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Congresso Nazionale Aniarti 1998

INTENSIVITA’ ASSISTENZIALE RESPONSABILITA’ INFERMIERISTICA

Napoli (NA), 10 Ottobre - October 1998 / 12 Ottobre - October 1998

» Indice degli atti del programma


11 Ottobre - October 1998: 09:45 / 10:00

Donatella Fontanot, I.P., Rianimazione , IRCCS Burlo Garofolo di Trieste. 

Prima di inoltrarci nell'analisi dei contenuti è forse opportuno fare una serie di considerazioni generali. In primo luogo è interessante riflettere sul fatto stesso che abbia trovato spazio in questo lavoro, una parte esplicitamente dedicata all'età evolutiva. Si tratta di una questione affatto banale ed attribuibile ad una maggiore sensibilità da parte della professione nei confronti della specificità dell'assistenza infermieristica in area pediatrica, ma anche ai cambiamenti che si sono verificati sulle indicazioni alla tracheostomia nei bambini. Nell'ultimo ventennio, infatti, abbiamo assistito ad un uso sempre più frequente di questa metodica quale trattamento a lungo termine in contrasto con l'uso tradizionale nelle situazioni di emergenza. Si tratta di una trasformazione che ha portato ad un progressivo aumento dei casi trattati nelle Terapie Intensive pediatriche, le quali si sono attivate non solo per garantire un'efficace assistenza intra-ospedaliera ma anche, ed è questo l'elemento di novità, per orientare il proprio lavoro in vista di una rapida dimissione del bambino. La necessaria continuità tra l'attività intra-ospedaliera e il piano di assistenza orientato alla dimissione è garantita da un'integrazione, tutt'altro che scontata, tra gli elementi tecnici (conoscenza della metodica, dell'anatomia e della fisiologia delle vie respiratorie etc.) e quelli relazionali che entrano in gioco nell'assistenza al bambino tracheostomizzato e alla sua famiglia.  
 
La gestione della tracheostomia nel bambino 
La tecnica di gestione della tracheostomia nel bambino si rifà agli stessi principi validi anche per l'adulto, anche se si devono tenere in considerazione le caratteristiche del bambino, prima fra tutte le dimensioni (peso e altezza).La lunghezza della cannula ad esempio deve essere adeguata alle trasformazioni morfologiche della trachea per scongiurare incidenti che vanno dalla decannulazione (evenienza piuttosto frequente e di facile risoluzione, all'enfisema sottocutaneo, che rappresenta una grave complicanza iatrogena.  
 Altri due elementi specifici in area pediatrica sono rappresentati dall'assenza della cuffia e della controcannula (Benumof 1966).  
Le cannule tracheostomiche standard sono prive di ancoraggio pneumatico al fine di ridurre il rischio di lesioni da decubito e/o ipertrofia a carico della mucosa tracheale. Questa caratteristica è particolarmente sentita per le tracheostomie a lungo termine, ma non sono emersi dalla letteratura parametri precisi in base ai quali prevedere o meno l'uso di cannule cuffiate. L'unico elemento che viene citato esplicitamente come indicazione alla cuffia è la necessità di una ventilazione ad alta pressione, per evitare che vi sia una perdita di pressione verso l'esterno (Benumof 1996).  
Un discorso a parte merita il tema della controcannula: numerosi testi di nursing anche recenti (Morgan Speer, 1996) dedicano spazio alla sua gestione, sebbene le cannule tracheostomiche in commercio oggi ne siano prive. Per evitare che le cannule si deformino durante l'inserimento vengono utilizzati mandrini, che vengono immediatamente rimosso.  
In tutti i testi di nursing si dedica molto spazio all'alimentazione ed al linguaggio, per l'importanza specifica che hanno in particolare nell'età evolutiva. Purtroppo alle affermazioni di principio non seguono altrettante indicazioni su cosa fare concretamente, per esempio, nel campo dell'acquisizione del linguaggio così come in quello relativo alle modalità di training allo sviluppo del gusto nel bambino tracheostomizzato.  
 
Gli aspetti relazionali  
Il 50% dei testi consultati affrontano il problema dell'educazione sanitaria alla famiglia e un apporto ancor maggiore è fornito dagli articoli pubblicati sulle varie riviste, sia nazionali che internazionali.  
E' interessante riflettere su un dato quantitativo: 5 articoli su 9, affrontano il tema dell'educazione e della comunicazione, la gran parte di questi (4 articoli) dedica molta attenzione alle informazioni da dare ai genitori, i destinatari privilegiati dell'informazione. Nell'articolo di Dorsey e Diehl (1992) viene descritto un programma di addestramento realizzato dal personale infermieristico di un ospedale di Baltimora, rivolto ai colleghi che operano nelle scuole. I corsi avevano una durata semestrale e la fase didattica del progetto è stata realizzata prevedendo delle esercitazioni pratiche. Gli studenti potevano eseguire le varie tecniche direttamente nell'unità operativa dell'Ospedale, supportati da un'infermiera esperta nella clinica. L'esperienza sul campo consentiva di rinforzare gli insegnamenti d'aula ed è perciò risultata particolarmente utile nel momento in cui si verificarono un paio di incidenti (un caso di broncospasmo ed uno di bradicardia e cianosi) che vennero affrontati dagli stessi studenti con la guida della loro responsabile. Il corso consente di applicare il principio della continuità delle cure e di istituire un rapporto concreto tra le strutture scolastiche e l'ospedale. Il progetto descritto è stato realizzato per rispondere alle indicazioni di una legge per l'integrazione di bambini disabili, anche se portatori di apparecchiature elettromedicali complesse quali per esempio i ventilatori. Si tratta di una legge decisamente all'avanguardia, soprattutto se si riflette sul ruolo che la scuola svolge per la socializzazione.  
Gli studi di Duncan (1992) dell'Università di California e di Messineo (1995), dell'Università di Padova confrontano i tassi di complicanze nei bambini seguiti in ospedale e successivamente al proprio domicilio. La ricerca, statunitense, realizzata presso un ospedale di San Francisco su 44 bambini con un'età media di 1 anno e 1/2, ha evidenziato un rapporto di 26 incidenti in Ospedale in 100 mesi contro un unico episodio a casa, nella medesima unità di tempo. I genitori dei bambini avevano seguito un corso di addestramento di 10 giorni prima della dimissione del figlio.  
Lo studio italiano effettuato dal reparto di Chirurgia pediatrica e dall'Istituto di Anestesia dell'Università di Padova documenta su 34 bambini, di cui 21 con meno di un anno d'età, 8 complicanze in 100 mesi in ospedale contro 1 a casa. Anche in questo caso i bambini sono stati seguiti prima in ospedale e poi a domicilio, ma non ci sono indicazioni sul tipo di addestramento dei genitori. Entrambe le équipe concordano nell'attribuire gran parte del successo della gestione domiciliare alla competenza dei genitori (competenza acquisita durante il periodo di degenza).  
 
Warnock (1994) consiglia l'uso di sondini graduati per le broncoaspirazioni al fine di rispettare la "distanza di sicurezza", identificata in 0,65-1,25 cm dopo la fine della cannula. Il mancato rispetto di questa distanza provoca traumatismi a carico della parete tracheale con rischi di natura infettiva e lesioni cicatriziali.  
La maggior parte delle informazioni tecniche per la gestione della tracheostomia si trova ancora sui libri di testo. Sarebbe utile fare ricerche per valutare quante e quali delle pratiche eseguite sui bambini sono efficaci e quante invece da rivedere, ripensare o eliminare.  
 
BIBLIOGRAFIA 
  
Benumof JL. Airwauy management. Principles and practice. Mosby, St Louis, 1996. 
Duncan BW, Howell LJ, deLorimer AA et al. Tracheostomy in children with emphasis on home care. J Ped Surg 1992; 27: 432-435. 
Dorsey L, Diehl B. An educational program for school nurses caring for pediatric client with a tracheostomy. Ostomy/wound management 1992; 38: 16-19. 
Messineo A, Giusti F, Narne S. The safety of home tracheostomy care for children. J pediatr Surg 1995; 30: 1246-8. 
Morgan SPeer K. Piani di assistenza in pediatria. McGraw Hill, Milano 1996. 
Warnock C, Porpora K. A pediatric trach card: transforming research into practice. Pediatric Nursing 1994; 20: 186-188.

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