Congresso Nazionale Aniarti 2002
Emergenza, cure intensive e Livelli Minimi di Assitenza
Sorrento (NA), 07 Novembre - November 2002 / 09 Novembre - November 2002
» Indice degli atti del programma
Sessioni Parallele: Sala principale Maria Benetton, Isabella Zennaro, Edna Biase, Tonia De Crescenzo, Angelina DI Nuccio, Maura Lusignani, Martin Langer, Anna Maria Toffano
08 Novembre - November 2002: 14:00 / 17:00
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- Quando la decisionalità è non solo
professionale, ma anche deontologica nelle scelte assistenziali per la
prevenzione e contenimento delle Infezioni Ospedaliere
-
- Relatrice:
Inf. Afd. Angelina Di Nuccio Coordinatrice del
Servizio Operatorio
- P.O.
“San Rocco” Sessa Aurunca A.S.L. CE/2 – Caserta.
-
- Altri autori:
Inf. Afd. Antonietta Iannotta Servizio Operatorio P.O. “San Rocco”
- Sessa
Aurunca A.S.L. CE/2 – Caserta.
- Inf. Tonia De
Crescenzo Rianimazione A.O.R.N. Cardarelli Napoli.
- Inf. Anna Montanaro
Rianimazione A.O.R.N. Cardarelli Napoli.
- Le
infezioni sono un fenomeno multifattoriale, dipendente da numerose
concause e le infezioni ospedaliere rappresentano uno dei possibili
effetti del trattamento/assistenza erogati al paziente. Esse sono
potenzialmente evitabili, perché in molti casi prevenibili con l’adozione
di interventi appropriati.
Infatti, nella programmazione della prevenzione/riduzione delle infezioni
nosocomiali l’attenzione è principalmente rivolta agli interventi tecnici
ed assistenziali degli infermieri, medici ed altri operatori, proprio
perché controllabili e modificabili. [1]
Quindi la quota di prevenibilità delle infezioni ospedaliere dipende, in
buona parte, da procedure assistenziali semplici e di ampia diffusione
quali il lavaggio delle mani, [2] il rispetto dell’asepsi nelle procedure
invasive, la disinfezione e sterilizzazione dei presidi sanitari.
Poiché le procedure che espongono a maggior rischio d’infezione sono
generalmente effettuate da personale infermieristico, che oltretutto
rappresenta una quota considerevole del personale sanitario, un approccio
superficiale al problema tende ad individuare le responsabilità solo in
“chi fa” e non in “chi non programma le cose giuste da fare”.
Applicare procedure inefficaci conduce ad un inutile dispendio di risorse
non certo in sintonia con l’attuale politica di aziendalizzazione delle
strutture sanitarie e con il riconoscersi professionisti autonomi e
responsabili dell’assistenza infermieristica che individua tra le priorità
la promozione della salute e, quindi, anche la prevenzione delle
infezioni. Il primo passo, e forse il più difficile da compiere, è di
valutare l’appropriatezza dell’indicazione delle procedure invasive più
diffuse come il cateterismo urinario, il cateterismo vascolare, etc. al
fine di contenere la quota di inutile esposizione al rischio infettivo.
Solo attraverso un sistema di audit interno alle professioni sanitarie si
è in grado di garantire non solo di "fare le cose giuste" o di "fare le
cose bene", ma di “fare bene le cose giuste” nella prevenzione delle
Infezioni Ospedaliere. L’attività di prevenzione e controllo delle
infezioni ospedaliere diventa così un intervento multidisciplinare in cui
più professionisti (direttore sanitario, medico, infermiere, microbiologo,
infettivologo, farmacista ecc.) con le proprie specifiche competenze e
responsabilità concorrono per un obiettivo comune: “promuovere la qualità
dell’assistenza prevenendo le infezioni ospedaliere”, e l’infermiere
addetto al controllo delle infezioni gioca, in questo contesto, un ruolo
determinante per il cambiamento sia culturale sia organizzativo. [3] - Efficacia ed appropriatezza
In un dizionario, il Curcio del 1978,
l’Infermiere è definito come persona a servizio del paziente e dopo
ventuno anni la professione infermieristica nel codificare la propria
deontologia ribadisce all’art. 1.2 la disponibilità a servizio della
persona e della collettività. Ma aggiunge anche che l’assitenza
infermieristica si realizza attraverso interventi specifici, autonomi e
complementari, di natura tecnica, relazionale e educativa. [4]
Nel Patto infermiere-cittadino l’Infermiere s’impegna a garantire le
migliori condizioni igieniche ed ambientali, ma anche competenza ed
abilità nel prestare assistenza. [5]
Emerge, senza ombra di dubbio, la considerazione del
paziente nella sua globalità da parte degli Infermieri e l’impegno
all’erogazione di una buona assistenza.
Ed oggi non c’è alcun dubbio nell’affermare che una buona assistenza si
basi su interventi e tecniche di documentata efficacia, ma potrebbe essere
riduttivo pensarla come l’unica componente della qualità, perché
interagiscono anche altre variabili, di non minore importanza, che vanno
dai contenuti tecnici degli interventi assistenziali e quelli di tipo
organizzativo e gestionale. [6]
Riguardo all’efficacia dovremmo chiederci quali sono i criteri che possono
dimostrare la provata efficacia dei processi assistenziali e come
l’evidenza scientifica sia supporto delle decisioni. Nella valutazione
degli interventi sanitari per efficacia s’intende la capacità
dell’intervento in esame di migliorare gli esiti della condizione in
esame.
E l’efficacia documentata è o deve essere il principale requisito per
decidere di fornire un servizio sanitario, presupposto di particolare
importanza quando si tratta di prevenzione e di responsabilità a non
recare danno. [7]
Mentre, l’efficacia di un servizio sanitario consiste nel fare le cose
giuste alle persone giuste e s’identifica con l’appropriatezza, come
implicitamente riconosciuto dal DDL 229/1999.
Qundi, se l’appropriatezza è la variabile
fondamentale per l’allocazione delle risorse (limitate) in termini
organizzativi e clinici, un intervento o prestazione assistenziale è
appropriato quando i benefici attesi sono superiori ai possibili effetti
negativi ed ai disagi derivabili dal suo impegno.
La responsabilità della decisionalità - Il passaggio dall’etoronomia ad autonomia
professionale dell’Infermiere con la legge 42/99 fa assumere alla
prestazione infermieristica una valenza diversa, perché all’infermiere è
riconosciuta la competenza e la responsabilità dell’assistenza.
In alcune prestazioni assistenziali l’infermiere ha oggi un’autonomia
decisionale importante, basti pensare che è di solito l’infermiere a
decidere la scelta del calibro di un catetere vescicale, come anche la
cateterizzazione del paziente.
È inutile girarci intorno, ovunque ci sia un paziente critico o anche un
paziente immobilizzato a letto, scatta la cateterizzazione vescicale di
prassi. Non importa se indicata, a volte non importa nemmeno se il
paziente ha conservata l’autonomia alla minzione.
L’appropriatezza
all’applicazione di un catetere vescicale è pienamente disattesa in UTI ed
il peso della responsabilità decisionale è spesso dell’infermiere.
Eppure dal punto di vista deontologico egli s’impegna a non nuocere,
recare danno, fare male.
Anche la cateterizzazione vescicale più indicata e rispondente a
protocolli e procedure d’applicazione idonee, reca al paziente un fastidio
e la sempre insidiosa possibilità di sviluppare una batteriuria del tratto
urinario.
Il cateterismo vescicale diventa risposta ad un bisogno, quando è
prestazione appropriata. Dovrebbe quindi, essere utilizzato in determinate
situazioni cliniche, alla presenza d’EBM ed andrebbe rimosso, non appena
viene a mancare la necessità.
Ci vogliamo porre il problema e chiederci se tutti i pazienti cui
posizioniamo il catetere vescicale abbiano davvero bisogno, se rispettiamo
le norme igieniche e di protocollo preventivo e cosa importante: “Fino a
che punto siamo pretestuosi?”
È pretestuosa una ragione apparente o non vera, che si adduce per
giustificarsi o per non fare una determinata cosa. Quindi, pur di dare
delle motivazioni possiamo essere pretestuosi e possiamo recare danno al
paziente che assistiamo, non rispondendo, così, ad uno dei principi della
professione infermieristica, sancito all’art. 2,6 del Codice Deontologico
e afferma che “nell’agire professionale, l’Infermiere si impegna a non
nuocere, orienta la sua azione all’autonomia e al bene dell’assistito, di
cui attiva le risorse anche quando questi si trova in condizioni di
disabilità o svantaggio”.
La scelta del calibro di un catetere, l’appropriatezza della scelta,
l’adozione e rispetto delle linee guida nell’attuazione di protocolli e
procedure assistenziali devono essere dettate dalla competenza.
Autonomia decisionale dettata da competenza professionale, fondare la
prestazione su conoscenze validate ed aggiornate, in modo da garantire
alla persona le cure e l’assistenza più efficaci. [8]
Responsabilità è anche riconoscere i propri limiti di competenza ed
assumersi la responsabilità in base al livello di competenza raggiunto e
ricorrere, avvalersi, se necessario, alla consulenza di colleghi esperti.
[9]
Declinare le proprie responsabilità può essere un atto dovuto a chi
assistiamo, che ha il diritto di avere il meglio in fatto d’assistenza, ma
deve essere anche di sprono a rimettersi in discussione, a riflettere sui
propri limiti e fare sana manutenzione delle proprie competenze
professionali. Non è più tempo di prescindere da questo impegno,
l’infermiere è oggi deputato, sempre più a scelte dirette.
L’Infermiere è portatore di una competenza, ricca anche di contenuto
gestionale per il governo dei processi di cui è responsabile e la
leadership in questo campo, non può che essere un profondo conoscitore
della professione infermieristica. [10]
Infatti, chi è deputato alla scelta o indicazione di scelta dei presidi,
deve basarle su indicazioni di provata evidenza scientifica, come ad
esempio l’utilizzo del sistema di drenaggio a circuito chiuso nella
cateterizzazione vescicale o all’utilizzo di cateteri impregnati nel CVC
etc.
Oggi, più che mai, egli contribuisce ad orientare le politiche e lo
sviluppo del sistema sanitario, al fine di garantire il rispetto dei
diritti del paziente, ma anche l’equo utilizzo delle risorse, alla
rispondenza del principio dell’economicità nel loro impiego.
Le modalità specifiche di erogazione devono portarci a riflettere
seriamente sul problema, ad orientare le scelte, basandole su criteri di
scientificità, con rispondenza al principio d’efficacia ed appropriatezza
della prestazione e questa può essere solo dettata dalla competenza
professionale aggiornata ed a passo con i tempi. Ne risulterà valorizzato
anche il ruolo professionale dell’Infermiere, perché si lavorerà secondo
metodologia, ricerca e chi è chiamato ad assistere non può smettere di
porsi domande anche le più semplici e che appaiono scontate. [11]
- Conclusioni
-
Solo avendo un approccio sempre critico
verso il proprio operato e quello degli altri membri dell’equipe,
permetterà di assolvere la “Mission” della professione infermieristica,
anche perché la partecipazione dell’infermiere nelle scelte e nella
gestione assistenziale deve essere attiva ed estremamente valorizzante.
Pertanto, decisionalità non solo professionale, ma anche deontologica
quando si tratta di indicazioni a scelte di presidi e materiali di provata
efficacia scientifica, e quando si tratta di dover eradicare convinzioni
inveterate e abitudini assistenziali non corrette. -
A volte, avere qualche sano dubbio non
può che essere positivo anche perché il dubbio è il padre del sapere e ci
piace terminare con una frase del filosofo G. W. F. Hegel che recita così:
“Partendo dai bisogni degli uomini, ho dovuto spingermi fino alla
scienza e l’ideale della mia giovinezza si è dovuto trasformare in una
forma di riflessione”.
-
Bibliografia
- P. Di Giulio –
Responsabilità, per cambiare. Per le infezioni: controllo su misura. Inserto
Aggiornamenti Professionali L’Infermiere n. 5/1998.
Pagg. 27-41. - Redazione (a cura di),
Dalla letteratura. Con che cosa si dovrebbero lavare le mani nelle terapie
intensive? Rivista Dell'Infermiere, n. 1 vol. 13, 1994, pag. 38.
- G. Bolini, M. Cattaneo, M.
Ruffato, S. Ruggirei – Infezioni ospedaliere: l’efficacia della prevenzione.
Per le infezioni: controllo su misura. Inserto Aggiornamenti Professionali
L’Infermiere n. 5/1998. Pagg. 27-41
- Art. 1.2 Premessa del
Codice Deontologico – Febbraio 1999.
- Patto infermiere-cittadino
12 Maggio 1996.
- P. Di Giulio –
L’assistenza come terapia. – Assistenza, modelli d’efficacia. Inserto
Aggiornamenti Professionali L’Infermiere n. 1/2000 Pagg. 29-40.
- Programma Nazionale
Linee Guida – PNLG Guida ai servizi clinici di prevenzione
http://www.pnlg.it/tskfrc/intro05.htm
- Norme Generali del codice
deontologico 3.1
- Norme Generali del codice
deontologico 3.2
- P.M.
Janssen, de Jonge J., A.B. Bakker – Specific determinants of intrinsic work
motivation, burnout and turn over intentions: a study among nurses. Journal
Advanced of Nursing 1999; 29(6). 1360-1369.
- Codice Deontologico –
Rapporti con le istituzioni 6.1.
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