banner di sinistra banner di sinistra
Login
Ricerca
...oppure prova
la ricerca avanzata
Scenario
Organo ufficiale aniarti

Motore di ricerca

Aniarti Survey

Nuova survey su

Intraossea in emergenza: valutazione del consenso da parte degli infermieri

 

Indicizzati

Scenario e' indicizzato su CINAHL

(Cumulative Index to Nursing and Allied Health Literature) in EBSCO HOST.

Un nuovo traguardo per la diffusione della cultura infermieristica.

EfCCNa
Eurpean Federation of Critical Care Nursing Association

www.efccna.org

Connect
Journal of wfccna

Connect

IPASVI
Fed. Naz.Collegi IPASVI

www.ipasvi.it

HON
Health on the Net


Noi aderiamo ai principi HONcode.
verify here.

Congresso Nazionale Aniarti 1998

INTENSIVITA’ ASSISTENZIALE RESPONSABILITA’ INFERMIERISTICA

Napoli (NA), 10 Ottobre - October 1998 / 12 Ottobre - October 1998

» Indice degli atti del programma

Zanoli Laila  Abis Patrizia  Palla Cristina

11 Ottobre - October 1998: 10:15 / 10:30

Lo Svezzamento dal Ventilatore Meccanico 
  
(Zanoli Laila (1) Abis Patrizia (2) Palla Cristina (3)) 
  
I.P. « U.T.I.C. - Ospedale SS. Trinità - Azienda U.S.L. N 8 « CAGLIARI 
  
I.P. «Servizio di Rianimazione» Ospedale SS. Trinità - Azienda U.S.L. N 8 CAGLIARI 
  
I.P. «Servizio di Rianimazione» - Ospedale SS. Trinità - Azienda U.S.L. N∞ 8 CAGLIARI 
    
INTRODUZIONE 
  
I pazienti sottoposti a ventilazione meccanica devono, una volta risolto il problema di base, riabituarsi a respirare autonomamente. Il processo di svezzamento consiste proprio in questo. Nonostante i grandi progressi compiuti nel campo della respirazione meccanica, si discute ancora su quale sia la metodologia migliore per svezzare i pazienti. È stato osservato, che più del 20% dei pazienti ventilati meccanicamente mostra un'intolleranza alla sospensione della ventilazione meccanica o hanno necessità, nei casi limite, di essere reintubati (Young 1991). 
Abbiamo provato ad analizzare la letteratura per valutare le raccomandazioni sostenute da studi clinici, e le pratiche per le quali esiste un’evidenza scientifica, considerando gli aspetti tecnici e pratici nell’assistenza al paziente adulto sotto ventilazione meccanica, portatore di tubo endotracheale e non di tracheostomia, per cercare di dare una risposta ai seguenti temi: 
Definizione di svezzamento; 
Metodi e tecniche di svezzamento; 
Parametri che consentono di prevedere lo svezzamento; 
Problemi psicologici del paziente durante lo svezzamento. 
Il NANDA (Carpenito 1995; Anderson 1992) , l’Associazione nordamericana per le diagnosi infermieristiche, ha individuato due diagnosi relative al paziente in svezzamento: 
  
a. Risposta non funzionale allo svezzamento dal ventilatore meccanico. 
Si tratta di un tipo di risposta respiratoria, conseguente a una riduzione delle riserve energetiche, che non consente al paziente di respirare in maniera sufficiente a garantire la sopravvivenza. 
  
b. Incapacità a sostenere la respirazione spontanea. 
S’identifica in una condizione di incapacità da parte del paziente di adeguarsi a livelli ridotti di ventilazione, erogata tramite il supporto ventilatorio meccanico. 
  
L'obiettivo di un corretto processo di svezzamento è quello di: 
  
Ridurre la durata della ventilazione meccanica; 
Ridurre la durata dello svezzamento; 
Ridurre la durata della degenza ospedaliera; 
Ridurre le complicazioni dovute alla ventilazione meccanica; 
Ridurre il tasso di mortalità; 
Ridurre i costi ospedalieri della degenza in unità di cura intensiva (ICU); 
Aumentare il tasso di successo nello svezzamento; 
Aumentare il tasso di sopravvivenza. 
  
La letteratura enfatizza l’importanza di «staccare» precocemente il paziente dal ventilatore meccanico, a causa dell’alto rischio per l’evoluzione di polmoniti nosocomiali e per il rischio di atrofia dei muscoli respiratori che si verifica entro le 72-96 ore (Mc Intre, 1988). 
  
  
DEFINIZIONE DI SVEZZAMENTO 
  
Non è possibile dare una definizione univoca di svezzamento, in quanto in letteratura esistono molteplici interpretazioni a seconda della scuola di pensiero a cui gli autori aderiscono. 
Lo svezzamento come un processo dinamico, complesso e alquanto delicato segnato da uno 'step by step', che si riflette in un progressivo e graduale passaggio da una ventilazione meccanica al ripristino completo della ventilazione spontanea. Le fasi sono 3 (Knebel, 1991a): Pre-Svezzamento (Pre-Weaning), Svezzamento (Weaning) ed Estubazione (Extubation) 
  
Patricia Carrol (1996), in un editoriale, definisce il processo di svezzamento come un’arte e una scienza, dando particolare importanza al controllo del paziente, alla terapia di biofeedback, (che trova il suo fondamento nell’insegnare al paziente il controllo delle funzioni involontarie del corpo), per aiutare il paziente a ridurre la componente emotiva e quindi l’ansia, la paura, la dispnea e altri fattori che interferiscono in questo processo. 
  
Ketzler (...) invece, dà una dimensione più psicologica allo svezzamento, considerandolo come il distacco da un qualcosa da cui la persona è divenuta dipendente. Alcuni autori, ad esempio Bouley et al. (1992) hanno ipotizzato l’esistenza di una relazione tra i parametri psicologici nello svezzamento e la percezione del grado di dispnea nel paziente. 
  
Solo nel 1993 l’American College of Chest Physician Consensus Conference of Mechanical Ventilation ha definito lo svezzamento come la graduale riduzione della ventilazione meccanica e la sua sostituzione con la ventilazione spontanea.  
  
La ventilazione meccanica può essere di breve durata (compresa in un periodo di tempo di 72 ore o inferiore) o più prolungata, a seconda della criticità del paziente. 
I pazienti affetti da BPCO spesso sono i più complessi da svezzare a causa dell'aumento di pressione di fine espirazione (auto-PEEP) che determina l’intrappolamento dell’aria negli alveoli con conseguente aumento della pressione al loro interno (Clement, 1996). 
  
La riduzione del periodo di ventilazione meccanica migliora la qualità della vita del paziente, a causa dello stress fisico ed emotivo che questo tipo di trattamento comporta. È stato calcolato che nel periodo globale in cui il paziente è sottoposto a ventilazione meccanica, più del 40% del tempo viene speso per lo svezzamento: questo dato è illuminante per capire che dal momento in cui attiva la ventilazione meccanica lo scopo principale è quello di svezzare il paziente (Esteban, 1995). 
  
Efficacia dei protocolli per lo svezzamento 
  
Esistono numerosi articoli a sostegno dell'efficacia di un percorso guidato nello svezzamento dei pazienti. 
Uno studio retrospettivo condotto da Saura et al.(1996), ha valutato le conseguenze cliniche ed economiche dell'applicazione di un protocollo per lo svezzamento su 51 pazienti, di età superiore ai 15 anni e ventilati meccanicamente per più di 48 ore rispetto a 50 pazienti svezzati precedentemente. Sono stati esclusi i pazienti con una prognosi di ventilazione domiciliare o con tracheostomia. Il paziente cominiciava ad essere svezzato quando era clinicamente stabile ed erano presenti almeno 3 dei seguenti criteri:  
* PaO2 >60 mm/Hg con FiO2 <0.4; 
* PIMax < -20 cm/H2O; 
* F.R. <35 atti respiratori/min; 
* Volume Corrente >5 ml/Hg. 
  
Lo svezzamento consisteva in un periodo di respirazione spontanea di 2 ore con CPAP di 5 cm/H2O, la cui tolleranza veniva valutata secondo criteri predefiniti:  
* F.R. <35 /min, o un incremento <50% rispetto alla F.R. basale; 
* F.C. <140 /min o un incremento <20% rispetto alla F.C. basale; 
* pH arterioso >7.30; 
* Assenza di alterazione dello stato di coscienza; 
* P.A. >80 o <160 mm/Hg. 
  
I pazienti che non venivano stubati dopo lo svezzamento, venivano randomizzati a una tecnica di svezzamento con T-Piece, PSV (con pressione ventilatoria < 20 cm/H2O) o SIMV (con frequenza ventilatoria di metà o meno della frequenza usata durante la ventilazione A-C) fino all'estubazione. 
La durata della ventilazione meccanica prima dello svezzamento è risultata simile nei due gruppi (8.4 giorni nel gruppo sperimentale, e 7.5 nel gruppo controllo). L'80% dei pazienti stubati secondo protocollo sono stati stubati direttamente; la durata dello svezzamento è stata sovrapponibile in entrambi i gruppi (3.5 giorni contro 3.6 giorni nel gruppo controllo). 
La durata complessiva della ventilazione meccanica è risultata essere più breve nel gruppo protocollo (10.4 giorni) rispetto al gruppo controllo (14.4 giorni). 
Con l’implementazione del protocollo è stato dimostrato che la degenza in terapia intensiva è stata ridotta (16.7 giorni contro 20.3 giorni nel gruppo controllo). 
Non si sono riscontrate grandi differenze nell’incidenza di reintubazioni: 17% contro il 14% nel gruppo controllo. 
Un protocollo di svezzamento, riduce la durata della ventilazione meccanica, aumentando il numero delle estubazioni dirette; inoltre diminuisce la degenza in terapia intensiva e probabilmente i costi , senza aumentare il numero delle reintubazioni e la necessità di tracheostomie. 
  
Quali sono i criteri e le modalità ottimali di svezzamento? 
  
Non esiste omogeneità di criteri tra le diverse équipe né per iniziare né per condurre lo svezzamento. Ad esempio non esistono criteri univoci per definire quando e quanto il paziente deve rimanere in respiro spontaneo. Questa decisione spetta al clinico in base al tempo in cui il paziente ha ricevuto la ventilazione meccanica e in base alla capacità di tollerare la ventilazione spontanea e di proteggere le vie aeree. 
I parametri utilizzati per misurare lo sforzo ventilatorio e l'affaticamento dei muscoli ventitatori del paziente sono riportati nella tabella 1.  
  
Tabella 1. Parametri utilizzati per misurare lo sforzo ventilatorio del paziente 
Emogasanalisi; 
Parametri vitali; 
Ritmo cardiaco; 
Pulsossimetria, che rappresenta un’accurata alternativa, economica, non dolorosa per il monitoraggio continuo della SaO2 (saturazione della emoglobina con l’ossigeno) e della frequenza cardiaca, rispetto alla emogasanalisi; 
Stato nutrizionale, fattore importante per la produzione di energia necessaria per uno svezzamento di successo. 
  
La criticità della patologia è un fattore che influenza notevolmente il processo di svezzamento: i pazienti affetti da una sindrome sistemica infiammatoria, e con sindrome da disfunzione multiorganica, possono presentare danni polmonari primari e secondari, ed avere bisogno, come i pazienti affetti da BPCO, fibrosi cistica, polmonite, e fibrosi polmonare, di un periodo di svezzamento molto lento. 
Non esiste una definizione convenzionale di svezzamento di successo. Svariati studi hanno associato lo svezzamento riuscito ad una respirazione spontanea per più di 24 ore, senza necessariamente procedere con l’estubazione, oppure al mantenimento del respiro spontaneo per 48 ore dopo l’estubazione. 
  
  
CRITERI E INDICI DI SVEZZAMENTO 
  
Nella fase di pre-svezzamento l’assistenza al paziente ventilato meccanicamente si deve considerare sia l’aspetto fisiologico che quello psicologico, al fine di valutare se il paziente è in grado di tollerare la respirazione spontanea (Knebel 1991). 
  
Valutazione dei parametri fisiologici 
 Per valutare l’insufficienza respiratoria acuta (ARF) e garantire la stabilità clinica del paziente vanno considerati:  
  
Lo stato nutrizionale: I pazienti affetti da BPCO, sono spesso malnutriti a causa di un incremento delle richieste metaboliche, per la scarsa assunzione del cibo o per incapacità di alimentarsi a causa della dispnea. 
La scarsa nutrizione combinata ad un incremento del lavoro respiratorio genera una insufficienza respiratoria e un affaticamento muscolare. Inoltre la malnutrizione deprime il sistema immunitario e rende il paziente più suscettibile a processi infettivi e a polmoniti nosocomiali. 
L’apporto calorico ideale varia da 1500-2500 Kcal/die. I pazienti affetti da BPCO devono essere stabilizzati con una dieta ad alto apporto lipidico (dieta ipercalorica) e con un basso apporto di carboidrati al fine di ridurre la produzione di CO2 e l’affaticamento del diaframma. (Freichels Thomas, 1993) 
  
L’equilibrio idro-elettrolitico; 
  
Lo stato emodinamico e cardiovascolare, da cui dipende un adeguato trasporto dei gas da e verso i tessuti.  
  
La funzionalità renale, monitorata attraverso la determinazione degli elettroliti, la cui deplezione può provocare affaticamento muscolare; 
  
La stabilità polmonare, affidata a parametri di ossigenazione, di ventilazione e della meccanica respiratoria i quali rilevano: 
* Un eventuale incremento del carico di lavoro respiratorio (WOB); 
* L’intensità e la profondità della respirazione; 
* I movimenti sincroni o asincroni del torace e dell’addome; 
* Suoni, rumori polmonari, o ronchi che possono indicare un edema polmonare, 
* Broncospamo o una eccessiva secrezione; 
* L’utilizzo dei muscoli accessori; 
* La capacità di eliminazione delle secrezioni; 
  
L’aspetto psicologico 
  
Lo stato emotivo; 
  
Lo stato neurologico e mentale, valutato in base al livello di coscienza: la pratica clinica suggerisce che il paziente non debba mai essere completamente vigile e orientato per lo svezzamento, ma neppure eccessivamente sedato . 
Ciascun autore sottolinea l'importanza di parametri diversi. Becker (1993) identifica i criteri per capire quando il paziente è 'pronto':  
La resistenza dei muscoli inspiratori; 
Il lavoro respiratorio (WOB); 
L’ossigenazione e la ventilazione; 
La funzione ventricolare sx. 
  
 La frequenza respiratoria spontanea (RR Respiratory Rate). Una frequenza superiore a 25 atti respiratori/min indica un aumento del carico di lavoro respiratorio e quindi un insuccesso nello svezzamento; 
  
Il volume corrente spontaneo (TV Tidal Volume). Prima di iniziare lo svezzamento, deve essere pari a 4 - 5 ml/Kg: è stato infatti dimostrato che i pazienti affetti da BPCO e con un volume corrente < 300 ml sono maggiormente predisposti ad un insuccesso.  
  
La ventilazione/minuto a riposo . È il prodotto della frequenza respiratoria e del volume corrente: il range normale è compreso tra 5 e 10 L/min. Valori più elevati indicano un incremento del lavoro respiratorio e l’affaticamento dei muscoli respiratori;  
  
La ventilazione massima volontaria (MVV Maximum Voluntary Ventilation). È un parametro utile per prevedere la riserva respiratoria e per affermare che il paziente può mantenere una respirazione efficace; il valore normale è compreso tra 50 e 250 L/min, è inversamente proporzionale età, ed è più bassa nelle donne e nei pazienti con ostruzione delle vie aeree; 
  
La capacità vitale (VC - Vital Capacity). Indica la capacità da parte del paziente a eseguire un respiro profondo; di conseguenza una buona escursione toracica predice uno svezzamento di successo, previene gli eventi atelettasici e il paziente è in grado di eliminare le secrezioni bronchiali; 
  
La pressione negativa inspiratoria (NIF/NIP Negative Inspiratory Force).Dovrebbe essere superiore a -20 cm H2O, e viene rilevata mediante un apposito manometro; inizialmente considerato da molti il criterio standard più affidabile e sicuro, successivamente questo assunto è stato smentito da Yang e Tobin (1991) e anche da Burns (1994), che affermano che questo parametro ha uno scarso significato predittivo soprattutto nei pazienti ventilati per un lungo periodo, in quanto rappresenta una parametro di pressione indipendente che testa la forza muscolare respiratoria.  
Yang e Tobin (1991) hanno studiato una svariata gamma di indici utilizzati comunemente per lo svezzamento, e hanno dimostrato che il f/TV (rapporto tra frequenza respiratoria e volume corrente) è il maggiore indice predittivo per uno svezzamento di successo. Questo indice può risultare anche un valido criterio per applicare un sistema di svezzamento a circuito chiuso, ma necessita di ulteriori studi.  
  
La concentrazione dei gas arteriosi, rilevati con l’emogasanalisi  
  
Lo shunt intrapolmonare. Indica il ritorno di sangue non ossigenato dai polmoni alle arterie e fornisce un indice dell’efficienza dello scambio gassoso: è normalmente inferiore al 30% della gittata cardiaca, con un valore standard non superiore al 5%. Può essere determinato calcolando il rapporto tra arterie e alveoli: a/A. Il rapporto normale deve avere un valore superiore a 0.75 in quanto un valore inferiore indica un incremento dello shunt intrapolmonare, e questo può interferire con il tentativo di svezzamento. 
 
Tabella 2  Fattori da correggere prima di iniziare lo svezzamento 
1. Anormalità acido-base 
2. Stato di coscienza alterato 
3.  Anemia 
4. Aritmia 
5. Riduzione dell’output cardiaco 
6. Anormalità elettrolitica 
7. Febbre 
8. Squilibrio idrico 
9. Iperglicemia 
10. Infezione 
11. Angoscia e paura 
12. Ipoprotidinemia 
13. Insufficienza renale 
14. Shock 
15. Insonnia 
 
Tabella 3 Parametri di riferimento per lo svezzamento 
  Parametri Valori 
  PEEP £5 cm H2O 
  PaO2 > 60 mm Hg con FiO2 < 0.50 
  PaCO2 Accettabile, con pH di 7.35-7.45 
  f < 25/min 
  TV 4.5 ml/Kg 
  VC > 10-15 ml/Kg 
  Ve 5-10 L/min 
  MVV 10-20 L/min 
  NIF-NIP  > - 20 cm H2 
  
  
Quali gli indicatori affidabili di svezzamento? 
  
Sono stati messi a confronto 5 indici clinici di svezzamento (Burns et al, 1994) con l'obiettivo di stabilire il momento opportuno per iniziare lo svezzamento e valutare quelli predittivi di successo. Il campione era composto da 37 pazienti adulti (21 uomini, 16 donne) sottoposti a ventilazione meccanica per almeno 7 giorni, clinicamente stabili e 'pronti' per lo svezzamento . 
 Gli indici presi in esame sono stati : 
  
* Il BWAP (Burns Weaning Assesment Program), uno strumento per la valutazione complessiva del paziente nel pre-svezzamento. Si tratta di una check-list, composta da 26 domande riservate al personale di assistenza, che fornisce un punteggio (65 o > indica successo nello svezzamento). Comprende anche 12 variabili che valutano l’aspetto psicologico e i progressi del paziente, Tabella 5. 
  
* Il Weaning Index (WI); 
  
* F/VT, rapporto tra frequenza respiratoria e volume corrente; 
  
* Compliance, Resistenza e Indici di ossigenazione e di respirazione (CROP); 
  
* NIP o NIF, pressione o forza negativa inspiratoria. 
  
 Nessuno di questi indici utilizzati singolarmente, ad eccezione del BWAP, ha mostrato essere predittivo per uno svezzamento efficace. 
Lo studio ha anche dimostrato una stretta correlazione tra fattori respiratori e fattori generali e l'esito del processo di svezzamento, di conseguenza viene rimarcata l'importanza della valutazione dei fattori non polmonari nel processo di svezzamento. 
  
I fattori considerati nel BWAP 
· Fattori generali 
1. Il paziente è emodinamicamente stabile (polso, FC, gittata)? 
2. Presenza di condizioni che aumentano o diminuiscono il metabolismo (convulsioni, febbre, sepsi, batteriemia, , ipo o ipertiroidismo) 
3. Ematocrito >25% 
4. Buona idratazione (bilancio idrico in equilibrio o peso normale) 
5. Alimentazione (albumina >2.5, ottimizzazione della nutrizione enterale/parenterale). Se l'albumina è bassa ed è presente anasarca o edema del terzo spazio non va idratato. 
6. Elettroliti nella norma (compresi calcio, magnesio e fosforo) 
7. Dolore controllato (valutazione soggettiva) 
8. Sonno/riposo adeguati (valutazione soggettiva) 
9. Livello appropriato di ansia e nervosismo (valutazione soggettiva) 
10. Assenza di problemi gastrointestinali (diarrea, stipsi, ileoparalitico) 
11. Miglioramento della forza e della resistenza (es. dal letto alla sedia) 
12. La radiografia del torace migliora? 
  
· Fattori respiratori 
13. Respiro eupnoico per pattern e frequenza (respiro spontaneo <25/min, senza dispnea; non usa i muscoli accessori. Da valutare con il paziente in respiro spontaneo mentre si valuta forza e resistenza respiratoria. 
14. Assenza di suoni avventizi (sibili, ronchi) 
15. Secrezioni normali o fluide 
16. Assenza di malattie o deformità neuromuscolari 
17. Assenza di distensione addominale, obesità o ascite 
18. Tubo oro o endotracheale o di tracheostomia >#7.5 
  
· Clearance delle vie aeree 
19. Riflessi della tosse e della deglutizione adeguati 
  
· Forza respiratoria 
20. Pressione negativa di inspirazione <20 
21. Pressione positiva >30 
  
· Resistenza 
22. Volume corrente spontaneo >5ml/kg 
23. Capacità vitale >15 ml/kg 
  
· Emogasanalisi 
24. pH 7.3-7.45 
25. PaCO2 di circa 40 mmHg (o basale) con una ventilazione minuto <10L/min, valutata con il paziente ventilato 
26. PaO2>60 o FIO2<40% 
  
Il punteggio si ottiene dividendo le risposte positive dei 26 fattori rilevati per una percentuale. Un valore elevato > 65, è maggiormente favorevole per la condizione del paziente. 
  
Il paziente viene svezzato quando stabile, e ad avvenuta risoluzione del motivo per cui è stato sottoposto a ventilazione meccanica (Burns et al, 1994). 
Lo svezzamento non viene iniziato quando:  
* il punteggio del BWAP scende a valori molto bassi; 
* si deve posizionare il paziente in decubito supino o in trendelenburg, per l’esecuzione di determinate procedure; 
* il paziente esce dalla terapia intensiva; 
* Se l’aspirazione delle secrezioni è frequente (ogni mezz’ora); 
* è febbrile, oppure è in atto un processo infettivo; 
* intervengono eventi acuti come il broncospasmo o l’ipotensione. 
  
Altri criteri di insuccesso per lo svezzamento sono (Tahvanaien 1995): l'oliguria; il basso livello della capacità respiratoria; un'emocoltura positiva. 
  
Come misurare i parametri 
  
La compliance, può essere misurata al letto del paziente, mediante l’inserimento di un palloncino esofageo che controlla il volume dell’aria presente nel polmone e misura la pressione. 
La resistenza respiratoria è la pressione che è richiesta per un volume specifico di aria che viene inalata in un determinato periodo di tempo e rappresenta la differenza della pressione tra la bocca e gli alveoli diviso per la frequenza del flusso. 
La pressione a livello della bocca può essere misurata utilizzando un manometro, mentre la pressione degli alveoli può essere indirettamente determinata usando un pletismografo corporeo. Si tratta di rilevazioni complesse e difficilmente praticabili. 
  
Il lavoro respiratorio (WOB) e il drive respiratorio. Il WOB, è una misura dell’energia richiesta per respirare spontaneamente ed è in funzione del VE, VT, compliance polmonare, e della resistenza delle vie aeree. 
Un valore pari a 1-1.6 Kg/m per predice un potenziale successo dello svezzamento.  
L'O2 necessario per la respirazione è la differenza tra il consumo di O2 durante la ventilazione spontanea e quello necessario durante la ventilazione meccanica. 
Gli studi sul lavoro respiratorio sono stati condotti posizionando un pallone a livello esofageo e diaframmatico, o valutando la differenza del consumo di 02 tra respiro spontaneo e ventilazione meccanica. Si tratta di una valutazione che, per quanto utile, non è di facile realizzazione. 
  
La pressione di occlusione delle vie aeree, misurata in 0.1 secondi dopo l’inizio di un’inspirazione (P0.1): è un parametro potenziale per misurare l’impulso del drive ventilatorio e quindi il risultato del processo di svezzamento. 
Yang e Tobin (1991) hanno riportato che la frequenza respiratoria ed il volume corrente predicono i risultati dello svezzamento nei pazienti sottoposti a ventilazione meccanica prolungata; lo studio di Burns e coll.(1994) contraddice però questi risultati. 
  
 Non esiste accordo sui criteri di svezzamento: gli per prevedere uno svezzamento di successo, sono la pressione negativa inspiratoria e probabilmente la VE, dal momento che si tratta di pressioni indipendenti dall’attività respiratoria. 
Morganroth e coll () hanno però dimostrato (con uno studio prospettico su 11 pazienti), che questi parametri standard non variano sia in caso di successo che di insuccesso dello svezzamento.  
  
  
METODI E TECNICHE DI SVEZZAMENTO 
  
Esistono diverse tecniche utilizzate per svezzare il paziente. Vengono elencate e descritte le principali. 
  
T-PIECE. Fino al 1970 il T-PIECE è stata la sola tecnica di svezzamento utilizzata, ma ancora oggi viene comunemente usata, quando il ventilatore meccanico viene rimosso rapidamente dopo un breve periodo di impiego, ed in particolare modo nel post-operatorio e per i pazienti con overdose senza complicanze, vigili e senza alterazioni emodinamiche. 
Si svezza il paziente staccandolo dal ventilatore, e collegandolo ad un nebulizzatore di ossigeno mediante un adattatore di plastica a forma di T attraverso un tubo raccordato alla via artificiale. La frequenza del flusso gassoso con il sistema del T-PIECE dovrebbe essere pari almeno al doppio della VE spontanea, in modo da evitare miscele con l’aria atmosferica, provocando un aumento della frazione erogata di ossigeno inspirato.(Ketzler)  
Si alternano periodi di ventilazione spontanea (la cui durata viene gradualmente aumentata in base alla tolleranza del paziente), alternati a periodi di ventilazione meccanica, di solito mediante ventilazione controllata-assistita. E' preferibile iniziare al mattino, quando il paziente è «carico» di energia e riposato, previa aspirazione delle secrezioni presenti nelle vie aeree. (Knebel, 1991) 
È stato dimostrato che la combinazione del T-PIECE e della CPAP, nei pazienti con BPCO, riduce il lavoro respiratorio, diminuisce l’eventuale predisposizione alla dispnea e riduce gli insuccessi (Ketzler). 
  
CPAP (Continuous Positive Airways Pressure). La CPAP viene generalmente utilizzata in associazione con il T-PIECE, e può essere applicata sfruttando indifferentemente un flusso a domanda o un sistema a flusso continuo. 
La modalità di ventilazione viene regolata anche in base alla dimensione del tubo endotracheale, il quale influenza la resistenza e di conseguenza può far aumentare il carico di lavoro e determinare l’affaticamento dei muscoli respiratori. 
Generalmente è consigliato l’utilizzo di un tubo endotracheale con diametro compreso tra 7 e 8 mm per le donne, e con diametro compreso tra 8 e 8.5 mm per gli uomini. (Becker, 1993). 
  
IMV (Intermittent Mandatory Ventilation). Si tratta di una tecnica che consente al paziente la libertà di respirare spontaneamente, con sporadici respiri meccanici ingiuntivi ad una frequenza e volume presettati, indipendentemente dalla respirazione spontanea del paziente. 
  
SIMV (Syncronized Intermittent Mandatory Ventilation). Introdotta nel 1970 come prima alternativa allo svezzamento con T-PIECE, e costituisce la principale modalità di ventilazione meccanica e nel contempo la principale tecnica di svezzamento. 
La SIMV è sincronizzata con la respirazione spontanea del paziente, e riduce l’attrito tra la macchina e i singoli atti respiratori spontanei. 
Rispetto al metodo di svezzamento con il T-PIECE, il processo di svezzamento avviene più gradualmente e la frequenza respiratoria meccanica viene erogata con una distribuzione a bassa frequenza, in sincronia con la respirazione spontanea del paziente, fino a quando i valori dei gas arteriosi risultano accettabili. 
  
PSV (Pressure Support Ventilation). Viene erogato un livello di pressione di flusso presettato: aumentando il volume corrente il paziente controlla la durata, l’intensità o la profondità e il tempo del ciclo respiratorio. Può essere utilizzata singolarmente o in combinazione con la IMV per sostenere i respiri spontanei. Quando utilizzata singolarmente la pressione del flusso può essere settata in modo tale da raggiungere il volume corrente desiderato. Come la SIMV anche la PSV assiste la respirazione iniziata dal paziente. 
 È una tecnica comoda, il comfort del paziente è maggiore in quanto non avverte l’asincronia tra la macchina e la respirazione spontanea; riduce la frequenza respiratoria; aumenta l’attività muscolare; riduce il consumo di ossigeno e la durata di svezzamento, oltre ad aumentarne il tasso di successo (Ketzler) 
  
La variabilità nella pratica  
Esteban et al.(1994), hanno eseguito un'indagine in 47 unità di cura intensiva multidisciplinari spagnole su pazienti sottoposti a ventilazione meccanica per almeno 24 ore, sui metodi di ventilazione meccanica e di svezzamento, . 
I dati si riferiscono ad una popolazione di 290 pazienti, pari al 46% del totale dei pazienti ricoverati al momento in cui è stato avviato lo studio. 
I metodi utilizzati per la ventilazione meccanica erano: 
* Ventilazione controllata-assistita - AC (55%); 
* Ventilazione intermittente ingiuntiva sincronizzata - SIMV (26%); 
* Ventilazione con supporto meccanico - PSV (8%); 
* SIMV + PSV (8%); 
* Ventilazione a pressione controllata - PCV (1%); 
* CPAP (2%). 
  
Per lo svezzamento sono state adottate diverse tecniche: 
* T- Tube (24 %); 
* SIMV (18%); 
* PSV (15%); 
* SIMV + PSV (9%); 
* Alcune combinazioni di due o più metodi in successione nel 33% dei pazienti. 
  
Il tempo richiesto per lo svezzamento, utilizzando la combinazione: SIMV+PSV, è stato più lungo (17.8 giorni) rispetto ad altre tecniche (+ 5 giorni). 
Il tempo tra l’inizio dello svezzamento e la rimozione della ventilazione meccanica rappresenta il 40% del tempo globale della ventilazione meccanica, ed è stato particolarmente alto (59%) nei pazienti con BPCO. La mortalità è stata del 34%, ed è risultata più elevata nei pazienti che erano stati ventilati da 1 a 10 giorni rispetto a quelli ventilati per lungo tempo. Nonostante la validità dei nuovi metodi di ventilazione meccanica, l’AC e la SIMV sono stati i metodi più comunemente usati.  
Il rapporto tra il tempo impiegato nello svezzamento e il tempo di ventilazione meccanica totale, fornisce un parametro importante del grado di difficoltà nello svezzare il paziente. Interessanti differenze sono state osservate tra le diverse patologie, infatti questo rapporto è stato più elevato (57%) nei pazienti con BPCO. 
La tracheostomia è stata necessaria per il 26.3% (64/279) dei pazienti, in particolare per i pazienti affetti da patologie neuromuscolari (47%). 
I criteri adottati per l’inizio dello svezzamento sono stati: 
* Decorso clinico favorevole; 
* Temperatura corporea <38.5∞C, Hb >8.5 g/dl; 
* PaO2 >60mm/Hg con FiO2 (0.40 e PEEP (5 cm/H2O; 
* F.R. <35 respiri/min; 
* VT spontaneo >5 mL/min; 
* PIMax <-20cm/H2O. 
  
L'efficacia dei diversi metodi di svezzamento 
Esteban e coll (1995) hanno valutato l'efficacia di 4 diverse tecniche di svezzamento su 130 pazienti con difficoltà di svezzamento:  
* IMV, con una F.R. media di 10 atti/min ridotta, quando possibile, almeno due volte al giorno, da 2 a 4 atti respiratori/min (29 pazienti). 
* PSV, con pressione del ventilatore era inizialmente settata a 18.0 cm/H2O e poi ridotta, quando possibile, da 2 a 4 cm/H2O almeno due volte al giorno (37 pazienti); 
* Respirazione spontanea una volta al giorno (31 pazienti); 
* Respirazione spontanea intermittente multipla, quando possibile due o più volte al giorno (33 pazienti). 
I pazienti venivano stubati quando tolleravano una frequenza ventilatoria di 5 respiri/min per 2 ore senza avere segni di insufficienza respiratoria. Si poteva utilizzare anche una CPAP < 5 cm/H2O. 
 E' stato svezzato il 92% dei pazienti, e due sono stati reintubati. Questo studio ha consentito di documentare che lo svezzamento con la respirazione spontanea una volta al giorno ha portato all’estubazione 3 volte più rapidamente rispetto alla IMV e 2 volte rispetto alla PSV. 
Non ci sono state differenze significative nella frequenza del successo tra le due modalità di respirazione spontanea o tra IMV e PSV. 
Brochard et al. (1994), hanno condotto una sperimentazione clinica su 109 pazienti per comparare tre metodi di svezzamento graduale dal ventilatore meccanico (T-PIECE, SIMV e PSV), e sono giunti ad affermare che la PSV è la tecnica che consente di accelerare i tempi di svezzamento, con una percentuale di fallimenti notevolmente contenuta rispetto agli altri due metodi. 
 Strickland (1993) confronta su 15 pazienti ventilati per un lungo periodo, un sistema computerizzato rispetto al metodo tradizionale di svezzamento (cioè sotto il diretto controllo del medico). 7 dei 9 pazienti assegnati al gruppo-computer sono stati svezzati entro le 48 ore dello studio, con una durata media di svezzamento di 18.7 ore, mentre solo 2 dei 6 pazienti del gruppo di controllo. I due pazienti sono stati successivamente ricollegati al ventilatore. Il numero di EGA durante lo studio è stato di 1.4 per il gruppo-computer e 7.2 per il gruppo-controllo. Anche Saura () nel suo studio, conferma questi risultati. 
Knebel (1996) enfatizza la necessità dell’utilizzo di protocolli di svezzamento per migliorare la qualità dello svezzamento e ridurne i costi.  
Kollef et al (1997) dimostrano con una sperimentazione clinica su 357 pazienti che lo svezzamento eseguito da infermieri e fisioterapisti secondo un protocollo è più sicuro e porta più velocemente all'estubazione rispetto a quello eseguito dai medici. 
  
PROBLEMI PSICOLOGICI DEL PAZIENTE DURANTE LO SVEZZAMENTO 
Quelli più evidenti sono la dipendenza dal ventilatore, l’ansia e la paura. 
Gli infermieri possono avere un ruolo importante sia nella valutazione di questi problemi che nel trattamento ed è importante stabilire canali e mezzi di comunicazione con i pazienti intubati, che spesso sono coscienti ed hanno difficoltà di rapportarsi. 
L’infermiere dovrebbe mettere al corrente il paziente, per quanto possibile, di tutte le procedure eseguite, promuovere una relazione di fiducia per consentirgli di esprimere le proprie paure e angosce per lo svezzamento. 
L’infermiere dovrebbe riuscire ad identificare le componenti psicologiche che possono influenzare negativamente il processo di svezzamento come la motivazione, la perseveranza e soprattutto spiegare e discutere col paziente l’importanza del suo ruolo. Le ricerche condotte sulle tecniche di comunicazione sono limitate. 
Uno studio condotto per valutare l’efficacia dell’utilizzo della tavola alfabetica (una tabella sulla quale vengono evidenziate, a lettere cubitali, le lettere dell'alfabeto, FIGURA 1, VD ORIGINALE) su pazienti sottoposti a intervento di cardiochirurgia, ha dimostrato come i pazienti istruiti all’utilizzo della tavola alfabetica, nel periodo precedente l'intervento, manifestavano maggiore soddisfazione nel comunicare rispetto agli altri pazienti. 
Gli infermieri possono rilevare la risposta allo stress con l'osservazione dei normali parametri vitali, quali la frequenza cardiaca, la frequenza respiratoria, la pressione arteriosa e il ritmo cardiaco. Sono stati valutati gli effetti del contatto diretto con il personale infermieristico sulle risposte allo stress da parte dei pazienti che iniziavano lo svezzamento dal ventilatore meccanico attraverso il T-PIECE (Hennemann, 1989). 
I pazienti sono stati casualmente arruolati a due diversi gruppi: i pazienti del gruppo sperimentale durante lo svezzamento avevano interazioni verbali e contatti fisici con il personale infermieristico; per i pazienti del gruppo di controllo era prevista solo la presenza dell'infermiere. Non sono però emerse differenze per la F.C. la P.A. e la F.R.  Fig. 1 
 
 
 
  
Questo risultato però può essere stato condizionato dal limitato campione (26 pazienti), dalla mancanza di indicatori di risposte globali allo stress, dal fatto che i pazienti di entrambi i gruppi hanno ricevuto un’accurata preparazione psicologica per affrontare al meglio lo svezzamento, e che ogni paziente riceveva assistenza da un infermiere. Inoltre l’ambiente era strettamente controllato, erano proibite le interruzioni con l’obiettivo di creare un’atmosfera calma e rilassata, condizioni forse non riproducibili nella realtà quotidiana.  
 Alcuni autori segnalano l’importanza di insegnare al paziente le tecniche di rilassamento e di visualizzazione per prevenire e/o rimuovere l’insorgenza di manifestazioni psico-fisiche che possono interferire con lo svezzamento (TRiernan 1994). 
  
È stato dimostrato infine che il lavoro respiratorio è strettamente correlato allo stress psicologico, definito in termini di ansietà, emozioni e angoscia (Grossbach-Landis, 1980), Figura 2. 
  
 
  
Fig. 2: Relazione tra stress psicologico e dispnea (Grossbach-Landis, 1980). 
  
Efficacia dell'assistenza infermieristica 
Per ottenere un’assistenza qualificata ed efficace è necessario un team multidisciplinare, composto da infermieri specializzati in area critica e in emergenza con una preparazione teorica e pratica sulla fisiopatologia polmonare, sulle modalità di ventilazione meccanica e sui parametri di svezzamento; da terapisti respiratori con esperienza diretta sui pazienti con ventilazione meccanica prolungata; un dietologo; un logopedista; un fisioterapista e un medico specializzato in pneumologia e area critica (Ashurst, 1997). 
Il paziente è suscettibile per svariati motivi e spesso è completamente dipendente, per tutti gli aspetti della cura dallo staff infermieristico: l’infermiere deve quindi possedere ampie conoscenze di base e in materia specialistica. 
Knebel (1996), nella sua revisione della letteratura, sottolinea come gli infermieri abbiano l’opportunità di contribuire alla riduzione dei costi di degenza ospedaliera del paziente sottoposto a ventilazione meccanica attraverso l’osservazione del paziente, il sostegno psicologico e l’approccio multidisciplinare. 
La qualità dell’assistenza infermieristica incide sullo svezzamento dal ventilatore meccanico. Questo aspetto è stato dimostrato su un gruppo di pazienti con BPCO (Thorens, 1995), confrontando i dati dei precedenti 5 anni, in base a quanto emergeva dalle cartelle cliniche. Si è osservato che con l’aumento del numero e della qualifica del personale si verifica una riduzione statisticamente significativa dei giorni di ventilazione meccanica che passano da 30,2 + 25 a 9,9 + 13. 
  
Clochesy et al (1997) hanno condotto un’indagine nel 40% dei servizi di emergenza, su un campione di 1000 infermieri. 
 L’obiettivo dell’indagine era di verificare se per lo svezzamento venivano utilizzati protocolli, piani e parametri predefiniti. A coloro che usavano i protocolli (50%) è stato veniva richiesto di definire, per ciascuno protocollo: 
* i criteri per predire il pronto-svezzamento; 
* l'approccio allo svezzamento; 
* i tempi di svezzamento individuale; 
* i dati per determinare la risposta dei pazienti 
* chi era il responsabile dello svezzamento. 
  
L’indagine ha posto in evidenza situazioni ed approcci diversi: 
Quando non veniva utilizzato un protocollo, gli infermieri hanno descritto un processo scoordinato e vincolato al medico. In questa situazione il successo nello svezzamento era perseguibile solo se l’incaricato era una persona competente. 
Il protocollo descritto come il più efficace prevedeva un approccio olistico, focalizzato non solo sulla regolazione del ventilatore ma sull’ambiente, sul coinvolgimento del paziente e sulla fiducia, e la rilevazione di parametri respiratori e non respiratori, quali: 
  
* Esami strumentali diagnostici; 
* L’attività e la mobilità; 
* la sicurezza del quadro emodinamico; 
* il bilancio idroelettrolitico; 
* Il rapporto paziente-famiglia; 
* terapia e visite specialistiche; 
* il rapporto riposo/sonno; 
* un piano per la dimissione per il lavoro respiratorio e la terapia. 
  
  
L’indagine ha posto in evidenza che per realizzare ed applicare un protocollo di questo tipo é indispensabile la presenza di alcuni elementi quali : la coesione di squadra; il coinvolgimento e la partecipazione di tutti i membri con l’identificazione di un leader; la cooperazione alla definizione del piano di svezzamento secondo i bisogni del paziente.  
Con un protocollo di questo tipo è stato possibile ridurre del 10% del tasso di mortalità, di due giorni la durata della degenza ed anche abbattere i costi (Daly 1995).  
  
CONCLUSIONI 
  
L’analisi della letteratura ci suggerisce che non si possono ancora dare delle indicazioni precise per lo svezzamento da ventilazione meccanica: è importante che équipe segua un protocollo e che il paziente venga osservato nella sua globalità, e non solo per quanto riguarda i parametri respiratori. 
Dei 40 articoli da noi analizzati il 90% riguarda studi effettuati negli USA. 
Sarebbe auspicabile che venissero effettuati anche in Italia degli studi multicentrici per conoscere la nostra realtà e per poter fare un confronto. 
  
  
BIBLIOGRAFIA 
  
 Laila, perchè hai messo i puntini dopo le iniziali dei nomi? io non li avevo messi. I nomi delle riviste vanno lasciati come li ho scritti io, per piacere. 
  
Anderson B. Inability to sustain spontaneous ventilation. Nursing Diagnosis. 
RN1992; 3: 164 (vanno riportate sia la prima che la seconda pagina). 
  
Ashurst S. Nursing care of the mechanically ventilated patient in ITU. 
Br J Nurs 1997; 6: 475-485. 
  
Becker Weilitz P. Weaning a patient from mechanical ventilation. 
Crit Care Nurse 1993; agosto: 36-43. 
  
Bouley GH, Froman R, Shah H. The experience of dyspnea during weaning. 
Heart Lung 1992; 21: 471-476. 
  
Brochard L, Rauss A, Benito S, Mancebo J, Rekin N, Gasparetto A. Comparison of three methods of gradual withdrawal from ventilatory support during weaning from mechanical ventilation. Am J Resp Crit Care Med 1994; 150: 896-903. 
  
 Burns SM, Burns JE, Truwit JD. Comparision of five clinical weaning indices. Am J Crit Care 1994; 3: 342-352. 
  
Burns SM, Clochesy JM, Goodnought Hannemann SK et al. Weaning from long-term mechanical ventilation. Am J Crit Care 1995; 4: 4-22. 
  
Carrol P, Milikowski K. Getting your patient off a ventilator. RN 1996; 42-49. 
  
Carpenito LJ. Diagnosi infermieristiche: applicazione alla pratica clinica. Eduzioni Sorbona, Milano 1996.  
  
Clement JM, Buck EA. Weaning from mechanical ventilatory support. Dim Crit Care Nurs 1996; 15: 114-129. 
  
Clochesy JM, Burns SM, Shekleton ME et al. A volunteers in participatory sampling survey of weaning practices. Crit Care Nurs 1997; 17: 72-78. 
  
Daly B.J., Rudy E.B., Thompson K.S., Happ M.B., Development of a special care unit for chronically critically ill patients. Heart Lung 1991; 20: 45-51. 
  
Esteban A, Alia I, Ibanez J et al. Modes of mechanical ventilation and weaning. Chest 1994; 106: 1188-93. 
  
Esteban A, Frutos F, Tobin MJ et al. A comparision of four methods of weaning patients from mechanical ventilation. Am J Med 1995; 332: 345-350.  
  
Freichels T. Orchestrating the care of mechanically ventilated patients. Am J Nurs 1993; 93; 26-30. 
  
Grossbach-Landis I. Successful weaning of ventilator-dependent patients. 
Top Clin Nurs 1980; 2 (3) : 45-65. 
  
Henneman Elisabeth A. Effect of nursing contact on the stress response of patients being weaned from mechanical ventilation. Heart Lung 1989; 18: 483-489. 
  
Henning R.J., Shubin H., Weil M.H. The measurement of work of breathing for the clinical assessment of ventilator dependence. Crit Care Med. 1977; (riportare il volume, non il fascicolo)5: 264-268. 
  
Ketzler JT, Habibi S, Coursin DB. Weaning from mechanical ventilation. 
  
Knebel AR. Weaning from mechanical ventilation: Current controversies. Heart Lung 1991; 20: 321-331 
  
Knebel AR. Ventilator weaning protocol: getting the job done. AACN Clinical Issues 1996; 7: 550-559. 
  
Kollef MH, Shaphiro SD, Silver P, St John RE, Prentice D, Sauer S et al. A randomized, controlled trial of protocol-directed versus physician-directed weaning from mechanical ventilation. Crit Care Med 1997; 25: 567-574. 
  
MacIntyre N.R. Weaning from Mechanical Ventilatory support: volume-assisting intermittent breaths versus pressure-assisting every breath. Resp Care 1988; 33 : 121-125. 
  
Morganroth M.L., Morganroth J.L., Nett L.M., Petty T.L. Criteria for weaning from prolonged mechanical ventilation. Arch Intern Med. 1984; 144: 1012-1016. 
  
Saura P, Blanch L, Mestre J, Vallés J, Artigas A, Fernàndez R. Clinical consequences of the implementation of a weaning protocol. Intensive Care Med 1996; 22: 1052-1056. 
  
Strickland JH, Hasson JH. A computer-controlled ventilator weaning system. Chest 1993; 103: 1220-1226.  
  
Tahavanainen J., Salmenpera M., Nikki P. Extubation criteria after weaning from intermittent mandatory ventilation and continuous positive airway pressure. Crit Care Med 1983; 11: 702-707. 
  
Thorens JB, Kaelin RM, Jolliet P, Chevrolet JC. Influenece of the quality of nursing on the duration of weaning from mechanical ventilation in patients with chronic obstructive pulmonary disease. Crit Care Med 1995; 23: 1807-1815. 
  
Tiernan PJ. Relaxation and Guided Imagery in Critical Care. Crit Care Nurs 1994; 14: 47-51. 
  
Yang KL, Tobin MJ. Aprospective study of indexes predicting the outcome of trials of weaning from mechanical ventilation. N Engl J Med 1991; 324: 1445-1450.

» Torna all'indice degli atti del programma