a malati critici
§ Devono essere impostate e prescritte da professionista esperto sulla base delle esigenze nutrizionali giornaliere del singolo paziente
§ Impossibilità di lunga conservazione
§ Costi elevati
 
§ Unica manipolazione dovrebbe essere il collegamento con la via d’infusione
 
§ Allestimento in unità centralizzata (farmacia) con tecnica asettica sotto cappa a flusso laminare – Categoria IB
 
 
SACCHE STANDARD
FORNITE DALL’INDUSTRIA
§ Formulazione fissa
§ Adattabili a malati NON critici
§ Costi ridimensionati rispetto al passato, in seguito all’aumento della commercializzazione
§ Facilità di conservazione
§ Allestite in condizioni di asepsi assoluta
§ Sottoposte a controlli di qualità
§ Vantaggi pratici e gestionali, nonché di prevenzione del rischio infettivo legato alle manipolazioni dei flaconi in vetro.
§ Unica manipolazione dovrebbe essere il collegamento con la via d’infusione
 
Ø Azioni raccomandate per la preparazione, conservazione e somministrazione delle soluzioni per nutrizione parenterale totale [34]  [35]  [36]
 
Le miscele nutrizionali non possono essere sterilizzate nel loro contenitore finale, il requisito essenziale per un corretto allestimento di miscela per nutrizione parenterale e’ realizzare le migliori condizioni per operare con tecnica asettica[37], per evitare qualsiasi contaminazione batterica o particellare. Raramente la contaminazione dei liquidi infusi porta a batteriemie.[38] Le miscele per NPT infatti hanno la proprietà intrinseca di inibire la crescita batterica, e ciò è dovuto alla loro elevata osmolarità.
 
 
Il rischio di contaminazione durante la lavorazione di prodotti sterili è determinato dall’apporto particellare nell’ambiente di lavoro o da una non corretta manipolazione dei punti critici.
Le possibili fonti di contaminazione microbica e particellare sono:
 
- Contatto con aria normale, contenente pulviscolo e corpuscoli portatori di microrganismi. (L’aria, secondo le stagioni, contiene da 100 a 500 microrganismi per m3);
- Personale che apporta nuove particelle e reimmette nell’aria particelle pesanti precedentemente depositate;
- Materiale utilizzato nell’allestimento della miscela ;
- Introduzione di particelle estranee (frustoli di elastomeri, frammenti di vetro…)
 
 
La preparazione e il controllo della qualità delle soluzioni per NPT dovrebbe avvenire presso unità centralizzata di nutrizione parenterale poiché utilizza criteri unitari di prescrizione, preparazione e distribuzione delle miscele per nutrizione parenterale; permette inoltre di effettuare i controlli necessari sia sulle procedure operative sia sui prodotti allestiti. Questo tipo di preparazione, se eseguita in farmacia o altro ambiente dedicato, presenta rischi sicuramente inferiori rispetto a quelli derivanti dall’allestimento di miscele presso il reparto, quindi in locali non idonei, in condizioni non asettiche, con probabile spreco di materiale e incremento del carico di lavoro infermieristico. Le miscele per nutrizione parenterale sono da ritenersi a tutti gli effetti di legge preparazioni magistrali, eseguite estemporaneamente in farmacia su richiesta del medico. Ogni sacca è considerata un lotto unico poiché è personalizzata secondo le esigenze del singolo paziente e secondo la prescrizione medica. Le miscele destinate alla somministrazione parenterale devono rispondere ai requisiti fondamentali di sterilità, apirogenicità e grado di contaminazione particellare. Durante il loro allestimento occorre attenersi alle Norme di Buona Preparazione  secondo la Farmacopea Ufficiale della Repubblica Italiana (IX Edizione).
 
L’ambiente operativo deve corrispondere a specifici requisiti normativi[39]; tenuto conto della eterogeneità delle strutture ospedaliere e dell’esigenza di poter realizzare la nutrizione parenterale anche in condizioni non ottimali, si possono individuare quattro livelli operativi correlati al rischio di contaminazione:
 
LIVELLO OPERATIVO
LOCALE
RISCHIO DI CONTAMINAZIONE
 
 
I LIVELLO OPERATIVO
ambiente non specificamente destinato all’allestimento della NP e senza cappa LAF .
E’ una situazione operativa altamente rischiosa, riservata esclusivamente alle operazioni d’emergenza ove sarà necessario operare con tutti i possibili accorgimenti e le tecniche di asepsi. Le miscele allestite devono essere immediatamente utilizzate.
 
II LIVELLO OPERATIVO
ambiente non specificamente destinato all’allestimento della NP ma dotato di  cappa LAF
E’ una situazione rischiosa. Le miscele ottenute devono essere usate immediatamente dopo l’allestimento evitando assolutamente lo stoccaggio.
 
 
III LIVELLO OPERATIVO
ambiente specificamente dedicato all’allestimento con pre-camera d’accesso e dotato di sistema LAF
Ridotto rischio di contaminazione. Le miscele ottenute possono essere conservate per un periodo pari a tre giorni, purché esista una compatibilità chimico fisica della miscela. Si ritiene tale situazione accettabile ma migliorabile
 
IV LIVELLO OPERATIVO
(SOLITAMENTE CENTRALIZZATO)
ambiente a contaminazione controllata (camera bianca) costruito con tecnologia specifica e rispondente a specifici requisiti strutturali.
Situazione ideale con minimo rischio di contaminazione
 
Nelle situazioni operative che non soddisfano i requisiti minimi, l’adozione di protocolli operativi per ognuna delle operazioni connesse all’allestimento di miscele per NPT (la pulizia dei locali, la disinfezione dei prodotti infusionali, la vestizione, il comportamento dell’operatore, la tecnica di miscelazione etc…), può ridurre il rischio di contaminazione.
 
Le raccomandazioni dei CDC a tal riguardo sono:
 
- miscelare tutte le soluzioni per uso parenterale in farmacia sotto una cappa a flusso laminare usando una tecnica asettica (categoria IB);
- controllare prima dell’uso tutti i contenitori delle soluzioni parenterali per verificare la data di scadenza, spandimenti, rotture, torbidità o presenza di sostanze particolate (categoria IB);
- ogni volta  sia possibile, utilizzare fiale monodose per gli additivi e i farmaci da aggiungere alle soluzioni parenterali (categoria II);
- non utilizzare il contenuto residuo di fiale monodose per diluizioni successive (categoria IA);
- se vengono utilizzati flaconi multidose:
 
1. conservare in frigorifero i flaconi dopo che sono stati aperti se così é raccomandato dal produttore (categoria II)
2. usare una siringa e un ago sterili ogni volta che si preleva da una fiala multidose ed evitarne la contaminazione per contatto prima di perforare il diaframma di gomma (categoria IA)
3. disinfettare il diaframma di gomma con alcool al 70% prima di inserire l’ago per procedere all’aspirazione del farmaco (categoria IA)
4. scartare i flaconi quando si sospetta o é visibile una contaminazione o quando si raggiunge la data di scadenza indicata dal produttore (categoria IA)
 
 
Ø  Conservazione delle sacche NPT: occorre evitare lo stoccaggio delle sacche allestite manualmente o con sistema automatizzato. Basta attenersi alle norme del produttore per la conservazione delle sacche fornite dall’industria.
 
Ø La sostituzione delle infusioni: il rischio di contaminazione e di sepsi risulta aumentato se le soluzioni infuse facilitano la proliferazione degli organismi contaminanti , infatti l’indice di crescita batterica é superiore nelle soluzioni di NP combinate con lipidi che nelle soluzioni di NP non lipidiche.[40]
 Le raccomandazioni dei CDC a tal riguardo sono:
 
- non esistono raccomandazioni relative al tempo entro cui le infusioni iniziate devono essere completate, comprese le soluzioni per NPT non contenenti lipidi (questione irrisolta);
- completare le infusioni di soluzioni parenterali contenenti lipidi entro 24 ore dall’inizio della somministrazione (categoria IB);
- quando le emulsioni lipidiche vengono somministrate da sole, devono essere completate entro 12 ore dal loro inizio (categoria IB).
 
Ø Controlli durante la somministrazione: se nella sacca NPT si formano dei precipitati, questi possono arrivare al polmone (è il primo filtro che trovano!) e possono causare distress respiratorio, embolizzare e portare a un quadro di ARDS. Sarebbe quindi opportuno osservare la miscela della sacca non solo dopo il suo allestimento, ma anche a distanza dall’inizio dell’ infusione perché i precipitati possono formarsi anche dopo ore.[41] A tale scopo si consiglia l’impiego di filtri per macroprecipitati lungo le linee infusionali per NPT.[42] Non aggiungere   elettroliti o altre sostanze all’interno della sacca.
Visto l’impatto della NPT sui livelli ematici di glucosio e i conseguenti rischi infettivologici correlati all’iperglicemia, durante l’infusione sarebbe opportuno eseguire dei controlli della glicemia per verificare che si mantenga entro i limiti raccomandati.
 
 
CONCLUSIONI
 
Uno dei vantaggi della ricerca delle prove di efficacia è quello di fornire le informazioni utili per migliorare la pratica clinica ma nello stesso tempo non sono sempre disponibili risposte certe ai quesiti che insorgono nella quotidianità assistenziale. Da qui nasce lo stimolo per i professionisti e per i gruppi multiprofessionali a riflettere e a discutere l’appropriatezza e l’efficacia dei comportamenti routinariamente adottati, a confrontare tali comportamenti con quelli raccomandati e/o consigliati dalle migliori evidenze disponibili, a verificarne l’ applicabilità all’interno del proprio contesto, a promuovere progetti di ricerca infermieristica per contribuire al miglioramento degli outcome (infezioni, mortalità, qualità di vita). Ciascun contesto organizzativo dovrebbe inoltre monitorizzare i propri processi e gestire efficacemente le proprie variabili assistenziali (utilizzo degli antibiotici, impiego dei CVC, ricorso alla NPT) e organizzative (équipe infermieristica, ratio infermiere/paziente, livello di competenza e partecipazione ai programmi di studio e controllo delle infezioni).[43]
Si può ritenere raggiunto l’obiettivo del lavoro qui illustrato in quanto vengono proposte strategie operative applicabili a contesti organizzativi e strutturali differenti e forniti elementi utili per le decisioni assistenziali riguardanti il bisogno di alimentazione del paziente critico e il contenimento delle infezioni.
 
 
BIBLIOGRAFIA

d Infermieri SOC Rianimazione, ASL 19, Presidio Ospedaliero di Asti
¥ Infermiere Dirigente e Docente, Responsabile dell’Ufficio Infermieristico Dipartimento di Anestesia e Rianimazione, ASL 19
· Infermiera SOC Rianimazione, ASL 19 esperta infezioni ospedaliere
* Farmacista Dirigente 1 Livello, Farmacia Ospedaliera ASL 19, Presidio Ospedaliero di Asti
* Sono caratteristiche solitamente riservate ai CVC a lungo termine
 * Clorexidina, Argento Sulfadiazina, Minociclina, Rifampicina.

[1] Martini L, Milillo MG. Gli strumenti della prevenzione. I Quaderni dell’Infermiere 2002; (3)
[2] Williams L, Leaper DJ, Summerbell CD. Nutritional support for adult intensive care patients. [Protocol]. Cochrane Anaesthesia Group. The Cochrane Library 2002; (3)
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