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Congresso Nazionale Aniarti 2002

Emergenza, cure intensive e Livelli Minimi di Assitenza

Sorrento (NA), 07 Novembre - November 2002 / 09 Novembre - November 2002

» Indice degli atti del programma

Sessioni Parallele: Sala Ulisse Rosanna Montesano, Rita Megliorin, Alessandra Nicolini, Annalisa Costa,

Giovanna Morvillo, Nicola Pirozzi, Laura D’Addio


08 Novembre - November 2002: 14:10 / 17:10

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La prevenzione delle Infezioni Ospedaliere  del tratto urinario da cateterizzazione vescicale in NICU e pediatria
 
Giovanna Morvillo
Servizio Infermieristico Aziendale
Responsabile infermieristico dipartimentale
AORN Santobono-Pausilipon
 
 
 
INTRODUZIONE
 
Per infezione Nosocomiale o intra ospedaliera s’intende qualsiasi malattia d’origine infettiva, a genesi microbica o virale, clinicamente riconoscibile, e non presente o in incubazione al momento del ricovero, che sia acquisita dai pazienti durante le degenze in ospedale, comprese le infezioni successive alla dimissione, e che si manifestano dopo un periodo d’incubazione variabile, secondo il tipo di microrganismo. Può colpire i malati, ma anche operatori sanitari, amici e parenti dei degenti.
Nei paesi sviluppati, la percentuale dei pazienti sottoposti a cure intensive ospedaliere, che sono colpite da infezione nosocomiale varia dal 5 al 10% mentre nei paesi in via di sviluppo il tasso d’infezione può superare il 25%.
 
Le infezioni  nosocomiali si aggiungono al tasso di morbilità, alla mortalità ed ai costi previsti per la sola malattia di base dei singoli pazienti.
Le stime sull’incidenza delle infezioni  nosocomiali considerate evitabili sono variabili, possono arrivare fino al 20% nei paesi sviluppati ed al 40% in quelli in via di sviluppo. Il fatto rilevante, e che più da vicino ci interessa, è che una gran percentuale di queste infezioni può essere limitata notevolmente rispettando i basilari principi di un valido controllo delle infezioni.
Per ridurre il numero d’ infezione  nosocomiale e migliorare la qualità dell’assistenza, è importante attivare sistemi di sorveglianza delle infezioni che permettano di monitorare il problema. E’ necessario avere criteri capaci di stabilire quali sono le infezioni presumibilmente prevedibili, perché attribuibili a manovre assistenziali non corrette, e quali, invece, sono dovute a situazioni legate alla patologia di base del paziente. Questo tipo di monitoraggio è assai difficile perché le infezioni  nosocomiali sono un fenomeno che investe più fattori e dipendono da una svariata serie di concause. Nei programmi di prevenzione e riduzione, l’attenzione principale va rivolta agli interventi tecnici-assistenziali eseguiti da personale infermieristico, medico e di altri operatori, in quanto esecutori di atti controllabili e modificabili.
Le definizioni dei comportamenti da adottare, in specifiche situazioni assistenziali, sono oggetto di alcune linee guida e raccomandazioni elaborate e diffuse dal CDC, (Center for Disease Control and Prevention), l’autorevole organizzazione di Atlanta (USA) che si occupa a livello internazionale di malattie acute e croniche, di fattori di rischio e di inf. ospedaliere, fornisce aggiornamenti a servizi di salute pubblica, ospedali e organizzazioni professionali impegnate nella prevenzione e nel controllo delle infezioni  nosocomiali. I documenti elaborati sono sette, vorrei porre alla vostra attenzione il primo di questi perché legato al tema del nostro convegno, la prevenzione delle infezioni del tratto urinario associate a cateterizzazione. 
 
Le infezioni delle vie urinarie (IVU) rappresentano la localizzazione più frequente di infezioni ospedaliera; circa il 40% delle inf. acquisite in ospedale interessa il tratto urinario. La loro elevata frequenza risulta essere in rapporto alla elevata proporzione di pazienti sottoposti a cateterismo urinario ed alle caratteristiche stesse del catetere. Il catetere urinario, rappresenta quindi il fattore di rischio più importante di inf. urinaria.
La frequenza nei bambini è correlata all’età ( dal 7% al 9% nei bambini di età <
1 anno; dal 1,5% al 4% nei bambini fino a 10 anni).
 
Dal punto di vista epidemiologico le IVU possono essere suddivise in inf. associate a cateterismo (o nosocomiali) e inf. non associate a cateterismo (acquisite in ambiente extraospedaliero). In entrambi
i casi possono essere sintomatiche o asintomatiche.
Le IVU associate a cateterismo rendono semplice ed efficace l’attuazione di interventi preventivi in quanto la sola limitazione dei cateterismi non necessari, riduce drasticamente il rischio di IVU.
La descrizione epidemiologica delle infezioni  nosocomiali del tratto urinario nell’adulto è ben descritta ma pochi sono i dati pubblicati in relazione all’età pediatrica.
La Divisione di malattie infettive dell’Hospital for Sick Children in Toronto redasse nel 1992 una rassegna di tutti i pazienti con NUTI (nosocomial urinary tract infections at a pediatric hospital) in rapporto all’età, diagnosi, uso di cateteri utilizzati.
Lo studio durò un anno ed il risultato diede una percentuale del 10% di tutte le infezioni nosocomiali .
Successivamente nel 1997 un ulteriore studio effettuato dall’Hospital Infection Program Atlanta, Georgia, circa le infezioni  nosocomiali in unità di terapia intensiva pediatrica negli USA avente come obiettivo la descrizione dell’epidemiologia delle infezioni  nosocomiali, metteva in evidenza che le infezioni del tratto urinario rappresentano il 15% di tutte le infezioni e quasi sempre associate all’uso di metodiche invasive.
I 2 studi effettuati a distanza di circa 7 anni hanno riscontrato quasi le stesse percentuali.
Per quanto riguarda dati epidemiologici italiani su tale argomento, sono in corso una serie di studi i cui risultati saranno elaborati nei prossimi anni.
Il termine “Infezione urinaria” comprende diverse entità cliniche ma il comune denominatore è rappresentato dall’invasione del tratto urinario da parte di microrganismi patogeni. L’infezione può coinvolgere siti specifici quali il rene, vescica, uretra, o limitarsi alle urine (batteriuria); in ogni caso, quando una delle parti del tratto urinario è infetto, tutte le altre sono a rischio di essere invase da batteri.
 
CRITERI DIAGNOSTICI
 
Nei pazienti cateterizzati i segni clinici sono spesso atipici o assenti: la mancanza di febbre, dolore sovra pubico, riduzione o aumento della diuresi non sono dati significativi per escludere una IVU. Lo strumento più utile ai fini di una diagnosi rimane l’urinocoltura.
Vengono utilizzati a tal proposito dei definiti “valori soglia”. Studi più recenti hanno dimostrato la non attendibilità di detti valori in quanto in presenza di batteriurie clinicamente più significative, possono essere presenti cariche batteriche più basse della soglia tradizionale.
I Centers for Disease Control (CDC) utilizzano un loro valore soglia per la diagnosi della betteriuria nei pazienti cateterizzati, ad eccezione che nelle IVU sintomatiche dove vengono accettate cariche uguali o superiori a questo valore se è stato isolato lo stesso patogeno in 2 urinocolture successive. In ogni caso, per la sorveglianza delle IVU ospedaliere, è opportuno continuare a riferirsi al valore suggerito dai CDC.
L’autore più vicino alla problematica legata all’età pediatrica è Zahanel; questi sconsiglia l’utilizzo del farmaco antibiotico nei pazienti cateterizzati per lungo periodo fino a quando lo stesso rimane in  sede, mentre nei pzazienti cateterizzati per breve tempo, il trattamento antibiotico è indicato solo per le categorie a rischio di complicanze (immunodepressi, patologia malformative).
 
INCIDENZA E MORBILITA’
 
Da studi effettuati in USA, è stata rilevata nell’arco degli ultimi 10 anni, una leggera riduzione dell’incidenza di queste infezioni. Per mancanza di dati , in ambito pediatrico (ricerche in corso), nel nostro paese, ci riferiamo a studi esteri. Abbiamo già sottolineato che la gran parte delle IVU ospedaliere insorge in pazienti sottoposti a cateterismo urinario. L’incidenza dipende dal tipo e dalla durata del cateterismo che può essere:
- singolo, quando il catetere viene inserito e rimosso.
- A permanenza, quando il catetere viene inserito e lasciato in situ per un determinato intervallo di tempo.
 
Nel  1° caso (cateterizzazione singola) viene effettuata per motivi diagnostici o per la risoluzione di ostruzioni temporanee.
In alcuni casi può essere utilizzata (pazienti con vescica neurogena) in alternativa al cateterismo a permanenza, il cateterismo a intermittenza ( tecnica diffusa in pediatria). Il rischio di IVU associato a cateterizzazione singola è in genere basso; molta importanza assume la patologia di base per quanto riguarda i fattori predisponenti (patologie malformative, immaturità, riduzione difese immunitarie).
 
Nel 2° caso, (catetere a permanenza), il rischio di IVU è maggiore ed è soggetto a variabilità. Tale variabilità dipende dal tipo di pazienti studiati (età, sesso, patologia di base), dalla durata del cateterismo e dal tipo di procedure assistenziali adottate.
 Per quanto concerne la prevalenza, i maschi sono più soggetti alle IVU fino a 3 mesi di vita, successivamente l’incidenza è molto maggiore nelle femmine.
Le stime della reale incidenza delle IVU dipendono dalle frequenze delle diagnosi e dalle indagini. Almeno l’8% delle femmine ed il 2% dei maschi ha una IVU nell’infanzia.
In uno dei pochi studi condotto a Trieste per 4 anni consecutivi, si è stimato un tasso di incidenza di 1° episodio di IVU (confermata da 2 urinocolture positive) pari a 1,38 casi (ogni anno per 1000 bambini di età inferiore a 15 anni con una netta predominanza del sesso femminile.
Secondo Bryan, nei pazienti batteriurici che sviluppano una batteriemia, 12 decessi su 100 sono attribuibili all’insorgenza di batteriuria: non sono chiari i criteri utilizzati per poter attribuire il decesso all’insorgenza di una IVU batteriemica.
Secondo Platt, l’insorgenza di una IVU aumenta il rischio di morte di circa 3 volte; i fattori predisponenti sono sempre l’età, la gravità della patologia, la durata del cateterismo, la presenza di insuff renale, la persona che aveva inserito il catetere.
 
MOCRORGANISMI RESPONSABILI
 
L’apparato urinario è sterile.
La contaminazione da parte della flora intestinale può provocare una infezione urinaria se è coinvolto un microrganismo virulento o se il bambino è immunodepresso.
Nei neonati, l’infezione può provenire da altre sorgenti.
L’Escherichia Coli rappresenta circa i ¾ di tutti gli agenti patogeni.
Il Proteus è più comune nei maschi (circa il 30% delle infezioni).
Sono state trovate anomalie ostruttive nello 0,4% dei casi e reflusso vescico-uretrale nell’ 8-40% dei bambini studiati per il loro primo episodio di IVU. Anche se il refusso vescico-uretrale è un fattore di rischio maggiore per un esito avverso, è necessaria la compresenza di altri fattori scatenanti finora non identificati.
Lo spettro dei batteri considerati patogeni urinari si è recentemene ampliato, includendo anche microrganismi quali la Chlamydia trachomatis, il Mycoplasma hominis, lo Staphilococcus epidermidis, l’Haemophilus influenzae e la Candida albicans ( frequente in pazienti immunodepressi).
 
SINTOMI DI IVU NEL NEONATO E NEL BAMBINO
 
Il CDC ( Centers for Disease Control and Prevention ) descrive la sintomatologia delle IVU differenziata per età.
 
Sintomi in pz > 12 mesi di età:
 
-  FEVER ( > 38° )
-  URGENCY
-  FREQUENCY
-  DYSURIA
-  SUPRAPUBIC TENDERNESS
 
Sintomi in pz < = 12 mesi di età
 
-  FEVER ( > 38° )
-  HYPOTEHERMIA ( < 37° )
-  APNEA
-  BRADYCARDIA
-  DYSURIA
-  LETHARGY
-  VOMITING
 
I suddetti criteri per diagnosi di IVU vengono utilizzati tenendo presente la storia clinica del paziente e se vi è stata cateterizzazione.
 
MECCANISMI DI TRASMISSIONE
 
Il catetere gioca un ruolo centrale nel determinismo delle IVU ospedaliere; infatti esso consente l’accesso alla vescica di microrganismi provenienti dall’esterno o che colonizzano l’area perineale ma soprattutto crea un’ambiente particolarmente idoneo allo sviluppo di infezioni.
I microrganismi, raggiunta la vescica di pazienti cateterizzati, si moltiplicano fino a raggiungere elevate cariche batteriche. Nei pazienti non cateterizzati, invece, i batteri vengono eliminati rapidamente. La presenza del catetere urinario determina:
 
- Danno della superficie epiteliale della mucosa, mettendo allo scoperto gli strati più profondi ai quali i microrganismi aderiscono più facilmente.
- Un incompleto svuotamento vescicale e quindi il residuo urinario risulta essere buon terreno per la moltiplicazione di microrganismi.
- Episodi di ostruzione temporanea che facilitano l’invasione della parete vescicale o un reflusso.
- L’adesione dei microrganismi, al tratto urinario, trasmessi attraverso il catetere stesso.
I meccanismi di inf sono rappresentati principalmente da:
 
 
INSERZIONE DEL CATETERE
Al momento dell’inserzione del catetere, microrganismi possono essere trasportati dal meato uretrale fino in vescica.
Il rischio di infezione urinaria in seguito a cateterismo è stimato intorno al 3%.
 
VIA ASCENDENTE INTRALUMINALE
Il sistema di drenaggio urinario può essere contaminato a livello del rubinetto di drenaggio della sacca di raccolta (mani colonizzate, contatto con contenitori di raccolta contaminati), oppure quando il catetere viene erroneamente disconnesso dalla sacca di raccolta a livello della giunzione catetere-sacca. I microrganismi che contaminano la sacca o il catetere stesso possono così risalire in vescica trasportati dalle urine.
VIA ASCENDENTE EXTRALUMINALE
Anche quando il ciclo chiuso viene ben mantenuto, si possono verificare infezioni urinarie. Questo perché i microrganismi presenti a livello uretrale, possono risalire all’esterno del catetere, lungo lo spazio esistente tra catetere e mucosa uretrale. Ciò si verifica soprattutto in paziente con catetere a ciclo chiuso per lunghi periodi di tempo.
 
 
FONTI DI INFEZIONE
 
Le principali fonti di inf sono rappresentate da:
-  Colonizzazione del meato urinario
-  Contaminazione del sistema di drenaggio urinario
-  Cistoscopi ed altri strumenti utilizzati sull’apparato genito-urinario
-  Mani del personale
 
FATTORI DI RISCHIO
 
I fattori di rischio di IVU ospedaliere sono rappresentati dalle caratteristiche del paziente (sesso, età, gravità della malattia di base) e dalle scelte assistenziali sulle quali è sicuramente possibile intervenire. Tra le caratteristiche del paziente abbiamo già detto che rientra il sesso in quanto già svariati studi hanno evidenziato un > di rischio del sesso femminile indipendentemente dall’età; questo in relazione alla maggiore facilità di accesso della flora perineale alla vescica, in relazione alla limitata lunghezza dell’uretra. Per quanto riguarda l’età, l’incidenza aumenta progressivamente sia nei maschi che nelle femmine anche in relazione ad un uso più frequente del catetere negli anziani.
Inoltre incide la patologia di base in quanto pazienti cateterizzati in condizione di base più gravi, hanno maggior rischio di sviluppare una IVU.
L’esposizione a catetere urinario a permanenza, inoltre, rappresenta il rischio più importante per lo sviluppo di una IVU nosocomiale. L’incidenza aumenta con l’aumentare del tempo di permanenza in situ del catetere stesso.
E’ stata rilevata un’incidenza minore di infezioni nei pazienti cateterizzati in cui era stato utilizzato un urinometro, rispetto alle normali sacche di drenaggio.
Si è avuto, cioè un effetto protettivo in quanto aumenta la distanza tra rubinetto di svuotamento della sacca e la vescica. Anche la contaminazione della sacca di drenaggio comporta un aumento del rischio di IVU per via ascendente intraluminale. Infine si sottolinea una maggior incidenza di IVU nei pz che durante la cateterizzazione non erano in trattamento antibiotico anche se nel tempo aumenta il rischio di IVU da ceppi antibiotico-resistenti.
 
PREVENZIONE DELLE INFEZIONI ASSOCIATE A CATETERISMO
 
 
Il CDC raccomanda vivamente tutti gli operatori sanitari di seguire le seguenti linee guida ai fini della prevenzione delle IVU.
 
1.  Educazione del personale alle corrette tecniche di inserimento e cura del catetere.
2.  Uso del catetere solo se strettamente necessario
3.  Importanza del lavaggio delle mani
4.  Utilizzo di tecniche asettiche nell’inserimento dei cateteri
5.  Fissaggio adeguato del catetere
6.  Corretta manutenzione del drenaggio
7.  Prelievo sterile dei campioni di urina
8.  Evitare ostruzioni del flusso urinario
9.  Aggiornamento periodico del personale sull’uso, nuove tecniche e procedure relative alla cateterizzazione.
 
 
LA MINZIONE NEL BAMBINO E SISTEMI DI RACCOLTA URINE
 
I meccanismi della minzione nel neonato e nei primi anni di vita sono stati in gran parte scoperti negli ultimi anni.
Il neonato minge con una frequenza di circa 20 volte al giorno, riducendosi a 6/8 minzioni al giorno intorno all’anno di vita. Il controllo volontario della minzione sopraggiunge tra i 2/3 anni di vita. Il bambino impara a controllare prima le minzioni diurne e successivamente quelle notturne. Studi effettuati con la cistometria a riempimento naturale nei neonati hanno dimostrato che le frequenti minzioni del neonato sono in relazione alle ridotte dimensioni della vescica, infatti il loro numero si riduce con l'incremento della capacità vescicale.
L’acquisizione del controllo minzionale è un processo che segue delle tappe ben definite e che porta alla capacità da parte di un bambino di 4/5 anni di posporre la minzione in presenza dello stimolo minzionale ed a urinare a comando.
Per incontinenza s’intende la perdita involontaria di urine, totale o parziale attraverso il segmento cervico-uretrale delle vie escretrici urinarie.
Le cause di incontinenza urinaria in età pediatrica sono molteplici e distinte in anatomiche e funzionali.
Le cause anatomiche includono tutte le patologie malformative dell’apparato uro-genitale. Le cause funzionali si distinguono in neurogene e non neurogene. Tra le prime vi è la “Spina bifida”, le patologie traumatiche, infiammatorie o neoplastiche del midollo spinale che comportano un’alterata innervazione del basso apparato urinario. Tra le cause non neurogene vi è la vescica iperattiva ed i disturbi dello svuotamento vescicale.
Per assicurare lo svuotamento vescicale in tutte le disfunzioni vescico-sfinteriche e non, viene utilizzato il cateterismo intermittente pulito (CIP). Il CIP è stato ideato agli inizi degli anni 70 da 2 urologi dell’Università del Michigan. In quell’epoca tutti i pz affetti da incontinenza urinaria erano trattati con catetere vescicale a permanenza. Fu la quotidiana constatazione dei grossi problemi correlati a tale tipo di trattamento che stimolò gli infermieri alla ricerca di un nuovo metodo intermittente e non sterile, di svuotamento vescicale e suggerirlo all’equipe di urologi. Da allora il CIP ma non sterile è diffuso in tutto il mondo divenendo così un metodo fondamentale di trattamento delle vesciche neurologiche in pz di ogni età. Lo scopo del CIP è quello di consentire uno svuotamento vescicale completo, periodico e programmato a vesciche che sono temporaneamente o definitivamente inabili.
 
MATERIALI E METODI
 
- Scelta del calibro del catetere che varia a seconda dell’età
- Catetere monouso sterile possibilmente autolubrificante
- Uso corretto del catetere: lavaggio delle mani prima e dopo con sapone leggero; è sufficiente lavare i genitali con acqua e sapone
- Selezione degli intervalli del CIP in rapporto alla capacità funzionale vescicale ed alla diuresi giornaliera.
- Si ricorda che se il CIP è praticato in ospedale, è necessario stabilire un protocollo operativo che rispetti regole di asepsi, per evitare contaminazioni, mentre a domicilio tale rischio è molto basso
- Suggerire uno schema di corretta idratazione del paziente
- Registrare il diario minzionale ed il diario del CIP (intervalli, volumi, perdita di urine)
- Corretta informazione del piccolo pz e dei suoi familiari è alla base di un buon programma riabilitativo
- Addestramento all’autocateterismo quando l’età del bambino lo consenta.
 
I vantaggi del CIP sono:
 
1.  Evitare possibili infezioni del tratto urinario sup. ed il danno renale secondario
2.  Prevenire la perdita di urine
3.  Ottenere una continenza urinaria socialmente accettabile
4.  Migliorare la qualità di vita
 
Il ruolo dell’Inf. è fondamentale sia nell’apprendimento della manovra sia per vincere le iniziali diffidenze che spesso i genitori manifestano verso questo tipo di trattamento. L’Inf. non deve solo affiancare l’opera del medico ma deve compendiare il programma comune di riabilitazione.
 
Sistemi esterni di raccolta urine
 
In pediatria e spesso anche in neonatologia, il sistema più diffuso per il prelievo estemporaneo delle urine è rappresentato dalle bustine monouso autoadesive applicate previo lavaggio e disinfezione ( in caso di campioni sterili) genitale.
 
Conclusioni
 
Almeno la metà delle infezioni delle vie urinarie ospedaliere possono essere prevenute utilizzando il cateterismo urinario solo quando strettamente necessario, limitandone la durata ed adottando pratiche di assistenza al paziente cateterizzato in grado di ridurre il rischio di trasmissione di microrganismi. Per raggiungere tale obiettivo è indispensabile il coinvolgimento del personale medico ed infermieristico in un processo di rivalutazione delle proprie pratiche e l’avvio di programmi formativi-informativi sul rischio associato al cateterismo urinario e sulle misure efficaci ad interrompere la catena di trasmissione di queste infezioni. L’introduzione del catetere a ciclo chiuso ha rappresentato un consistente passo in avanti nella prevenzione delle IVU, ma non è sufficiente: anche in paesi dove tale misura è entrata da molti anni a far parte degli standard assistenziali, numerosi autori continuano a segnalare un utilizzo improprio del cateterismo ed il non rispetto di elementari norme di asepsi. Kunin suggerisce di effettuare periodicamente indagini in ospedale mirate a valutare l’adesione agli standard raccomandati per la prevenzione delle IVU ed intervenire tempestivamente a modificare le pratiche scorrette così identificate.
 

 

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