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Congresso Nazionale Aniarti 2002

Emergenza, cure intensive e Livelli Minimi di Assitenza

Sorrento (NA), 07 Novembre - November 2002 / 09 Novembre - November 2002

» Indice degli atti del programma

Sessioni Parallele: Sala principale Maria Benetton, Isabella Zennaro, Edna Biase, Tonia De Crescenzo,

Angelina DI Nuccio, Maura Lusignani, Martin Langer, Anna Maria Toffano



08 Novembre - November 2002: 14:00 / 17:00

Audio

“Il contenimento delle infezioni nosocomiali in area critica, le modalità di gestione legate al bisogno di:
ELIMINAZIONE URINARIA”
(Il contenimento delle infezioni da cateterismo vescicale)
 
T. De Crescenzo (Relatore)
G. Arena, T.De Crescenzo, L. Furini, C. Morelli, A. Pasquariello. (Autori)
A.O.R.N. “A.CARDARELLI” Rianimazione, Napoli
A. Di Nuccio (Autore)
 Osp. B.O. “S. Rocco” Sessa Aurunca (Ce)
 
ABSTRACT
Le Infezioni Ospedaliere sono tra i principali indicatori di qualità dell’assistenza e la cateterizzazione vescicale rappresenta uno dei più alti rischi di contrarre infezioni del tratto urinario.
Linee Guida nazionali del Ministero della Sanità ed anche quelle internazionali affermano che la prima misura di prevenzione delle infezioni delle vie urinarie è, ridurre l’esposizione del paziente al cateterismo vescicale.
Si è voluto esplorare il bisogno dell’eliminazione urinaria, avendo come indicatore di qualità la prevenzione e contenimento delle infezioni ospedaliere da cateterismo vescicale, identificando quegli interventi assistenziali che rispondono all’EBN/M (Evidence Based Nursing/ Medicine) all’appropriatezza, ed alla razionalizzazione delle risorse.
Il cateterismo vescicale diventa risposta ad un bisogno, quando è prestazione appropriata.
Dovrebbe quindi, essere utilizzato in determinate situazioni cliniche, in presenza di EBM e andrebbe rimosso, non appena viene a mancare la necessità.
La domanda è: che cosa va considerato “necessario” o meglio essenziale per il paziente?
La centralità del paziente è assicurata dalla forte considerazione degli outcomes attesi, dall’adozione di protocolli e procedure validati scientificamente nell’applicazione del catetere vescicale e da una corretta gestione del paziente cateterizzato, nonché da una adeguata gestione del malato con problemi di eliminazione, ma non necessariamente cateterizzato; in questi casi, si pone il problema della valutazione dei sistemi alternativi. A questo livello la partecipazione dell’infermiere nelle scelte e nella gestione assistenziale deve essere molto attiva ed estremamente valorizzante.
Decisionalità non solo professionale, ma anche deontologica quando si tratta di indicazioni a scelte di presidi e materiali, e quando si tratta di dover eradicare convinzioni inveterate e abitudini assistenziali non corrette.   
 
Introduzione
 
Le infezioni ospedaliere rappresentano un problema di un’attualità costante e possiedono una  rilevanza di primo piano poichè mettono in rapporto gli effetti da loro determinati in termini di morbilità, di mortalità e di danno economico, sociale e umano.
La circolare del Ministero della Sanità (oggi Ministero della Salute) n. 8 del 30/01/1988 “lotta contro le infezioni ospedaliere : la sorveglianza” fornisce una definizione precisa di cosa intendere per infezioni ospedaliere o nosocomiali e cita testualmente: “ vengono definite infezioni ospedaliere le infezioni insorte nel corso del ricovero ospedaliero che non erano manifeste clinicamente o in incubazione all’ammissione”(25).
La circolare del Ministero della Sanità (oggi Ministero della Salute) n. 52 del 20/12/1985 “lotta contro le infezioni ospedaliere” affronta il problema delle infezioni ospedaliere in maniera globale, sia individuando le principali cause che  aggravano le infezioni ospedaliere, sia dando indicazioni precise sulla composizione del comitato responsabile del programma di lotta contro le infezioni ospedaliere (24).
Sono cadute da tempo sia l’ipotesi, sia l’illusione che la disponibilità di nuovi antibiotici e chemioterapici controllino e risolvino ogni tipo di infezione.
Inoltre, la presenza di un numero sempre maggiore di individui immunodepressi e l’elevata incidenza di germi “difficili” e multiresistenti, accentuano ulteriormente la problematica.
Per affrontare globalmente la questione è necessario adottare una strategia di prevenzione, controllo e riscontro epidemiologico che porti a una valutazione complessiva di esse.
Si stima che il 25% delle infezioni ospedaliere si sviluppino in ICU, con incidenze di 5 a 10 volte più elevate rispetto alla globalità dell’ospedale ed il tasso di mortalità attribuibile è molto elevato e variabile in rapporto al sito di infezione, al tipo di unità di rianimazione considerata, ai microrganismi coinvolti Trilla A. – Debbia E.(1-2).
Pertanto le dimensioni, così importanti, del problema impongono  un coinvolgimento e una crescita complessiva di tutti gli operatori sanitari, mediante interventi tecnicamente e scientificamente corretti tramite un’approfondita formazione secondo la EBN/M.
 
Elaborazione
 
Le Infezioni delle Vie Urinarie, rappresentano la localizzazione più frequente di infezione ospedaliera: il 40% circa delle infezioni acquisite in ospedale interessa infatti il tratto urinario Haley RW - CDC (3-4). Il fatto che esse siano così comuni dipende dalla elevata proporzione di pazienti sottoposti a cateterismo vescicale (10%-15% dei pazienti ospedalizzati) ed alle caratteristiche stesse del catetere. Il catetere viene inserito in un area del corpo (area perineale) particolarmente colonizzata, subisce una frequente manipolazione, le urine rappresentano un buon terreno per la crescita dei batteri.
Meno frequentemente le IVU insorgono come conseguenza di altre procedure invasive sull’apparato urinario quali cistoscopia, prove diagnostiche urodinamiche, interventi urologici. A differenza di altre infezioni ospedaliere, esse rappresentano, nella maggior parte dei casi, una conseguenza diretta di una unica procedura invasiva: il cateterismo vescicale; e ciò rende più semplice ed efficaci gli interventi preventivi.
La ricerca basata sull’evidenza scientifica ha dimostrato che il rigore delle manovre asettiche nel posizionamento del catetere vescicale, la durata del cateterismo limitata al periodo minimo indispensabile e una grande attenzione all’integrità dei sistemi di drenaggio, sono i principali interventi di prevenzione delle IVU.
Pur essendo i pazienti ricoverati in ICU sottoposti sistemicamente a cateterismo vescicale, l’infezione urinaria non è frequente e la sua pericolosità è piuttosto bassa. Tutto questo potrebbe significare che gli operatori delle ICU sono più attenti alla prevenzione; vicino a questa ipotesi “ottimistica” bisogna però anche considerare la possibilità che sia, invece, l’ampio uso di antibiotici a contribuire in modo determinante alla sterilità delle urine, nonostante protratti periodi di permanenza del catetere in situ.
Non è sempre facile accedere all’insieme delle evidenze riportate in letteratura, interpretarle criticamente e prendere delle decisioni rispetto a misure non convalidate da studi sperimentali. Questa obiettiva difficoltà si scontra con la necessità di “dover” operare delle scelte.
Nei pazienti cateterizzati i segni clinici di infezione urinaria sono spesso atipici o assenti: l’assenza di febbre, dolore sovrapubico, pollachiuria o disuria non esclude l’esistenza di una IVU significativa da un punto di vista clinico.
L’urinocoltura rimane, quindi, lo strumento più utile per diagnosticarla. La maggior parte degli studi sulle infezioni urinarie associate a cateterismo vescicale ha utilizzato come valore soglia per la diagnosi di batteriuria significativa la presenza di 105 di colonie per ml di urine.
Alcuni studi hanno però dimostrato come si possono verificare batteriurie clinicamente significative in presenza di cariche batteriche più basse della soglia tradizionale. La sindrome acuta disuria-piuria in donne non cateterizzate è spesso causata da batteri gram-negativi con conte batteriche che variano tra 103 e 105 di colonie per ml di urine Stamm WE.(5)
Lo stesso si è verificato per i pazienti cateterizzati Stark RP.(6), si è dimostrato che in assenza di trattamento antibiotico intercorrente, colonizzazioni delle urine a carica bassa, 102, progrediscono nel 95% dei casi a cariche batteriche superiori a 105 nelle successive 24 ore.
Nei pazienti cateterizzati sembra, dunque, che una volta, che una piccola quantità di batteri sia entrata in vescica, questi ultimi tendono a moltiplicarsi rapidamente il che testimonia la estrema suscettibilità dei pazienti cateterizzati alla colonizzazione batterica.
I Centers for Disease Control (CDC) continuano ad utilizzare il valore soglia di 105 per la diagnosi di batteriuria significativa ad eccezione che nelle infezioni urinarie sintomatiche, ove vengono accettate cariche > 102 se è stato isolato lo stesso patogeno da due urinocolture successive. In passato alcuni autori, nell’ambito di studi sulle IVU nei cateterizzati, hanno considerato significative anche batteriurie asintomatiche a carica bassa > 102 colonie per ml di urine Garibaldi RA. – Larsen RA.(7-8).
I CDC (CENTERS FOR DISEASE CONTROL) per facilitare il compito di prevenzione e indirizzare scelte più mirate, hanno effettuato una revisione di tutte le evidenze esistenti sulle misure di controllo delle infezioni ospedaliere e le hanno classificate in ordine crescente di efficacia documentata.
Sono state così definite tre categorie che permettono di inquadrare le conoscenze relative a ogni possibile approccio alle infezioni ospedaliere: le misure previste nella prima categoria rappresentano una priorità assoluta e tutti gli ospedali dovrebbero adottarle. (Tabelle1-2)
Le infezioni delle vie urinarie (IVU) associate a cateterismo urinario rappresentano una complicanza molto frequente e in alcuni casi grave: il 5% circa dei pazienti ricoverati in ospedale contrae, infatti, una infezione durante la degenza e il 40% di queste si localizza al tratto urinario.
Da “GIORNALE ITALIANO DELLE INFEZIONI OSPEDALIERE” Vol. 3, n. 1 GENNAIO-MARZO 1996, riportiamo alcuni dati che ci invitano ad una attenta riflessione.
Il 30-40% delle batteriemie ospedaliere da gram-negativi fa seguito ad una infezione delle vie urinarie. In Italia, si possono stimare circa 190.000 IVU ogni anno (475.000 infezioni ospedaliere su 9.500.000 di ricoveri, di cui il 40% IVU), con 9500 batteriemie (lo 0,5% delle IVU si associa a batteriemie) e 2.850 decessi (la mortalità nei pazienti con batteriemia è pari a 30% circa).
Molti studi hanno dimostrato che una quota consistente delle IVU (il circa 40%) è prevenibile migliorando l’aderenza a standard professionali per quanto concerne sia il ricorso al cateterismo urinario, che l’assistenza prestata al paziente cateterizzato. Si può quindi stimare che adottando misure di controllo sarebbe possibile prevenire in Italia ogni anno 76.000 infezioni delle vie urinarie, 3800 batteriemie e 1140 decessi.(27).
I microrganismi responsabili della batteriuria che si produce durante la cateterizzazione a breve termine, durata <1 mese, è di solito dovuta a un singolo microrganismo come Escherichia coli, ma vengono isolati anche Pseudomonas aeruginosa, Klebsiella, Enterobacter, Staphylococcus epidermidis, Staphylococcus aureus e Serratia.
Secondo i dati statunitensi del sistema NNIS (National Nosocomial Infections Surveillance), i principali agenti eziologici di IVU in generale sono Escherichia coli (24%), Enterococchi (16%), Pseudomonas aeruginosa (11%), Candida (11%), Klebsiella (9%) ed Enterobacter (5%).(9).
Le IVU possono essere (endogene ed esogene) e le principali fonti infettanti sono costituite da:
· l’area periuretrale: Kunin e Steele(29) hanno rilevato come l’uretra sia normalmente colonizzata da batteri gram-positivi: nei pazienti cateterizzati tale flora viene sostituita gradualmente da batteri gram-negativi man mano che aumenta la durata della cateterizzazione. Nelle donne cateterizzate è più frequente che non negli uomini la colonizzazione periuretrale e la successiva risalita di microrganismi in vescica attraverso tale via.
Daifuku (30) ha stimato che il 70% degli episodi di batteriurie nelle donne si verifichino attraverso la via periuretrale e che nella maggior parte dei casi i microrganismi provengono dalla flora rettale.
Negli uomini, invece, la maggior parte delle infezioni si verifica per via intraluminale e i microrganismi responsabili vengono trasmessi per via crociata.
· Le mani del personale: durante l’inserzione o la gestione del sistema di drenaggio.
In diverse epidemie è stato dimostrato come le mani del personale abbiano svolto un ruolo fondamentale nella trasmissione delle infezioni, trasportando microrganismi provenienti da altri pazienti infetti o colonizzati, o attraverso la contaminazione di detergenti o soluzioni antisettiche per le mani. Casewell M.(31)
Morse LJ.(32)
Schaberg DR.(33) ha studiato il ruolo delle infezioni crociate (trasmesse dalle mani del personale) in situazioni non epidemiche: il 15,5% di 194 casi di infezioni urinarie si sono verificate nell’ambito di cluster (isolamento di organismi della stessa specie e genere, con uguale antibiogramma, da pazienti ricoverati nello stesso reparto durante lo stesso periodo di tempo).
Nei casi verificatisi nel caso di cluster, i microrganismi responsabili erano:
- Pseudomonas aeruginosa
- Serratia marcescens
- Citrobacter freundii
nei casi sporadici, invece, il microrganismo più frequentemente in causa era l’Escherichia coli.
Nelle infezioni appartenenti a cluster erano più frequenti i ceppi antibioticoresistenti.
· Strumenti e/o attrezzature contaminate: come cistoscopi, attrezzature per urodinamica, contenitori per urina.
Le vie di accesso ai microrganismi nel primo tratto urinario e da qui alla vescica si verifica: con la colonizzazione del paziente, del catetere, del sistema di drenaggio urinario. Ciò può verificarsi:
 
· Nel momento dell’inserimento del catetere:
i germi che proliferano nel meato urinario o nel tratto distale dell’uretra possono essere direttamente introdotti in vescica Garibaldi RA. (10)
· Per Migrazione intraluminale:
Il sistema di drenaggio urinario può contaminarsi:
-a livello del rubinetto di drenaggio della sacca di raccolta al momento in cui questa viene svuotata, se non è rispettata l’asepsi;
-nel punto di connessione sacca di raccolta-catetere;
-a livello dell’anello di gomma per il prelievo dei campioni di urina;
-i microrganismi che contaminano la sacca o il catetere possono risalire in vescica, trasportati dalle urine (se la sacca viene impropriamente
posta ad un livello superiore alla vescica) o possono risalire sulla superficie del catetere stesso Nichel JC 1985. (13);
-nello spazio tra catetere ed uretra;
· Per Migrazione  extraluminale:
Anche quando il ciclo chiuso viene mantenuto è possibile il verificarsi di infezioni urinarie. Microrganismi presenti a livello del meato uretrale possono, infatti, risalire all’esterno del catetere, lungo lo spazio esistente tra catetere e mucosa uretrale.
Tale via di trasmissione è frequente nei pazienti trattati con cateteri a ciclo chiuso per lunghi periodi (13).
I microrganismi possono, quindi, entrare all’interno del sistema di drenaggio urinario e risalire per via intraluminale oppure ascendere all’esterno della superficie del catetere, nello spazio esistente tra uretra e catetere. Negli ultimi anni si è visto come alcuni microrganismi hanno la capacità di aderire e crescere sulla superficie del catetere.
I patogeni urinari possono essere suddivisi in due grandi classi: quelli che crescono  nelle urine e quelli che crescono sulla superficie del catetere. Stamm WE. (34)
I microrganismi appartenenti a questa seconda categoria aderiscono alla superficie del catetere e producono una matrice extracellulare di glicocalice batterico nella quale si nascondono. Nel biofilm vengono successivamente incorporate proteine dell’ospite (proteina di TAMM-HORSFALL) e sali urinari che portano alla formazione di incrostazioni del catetere. I batteri che crescono attraverso questo meccanismo sono quelli appartenenti ai germi pseudomonas e proteus.
Tra i fattori di rischio di IVU identificati vi sono: le caratteristiche del paziente e le scelte assistenziali.
Caratteristiche del paziente:
1. Sesso
Nei pazienti cateterizzati, diversi studi hanno messo in evidenza un aumento del rischio di IVU nelle donne  Burke JP. – Platt R. (14-15). Tale ooservazione può essere spiegata dalla maggiore facilità di accesso della flora perineale alla vescica, data la limitata lunghezza della uretra.
2. Età
L’incidenza di IVU aumenta progressivamente con l’età, sia negli uomini che nelle donne; ciò può essere dovuto ad una maggiore suscettibilità alle infezioni, ma anche ad un più frequente utilizzo del catetere negli anziani ) Platt R. (15)
3. Patologia di base
I pazienti cateterizzati, in condizioni di base più gravi, hanno un maggior rischio di sviluppare una IVU: si è evidenziato come la presenza di diabete o di insufficienza renale si associassero ad un aumento di due volte circa del rischio di infezione.
 
Scelte assistenziali:
1.Catetere vescicale
L’incidenza di IVU in una cateterizzazione singola (catetere inserito e subito rimosso) varia da 1 a 3% nei diversi studi, anche se il rischio può essere più elevato in particolari pazienti (anziani, debilitati, donne in gravidanza) Kunin CM. (20). In questo caso le infezioni sono attribuibili a microrganismi che hanno accesso diretto in vescica durante l’inserzione.
2.Durata del cateterismo
Nel cateterismo a permanenza, il rischio di IVU è maggiore rispetto al cateterismo singolo e varia in relazione alla durata e al drenaggio utilizzato.
Quello a breve tempo è meno dannoso e le indicazioni per cui è generalmente accettato comprendono: -l’ostruzione vescicole,
                                       - l’incontinenza,
                                       - la chirurgia a vescica vuota,
                                       - il monitoraggio della diuresi nel paziente critico.
I sistemi di drenaggio aperto si associano ad un rischio molto elevato di contaminazione; i sistemi di drenaggio a circuito chiuso hanno consentito di ridurre in modo considerevole il rischio di IVU soprattutto nei cateterismi di breve durata.
All’aumentare della durata di esposizione al catetere,  aumenta l’incidenza di IVU. L’incidenza giornaliera di batteriuria è pari a circa 3-10% Thompson RL.– Moro ML. (16-17), il 50% circa dei pazienti cateterizzati è batteriurico al 10 giorno di cateterismo e quasi il 100% dopo i primi 30 giorni di cateterismo Classen DC.(18).
3.Contaminazione della sacca di drenaggio
Diversi autori hanno evidenziato che la contaminazione della sacca di drenaggio comporta un aumento del rischio di infezioni urinarie per via ascendente intraluminale.
Combinando i dati rilevati nell’ambito di quattro studi sperimentali controllati sulla disinfezione del meato uretrale, si è osservato come fossero molto frequenti errori nell’assistenza al paziente cateterizzato: nell’11,5% dei 1927 pazienti studiati, la giunzione tra catetere e tubo di drenaggio era stata disconnessa, nel 20,5% la sacca era stata mal posizionata, nell’1,5% il rubinetto di svuotamento della sacca era stato posizionato in modo non corretto. Burke JP.(19)
I CDC raccomandano l’utilizzo di cateteri a circuito chiuso come la misura più efficace a prevenire l’insorgenza di IVU. E’ importante che il drenaggio sia dotato di un sito per il prelievo delle urine direttamente dal catetere, in modo da evitare la deconnessione del circuito. Altri accorgimenti aggiuntivi a questo tipo di drenaggio come sfiatatoi per l’aria, gocciolatoi, valvole antireflusso non hanno dimostrato l’efficacia nel prevenire l’accesso di microrganismi in vescica (35).
L’incidenza di IVU nei pazienti con drenaggio aperto può arrivare all’85-100% nell’arco di 3-4 giorni; con drenaggio chiuso l’incidenza varia da 8-27%.
Per quanto concerne la durata della cateterizzazione molti studi hanno evidenziato che, anche con sistema di drenaggio chiuso, l’incidenza di infezioni è del 5-10% al giorno; circa il 50% dei pazienti cateterizzati per più di 7-10 giorni sviluppa una batteriuria e quasi il 100% dopo 30 giorni di cateterismo.
 
 Purtroppo ancora oggi, diversi studi di prevalenza e incidenza hanno dimostrato che il ricorso alla cateterizzazione è frequente, soprattutto nei reparti chirurgici e intensivi.
La prevenzione delle IVU può essere realizzata in tre diverse fasi:
1.  prevenzione della cateterizzazione (eliminazione dei cateterismi per indicazioni non appropriate, strumenti alternativi alla cateterizzazione);
2.  prevenzione delle batteriurie una volta che il catetere sia stato posizionato (sacca di drenaggio a ciclo chiuso, rimozione del catetere prima possibile);
3.  prevenzione delle complicanze una volta che si verifichi la batteriuria.
 
La letteratura suggerisce le misure preventive mirate a:
· ridurre l’uso del catetere urinario;
· prevenire le infezioni endogene (colonizzazione dell’area periuretrale e infezioni per via ascendente extraluminale);
· prevenire le infezioni esogene (batteri provenienti per via ascendente intraluminale da sacca di drenaggio o tubo contaminati).
 
Ridurre l’uso del catetere urinario
Negli Stati Uniti il 10% dei pazienti ospedalizzati è sottoposto per un periodo anche breve alla cateterizzazione urinaria. Di recente è stata condotta una indagine in 60 ospedali italiani nell’ambito del PROGETTO IVU promossa dal comitato nazionale per la valutazione della qualità dei servizi sanitari.
E’ stato evidenziato:
su 13.402 pazienti studiati il 18% era sottoposto a cateterismo urinario in un dato giorno per motivazioni più comuni quali: gestione del paziente chirurgico, l’assistenza al paziente debilitato, incontinenza.
Il cateterismo dovrebbe essere inserito solo in presenza di condizioni cliniche per le quali esistono particolari indicazioni all’uso del catetere e dovrebbe essere rimosso non appena tali condizioni non siano più soddisfatte.
Garibaldi, uno dei massimi esperti in questo campo, afferma che l’uso del catetere deve essere limitato alle circostanze in cui è assolutamente necessario e che le indicazioni generalmente accettate per una cateterizzazione “SHORT-TERM” comprendano il trattamento di una ostruzione vescicale, la gestione del paziente incontinente, l’assistenza al post-operato, ove indicato, e il monitoraggio della diuresi nei pazienti critici. Kunin sottolinea, inoltre, che il catetere non dovrebbe mai essere utilizzato per ottenere campioni di urina o di routine prima del parto.
Prevenzione delle infezioni endogene
Queste infezioni sono dovute alla risalita in vescica, per via extraluminale, di germi che colonizzano il meato uretrale.
Come prevenirle?
Per quanto concerne l’eradicazione di microrganismi dell’area periuretrale, nell’ultimo decennio sono stati effettuati numerosi studi clinici controllati randomozzati, mirati a valutare l’efficacia protettiva della disinfezione giornaliera del meato urinario, ma in nessun caso si è riusciti ad evidenziare un effetto protettivo di tali misure. Burke JP.(14). Altri tentativi di prevenire le infezioni sono stati mirati a produrre cateteri di materiali che potessero indurre minori reazioni flogistiche locali (silicone) oppure più resistenti alla adesione batterica (cateteri rivestiti di ioni di argento). In ambedue i casi, però, le evidenze disponibili sono contraddittorie e non definite. Alcuni studi hanno infatti dimostrato un beneficio all’utilizzo di tali cateteri, mentre altri n sono stati in grado di dimostrare alcuna riduzione nella frequenza della batteriuria. Schaffe AJ.(38).
E’ stata anche proposta l’irrigazione della vescica con soluzioni antisettiche o con antibiotici, però anche in questo caso nessuno degli studi effettuati ha dimostrato l’efficacia di tale misure.
Warren non ha osservato alcun beneficio all’utilizzo di irrigazione continua con Polmixina-Neosporina .
Davies non ha osservato alcuna differenza tra pazienti trattati con irrigazione di clorexidina rispetto a quelli non trattati.
Blocklehurst non ha potuto dimostrare alcun beneficio dall’utilizzo di Noxitiolina. L’irrigazione della vescica, quindi non solo non è efficace a prevenire le infezioni, ma può aumentare il rischio di batteriurie a causa della frequente disconnessione del catetere, il cambiamento della flora batterica e l’incremento di ceppi resistenti.  Dudley M .(39) 
Prevenzione delle infezioni esogene
L’introduzione dei cateteri a drenaggio chiuso ha rappresentato il passo in avanti più significativo nella prevenzione delle IVU di origine esogena nei pazienti con cateterismo a permanenza.
Tale misura dovrebbe essere attuata in tutti i pazienti cateterizzati. Platt ha dimostrato una diminuzione del rischio di infezione quando venivano utilizzati cateteri preconnessi al tubo di drenaggio.
Il sistema di drenaggio può essere contaminato anche nel momento dello svuotamento della sacca di drenaggio (improprie manipolazioni del rubinetto di svuotamento, utilizzo improprio di contenitori per lo svuotamento). Le mani si possono contaminare con urine infette e possono rappresentare il principale veicolo di trasmissione.
Data l’elevata frequenza di contaminazione della sacca di drenaggio è stata suggerita l’aggiunta di disinfettante alla sacca per impedire la moltiplicazione dei microrganismi e la loro successiva risalita in vescica. Tutti gli studi effettuati in merito non hanno però evidenziato alcun beneficio. Gillespie WA.(40) non ha osservato alcuna differenza nei pazienti nei quali la sacca veniva disinfettata con clorexidina rispetto ai pazienti non trattati. Analogamente né Thompson, nè Sweet hanno rilevato alcun beneficio dalla aggiunta alla sacca di drenaggio di H2O2 . Data l’inefficienza di tale misura, i costi associati ed il rischio di insorgenza di ceppi resistenti, la disinfezione periodica della sacca di drenaggio non è raccomandata. Swett DE.(41) 
In merito alla sacca di drenaggio.
Secondo molti autori la contaminazione della sacca di drenaggio comporta un aumento del rischio di infezione urinaria per via ascendente intraluminale, Platt R..(36) ha stimato un aumento del rischio di infezione in questi pazienti pari a quasi quattro volte. Burke JP. (19) combinando i dati rilevati nell’ambito di quattro studi sperimentali controllati sull’antisepsi del meato uretrale, ha osservato come fossero molto frequenti errori dell’assistenza al paziente cateterizzato. Nell’11,5% dei 1927 pazienti studiati la giunzione tra catetere e tubo di drenaggio era stata disconnessa, nel 20,5% la sacca era stata mal posizionata, nel 1,5% il rubinetto di svuotamento della sacca era stato posizionato in modo non corretto. Nei pazienti in cui la sacca o il rubinetto erano stati mal posizionati l’incidenza di batteriuria era significamene maggiore rispetto ai pazienti in cui non era stato notato alcun errore.
Warren JW.(37).
Warren ha rilevato come la disconnessione tra catetere e tubo di drenaggio si associasse ad una incidenza più elevata di batteriuria nello stesso giorno in cui si era verificata la disconnessione (11% nei pazienti con disconnessione VS 4% nei pazienti senza).
Riportiamo ora, in breve, articoli di studi recenti presi in considerazione per dare una panoramica del problema in Europea ed in America del problema IVU. Tutti erano concordi nell’evitare il catetere e usare tecniche sterili.
In uno studio pubblicato nel 2001, il 4° effettuato dalla ESGNI ( European Society of Clinical Microbiology and Infectious Diseases) (47) si è posto come obiettivo quello di stimare  l’incidenza del tasso di IVU ospedaliere acquisite in Europa per fornire informazioni sulle caratteristiche cliniche, sottolineando le condizioni, l’etiologia, il trattamento e i risultati sui pazienti. Lo studio è stato eseguito in 141 ospedali tra pubblici, privati, universitari,  di 25 paesi (12 C. Europea, 13 Extra) considerando l’incidenza di IVU associato a cateterismo vescicale in un giorno. I paesi della comunità adottavano nel 90% dei casi le linee guida istituzionali, mentre quelli extracomunitari nel 55%. Le variabili prese in considerazione, di tutti i pazienti con o senza catetere, erano:
· l’età (+ giovani i pz extra)
· il sesso (+ donne nella CE)
· la patologia
· l’etiologia dell’episodio
· la severità della patologia secondo la sepsi (+ seria  i pz extra)
· la presenza di febbre
Nei pazienti portatori di catetere le variabili erano:
· il tipo di catetere (indicazione principale: l’incontinenza) usato nel 92% era in argento nel 2%
· il tempo  di permanenza di esso ( 90% a breve tempo: <30 gg)
· l’uso del circuito chiuso (nel 78% dei casi)
· la presenza di urinometro (nel 23% dei casi)
· il metodo di inserzione
· la gestione del catetere ( errori nel 24% dei casi, il più frequente è risultato l’apertura del sistema di drenaggio)
I germi maggiori responsabili sono risulati:
l’ escherichia coli,la candida, lo pseudomonas auriginosa (+ frequente nei pz.extra).
Il catetere è stato inutile nel 31% dei casi, inadeguato nel 7%.
Lo studio si conclude con questi dati:
l’incidenza di IVU in Europa è di 3,55/1000 pazienti al giorno, il dato aumenta quando il paziente è portatore di catetere sia per il catetere che per la sua gestione.
Non è chiara la relazione tra catetere e mortalità. E’ risultata una alta porzione di IVU ospedaliera non correlate al cateterismo fisso.
Lo studio di Saint S.,Savel RH,Matthay NA. Pubblicato su Am J respir Crit Care Med  del 2002 (42)  di seguito riportato spiega il fenomeno negli U.S.A. dove le IVU da catetere rappresentano il 31% delle IO negli U.S.A.(6 -1999) La batteriuria rappresenta, grosso modo, l’incidenza, è del 3-10% (7-2000)tra questi pz il 25% svilupperà sintomi locali ed il 3% svilupperà batteriemia (7-2000). Un’infezione sintomatica acquisita in ospedale ha un costo addizionale pari a 676$ ed ogni batteriemia un costo minimo di 2836$.
Misure preventive
Evitare e/o abbreviare l’uso del catetere, è comune cateterizzare a “tappeto”. Alcuni collaboratori nella TI hanno osservato che il 13% su 135 cateterizzazioni iniziali erano ingiustificate. L’uso di catetere fisso era appropriato nel 41% dei pz cateterizzati al giorno. La ragione più comune di uso in TI era per meglio monitorizzare la diuresi. Gli studiosi hanno trovato che spesso non c’erano le indicazioni appropriate che giustificassero il monitoraggio della diuresi e che il catetere fisso sia richiesto per questo scopo (8-1995).
Sistema chiuso e tecniche d’inserimento
Fondamentale il corretto inserimento del presidio, l’innovazione degli ultimi 40 anni ha visto l’introduzione del catetere a circuito chiuso.
Uso del catetere urinario antinfettivo
Sono risultati efficaci, nel prevenire la batteriuria, l’uso di agenti antinfettivi applicati sulla superficie del catetere. La maggior parte dei dati però di questo studio sono stati recuperati su pz non degenti in TI.
La sostanza più usata è stata l’argento. In 8 studi randomizzati controllati si sono avuti buoni risultati con l’uso di questi cateteri ricoperti d’argento. Gli studi hanno visto mescolare questi cateteri agli altri ed i primi hanno dato minore infezione (9 -1998).
Dopo questa metanalisi 5 studi pubblicati sono da prendere in considerazione, molti dei quali si concentrano sulla batteriuria; 2 hanno dimostrato benefici statisticamente significativi ma con più piccolo rischio di rischio di riduzione comparato alla metanalisi precedente (10-2000;11-1998) entrambi includevano pz di TI. Quando,però, Kartcher ed i suoi colleghi (10) hanno preso in considerazione un sottogruppo di analisi nei pz di TI non è stato evidenziato nessun beneficio statisticamente importante con l’uso di cateteri in argento. Uno studio ha riportato buoni risultati con l’uso di questo catetere nei pz postoperati urologici in cui è stato applicato per 5gg ma non in quei pz in cui si usato per 14 gg(13-1999). In un’altra valutazione eseguita in 5 centri di TI Bologna (14-1999) ed i suoi colleghi hanno trovato beneficio nell’uso di questi cateteri.
Per cui viene raccomandato l’uso di di cateteri in argento per i pz gravi, anche in virtù del limitaton metodo alternativo di prevenzione. Il Medical Center dell’università del Michingam li usa in TI ed ematologia e ne sta valutando il costo-beneficio. Quelli ricoperti di sostanza antibatterica sono stati meno studiati.
Riassunto metodi preventivi correlati al catetere
La IVU da catetere è comune, costosa, patologica. Pochi interventi riescono a diminuire questa “complicanza”, quelli d’argento diminuiscono le IO del tratto urinario nei pz critici. E’ meno chiaro quali effetti possa avere su batteriemia e mortalità l’uso del catetere in lega d’argento. Ad oggi l’uso di questi, nei pz ad alto rischio di infezione sembra ragionevole.
Due aspetti restano critici: - uso strettamente richiesto e a breve termine
                                          -tecniche asettiche nell’inserimento e nell’uso del
                                           sistema di drenaggio.
Studio di T.Newton,RN; del 2002 (43) Uno studio retrospettivo per valutare l’incidenza delle IVU nei pz ustionati ha preso in considerazione due diversi periodi di tempo e due  gruppi di pz. Al primo gruppo di pzè stato lasciato in situ un foley in lattice presente all’ammossione, all’altro è stato sostituito con uno in lega d’argento. Si è visto che l’uso di quelli in lega d’argento ha abbassato significativamente il tasso di IVU nel centro grandi ustionati dal 7,2xmille cateteri si è passati al 4,4xmille cateteri. I risultati sono stati interpretati usando la definizione delle IVU sintomatiche stabilita dal sistema NNIS del Centro per il controllo e prevenzione delle malattie. 
Questi autori David D. Cravens,MD, (44) con un lavoro datato 2000, affermano con decisione che l’uso dei cateteri urinari dovrebbe essere evitato quando possibile.Hanno dimostrato che si verifica una IVU in 4 giorni se si usa un catetere a circuito aperto e in 30 giorni se si usa il circuito chiuso. Il cateterismo a intermittenza è preferibile a quello a lungo termine. I condom più comodi, hanno un basso tasso di incidenza di batteriuria .
I cateteri sovrapubici sono raccomandati da alcuni medici per un uso a breve termine. I cateteri in silicone sono raccomandati per il cateterismo a breve termine, essi hanno una minore incidenza di uretriti estenosi uretrali rispetto a quelli in lattice preferiti, invece, nel catetere a lungo termine. I cateteri con argento sono stati associati a batteriuria più frequente e  ad  un rischio superiore di batteriuria da stafilococco.
Nello studio pubblicato nel 2000 da . S Saint,MD; DL Veentra (46) si vogliono mettere in evidenza i potenziali benefici del catetere in lega d’argento come presidio atto a prevenire le IVU nei termini di costo-beneficio. Sono stato presi in esame pazienti di diversi reparti e considerato un cateterismo a breve tempo (2-10 gg) ed esclusi i pazienti sottoposti ad intervento chirurgico e quelli di pertinenza ostetrica. I risultati dello studio non sono generalizzabili per tutti i pz bisognosi di catetere fisso da un’analisi di base ,l’uso del CLA ha portato al 47% di diminuzione dell’incidenza di IVU sintomatiche e una conseguente diminuzione del 44% nell’incidenza della batteriuria dal 4,5% al 2,5% per mille pz, rispetto all’uso del catetere standard per cui potrebbe risultare strategico l’uso di questi cateteri.
 
CONCLUSIONI
Tutti i maggiori esperti nel campo delle IVU sono concordi nell’affermare che la misura più efficace per ridurre l’incidenza di infezioni urinarie è quella di evitare i cateterismi inutili e tutte le giornate di esposizione non necessarie.
Si invitano gli operatori del settore a tenere conto di metodi alternativi mirati a ridurre l’utilizzo di catetere vescicale a permanenza (Tab.3)
Negli ultimi decenni si è fatta strada una nuova patologia, la “malattia da progresso medico”, che vede nelle aree cosiddette critiche la sua massima concentrazione. La sua etiologia è rappresentata dall’enorme avanzamento tecnologico ed ideologico nel trattamento del paziente critico.(21)
Le infezioni ospedaliere rappresentano un evento frequente e grave che comporta notevoli costi sia in termini economici, sia in termini di salute individuale. Il problema è quanto mai attuale, anche alla luce dei nuovi sistemi di finanziamento delle strutture sanitarie e delle prospettive di accreditamento degli ospedali ormai basate su indicatori di qualità dell’assistenza. La presenza o assenza delle infezioni è sicuramente uno di questi.
Molti studi hanno dimostrato che circa il 40% delle IVU è prevenibile migliorando l’aderenza a standard professionali così da poter uniformare i comportamenti relativamente alla pratica della cateterizzazione vescicale.
 
A differenza delle altre infezioni ospedaliere, le IVU rappresentano una conseguenza diretta di un’unica procedura invasiva di cui gli infermieri hanno propria responsabilità (22).
E’ una pratica quasi strettamente  infermieristica ed in virtù di quella autonomia decisionale, appropriatezza nella scelta, autorevolezza non pretestuosa, decisività negli interventi, in un’unica parola nella professionalità del nostro operato, che dobbiamo riflettere  sulla nostra capacità di essere clinici e di uniformare i comportamenti per rispondere al sistema olistico rappresentato dal paziente. Da colui che si affida alle nostre cure  e di cui siamo responsabili.(26).
L’infermiere è direttamente coinvolto in questo tipo di problematica per cui l’invito allo studio, alla ricerca, e al confronto è mai, come in questo argomento, più esigente che in altri.
 
 
Tabella 1
Raccomandazioni dei Center for Disease Control per la prevenzione delle IVU.
I Categoria - adozione vivamente raccomandata
Ø Educare il personale alle corrette tecniche di inserimento e cura del catetere.
Ø Cateterizzare solo quando è necessario.
Ø Sottolineare l’importanza del lavaggio delle mani.
Ø Inserire i cateteri con tecniche asettiche ed attrezzatura sterile.
Ø Fissare opportunamente il catetere.
Ø Mantenere il drenaggio chiuso e sterile.
Ø Prelevare asetticamente i campioni di urina.
Ø Evitare le ostruzioni del flusso urinario.
II Categoria – adozione moderatamente raccomandata
Ø Rieducare periodicamente il personale all’impiego del catetere.
Ø Usare i cateteri più sottili possibile.
Ø Evitare le irrigazioni, a meno che non siano necessarie per prevenire o eliminare ostruzioni.
Ø Astenersi dalla pulizia giornaliera del meato urinario con una qualunque delle tecniche proposte (disinfettante, antibiotico).
Ø Non sostituire i cateteri a intervalli prefissati.
III Categoria - adozione scarsamente raccomandata
Ø Prendere in considerazione l’impiego di tecniche alternative di drenaggio urinario prima di impiegare la cateterizzazione a permanenza.
Ø Sostituire il sistema di raccolta quando il drenaggio chiuso sterile è stato violato.
Ø Separare spazialmente i pazienti cateterizzati infetti dai non infetti.
Ø Evitare il monitoraggio microbiologico di routine. (22)
 
Tabella 2
Tabella Riassuntiva di misure preventive raccomandate dai CDC di Atlanta (USA)
Ø I cateteri dovrebbero essere inseriti solo su precisa indicazione clinica e rimossi non appena questa cessi di esistere.
Ø Assistenza al paziente cateterizzato solo dal personale qualificato
Ø Lavaggio delle mani prima e dopo la manipolazione del sito di inserzione del catetere o del catetere stesso.
Ø Inserzione del catetere con tecniche asettiche e presidi sterili (utilizzare guanti, telini, una appropriata soluzione antisettica per la pulizia periuretrale e lubrificante monouso).
Ø Uso di cateteri di piccolo calibro.
Ø Fissaggio in modo opportuno del catetere.
Ø Mantenimento del drenaggio chiuso e sterile, senza ostacoli al deflusso.
Ø Catetere e drenaggio non dovrebbero mai essere disconnessi a meno che non sia necessaria irrigazione.
Ø Evitare le irrigazioni, salvo che in caso di fenomeni di ostruzione.
Ø Dopo la deconnessione disinfettare la giunzione catetere-drenaggio.
Ø Utilizzare per l’irrigazione una soluzione sterile e tecniche in asepsi.
Ø Se il catetere si ostruisce frequentemente è meglio sostituirlo piuttosto che ricorrere a irrigazioni frequenti.
Ø Se sono necessari piccoli campioni di urine disinfettare la parte distale del catetere o meglio il punto di prelievo e prelevare con una siringa sterile. Se sono necessari campioni di maggiore volume, prelevarli in asepsi, dalla sacca di drenaggio.
Ø Per facilitare il libero flusso delle urine:
· evitare punti di tensione del catetere e del tubo di drenaggio;
· svuotamento regolare della sacca di drenaggio usando un contenitore individuale per ciascun paziente;
· irrigare i cateteri ostruiti o se necessario sostituirli;
· mantenere le sacche di drenaggio sempre più basso rispetto al catetere;
· evitare la sostituzione del catetere ad intervalli arbitrari (28)
 
 
Tabella 3
Metodi mirati a ridurre l’utilizzo di catetere vescicale a permanenza
 
1.  Evitare il catetere quando non è necessario
Ø Consentire al paziente di tentare di urinare spontaneamente.
Ø Terapia farmacologica per stimolare e rilasciare lo sfintere.
Ø Pressione sovrapubica per facilitare lo svuotamento della vescica.
Ø Non necessario nei pazienti oligurici con insufficienza renale.
 
2.  Ridurre la durata del cateterismo
Ø Evitare i giorni di cateterismo non necessari.
 
3.  Metodi alternativi al catetere vescicale
Ø Pannoloni per pazienti incontinenti.
Ø Sistemi esterni di raccolta “condom”.
Ø Cateterizzazione a intermittenza.
Ø Cateterismo sovrapubico
 
 
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