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Congresso Nazionale Aniarti 1998

INTENSIVITA’ ASSISTENZIALE RESPONSABILITA’ INFERMIERISTICA

Napoli (NA), 10 Ottobre - October 1998 / 12 Ottobre - October 1998

» Indice degli atti del programma

Presentazione dei risultati dell’analisi e della valutazione della bibliografia prodotta a livello internazionale sui temi succitati.  

11 Ottobre - October 1998: 09:00 / 09:30

La nutrizione enterale
  
IP AFD G Arena 
IP AFD G. Bianchi 
IP E. Bianchi 
IP A. Morelli 
  
  
Perché la nutrizione enterale? 
  
La nutrizione enterale rappresenta la metodica di prima scelta in tutti i pazienti che presentino un’indicazione alla nutrizione artificiale (N.A.) e abbiano un intestino funzionale. 
E' ormai riconosciuto essenziale il ruolo infermieristico nella gestione di tale metodica, pertanto, ci siamo posti una serie di domande: 
  
1) Quali sono le vie di accesso? Come si scelgono? 
Le principali modalità di accesso all’apparato digerente sono rappresentate da : 
accesso naso gastrico o naso-gastro-duodenale/digiunale; 
gastrostomia; 
digiunostomia. 
  
I dispositivi gastrici in genere sono preferiti perché offrono la maggiore flessibilità di protocollo nutrizionale. 
Bisogna però precisare che i dispositivi gastrici sono appropriati per quei pazienti che hanno intatti il riflesso della tosse e quello faringeo ed hanno un adeguato svuotamento gastrico. Se c'è significativo riflusso gastro-esofageo o se lo svuotamento gastrico è ritardato, si può verificare rigurgito talvolta con vomito e/o aspirazione polmonare (che tratteremo in modo specifico in seguito). 
I dispositivi digiunali sono indicati per quei pazienti a rischio di aspirazione o per compromissione della chiusura della glottide o, ancora, per compromissione del riflesso della tosse o dello svuotamento gastrico. 
È opinione comune che siccome i dispositivi digiunali «saltano» lo stomaco, il rischio di aspirazione sia ridotto, ma ciò non è stato clinicamente provato, infatti, al momento attuale, non sono state dimostrate differenze nella percentuale di aspirazioni clinicamente significative tra sistemi gastrici e digiunali (Lord, 1997). 
Si può solo affermare che l'alimentazione digiunale continua ad essere raccomandata per minimizzare il rischio di aspirazione nei pazienti:  
con paresi gastrica; 
con elevato ristagno gastrico; 
in fase post-operatoria precoce; 
nel periodo iniziale post-traumatico; 
soggetti al vomito; 
che presentano obnubilamento del sensorio; 
che sono ventilati artificialmente. 
Il tubo nasoenterico è da preferire quando si prevede una nutrizione enterale per un breve periodo (6-8 settimane); dopo questo periodo, l'intubazione prolungata può provocare erosione del setto nasale, dell'esofago, sinusite oppure stenosi esofagea distale. 
Bisogna fare molta attenzione nel posizionare tubi in pazienti con frattura del naso o con sanguinamento o, ancora, con stenosi esofagea, fistole, varici esofagee. 
  
Quali caratteristiche devono avere i tubi nasoenterici? 
Questi sono generalmente in poliuretano o di plastica siliconata che li rendono morbidi, lisci e flessibili. 
I flussi delle formule enterali possono risultare migliori nel tubo in poliuretano piuttosto che in quelli in silicone. I tubi naso-enterici sono di piccolo calibro e il loro diametro esterno varia da 5 a 12 F mentre il diametro interno varia da 3 a 8,5 F. 
Le formule contenenti fibre o comunque molto vischiose possono otturare i tubi di piccolo calibro, benché in uno studio non si siano dimostrate differenze di ostruzione tra il tubo del calibro di 8 e quello di 10 F (Methany et al 1988). 
I tubi combinati comprendono un tubo più largo per la decompressione gastrica e internamente ad esso, un tubo pi lungo e più sottile fissato nel digiuno per l'alimentazione (tubo di Dobbhoff doppio). 
Quello più grande, più rigido, può essere usato semplicemente per decomprimere temporaneamente o per drenare il contenuto gastrico. (Scomodo da sopportare e facilmente causa di lesioni cutanee). 
Negli USA, alcuni Stati proibiscono l'uso dei tubi nasogastrici di calibro più ampio per la nutrizione a meno che non siano indicati dalla prescrizione medica. 
Pesi di tungsteno sono stati aggiunti alla gran parte delle punte dei tubi e hanno un peso che varia dai 3 a 7 grammi. In teoria questi pesi dovrebbero mantenere i tubi in una buona posizione, benché questo non sia stato in realtà provato. Un ricercatore ha dimostrato, infatti, che una volta che il tubo nasoenterico è stato posizionato nel piccolo intestino, i tubi senza peso rimangono significativamente più a lungo (Rees, Pajne, James 1988). 
Un altro concetto erroneo delle estremità appesantite è che siano più agevoli a posizionare nel piccolo intestino ed a passare il piloro. Alcuni ricercatori hanno dimostrato che non c’è differenza nel passaggio tra sondini con la punta pesante e con la punta non appesantita (Levenson et al 1986). 
Un altro studio ha dimostrato un passaggio significativamente più alto con i tubi addirittura senza peso rispetto a quelli con l’estremità appesantita (Lord et al. 1983). 
I siti di ingresso per introdurre farmaci sono presenti in molti tubi cosicché, farmaci e acqua possono essere somministrati senza deconnettere la pompa; inoltre riducendo il numero di deconnessioni si riduce il rischio di contaminazione batterica. 
  
Quali possono essere le complicanze? 
*Introduzione nell'albero bronchiale: 
 emorragie polmonari; 
 pneumotorace; 
*perforazioni esofagee; 
*posizionamento intracranico in paziente con frattura della base cranica. 
  
Per i pazienti con frattura della base cranica alcuni autori raccomandano di inserire un tampone nasale e quindi piegare un piccolo sondino enterico attraverso il tampone per dirigerlo verso l'esofago. È in effetti un «imbuto nasale». 
Quando il tubo gastrico è posizionato correttamente «l'imbuto nasale» può essere delicatamente ritirato dalla narice, tagliato, ed estratto attorno al tubo nutrizionale. A causa del loro piccolo calibro bisogna fare molta attenzione, perché quando sono posizionati erroneamente non danno i caratteristici segni clinici, pertanto il paziente non ha dispnea, ipossia, o non presenta segni di ostruzione delle prime vie aeree. 
Il posizionamento iniziale dei tubi di alimentazione nasoenterici in ambiente ospedaliero va verificato con una radiografia per determinare la collocazione della punta del tubo prima di cominciare l’alimentazione (figura 1). 
In letteratura sono riportate diverse tecniche per facilitare il passaggio transpilorico dei tubi naso enterici. Queste includono: 
  
tecniche da effettuare al letto del paziente; 
l’uso di agenti procinetici; 
l’uso dell'endoscopia. 
  
Monitoraggio del posizionamento del tubo gastroenterico. 
L'ascoltazione e l'aspirazione e il test con il tornasole sono stati usati per predire la corretta collocazione della punta del catetere. 
L'ascoltazione dell'aria insufflata, benché sia il mezzo più tradizionale per determinare la posizione della punta del catetere, non è affidabile, infatti in due studi non ha potuto predire la corretta collocazione della punta del catetere nell'esofago, nello stomaco o nell'intestino prossimale o nell'apparato respiratorio (Methany ed altri ñ 1990, Newmann ed altri ñ 1995). 
L'iniezione di aria attraverso il tubo nutrizionale dopo il posizionamento iniziale può dare informazioni utili quali la mancata resistenza (il tubo non è inginocchiato); o l'eruttazione d'aria, (la punta è collocata nell'esofago). 
  
Altro metodo per predire la posizione del tubo sono le cartine al tornasole. Attualmente nessun metodo è sufficientemente preciso tanto da sostituire la radiografia. 
  
La gastrostomia (PEG - gastrostomia percutanea endoscopica) e la digiunostomia (PEJ - digiunostomia percutanea endoscopica) vengono utilizzate quando è necessario un supporto nutrizionale a lungo termine (oltre le 6-8 settimane). 
  
I tubi naso enterici devono essere fissati in modo tale da non provocare decubiti sulle narici. Il tubo va ancorato lontano dal naso, usando un pezzo di cerotto lungo e continuo dalla radice del naso fino al tubo. Il cerotto viene tagliato e ripiegato a mezza strada dal centro in due metà che sono poi arrotolate alternativamente attorno al tubo (figura 2). 
Avendo sperimentato che il tubo in poliuretano o siliconato tende dopo un po' di tempo a staccarsi dal cerotto e quindi a scivolare all'indietro, si è fatto uso di particolari collanti che rafforzano in maniera considerevole l'azione del cerotto. 
La massima attenzione però deve essere rivolta alla rimozione del cerotto che deve essere imbevuto di solvente che ne annulli l'azione. 
Il cerotto va sostituito almeno a giorni alterni e collocato in posizioni differenti per cercare di «far riposare» la cute. Esistono anche sistemi di ancoraggio diversi dal cerotto.  
  
Come si fa a mantenere pervio un sistema enterale? 
Tutti i sistemi enterali richiedono una vera e propria manutenzione per mantenerne la pervietà. In genere è sufficiente lavarli con acqua. 
I sistemi enterali nell'adulto possono essere lavati con 20-30 ml di acqua tiepida ogni 4 ore durante l'infusione continua e prima di ogni successivo bolo in caso di nutrizione intermittente. Non bisogna usare fluidi acidi che possono determinare la precipitazione delle proteine e/o l'otturazione del tubo. 
  
Perché il tubo si ostruisce? 
Cause: L’ostruzione del tubo può verificarsi con ogni sistema di nutrizione enterale ma accade più frequentemente nei tubi nasoenterici e nei tubi digiunostomici che non con i tubi da gastrostomia a causa del loro piccolo diametro interno e della maggiore lunghezza. 
La gran parte delle ostruzioni del tubo sono causate dalle miscele nutrizionali e dai medicamenti somministrati per sonda, infatti i farmaci possono interagire con le sostanze della nutrizione o con altri farmaci e formare precipitati. 
I farmaci vanno somministrati solo quando sono compatibili con la nutrizione enterale. Le formule più a rischio sono quelle più viscose e cioè quelle che contengono fibre o quelle a più alto contenuto calorico. 
Per evitare l’ostruzione del tubo i tubi stessi devono essere lavati con frequenza, e gli allarmi della pompa devono ricevere un’attenzione precoce. 
Anche la contaminazione della formula può portare ad una coagulazione.  
Quando si somministrano farmaci è importantissimo lavare il sistema con almeno 20-30 ml di acqua tiepida prima e dopo la somministrazione; i farmaci devono essere somministrati separatamente e il sistema nutrizionale lavato con almeno 5 ml di acqua tiepida dopo ogni farmaco per evitare interazioni tra i farmaci. 
  
Una volta che il tubo si è otturato cosa si può fare per disostruirlo? 
Quanto più precocemente inizia il processo di disostruzione, maggiore è la possibilità di rimuovere il coagulo. 
L’acqua è efficace così come le bevande gasate (Coca Cola), la Papaina (enzima che si usa per digerire le proteine) in un tentativo iniziale di dissolvere i coaguli. Se l’acqua non basta si può ricorrere ad una soluzione di pancreolipasi e di sodio bicarbonato (Marcuard ed altri ñ 1990). 
Sono raccomandate le seguenti procedure: 
* aspirare, con una siringa da 30-60ml, tutto il liquido possibile; 
* riempire la siringa di 5 ml di acqua tiepida; 
* instillare l’acqua per 1 minuto usando un movimento va e vieni con lo stantuffo della siringa, clampare il tubo per 5-15 minuti; 
* provare ad aspirare e lavare il tubo con acqua tiepida; 
* se il tubo resta ostruito ripetere la procedura con una soluzione di pancreasi e sodio bicarbonato. 
Si possono usare anche mezzi meccanici come mandrini o spazzole da citologia, facendo attenzione a non perforare il tubo e quindi ,toccare la parete dell’esofago oppure di protrudere la punta del catetere. 
  
LA NUTRIZIONE ENTERALE DEL PAZIENTE CRITICO (Kennedy, 1997). 
In terapia intensiva il ruolo più importante del personale infermieristico è valutare lo stato nutrizionale del paziente, incoraggiandolo a mangiare dove è possibile, registrando i successi riportati o i mancati raggiungimenti degli obiettivi. 
La nutrizione precoce del paziente critico è diventata un intervento sempre più comune nell’area critica, ma il suo uso non è privo di inconvenienti. 
È importante che tutti i pazienti che hanno un apparato gastrointestinale funzionante siano nutriti. » dimostrato che la mortalità è correlata con il grado di malnutrizione.  
Recenti ricerche (Metheny et al, 1996) hanno stabilito un'associazione tra nutrizione enterale ed il: 
* miglioramento della funzionalità enterica e renale; 
* miglioramento della funzione immunitaria; 
* riduzione del tasso di infezioni; 
* sopravvivenza nel paziente critico. 
  
La sepsi, specialmente in presenza di malnutrizione, sembra essere la maggiore responsabile della insufficienza multiorgano di quanto non lo sia l’inadeguata portata cardiaca e lo stato di shock: è la causa più comune di morte tardiva in Terapia Intensiva (78% dei casi di morte Miller et al 1992); la causa primaria o una delle cause contribuenti principali delle morti l’infezione (Clarke, 1990). 
Una spiegazione suggerisce che lo sviluppo di una insufficienza multiorgano in assenza di emocolture positive sia dovuta alla traslocazione di endotossine dall’apparato gastroenterico, dal sistema venoso portale e dal sistema linfatico distrettuale.  
Il tratto gastroenterico infatti è profondamente alterato nel paziente critico, bassi flussi ematici nella sepsi portano ad una ischemia e ad uno stato sub occlusivo; questo riguarda soprattutto la barriera mucosa dell’apparato gastroenterico consentendo alle endotossine e ai microrganismi di passare oltre tale barriera (Fink 1991). 
Il pH intramucoso può essere usato come indice protettivo dell’esito nel paziente critico e nel paziente sottoposto a chirurgia maggiore (Marston, et al, 1989): il tentativo di mantenere il Ph intramucoso normale può rappresentare un obiettivo rianimativo più razionale che non lo stesso mantenimento di adeguata portata cardiaca e può quindi migliorare la prognosi Mythen (1994). 
  
Come deve essere strutturata l’Équipe e qual è la tempistica dell’intervento? 
  
Stabilire precocemente una nutrizione enterale è importante nella gran parte dei pazienti. Robshaw (1995) ha trovato che la sua esecuzione viene più volte interrotta o ritardata. Zainal (1994) suggerisce che l'equipe multidisciplinare che si occupa della nutrizione enterale deve includere dietisti e farmacisti.  
In uno studio su 113 pazienti di Terapia Intensiva è stato dimostrato che un regime nutrizionale incrementa la quantità di cibo erogata al paziente del 12% (Chapman et al, 1992). Adam(1994) ha riferito dei dati di successo tra 50% e 85% ma anche elencato una serie di cause iatrogene responsabili di una mancata istituzione di una adeguata nutrizione che includevano: 
l’interruzione della nutrizione per procedure che comportavano il posizionamento declive del capo; 
la non disponibilità del cibo; 
la pratica infermieristica. 
Non esiste uno specifico momento ottimale per iniziare la nutrizione enterale. Altri autori sono stati più specifici: per i pazienti chirurgici; alcuni autori (Hamauvi et al, 1990) ha suggerito che la nutrizione entro 6 ore dall’intervento chirurgico può: 
migliorare la risposta ormonale allo stress; 
migliorare la cicatrizzazione; 
ridurre l’incidenza di ostruzione intestinale. 
Si discute anche se l’assenza di rumori intestinali debba costituire un criterio di esclusione. La gran parte dei pazienti di terapia intensiva può tollerare la nutrizione enterale anche in assenza dei rumori peristaltici. 
  
Mullan e Roubenof (1992) non hanno trovato differenze nel reflusso gastroesofageo tra sondini di piccolo e di grosso calibro.  
  
Come deve avvenire l’infusione dei nutrienti? 
L’infusione per bolo è associata con un aumentato potenziale di aspirazione, di rigurgito e di effetti gastrointestinali avversi. Il metodo preferito è la pompa nutrizionale, ad infusione continua o intermittente. 
Tutti i componenti di un team multidisciplinare devono essere informati del regime nutrizionale e del protocollo che viene usato per ottimizzare la quantità di nutrienti effettivamente erogati. 
La somministrazione di cibo per 24 ore per infusione continua riduce il rischio di diarrea (Oh, 1990). 
Si può somministrare acqua a 30-60 ml/h prima di iniziare la nutrizione propriamente detta. Il tubo nasoenterico deve essere aspirato ogni 2-3 ore per verificare la tolleranza; comunque il 60% dei pazienti tollera bene l'alimentazione (Payne James 1988). 
La interruzione dell’alimentazione va effettuata solo in caso di grossolane distensioni addominali o con volumi del residuo dell’aspirato maggiore di 400 ml nelle 24 ore (Payne James, 1988).  
La Cisapride migliora la tolleranza, l'assorbimento della nutrizione enterale e mantiene il pH gastrointestinale e la barriera mucosa funzionante; aumenta anche la motilità gastrica. La Cisapride viene usata nell'86% delle terapie intensive americane (Williams, 1996). Va segnalato che questo farmaco è stato però reputato responsabile di numerosi casi di aritmie che hanno in alcune sitauzioni portato alla morte, pertanto ne viene sconsigliato l'uso (Worst pills, best pills, 1998)  
  
La contaminazione delle miscele (Anderton, 1995) 
  
Degno di nota è il discorso della contaminazione, della manipolazione delle miscele e dei set di infusione. La contaminazione batterica delle preparazioni enterali sembra cumulativa e correlata alle molte manipolazioni dei nutrienti e dei sistemi nutrizionali, delle preparazioni sino al momento della somministrazione. 
Sono necessarie buone procedure igieniche per assicurarsi che la somministrazione sia sicura e si possono evitare molti problemi con le seguenti misure: 
* usare soluzioni preconfezionate, sterili, pronte all’uso a preferenza di cibi che richiedono ricostruzione, diluizione, additivi. 
* usare acqua sterile (o bollita, raffreddata, ma assicurarsi che non sia contaminata attraverso il trasferimento da un contenitore sporco) per quei cibi che vanno diluiti.  
Il lavaggio delle mani è la maniera più efficace per prevenire le infezioni crociate (Gold, 1994):  
* il personale dovrebbe sempre lavarsi bene le mani, asciugarsi, disinfettarsi, usare guanti prima della preparazione del cibo e prima di qualunque successivo a manipolazione dei sistemi; 
* il personale che prepara i cibi o manipola i sistemi nutrizionali dovrebbe portare una mascherina; 
 * in nessun caso alcuna parte del sistema nutrizionale a contatto con il cibo deve venire a contatto con le mani, la pelle o i vestiti di chi manipola il sistema;  
* i sistemi di nutrizione devono essere assemblati in una superficie pulita e sicura, disinfettata, lontano dal letto del paziente; 
* assicurarsi che il sistema non venga manipolati più del necessario perché aumenta il rischio di contaminazione; 
* limitare solo allo stretto necessario la contemporanea somministrazione di farmaci attraverso il tubo enterale; 
* il connettore di somministrazione deve essere disinfettato sia prima che dopo aver somministrato farmaci. 
  
In presenza di flaconi o di lattine questi vanno lavati con acqua corrente, aperti con forbici e apribottiglie precedentemente lavati con acqua calda e sapone, disinfettati nel punto di apertura; il contenuto non deve toccare il bordo della sacca nutrizionale. 
  
Complicanze in corso di nutrizione enterale (Burns, 1994). 
  
La diarrea è spesso una conseguenza inevitabile della nutrizione enterale per sonda. 
La patogenesi della diarrea dei pazienti che ricevono nutrizione enterale non è ben nota, ma è stata attribuita alla: 
* ipoalbuminemia; 
* contaminazione batterica delle formule; 
* caratteristiche delle formulazioni enteriche; 
* concomitante terapia farmacologica. 
  
La diarrea ed altre intolleranze alla nutrizione enterale erano attribuite al contenuto di lattosio nelle formulazioni, alla bassa temperature delle soluzioni da refrigerare, alle formule omogeneizzate ed alle tecniche di infusione per boli. 
Nonostante l’uso corrente di formule prive di lattosio, isotoniche, preparate commercialmente e pronte all’uso, l’uso di pompe da infusione, la diarrea nei pazienti che ricevono nutrizione enterale è ancora un evento clinico importante nei pazienti critici. 
In generale la diarrea è causata dall’iperosmolarità del contenuto nel lume intestinale, dal ridotto assorbimento di liquidi, dall’aumento di soluzioni enteriche, dall’alterazione della motilità intestinale e da altre condizioni che possono influenzare il bilancio idroelettrolitico nell’intestino. 
  
Un’ipoalbuninemia minore di 2,5 g./dl porta ad edema della mucosa intestinale che compromette l’assorbimento. Il paziente critico è facilmente soggetto ad ipoalbuminemia a causa della malnutrizione proteica e calorica, causata dal catabolismo. Valori di albumina tra 1 e 1,5 g./dl possono portare entro 3-7 giorni dalla comparsa ad una malattia acuta con grave catabolismo muscolare, necessario per mantenere il pool amminoacidico per la sintesi proteica. 
La malnutrizione proteico-calorica contribuisce direttamente allo sviluppo della diarrea per il decrescere del numero e dell’altezza dei villi intestinali e quindi per la conseguente riduzione della capacità d’assorbimento intestinale. 
Diversi ricercatori hanno esaminato l'associazione ipoalbuminemia-diarrea. 
Brinson e altri (1987) hanno studiato 35 pazienti di terapia intensiva in nutrizione enterale: la diarrea si sviluppava nel 34% dei casi e l’albuminemia di questi pazienti era significativamente più bassa (< 2,5 g/dl) rispetto ai pazienti senza diarrea (> 2,6 g/dl). 
I risultati sono stati confermati da altri studi (Guenter et l. 1991; Mickschl, 1990).  
Nonostante la stretta correlazione fra ipoalbuminemia e diarrea, esistono altri studi che hanno dato risultati contraddittori. Smith et al (1990) hanno studiato 73 pazienti critici in nutrizione enterale. La diarrea si sviluppava nel 63% e non c'era differenza significativa tra l’albuminemia dei pazienti con e senza diarrea. 
Risultati simili sono anche stati riportati da uno studio di Patterson ed altri - 1990, su un campione di 88 pazienti critici in nutrizione enterale standard. 
Non è stata trovata nessuna differenza significativa di intolleranza gastrointestinale tra i pazienti con albuminemia di 2,5 g/dl o meno e quelli con albuminemia normale, 
  
Si è molto discusso del ruolo delle fibre nella prevenzione della diarrea nel paziente in nutrizione enterale: il ruolo della fibra nel trattare e prevenire la diarrea rimane controverso, così come il suo meccanismo d’azione. 
La fibra vegetale è un polisaccaride non amidaceo con due componenti principali: 
Polisaccaride celluloso e non celluloso.  
Il polisaccaride non celluloso viene rapidamente degradato dal colon producendo acidi grassi a breve catena che, rapidamente assorbiti dal colon, stimolano l’assorbimento d’acqua inibendo l'insorganza di diarrea.  
  
 L'esigua casistica, le diverse metodologie adottate e il mancato utilizzo di una definizione comune della diarrea non hanno consentito di identificarne chiaramente le cause. Sono state ugualmente sviluppate linee guida per la valutazione e per l’intervento infermieristico basate fondamentalmente su alcune evidenze preliminari della letteratura. 
(per la tabella, vedi l'originale che ti allego) 
La tabella che segue riassume l’ABC di prevenzione della diarrea nei pazienti che ricevono nutrizione enterale. 
  
L’ABC della diarrea e della nutrizione enterale  
  
A Albumina 
 Controllare il livello sierico; 
consultare la dietista per determinare le variazioni dietetiche necessarie se l’albuminemia è minore di 2,5 g/dl. 
  
B Contaminazione batterica 
Cambiare la sacca nutrizionale, irrigare il set quotidianamente; 
proteggere l’estremità del tubo quando la nutrizione è interrotta; 
controllare che il tempo raccomandato (4-6 ore) sia effettivamente mantenuto. 
 C Clostridium Difficilis 
 fare una coltura del clostridium difficilis senza farmaci attivi su questo tipo di batterio. 
 D Farmaci e terapia concomitante) 
eseguire un’indagine della terapia attuale che contiene farmaci che possono causare diarrea; 
diluire i fermaci con 60-90 ml di acqua. 
 E Formula della nutrizione enterale) 
  
F Fibra 
Consultare il medico per aggiungere eventualmente fibre; 
titolare la dose per aumentare la consistenza del bolo fecale. 
  
 G Sorveglianza contro le lesioni cutanee)Usare dei detergenti a pH bilanciato e creme emollienti. 
  
  
La valutazione infermieristica deve identificare i fattori contributivi e a migliorare il trattamento della diarrea nelle sue conseguenze. Se la diarrea nel paziente in nutrizione enterale si verifica entro le 6 settimane dalla terapia antibiotica, bisogna prendere in considerazione l’infezione da clostridium difficilis (coltura fecale). 
Se è possibile, gli antibiotici andrebbero sospesi e la diarrea dovrebbe risolversi nel giro di qualche giorno; se persiste è opportuno instaurare una terapia antibiotica specifica per il clostridium difficilis. 
Quando si sospetta l’infezione da clostidium difficilis, i farmaci antidiarroici andrebbero sospesi per evitare l’esposizione prolungata della mucosa alle tossine prodotte dal batterio. 
Una raccomandazione non testata è di diluire le medicazioni liquide con 60-90 ml di acqua per minimizzare l’effetto di aumento dell'osmolarità. 
La pelle del paziente va protetta dagli effetti di un’eccessiva umidità e dall’erosione chimica: deve essere pulita in maniera delicata con un detergente a pH acido e tamponata fino a renderla asciutta e protetta umidità. 
  
L'aspirazione (D’AVIS et al, 1995) 
La grande parte delle aspirazioni si verificano in maniera silente e non sono identificate finché non si verificano ulteriori complicanze come l’ipossiemia, la polmonite, l’infezione, l’alterazione dello stato mentale, l’ostruzione delle vie aeree. 
Si ritiene che più del 20% dei pazienti ospedalizzati possono aspirare materiale gastrico e questa percentuale può aumentare quando respiro e nutrizione sono simultaneamente garantiti da sonde. 
  
Dopo l’aspirazione possiamo notare sintomi come: 
* ridotto livello di coscienza; 
* dispnea, con conseguente ipossia. 
Il paziente può avere: 
* tosse produttiva; 
* espettorato denso; 
* broncospasmo;
* rantoli. 
Si può verificare una caduta della saturazione arteriosa che può essere valutata se c’è un pulsossimetro in uso. 
  
La febbre correlata all’infezione si verifica entro le 72h; se si sviluppa una infezione batterica polmonare si avrà leucocitosi a mano a mano che si passa dalla lesione chimica iniziale alla polmonite. 
Alterazioni polmonari specifiche sono evidenti entro le 2 ñ 6 ore dall’evento, la piena conoscenza del danno polmonare sarà evidente entro le 12 ñ 24 ore. 
più tardi potranno verificarsi complicanze come: 
* pleurite; 
* versamento pleurico; 
* ascesso polmonare; 
* infiltrato alveolare diffuso. 
Si ritiene che l’intensità del danno polmonare sia direttamente correlata al pH dell’aspirato; un pH acido, come quello del contenuto gastrico, può letteralmente ustionare il polmone, mentre un pH alcalino può portare alla colonizzazione batterica ed alla polmonite. 
  
Quali sono i pazienti a rischio di aspirazione? 
benché l’aspirazione si verifichi anche in soggetti normali, le manifestazioni cliniche dell’aspirazione o della polmonite ab ingestis sono più comunemente associate ad alcune patologie ed a fattori meccanici ed ambientali ad esempio:  
  
* Ridotto livello di coscienza: determinato da overdose di farmaci, (sedativi, narcotici, ipnotici, curari, anestesia generale), alcool, convulsioni, coma, cerebrovasculopatia acuta e/o degenerativa, da trauma cranico; 
* disfunzioni gastroesofagee: vomito/rigurgito, distensione gastrica, reflusso gastroesofageo, ridotta motilità esofagea (acatasia), ridotto svuotamento gastrico, sclerodermia, ernia iatale; 
* disfunzioni gastrointestinali: ileo dinamico, ostruzione intestinale, emorragia gastrointestinale; 
* malattie del s. n. c. (sistema nervoso centrale): miastenia gravis, sindrome di Guillian Barrè, sclerosi multipla; 
* altre cause: insulti traumatici, rianimazione cardiopolmonare, intubazioni di emergenza, tamponamenti esofagei con sonda di B.M. 
Influiscono anche fattori meccanici quali l'intubazione orale e nasale; la presenza di tracheostomia, l'alimentazione per sonda; il mal posizionamento del tubo nutrizionale. 
E fattori ambientali quali: 
* la posizione della testa (capo reclinato, a testa sotto, cioè Trandelemburg posizione supina); 
* la posizione del paziente (a secondo del lato su cui decombe). 
Per ridurre gli eventi aspirativi lo standard della pratica è quello di mantenere la testiera del letto sollevata di 30∞ o più ed evitare la posizione supina. 
  
Le ricerche più recenti sulla nutrizione enterale e sull’aspirazione indicano che l’aspirazione può verificarsi in una varietà di condizioni. Lui, Mc Intyre e Watters (1989) hanno trovato che l’aspirazione era associata a punteggi Apache II alti, con assenza di un tubo tracheale o tracheostomico e a valori bassi di Glasgow Coma Score. Sono state identificate associate al rischio di aspirazione le cuffie endotracheali gonfiate a 15-18 mm Hg (che equivale a 20 ñ 25 cm di acqua), la presenza di sonde nasogastriche, di intubazioni di durata superiore a 5 giorni (Elpen ed altri ñ 1987), ma non il livello di coscienza o la posizione della testa del letto. 
Non sempre esiste uniformità nel riportare gli episodi di aspirazione. In uno studio di  
Trealor e Stechmiller ( 1984) era stato aggiunto blu metilene nella sacca nutrizionale così l’aspirazione veniva documentata ed identificata se le secrezioni tracheobronchiali del paziente erano colorate. Le aspirazioni in questo modo risultavano più numerose che in altri centri in cui veniva usato lo stesso metodo di alimentazione, senza però colorare il cibo nella sacca.  
L'escreato normalmente è privo di glucosio, a meno ché non si tratti di soggetti diabetici o con elevati livelli di glicemia. Kingston ed altri (1991) per valutare l'aspirazione dell'alimentazione hanno valutato la presenza di glucosio nelle secrezioni polmonari. Il test del glucosio identificava il 55% dei casi di aspirazione, mentre quello del blu di metilene era in grado di identificare solo il 5% (Lui et al. 1989). iò indica che l’aspirazione è un fenomeno sottostimato dalla letteratura. 
  
 Calibro del sondino e dal tipo di posizionamento. 
Alcuni autori ribadiscono che il sondino di piccolo calibro minimizza il rischio di aspirazione. Non si hanno indicazioni precise invece rispetto alla sede del sondino: Metheny ed altri (1986) hanno riportato una più alta incidenza di polmonite da aspirazione in pazienti nutriti attraverso sondino nasogastrico rispetto a quelli nutriti con sondino transpilorico; Sands (1991), invece, non ha trovato differenze tra i tubi nasogastrici e transpilorici; Strong ed altri (1992) hanno dimostrato una più alta incidenza di aspirazione nei pazienti con sondini transpilorici che nasogastrici.  
  
Strategie per prevenire l’aspirazione 
Per i pazienti nutriti per via nasogastrica o per via transpilorica, bisogna fare attenzione ai seguenti due importanti fattori: 
* corretto posizionamento del tubo; 
* valutazione dell’entità del residuo gastrico. 
  
Come si fa ad aspirare il residuo gastrico da sondini di piccolo calibro? 
 Metheny et al, (1993) suggeriscono di insufflare nel sondino 20 ml di aria con una siringa da 30 ml, per spostare la punta del tubo dalla parete intestinale ed eliminare l'aria presente, l'acqua ed eventuali residui di farmaci presenti nello spazio morto. In questo modo è più facile aspirare le secrezioni gastrointestinali e valutare il pH. 
Se non si riesce ad ottenere un aspirato, si gira il paziente sul lato, dx o sx, e si abbassa la testata del letto. Se anche questo tentativo è infruttuoso probabilmente lo stomaco è vuoto. Usando questo metodo, si riesce ad aspirare una quantità sufficiente di liquido per effettuare un test del pH nel 92,5% dei casi anche attraverso sondini nasogastrici piccoli e nel 91,8% per tutti i tubi nasointestinali. 
  
Se il paziente ha un tubo endotracheale o una tracheostomia le pressioni della cuffia devono essere valutate ogni 8 ore, Eisemberg (1991) Kohn e Keithley (1989):  
se la pressione è inferiore a 15 mm Hg, si aggiunge aria; se superiore a 18 mm Hg la si aspira.  
  
Concludendo 
 
Da tutti, ormai, riconosciuta come vero e proprio atto terapeutico, la nutrizione enterale, ha trovato e trova continuamente applicazione in svariate situazioni cliniche e rappresenta un insostituibile e fondamentale presidio nella cura del paziente critico. 
  
DI TUTTI I MALI È IL NUTRIMENTO IL RIMEDIO MIGLIORE 
  
  
(Ippocrate)  
  
  
  
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