Congresso Nazionale Aniarti 1998
INTENSIVITA’ ASSISTENZIALE RESPONSABILITA’ INFERMIERISTICA
Napoli (NA), 10 Ottobre - October 1998 / 12 Ottobre - October 1998
» Indice degli atti del programma
11 Ottobre - October 1998: 11:00 / 11:15
- Prima domanda
- Professione: infermiere professionale
- Provenienza: Alessandria
- Lavoro ad Alessandria da parecchi anni,
quasi ventitré. Noi abbiamo una realtà di triage di Pronto Soccorso appena
agli inizi. Mi ha colpito molto un aspetto che ha riportato la prima
relatrice, il fatto che le valutazioni e l'esperienza siano tratte
dall’Inghilterra e da Paesi stranieri. Abbiamo comunque qui in Italia un
buon esempio di triage, come in
Emilia Romagna, dove non è indifferente il lavoro che è stato fatto. Poi
volevo dire: perché basare la valutazione soprattutto sulle radiografie?
Noi abbiamo un’esperienza di pazienti colpiti da malore che arrivano in
Pronto Soccorso e apparentemente non presentano niente; qui deve entrare in
gioco il famoso colpo d’occhio dell’infermiere di triage di Pronto
Soccorso. Comunque sia, secondo me, giungere in Pronto Soccorso e
l’infermiere ragionare già sulla questione delle radiografie non è
congruente. Significa che intanto probabilmente il paziente è arrivato con
un ambulanza, e a mio avviso è già stato fatto un triage sulla strada,
perché mi sembra giusto. Quindi perché valutare soprattutto la questione
del trauma?
-
- Risponde A. Di Nuccio
- Io ho specificato inizialmente che l’analisi era su pazienti già
visitati, l’aspetto importante delle radiografie non era nel senso da Lei
considerato, ma nella possibilità da parte dell’infermiere che fa triage
di poter richiedere egli stesso le radiografie, cosa che in Italia a
differenza, non è possibile. L’importanza vista era dell’autonomia
decisionale e quindi della partecipazione alla diagnosi, ma non come
diagnosi fatta dall’infermiere, ma aiutava ad accelerare i tempi per far sì
che la diagnosi fosse formulata in
tempi minori. E’ per questo che era importante come esempio, poter
definire il ruolo dell’infermiere di triage come attivo collaboratore.
-
- Seconda domanda
- Nome e Cognome: Valeria
Giaggio
- Professione: infermiere professionale
- Provenienza: Azienda Ospedaliera di Padova
- Noi stiamo attuando il triage da circa un
anno, e da circa sei mesi viene attuato tramite computer. Noi ora stiamo
seguendo un lavoro: stiamo raccogliendo dati e speriamo prossimamente di
portarli, ma abbiamo già visto che stiamo migliorando notevolmente i tempi
di attesa e il rischio di morte improvvisa. Questo avviene “portando in
area rossa”, come la chiamiamo noi, subito i codici rossi e gialli, con
tempi notevolmente ridotti, da un quarto d’ora a mezz’ora per i soggetti
particolarmente urgenti. Questo lo stiamo facendo grazie un corso che
abbiamo fatto tutti di formazione obbligatoria, sul triage.
-
- Interviene A. Di Nuccio
- Prima di lavorare
oppure in itinere è stato fatto il corso? E la scelta dei partecipanti è
stata capillare? Nel qual caso quindi siete stati scelti.
-
- Riprende Valeria Giaggio
- Prima di lavorare a noi è stato imposto di
seguirlo, quindi siamo stati scelti, sì. Il triage nostro è un triage di
bancone, lo attuiamo in Pronto Soccorso, indipendentemente se il soggetto
arriva in macchina (con mezzi propri) o
arriva in ambulanza. Volevo dire: il nostro limite attuale è la difficoltà
che trova l’utente, quando arriva in Pronto Soccorso, perché si trova
davanti non a un medico, ma un
infermiere, che gli chiede delle cose, in maniera specifica. L’utente non
sempre vorrebbe dire le sue problematiche ad un infermiere, e vorrebbe un
medico. Questo è il primo limite, il secondo è che l’utente si trova
davanti un computer, e invece vorrebbe essere subito visitato. Questi sono i
nostri primi dati ed esperienze.
-
- Risponde A. Di Nuccio
- Sono contenta di
sentirLa, perché è una bellissima notizia sapere che anche in Italia si
possa discutere di triage in base ad esperienze italiane. Condivido la Sua
osservazione sul fatto che è difficile da parte del paziente accettare che
possa essere un infermiere il primo che ti guardi e ti osservi, che possa
assisterti in prima istanza. Rispetto allo studio, la mia specificazione
iniziale era proprio questa, la differenziazione sta nel come i pazienti
sono trattati in questi Paesi. Qui il triage è legalmente riconosciuto, dà
comunque un identità diversa all’infermiere, l’infermiere è comunque
valorizzato, e anche dal punto di vista legale è tutelato. Per questo
dicevo che è un’esperienza da cui probabilmente si può partire, per
raggiungere quell’autonomia di cui ieri parlavamo tanto e che è tanto
agognata.
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