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Congresso Nazionale Aniarti 1998

INTENSIVITA’ ASSISTENZIALE RESPONSABILITA’ INFERMIERISTICA

Napoli (NA), 10 Ottobre - October 1998 / 12 Ottobre - October 1998

» Indice degli atti del programma


11 Ottobre - October 1998: 09:45 / 10:00

Le tracheostomie

I.P. S. GORI (1) (relatore), I.P. S. SALVINI (1), I.P. D. SINATTI (1), I.P.A.F.D. S. GOZZINI (2) 
 
(1) T.I. Ospedale Nuovo «S. Giovanni di Dio» ASL 10 – Firenze 
(2) Emodialisi Ospedale Nuovo «S. Giovanni di Dio» ASL 10 - Firenze 
   
Per rispondere ad alcune delle domande che si pongono nel quotidiano dell'assistenza, sono stati analizzati gli articoli pubblicati dopo gli anni 90. La maggioranza degli articoli selezionati erano di tipo medico, e mancano studi sperimentali che sostengano gli interventi infermieristici. Riportiamo di seguito le principali indicazioni emerse.  
 
ASPIRAZIONE  
L’aspirazione è una pratica infermieristica eseguita per rimuovere le secrezioni dall’albero respiratorio. Questo può portare a diverse complicanze quali: 
ipossia  
trauma bronchiale 
infezioni 
aritmie cardiache ed ipotensioni 
atelectasie 
Quindi se da un lato la broncoaspirazione è necessaria, è importante anche effettuarla in modo corretto. 
Lyndsay Clarke (1995) analizza un evento di desaturazione improvvisa in un paziente tracheostomizzato in fase di svezzamento e dà indicazioni su come effettuare la broncoaspirazione riducendone i rischi. In particolare afferma che: 
L’ipossia può essere evitata con l’iperossigenazione pre e post aspirazione. Se l’iperossigenazione viene eseguita manualmente con «va e vieni» è importante effettuare 5 insufflazioni con O2 al 100%,seguite dall’aspirazione la cui durata non dovrà superare i 12 secondi, in questo modo l’iperossigenazione preventiva riduce marcatamente anche i fenomeni di aritmia cardiaca durante la pratica. L’iperossigenazione ottenuta attraverso il ventilatore è migliore in quanto durante la pratica viene mantenuta la PEEP ed è possibile monitorare il volume corrente del paziente. 
Per evitare i danni sulla mucosa endotracheale si raccomanda di eseguire la manovra con cautela, il sondino dovrà arrivare al massimo a 1-3 cm dalla bigorcazione della trachea e non dovrà essere inserito più volte durante una stessa manovra. La pressione di aspirazione non dovrà superare i 120 mmHg. 
 
L’aspirazione endotracheale va eseguita non routinariamente ma quando si è in presenza di: 
Dispnea  
secrezioni visibili nel tubo 
Diminuzione della saturazione  
Aumento della pressione delle vie aeree 
Gorgoglii durante il respiro 
 
Usare la soluzione salina prima della broncoaspirazione per fluidificare le secrezioni è una pratica comune, ma la letteratura suggerisce che l’uso routinario è controindicato in quanto può portare a un danno dell’epitelio delle vie respiratorie (Kconradova et al. 1989) e ad una diminuzione della SaO2 (Akerman 1993). 
 
Vantaggi e svantaggi del sistema di aspirazione a circuito chiuso nella broncoaspirazione (Noll, et al, 1990)  
  
 Vantaggi  
- il sistema a circuito chiuso è indicato soprattutto nella ventilazione controllata quando al paziente si applica una PEEP maggiore di 10,questo perché durante l’aspirazione permette una riduzione inferiore della saturimetria grazie al mantenimento della PEEP. 
* favorisce la diminuzione delle infezioni quanto rimane sempre connesso al circuito per cui si possono eseguire anche delle rapide aspirazioni senza problemi di contaminazioni. 
* Protegge gli operatori dagli schizzi accidentali sulla faccia e negli occhi di secrezioni o liquidi di condensa  
* Il costo del sistema chiuso è abbastanza elevato ma se usato in pazienti che devono essere aspirati più di 12 volte al giorno è molto vantaggioso, e lo è ancora di più se si considera l’abbattimento del rischio infettivo e dei costi ad esso correlato. 
* Si ha una riduzione dell’ansia e della dispnea derivate dallo scollegamento del paziente dal ventilatore. 
Svantaggi  
* autocontaminazione del sistema che può essere evitata attraverso il lavaggio con soluzione salina dopo ogni uso 
* perdita di efficacia nel rimuovere le secrezioni dense e tenaci, che a volte porta all’uso dell’aspirazione aperta 
rischio di trauma e dislocazione dei tubi dovuto al peso del sistema. 
  
Il sistema di aspirazione chiuso secondo noi effettivamente è utilissimo soprattutto in quei pazienti collegati al ventilatore in volume controllato e che a causa delle loro condizioni cliniche viene applicata al ciclo ventilatorio una PEEP elevata. In questo caso usando il sistema chiuso si riesce facilmente a contenere la brusca riduzione della saturazione che avviene quando si scollega il paziente dalla ventilazione per eseguire l’aspirazione aperta. Il personale infermierostico tuttavia trova molta difficoltà all’usare questo dispositivo perché molte volte a causa delle secrezioni particolarmente dense e viscose deve ricorrere all’aspirazione tradizionale e quindi deve scollegare ugualmente il paziente, così come quando non si ha a disposizione un ventilatore che abbia la funzione che iperossigena il paziente prima dell’aspirazione si è costretti sempre e comunque a deconnetterlo compromettendo i risultati di abbattimento delle infezioni respiratorie che si hanno con questo dispositivo. 
 
Umidificazione 
Strettamente correlati all’aspirazione sono i sistemi di umidificazione. Con la tracheostomia si bypassano i sistemi anatomici di riscaldamento e umidificazione dell’aria ed è importante provvedere con metodi artificiali a tali funzioni. Il riscaldamento e l’umidificazione dell’aria favoriscono il normale funzionamento della mucosa respiratoria e conservano la temperatura del corpo. 
Una non corretta umidificazione e riscaldamento della miscela gassosa porta ad un aumento dello shunt artero-venoso polmonare con la diminuzione della saturazione d’ossigeno sistemica e ad un difetto nella produzione di surfactante nonché ad un’alterazione nel trasporto di muco da parte delle cellule ciliate della mucosa. 
Tutti i sistemi di umidificazione sono validi ,ma i sistemi attivi con o senza riscaldamento di acqua sono fonte di infezioni nosocomiali in quanto molto spesso si a una colonizzazione batterica dell’acqua usata all’interno dei dispositivi; per quanto riguarda la nebulizzazione questa somministra grandi quantità di acqua al paziente con coseguenti atelectasie o eccessi di umidità. Il miglior sistema di umidificazione che elimina gli inconvenienti degli altri (Ballard 1992,Shelley 1986, Chalon 1984) sembra essere quello passivo con filtri HME che conservano umidità ed il calore in fase espiratoria e li ricedono in fase inspiratoria. Nella nostra esperienza tuttavia abbiamo visto che i filtri HME non sono adatti in tutti i tipi di pazienti in particolare in quegli che hanno secrezioni altamente viscose siamo costretti molto spesso a ricorrere ai sistemi attivi e in special modo in quelli che vengono ventilati per n lungo periodo di tempo. 
  
Cambio della cannula tracheostomica 
Riguardo a questa pratica ci sono varie opinoni molto spesso in disaccordo tra loro: Oh (1990) afferma che il primo cambio va effettuato dopo 7 giorni e poi i cambi successivi si effettueranno dopo 4. 
Walsh e Roylec (1992) dicono che il cambio va effettuato ogni 3 giorni questo in base anche alla quantità di secrezioni che si accumulano all’interno del tubo. 
Tuttavia la maggior parte delle linee guida indica di eseguire il cambio ogni 4 giorni e non superare mai i sette. 
 
Cura della tracheostomia  
 Goldwin e Heffner (1991) analizzano le problematiche della comunicazione , alimentazione e svezzamento nei pazienti portatori di tracheostomia. 
 La forma più efficace per la comunicazione è naturalmente l’articolazione della parola da promuovere in pazienti stabili.  
Se la cuffia è leggermente sgonfia e vi è un basso grado di dipendenza dal ventilatore i pazienti possono sussurrare, prima di scuffiare però è necessario aspirare le secrezioni sopra e sotto la cuffia della tracheostomia.  
Esistono tuttavia anche strumenti per parlare che sono: 
* cannule speciali che dirigono l’aria sopra le corde vocali indipendentemente dal ciclo ventilatorio; altre cannule hanno un tubicino addizionale da collegare ad una sorgente di gas che porta un flusso(da 1,5 a 10 lit. minuto) in laringe cosicché il 75% dei pazienti riesce a parlare. 
Occorrono in genere 5 giorni di training per insegnare al paziente a parlare . 
Le complicanze in questo caso sono: 
* secchezza della glottide anche con gas umidificato e riscaldato 
* otturazione del tubicino  
* infiammazione 
 * amplificatori con un cateterino inserito nelle narici o in bocca 
 
Elettrolaringe: è un vibratore tenuto con la mano dal paziente tra l’angolo mandibolare e l’incisura della cartilagine tiroidea, dotato di un amplificatore a batterie 
 cannule fenestrate: da usare in pazienti in fase di svezzamento che tollerano periodi di respirazione spontanea. 
  
Valvola unidirezionale di Passey-Muir applicabile a tutte le cannule si apre nella inspirazione e si chiude nella espirazione. 
 
La tracheostomia permette ai pazienti di alimentarsi nuovamente per le vie naturali ma poiché spesso si ha un’alterazione della funzione della deglutizione con il conseguente rischio di inalazione si devono seguire alcuni accorgimenti: 
 * valutare la capacità di deglutizione  
 * valutare il riflesso della tosse 
 * programmare razionalmente la dieta, i primi tentativi si faranno con ghiaccio poi con cibi semisolidi 
 * controllare che la cuffia della cannula sia gonfiata entro un range di 25-35 cm d’acqua e che la cannula non sia dislocata. 
* la testa del letto dovrà avere un’inclinazione di 30-45∞ 
 
Queste indicazioni sono importanti da seguire in quanto Higgins ed altri (anno?) affermano che l’inalazione si può avere anche con cannule cuffiate a causa di una trazione, dislocazione o insufficiente tensione della cuffia della cannula. 
Per quanto riguarda lo svezzamento gli autori consigliano di stendere un programma graduale in modo da creare meno trauma possibile per il paziente. Una volta raggiunta un certo grado di autonomia, valutando sempre le capacità respiratorie e il riflesso della tosse si può passare a scuffiare la cannula ed eventualmente a calibri sempre più piccoli per poi decannulare definitivamente. 
Una volta tolta la cannula si deve continuare a valutare le capacità di ventilazione del paziente, il riflesso della tosse, in quanto siamo sempre in una fase molto delicata in cui il paziente può ancora inalare per scarsa sensibilità della laringe. 
 
Cura della tracheostomia 
 Beker Weilitz e Dettenmeier (1994) descrivendo la loro esperienza danno delle indicazioni sulla cura della tracheostomia.  
Gestione delle vie aeree: 
* annotare la funzione respiratoria: frequenza, ritmo, qualità, saturazione d’ossigeno, controllo cianosi 
 * aspirare quando occorre 
* provvedere ad una toilette polmonare attraverso respiri profondi e tosse, aspirazione cambio di posizione, fisioterapia respiratoria 
 
Controllo delle infezioni: 
 * controllare colore, odore, viscosità e qualità delle secrezioni 
* controllare la sede della stomia per eventuali segni di infezione come arrossamento, dolore odore desquamazione della cute 
* prelevare campioni per esami colturali dalla stomia se si sono sviluppati segni di infezione. 
 
Segni di infezione: 
* medicare con H2O2 
* corretta ed accurata igiene del cavo orale 
* pulire la controcannula quando è necessario controllare lo stato di  
* controllare idratazione e stato nutrizionale del paziente 
 
Controllo di eventuale trauma: 
* Sciogliere le secrezioni quando occorre con normale soluzione salina 
* Monitorare la pressione della cuffia 
* Assicurarsi che la cannula sia fermata correttamente 
* Monitorare segni di trauma :arrossamento, secrezioni sanguinolente, ulcerazioni, dolore 
 
Educazione sanitaria 
L'educazione sanitaria ai familiari e ai pazienti tracheostomizzati è importante soprattutto in previsione di una domiciliarizzazione. Wilson e Malley (1990) indicano quali siano gli insegnamenti necessari prima della dimissione . 
Gli autori prevedono un approccio multidisciplinare con infermieri, medici, fisioterapisti, dietologi, specialisti del linguaggio e assistenti sociali in modo che una volta a casa i pazienti e la famiglia possano far riferimento a ognuna di queste figure. 
Il piano di cura da far conoscere ai pazienti e ai familiari prevede: 
- Cura stomia e tubo 
- Tecnica di aspirazione 
- Alterazioni fisiologiche collegate alla tracheostomia: 
- Segni e sintomi da riportare al medico 
- Segni che richiedono attenzione immediata 
- Apparecchiature 
- Modificazione dell’immagine 
- Presidi atti a migliorare la comunicazione 
 
Tecniche per il confezionamento della tracheostomia: 
Negli ultimi anni accanto alla tecnica chirurgica classica si sono sviluppate varie tecniche percutanee per il confezionamento della tracheostomia, (Ciaglia Greegs Fantoni) che lentamente stanno soppiantando la tecnica aperta. 
Numerosi sono gli articoli che analizzano e confrontano le due metodologie. 
Grahm et al (1996) hanno analizzato 60 pazienti dei quali 31 sottoposti a tracheostomia percutanea e 29 a tracheo aperta. Nei due gruppi sono stati rispettivamente valutati , stato settico, funzione respiratoria (Fio2, SaO2) livello di coscienza, funzionalità metabolica, renale ed ematica. I pazienti presi in considerazione avevano caratteristiche omogenee per età, sesso, giorni di intubazione prima della tracheostomia, criterio di rischio per l’esecuzione della tecnica. Nei due gruppi non sono emerse differenze per le complicanze a breve termine (minori o maggiori) ma la tracheo percutanea che è stata giudicata come il mezzo più sicuro, meno invasivo e più veloce per assicurare la ventilazione meccanica nei pazienti in ICU. La tecnica percutanea si è rivelata la meno costosa e facilmente eseguibile al letto del paziente evitando i rischi a cui sono sottoposti i pazienti instabili durante il trasporto. 
  
Nelson (1992) prende in esame la minitracheo come tecnica usata soprattutto nelle unità di chirurgia toracica per pulire dalle secrezioni l’albero respiratorio. 
La comune complicanza che segue l’intervento di chirurgia toracica è la ritenzione delle secrezioni che si verifica ogni volta che un paziente non è capace di espettorare correttamente.  
Non appena compaiono alcuni dei segni tipici (tachipnea, tosse inefficace, ridotto livello di coscienza, EGA con segni di ipossia ed ipercapnia) è importante iniziare subito con un trattamento fisioterapico abbinato ad una buona analgesia. Se questo non basta tradizionalmente si ricorre a: aspirazione tracheale da bocca o naso; broncoscopia; tracheostomia; intubazione. 
Tutti questi metodi eccetto l’aspirazione sono molto invasivi e sono poco confortevoli per il paziente, in special modo la tracheostomia e l’intubazione impediscono la parola e questo può portare a depressione e frustrazione. La mini-tracheo che può essere effettuata al letto del paziente sotto anestesia locale. I vantaggi sono : 
 * veloce accesso non traumatico alle vie respiratorie 
* preserva le funzioni della glottide: il paziente può mangiare parlare, tossire, umidificare e riscaldare l’aria attraverso le vie naturali. 
  
Il tubo viene facilmente rimosso e la ferita guarisce con una cicatrice minima. 
Lo svantaggio più rilevante di questa tecnica è il rischio di un’emorragia intorno al foro di inserzione in seguito al danno dell’arteria cricotiroidea. 
Nella nostra esperienza la minitracheo è usata in emergenza o come sostitutivo della cannula tracheostomica quando il paziente viene decannulato e non riesce a rimuovere le secrezioni da solo. Sarebbe interessante usarla nei pazienti post-operati al posto della tracheostomia classica ma questo non avviene , forse il motivo è da ricercare nel fatto che con le nuove tecniche per la tracheostomia è direttamente l’anestesista a eseguire l’intervento chirurgico. Si preferisce quindi confezionare una tracheostomia piuttosto che un’alternativa sulla quale si potrebbe dover intervenire nuovamente per deterioramento delle condizioni del paziente.  
 
Dall’analisi della letteratura analizzata non abbiamo trovato grandi risposte circa i quesiti che ci eravamo posti all’inizio del lavoro. Mancano indicazioni sulla modalità di fissaggio, su come e con quali disinfettanti medicare la tracheostomia o sulla la metodologia corretta per la pulizia della controcannula. 
Per quanto riguarda l’aspirazione ci sono ancora dei dubbi soluzione salina si o no? Aspirare il paziente quando compaiono alcuni segni come abbiamo visto oppure in alcuni casi l’aspirazione programmata può essere più indicata per impedire la stasi delle secrezioni? 
L’umidificazione con i filtri HME è la più corretta? 
Alcuni articoli ci danno indicazioni per il confort del paziente che a nostro avviso deve essere preso più in considerazione nella nostra realtà, soprattutto l’aspetto legato alla comunicazione ma non dicono grandi cose nuove per quanto riguarda l’alimentazione e lo svezzamento del paziente tracheostomizzato. 
Anche sui cambi dei tubi ci sono molte divergenze e ognuno agisce secondo le proprie opinioni. Iniziamo anche noi quindi a svolgere attività di ricerca affinché alcuni dubbi vengano fugati. 
     
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