Congresso Nazionale Aniarti 2002
Emergenza, cure intensive e Livelli Minimi di Assitenza
Sorrento (NA), 07 Novembre - November 2002 / 09 Novembre - November 2002
» Indice degli atti del programma
Sessioni Parallele: Sala Ulisse Rosanna Montesano, Rita Megliorin, Alessandra Nicolini, Annalisa Costa,
Giovanna
Morvillo, Nicola Pirozzi, Laura D’Addio
08 Novembre - November 2002: 14:10 / 17:10
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LA
PREVENZIONE DELLE INFEZIONI POLMONARI VENTILATORE – CORRELATE:
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IL
PUNTO DI VISTA DELL’INFERMIERE PEDIATRICO
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Relatore: Rita Megliorin*
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A cura di: R. Megliorin, L. Muscheri**, N.Tofani**,
C.Gandolfo***, D.Carlini***
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SEZIONE AUTONOMA DI TERAPIA INTENSIVA PEDIATRICA
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UNIVERSITA’ CATTOLICA DEL SACRO CUORE – ROMA
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* DAI, AFD
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** INFERMIERA PROFESSIONALE
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*** VIGILATRICE D’INFANZIA
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INTRODUZIONE
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Le infezioni nosocomiali sono da sempre considerate un sine
qua non dell’assistenza infermieristica in area critica pediatrica.
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La relazione vuole essere un momento di riflessione e di
confronto con quanto è inevitabile che accada ad un neonato/bambino
intubato e ventilato in modo invasivo, e lo stato dell’arte.
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Il risultato ottenuto dallo studio crea inevitabilmente
interrogativi di natura etica e deontologica e, come pensiamo sia logico
che accada quando ci si trova di fronte a un bambino, risulta forte la
necessità di definire, all’interno della nostra metodologia operativa,
quei protocolli capaci di garantire i livelli qualitativi di assistenza
che, oggettivamente e razionalmente, possiamo essere in grado di offrire.
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Si tratta, in fondo, di fare un passo in avanti come
persone, prima ancora che come professionisti della salute.
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Il cittadino utente, anche se piccolo, e alcune volte
incapace di esprimersi, lo chiede, e l’infermiere deve saper rispondere
con competenza e capacità di giudizio, qualsiasi sia la realtà operativa
all’interno della quale si trova ad operare.
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LA VENTILAZIONE MECCANICA INVASIVA
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La presenza di un tubo endotracheale e la ventilazione
invasiva possono di per sé creare numerosi problemi al neonato, così come
al bambino. Tra i tanti effetti negativi dovuti a questo tipo di
ventilazione, intendiamo affrontare prioritariamente quelli di natura
infettiva e, in modo particolare, quelli che si possono ricondurre quasi
esclusivamente all’approccio invasivo assistenziale e alla manutenzione
ordinaria degli apparati tecnologici.
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Tutti gli autori sono
concordi nel confermare che, per quanto possibile, l’assistenza
ventilatoria neonatale e pediatrica sarà orientata principalmente
all’allontanamento delle condizioni che comportano la ventilazione
invasiva; non sempre però ciò è possibile.
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A tal proposito, è
opportuno ricordare che, così come nell’adulto, vi sono alcune situazioni
patologiche nelle quali non assistere il respiro in modo invasivo può
determinare il peggioramento dell’outcome.
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La necessità di intubare e
di ventilare meccanica può essere ricondotta prioritariamente a:
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© problemi legati a deficit del SNC ( età
gestazionale, ipertensione endocranica, tumori cerebrali, GCS<8, sindromi
polimalformative, morte cerebrale, meningiti);
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© problemi legati all’apparato
muscolo-scheletrico (trauma toracico, politrauma, miastenia gravis,
sindromi polimalformative);
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- ©problemi
legati all’apparato respiratorio (immaturità grave, polmoniti
interstiziali, RDS, PNX, epiglottiditi);
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- ©
assistenza postoperatoria, soprattutto nella chirurgia specialistica.
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- Vi sono poi altri problemi alcuni dei
quali risultano legati ad insufficienze multiorgano, al coma metabolico
oppure, molto semplicemente, alla scarsa collaborazione del bambino che
poco riesce a tollerare l’utilizzo dei sistemi alternativi, i quali, in
cambio dell’invasività, gli creano limitazioni nei movimenti (casco), o lo
“contengono” contro la sua volontà ( maschere facciali).
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LA
DIAGNOSI DI INFEZIONE NOSOCOMIALE POLMONARE VENTILATORE CORRELATA (VAP)
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Nel
1999, sulla rivista “Diagnosys microbiology infection disease”, appare una
definizione di infezione polmonare ventilatore correlata, secondo la quale
la VAP è una polmonite che si verifica in un paziente intubato e ventilato
meccanicamente da almeno 48 ore.
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Gli studi statistici di
riferimento dichiarano che le VAP incidono in area critica pediatrica e
neonatale con una frequenza due volte maggiore rispetto ai reparti di
terapia intensiva per adulti, qualunque sia la diagnosi d’ingresso.
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Sempre nel 1999 il NNISS fornisce una casistica in area critica pediatrica
così riassumibile:
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©Il 67% delle VAP dipendono da Gram – aerobi
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©Il 22% è rappresentato da Pseudomonas aeruginosa
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© Il17%
Staphilococcus aureus
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Tra i virus, il Virus Respiratorio Sinciziale (RSV)
è isolato nell’82% dei casi.
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PREVENIRE LA VAP È POSSIBILE?
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La possibilità di
prevenire, o almeno ridurre significativamente il numero di questo tipo di
infezioni è, ancora una volta, strettamente correlato al grado di
competenza dell’equipe di cura.
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Il
management per la prevenzione delle VAP si avvale di una serie di
modifiche organizzative e comportamentali che vedono coinvolto l’intero
staff e che possono essere ricondotte a 4 fasi strettamente correlate,
così sintetizzabili:
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Sensibilizzazione dello staff,
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Revisione bibliografica,
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Adozione di strumenti di valutazione / sorveglianza per: le procedure
l’ambiente, i presidi.
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Analisi
critica dei risultati.
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Questo nuovo tipo di metodologia operativa permette
all’infermiere di utilizzare un nuovo approccio secondo il quale la
prevenzione diventa, anche in area critica, obiettivo prioritario.
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La pianificazione dell’assistenza vanta così la
possibilità di una
iniziale e rapida valutazione della situazione, e/o del paziente, che
permette di IDENTIFICARE e PREVENIRE le condizioni che rappresentano, o
possono rappresentare, un rischio immediato di VAP.
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L’infermiere, secondo questo nuovo procedere, può incidere positivamente
sulla riduzione della casistica, soprattutto confrontando il “suo modo di
fare” con quanto l’Evidence Based Medicine (EBM) e l’Evidence Based
Nursing (EBN) dimostrano razionalmente. Tentare, all’interno del proprio
staff, di modificare quanto fino ad oggi tramandato su campo, ma che non
sempre corrisponde ad una teoria scientifica comprovata, offre un nuovo
stimolo al professionista infermiere che, forse per la prima volta si
impone di valutare la capacità dello staff in cui è inserito.
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LA VENTILAZIONE INVASIVA:
NON SOLO PROBLEMI “TECNICI”
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Lo
staff, sensibile al
tema delle infezioni, è portato ad inquadrare i problemi
della ventilazione meccanica invasiva non soltanto dal punto di vista
tecnico(livelli PEEP, posizionamento TET, .) ma tenendo presente:
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la lotta alle infezioni
ventilatore-correlate la lotta ai problemi tecnici
ventilatore -correlati
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Questo nuovo modo di affrontare una sola procedura, implica
una diversa osservazione, mirata ad individuare precocemente segni, non
sempre tangibili, anzi spesso misconosciuti, di una possibile evoluzione
infettiva.
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I passi fondamentali nella
individuazione dei segni e sintomi della VAP e che l’infermiere può
cogliere ed evidenziare.
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Una corretta gestione
iniziale del bambino con grave distress respiratorio, e una valutazione
mirata del rischio infettivo, accompagnata da una modifica degli
atteggiamenti e delle procedure di ogni singolo operatore, permette quindi
di ridurre significativamente il numero delle VAP , quindi della mortalità
e morbilità del piccolo paziente.
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- LA PREVENZIONE DEI PROBLEMI
INFETTIVOLOGICI LEGATI ALLA VENTILAZIONE MECCANICA.
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La
prevenzione delle VAP è strettamente correlata alle seguenti procedure,
molte delle quali legate alla sfera di competenze dell’infermiere.
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Tra le
più comuni ricordiamo:
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©Lavaggio mani
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©Procedure di broncoaspirazione
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©Procedura
di sterilizzazione RA
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©Sostituzione di circuiti (tempi e modalità)
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©Sistemi di umidificazione (attivi e passivi),
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©Temperatura dei gas
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©Procedura d’intubazione d’emergenza
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©Intubazione
prolungata
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/danno
mucosa tracheale
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©Igiene
orale
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- IL LAVAGGIO DELLE MANI
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Il
Journal of Microbiology nel 2002 evidenzia quanto segue a proposito della
riduzione delle infezioni trasmesse dagli operatori mediante il LAVAGGIO
delle MANI:
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Nelle
colonizzazioni cutanee da staphilococcus aureus si può arrivare ad una
riduzione del 42% con il solo lavaggio frequente, per raggiungere una
riduzione del 67% con uso di un agente disinfettante quale il triclosan.
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Nelle
colonizzazionI da enterococco i risultati sono di una
riduzione dell’89% se al
lavaggio frequente delle mani, si aggiunge la formazione del personale,
l’uso di guanti monouso anche non sterili, la buona conservazione e
allocazione del materiale, così da mantenere una adeguata separazione dei
materiali, quali: guanti, pannolini, creme, cotone idrofilo, indumenti,
etc.
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- LA BRONCOASPIRAZIONE
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2) LA
BRONCOASPIRAZIONE
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L’aspirazione tracheobronchiale rappresenta forse il punto più critico
dell’attività infermieristica in area critica specialmente durante
l’emergenza; per questo motivo è, a nostro giudizio, un momento
assistenziale di primaria importanza che non può in alcun modo continuare
ad essere così tanto sottovalutato.
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A fronte di questa affermazione poniamo l’accento su una
serie di considerazioni che appaiono meritevoli di una più consistente
riflessione.
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La broncoaspirazione
impone all’infermiere di:
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Scegliere il momento giusto per procedere ( controllo di: SaO2,
rumori, movimenti toracici, curve monitor o richiesta del paziente,..)
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Scegliere il sondino giusto (atraumatico, sterile, calibro idoneo,.)
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Osservare i parametri, prevederne modifiche e garantire i supporti
necessari per una tempestiva risoluzione
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Soprattutto nei neonati e bambini con RDS, PIC elevata, sepsi grave,. la
manovra è di massima cautela, per questo da eseguire soltanto se
oggettivamente necessaria e secondo protocolli prestabiliti dallo staff,
che tengano in considerazione il problema del bambino, l’età, la patologia
di base,…( tidal volume?, iperventilazione?, atti precedenti al 100%
FiO2?,..).
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E’,
ancora a nostro giudizio, necessario dichiarare che, soprattutto in
ambiente ospedaliero e quindi protetto, la broncoaspirazione non può più
considerarsi una manovra a rischio di infezioni, e soltanto perché svolta
in urgenza; infatti:
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L’
emergenza in un reparto di area critica è un evento prevedibile
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Gli eventi prevedibili, se effettuati da
personale sanitario competente, non suscitano negli operatori sentimenti
emotivi non controllabili
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L’operatore che non controlla la propria emotività durante l’emergenza
deve essere aiutato a modificare i propri atteggiamenti Ú corso di
formazione?
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Nell’emergenza il margine di rischio esiste, e deve essere per questo
calcolato, ma l’integrazione, e la condivisione degli intenti, ne possono
permettere una riduzione, talvolta significativa.
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Da qui se ne deduce che se
la broncoaspirazione in fase di emergenza è un evento/procedura
prevedibile, se gli operatori sono competenti, se il margine di rischio è
ben calcolato, probabilmente la percentuale di infezioni da manovra di
broncoaspirazione scorretta, anche in fase di emergenza può, anzi, deve
essere decisamente ridotta.
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ANCORA EVIDENCE…..
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La possibilità di accedere
a linee guida, e/o raccomandazioni di comprovata rispondenza scientifica,
crea nel professionista infermiere la consapevolezza di dover garantire
alcune certezze al bambino in ventilazione meccanica invasiva.
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In particolare gli studi
del CDC di Atlanta, del NNISS, AARC, le Clinical Practice Guidelines,…già
a partire dagli anni ‘90 forniscono alcune raccomandazioni tra le quali
occorre ricordare;
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©La sostituzione dei
circuiti non deve essere effettuata routinariamente. A tal proposito si
segnala che gli studi scientifici segnalano una più alta incidenza di VAP
nei centri dove i circuiti si sostituiscono ogni 48 ore vs. la
sostituzione settimanale;
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©La sostituzione dei
filtri umidificatori deve essere effettuata al bisogno e, anche in questo
caso, non routinariamente;
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©La formazione della
condensa, sopratutto nelle umidificazioni attive, rappresenta un vero e
proprio terreno di coltura. E’ per questo motivo che, la temperatura dei
gas deve essere mantenuta entro range controllati, evitando così eventuali
modifiche periodiche, con conseguente aumento della condensa.
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©Il mantenimento della
temperatura dei gas deve tenere in considerazione la necessità, in
particolare nei neonati, di mantenere una temperatura non superiore ai
34°C che, nell’evidenza scientifica, è risultata parte in causa di una
maggiore frequenza di occlusione dei TET, quindi della necessità di
reintubazioni in urgenza.
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LE COMPETENZE
INFERMIERISTICHE: MESSA A CONFRONTO DEI PUNTI DI FORZA E DI DEBOLEZZA
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Come già più volte
affermato, un approccio nuovo mirato ad un’assistenza infermieristica
qualitativamente ottimale, prevede una rivisitazione del nostro operato
quotidiano.
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In questo particolare
campo entrano in gioco molti fattori e variabili che, interagendo in modo
diverso, possono indurci a risolvere, o meno, alcuni problemi, che, a
nostro parere, riteniamo possano incidere in modo inequivocabile sull’
aumento o sulla riduzione dell’incidenza delle infezioni nosocomiali.
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Tra i punti di
forza dell’assistenza infermieristica ricordiamo:
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©la
necessità di un’assistenza pediatrica personalizzata e globale ( questo
concetto è anche stato ribadito dalla “Carta dei diritti del bambino
ospedalizzato”)
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©l’utilizzo di materiale
non soltanto semplicemente monouso (come dichiarato dalla normativa
vigente), ma mirato a risolvere i bisogni assistenziali di quelle fasce di
età che, ancora oggi, sopratutto nel nostro Paese, vengono ad essere
trascurate (fasce di età che vanno dai 3 ai 10 anni circa).
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©lo studio e l’utilizzo di
protocolli operativi che sottintendano una univocità di intenti e quindi
rendano possibile la tanto auspicata uniformità di erogazione delle
prestazioni;
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©la possibilità di
lavorare in modo consapevole e competente, affrontando i problemi dei
bambini secondo un approccio che è conseguente ad una pianificazione per
la risoluzione degli stessi. Così i momenti più “critici” possono essere
previsti, studiati, prevenuti almeno laddove la situazione clinica lo
permetta,
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©la competenza
professionale, che si esplica nell’attuazione di un piano di lavoro che
tenga conto della possibilità di rivedere, quando necessario, le
metodiche, l’organizzazione, la formazione personale e dell’intero staff e
che si avvale della formazione continua.
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Tra i punti di
debolezza, che più facilmente possono essere riscontrati nelle aree
critiche pediatriche evidenziamo:
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©l’organizzazione del lavoro, non sempre basata sui bisogni dei bambini,
ma, a volte, sulle attività delle varie unità operative o di staff
(radiodiagnostica, reparto operatorio, giro visita,..)
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©la
formazione su campo che, nonostante i grandi passi avanti dell’iter
scolastico degli infermieri, equivale ancora oggi alla “messa a punto” del
saper essere.
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©il
turn over degli infermieri e/o presenza di infermieri in service. Questo
tipo di gestione delle unità infermieristiche, tanto economicamente valido
su carta, non sembra ancora equivalere a risultati eticamente e
qualitativamente accettabili a livelli di raggiungimento degli standard
assistenziali. In particolare il problema etico a cui ci riferiamo, e che
in questa sede vogliamo evidenziare con forza, è rappresentato dalla
difficoltà a motivare, anche in tema di prevenzione delle infezioni, parte
del personale che, nonostante gli sforzi di integrazione da parte del
gruppo di lavoro stabile, poco si configura con lo staff, gli obiettivi
assistenziali e morali, propri di chi, quotidianamente, convive con il
dolore dei bambini e delle loro famiglie, comprendendone appieno e
concretamente le difficoltà e le aspettative.
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©ridotta documentazione, soprattutto in campo pediatrico, che possa
aiutare l’infermiere che assiste i bambini a migliorare le proprie
performances. Di questa, molta risulta essere in lingua inglese. Inoltre,
alcuni studi si avvalgono di casistiche numericamente poco significative e
questo, a volte causa incertezza e disagi nei gruppi infermieristici.
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© Le
rianimazioni chiuse, che ancora oggi, poco spazio dedicano ai genitori,
riducendoli così, a semplici visitatori occasionali. La mancanza del
genitore pone, a nostro parere, un dilemma etico che sottoponiamo alla
riflessione di tutti.
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Un bambino senza genitore è un bambino solo e, per questo
indifeso. Il processo di cure che non tiene in considerazione il bisogno
di protezione, di affetto e di amore in un bambino è un processo di cure
incompleto che poco si concilia con il nostro codice deontologico.
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CONCLUSIONI
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La manifestazione della
VAP crea sconcerto nel bambino e nei suoi familiari perché implica un
aumento della degenza in area critica, quindi della deprivazione
sensoriale e affettiva.
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Lo sgomento è ancora più
grande perché è ormai opinione comune che un bambino, che contrae
un’infezione nosocomiale, può non farcela: spesso infatti è con questa
affermazione che alcuni medici provano a descrivere la criticità della
situazione.
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Questo particolare aspetto
conferma la certezza che, il bambino che contrae una infezione
nosocomiale dovrà subire un percorso più duro e difficile, con esiti a
volte fortemente invalidanti se non, addirittura, con la morte.
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L’uomo infermiere, che si
occupa dei bambini, si occupa di persone ancora non completamente capaci
di affermare il loro diritto all’autodeterminazione, e per questo, ha il
dovere di fare uno sforzo ulteriore rispetto a chi cura gli adulti: deve
riuscire a svolgere la propria professione sapendo che ogni prestazione
può determinare ulteriori traumi al piccolo paziente, non sempre legati
alla sola e “ semplice” fisicità.
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