Congresso Nazionale Aniarti 1998
INTENSIVITA’ ASSISTENZIALE RESPONSABILITA’ INFERMIERISTICA
Napoli (NA), 10 Ottobre - October 1998 / 12 Ottobre - October 1998
» Indice degli atti del programma
S. Sacco
10 Ottobre - October 1998: 13:00 / 13:15
- S.
Sacco - Mallinckrodt Medical (Mirandola)
- L’importanza
della polmonite nosocomiale.
- In
un paese caratterizzato da un elevato sviluppo in campo medico, quale ad
esempio l’Italia e gli altri paesi europei, la polmonite occupa il terzo
posto nella graduatoria di tutte le infezioni nosocomiali, dietro alle
infezioni delle vie urinarie e delle ferite (10). La polmonite rappresenta
circa il 15% delle infezioni nosocomiali (6, 16), ed è l’infezione che
provoca il maggior numero di decessi (10). In media il 10-20% dei pazienti
ricoverati in un reparto di terapia intensiva contrae una polmonite di
natura nosocomiale (6, 16). Per i pazienti a ventilazione, il rischio
risulta chiaramente maggiore e la percentuale dei casi di polmonite sale al
20-40% (2,11).
- Negli
ultimi anni la ricerca di metodi atti ad impedire il diffondersi della
polmonite si è intensificata. Alla base di tali ricerche vi era finora
l’idea di isolare le fonti di infezione esogene e quindi i germi esogeni
attraverso il miglioramento delle misure igieniche e la limitazione
dell’impiego di antibiotici (21). Tuttavia, è necessario continuare a
ricercare metodi alternativi per la profilassi della polmonite (5).
-
- Epidemiologia
della polmonite.
- Lo
spettro dei microrganismi patogeni della polmonite nosocomiale comprende:
aerobi gram-negativi, batteri gram-positivi, virus, funghi. Gli aerobi
gram-negativi sono presenti nella maggior parte dei casi e determinano una
prognosi particolarmente infausta con un tasso di mortalità tra il 20 e il
50% (2, 11). Di norma, nessuno dei batteri citati appare isolatamente; è
presente invece una flora mista (6).
-
- Invasione
batterica della oro/faringe.
- Già
in condizioni normali, le mucose dell’orofaringe e della rinofaringe
presentano un’elevata invasione batterica (9).Nei pazienti sottoposti a
ventilazione si verifica un’alterazione della flora batterica,
principalmente con un’elevata quantità di microrganismi aerobi
gram-negativi. Per quanto riguarda il rapporto tra invasione batterica della
oro/rinofaringe e polmonite è necessario osservare che la polmonite non
insorge solamente attraverso il percorso diretto oro/rinofaringe - trachea -
polmoni (5), ma è causata principalmente dall’invasione batterica che
segue la catena orofaringe - stomaco - orofaringe - trachea - polmoni (9):
attraverso l’orofaringe giungono allo stomaco circa 1011
microrganismi patogeni al giorno (7, 10).
- Quanto
detto vale in particolare nel caso in cui i microrganismi trovino nello
stomaco le condizioni ideali per riprodursi, ovvero un valore del pH più
elevato a causa dei farmaci utilizzati per la profilassi dell’ulcera da
stress (5, 6). La causa dell’alterazione del pH nello stomaco può essere
congenita, oppure dovuta principalmente alla profilassi dell’ulcera da
stress con antiacidi o farmaci bloccanti (5, 6, 7).
- L’aspirazione
di secreto gastrico assume crescente importanza poiché essa considera la
causa dell’invasione batterica di bocca - naso - faringe e secondo recenti
analisi della trachea (7, 10). A distanza di uno o due giorni
dall’isolamento dei microrganismi patogeni dalla secrezione gastrica, è
possibile ritrovare gli stessi agenti nella trachea. La percentuale dei
germi identici arriva all’87% (6, 7). Si tratta principalmente dei
microrganismi gram-negativi che, come indicato sopra, rappresentano i
principali responsabili della polmonite nosocomiale. Ulteriori studi
dimostrano una correlazione positiva tra il valore del pH gastrico e il
tasso di polmonite (7).
- Nonostante
i tubi tracheali siano bloccati con una cuffia, gli agenti patogeni riescono
a giungere fino all’albero bronchiale attraverso il meccanismo della
microaspirazione. Tale fenomeno diviene ancora più rilevante se la trachea
non è correttamente isolata (16, 17).
-
- L’aspirazione
delle secrezioni sottoglottiche
- Le
problematiche inerenti l’utilizzo di tubi endotracheali e/o cannule
tracheostomiche cuffiate sono ben note agli intensivisti. In condizioni
ottimali si dovrebbe contemporaneamente verificare che:
- · la
cuffia aderisca perfettamente durante tutte le fasi del ciclo respiratorio,
alla mucosa treacheale, al fine di permettere una corretta ventilazione e di
impedire il passaggio di secrezioni oro-faringee, ad alta carica batterica,
nei polmoni.
- · la
pressione interna della cuffia, che si trasmette direttamente sulla mucosa
tracheale, non superi mai, durante i vari momenti del ciclo respiratorio, i
28-30 mmHg, oltre i quali viene impedita la normale circolazione sanguigna,
con conseguente necrosi tracheale.
- · la
trachea non è, come spesso si crede, un tubo rigido inestensibile, ma,
grazie alla parete posteriore, il suo diametro varia continuamente durante
le varie fasi del ciclo respiratorio, soprattutto durante ventilazione
meccanica.
- · il
manometro dovrebbe essere lo strumento fondamentale per la corretta gestione
di una cuffia. In particolare il suo utilizzo dovrebbe permettere di:
- -
non superare la pressione massima consentita (28-30 mmHg) per una ottimale
circolazione del sangue a livello della mucosa tracheale;
- -
non scendere al disotto della teorica pressione minima che consente alla
cuffia di aderire alla parete tracheale.
-
- In
realtà, il manometro è in grado di controllare la pressione massima della
cuffia, mentre è praticamente inutile nei riguardi delle perdite della
cuffia, per il quale ci si basa sulla empirica rilevazione uditiva
(gorgoglio) del passaggio di aria nelle vie aeree superiori e/o sulla caduta
del volume minuto, segnalata dal respiratore.
- Comunque
sia, con gli attuali sistemi di gestione della cuffia, il manometro, pur con
tutti i suoi limiti, rimane ancora uno strumento insostituibile; risulta,
però, intuitivo che il suo utilizzo non può limitarsi all’iniziale
riempimento della cuffia, ma, per aumentarne l’efficacia, deve essere
utilizzato almeno 2-3 volte al giorno, al fine di monitorare l’andamento
della pressione.
-
- Questo
implica, da parte del personale infermieristico, una attenzione al
management della cuffia che, molto spesso, non è realizzabile per svariati
motivi (carenza di organico, scarsa preparazione ecc.), con il risultato che
il paziente può ritrovarsi con una cuffia mal gestita e quindi in una
situazione potenzialmente pericolosa.
- La
corretta tenuta della cuffia, nei riguardi delle secrezioni oro-faringee, è
tuttora un problema non risolto. Infatti numerosi lavori scientifici hanno
oramai provato che, a fronte di una sufficiente tenuta per l’aria, vi è
frequentemente uno stillicidio di materiale oro-faringeo, ad alta carica
batterica, nei polmoni, probabilmente dovuto alle modificazioni del diametro
tracheale durante il ciclo respiratorio e comunque sicuramente responsabile
di gravi infezioni. Questo significa che:
-
- 1. è profondamente sbagliato ritenere che, in assenza di un documentato
passaggio di aria nelle vie aeree superiori (gorgoglio e/o caduta del volume
minuto rilevata dal respiratore), la cuffia sia perfettamente a tenuta;
- 2. per ridurre l’incidenza del problema, l’unica possibilità è
quella di gonfiare la cuffia al limite superiore consentito (25-26 mmHg) e
far sì che la pressione non scenda al disotto di tale valore, monitorandola
il più spesso possibile tramite un manometro.
-
- Ovviamente
questo è solo un artifizio per tentare di ridurre un fenomeno non
evidenziabile macroscopicamente; oltretutto, dovendo mantenere una pressione
piuttosto elevata nella cuffia, si aumenta il rischio di danni ischemici
alla mucosa tracheale. Malgrado ciò, non esiste attualmente una procedura
migliore di quella descritta, pur con tutti i suoi limiti. Il problema
potrebbe essere risolto o comunque ridimensionato utilizzando i prodotti
della gamma EvacÔ.
-
- Infatti,
applicando una aspirazione continua o meglio temporizzata alla via
accessoria si dovrebbe impedire o comunque ridurre al minimo il passaggio
nelle basse vie aeree delle secrezioni che si raccolgono nello spazio
sopraglottico, subito al di sopra della cuffia, con conseguente riduzione
della incidenza di polmoniti. Nell’applicare una aspirazione, temporizzata
o meno, alla via accessoria bisogna tenere conto che:
-
- -
il materiale da aspirare è nettamente più denso e viscoso dell’acqua e
pertanto la forza aspirativa dovrà essere piuttosto elevata;
- -
la
quantità di materiale da aspirare dipende da alcuni fattori legati al tipo
di paziente, tra cui il mantenimento o meno del riflesso della deglutizione
e/o la presenza di una cannula tracheostomica piuttosto che di un tubo
endotracheale ecc.
-
- Ad
esempio i pazienti in stato di coma e quelli intubati hanno una quantità di
secrezioni sottoglottiche nettamente superiore a quella dei pazienti
coscienti o dei tracheostomizzati a causa di un maggior deficit della
deglutizione.
-
- Abbiamo
effettuato una serie di esperienze utilizzando un aspiratore a muro
intermittente che ha una temporizzazione impostata con 15 secondi di
aspirazione e 8 secondi di pausa. Il livello di vuoto impostato
sull’aspiratore è di 150 mmHg; malgrado tale valore sia piuttosto
elevato, non sono mai state rilevate, ai vari controlli broncoscopici,
lesioni alla mucosa tracheale anche in quei pazienti in cui l’aspirazione
è stata mantenuta per parecchi giorni (10 gg. e più). Lo schema del
sistema di aspirazione intermittente è qui di seguito rappresentato:
-
- La
quantità di materiale aspirato giornalmente è risultata essere molto
variabile da paziente a paziente, in base alle considerazioni già esposte e
comunque si è attestata tra i 100 ml ed i 200 ml/die nei tracheostomizzati
coscienti. Si è anche rilevato un certo decadimento della performance del
sistema con l’andare del tempo, a causa del ridotto calibro della via
accessoria e delle caratteristiche del materiale aspirato. Si consiglia
pertanto di:
-
- 1)
effettuare
comunque 3 lavaggi al giorno della via accessoria con 10 ml di acqua
distillata, al fine di mantenerla pervia. L’acqua distillata è da
preferirsi alla fisiologica per la mancanza di soluti che potrebbero
contribuire alla formazione di incrostazioni all’interno della via
accessoria.
- 2)
i
tubi, che fanno parte del circuito di aspirazione, devono essere il più
corti possibile ed il vaso di raccolta delle secrezioni deve essere posto il
più basso possibile (al massimo all’altezza della testa del paziente) al
fine di rendere agevole l’evacuazione del materiale sopraglottico;
- 3)
nel
caso in cui il sistema non sia più funzionante si rende necessaria la
sostituzione della cannula o del tubo tracheale. Peraltro, se si
confermassero i recenti dati della letteratura riguardo ad una netta
riduzione nella incidenza delle polmoniti con tale sistema, i vantaggi, in
termini di riduzione del rischio paziente, giornate di degenza e/o utilizzo
di antibiotici, renderebbero giustificabile tale manovra sia dal punta di
vista etico-clinico che economico.
-
- In
conclusione, il sistema di aspirazione temporizzato, da noi testato, è
risultato:
- - essere efficace nel rimuovere le secrezioni sottoglottiche;
- - essere privo di qualsiasi complicanza per il paziente;
- - avere
la necessità di un certo management infermieristico per mantenerne
l’efficienza.
- Bibliografia
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