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Congresso Nazionale Aniarti 1998

INTENSIVITA’ ASSISTENZIALE RESPONSABILITA’ INFERMIERISTICA

Napoli (NA), 10 Ottobre - October 1998 / 12 Ottobre - October 1998

» Indice degli atti del programma

SESSIONE SPECIALE La responsabilità professionale e il nuovo codice deontologico degli infermieri A. FEDRIGOTTI D. RODRIGUEZ M. MORI L. D’ADDIO

12 Ottobre - October 1998: 09:00 / 11:30

ETICA DELLA RESPONSABILITÀ 
 
A. FEDRIGOTTI 
Docente di Etica infermieristica
 
 
I cambiamenti che negli anni novanta sono intervenuti nel mondo sanitario sono stati rapidi e profondi, mentre è risultato lento e superficiale il processo di adattamento degli operatori, non sempre motivati a realizzarlo a causa anche del loro scarso coinvolgimento nel processo decisionale. Di conseguenza l'attività professionale si svolge oggi su uno sfondo culturale, sociale, normativo e operativo profondamente mutato e, in buona misura, incerto.  
L' individuo rivendica una libertà della quale non avverte pienamente nè il senso, nè i contenuti, nè i limiti; rifiuta gli "angoli" della vita appartenenti all'ombra e al mistero e, ai desideri, anche i più strampalati e problematici, viene impressa la forza del diritto. 
La professione, nel contempo, ha sviluppato una maggiore responsabilità nei confronti dell'individuo e della popolazione, peraltro sempre più esigenti nei confronti della sanità, e si percepisce in maniera nuova: come risorsa importante per realizzare migliori condizioni di salute e di qualità di vita, anche attraverso la disponibilità a condividere le decisioni politiche e organizzative.  
Questa maggiore responsabilità nei confronti della popolazione e - di conseguenza - nei confronti della professione ha condotto gli infermieri a "sistemare" il loro sapere (tabella a) che, a partire da una rinnovata riflessione sui fondamenti filosofici e da una loro coerente declinazione nei diversi modelli (professionale, informativo, operativo), si ferma a ripensare l'etica della professione come etica della responsabilità nei confronti delle persone, della loro vita, della loro salute, del loro bisogno di assistenza infermieristica. 
 
Tabella a 
 
SISTEMA PROFESSIONALE 
 
 
 t Filosofia 
 t Modello professionale 
 t Processo scientifico 
 t Modello informativo 
 t Modello operativo 
 t Modello di integrazione interdisciplinare 
 t Codice etico e deontologico
  
Dei tanti fattori che condizionano l'etica di una professione, mi sono fermata a considerarne alcuni che non sono solitamente in primo piano. 
Innanzitutto l'idea stessa di assistenza infermieristica. Inoltre i suoi contenuti e la motivazione degli operatori, quindi un cenno al condizionamento economico e culturale e al vissuto professionale. 
L'assistenza infermieristica, che non ha trovato ancora una sintetica, condivisa, piena definizione[i], è la parte applicativa dell'Infermieristica ed è costituita dall'insieme delle attività che concorrono a soddisfare un particolare e specifico tipo di bisogno. Essa, in essenza, nella sua natura intrinseca, è l'espressione pratica di un "sentire etico universale" che l'infermiere esprime "in toto" quando ne assume la responsabilità. L'assistenza infermieristica si attua secondo le sequenze del problem solving, con crescente rigore scientifico, si pone obiettivi di risultato e si documenta con idonei modelli informativi che sono a disposizione di tutti gli operatori, ma anche, suona curioso affermarlo, della persona assistita[ii]. 
L'insieme dei protocolli che regolano le prestazioni costituisce il modello operativo. È questo un sapere pratico che professionalizza i comportamenti e garantisce gli assistiti. Fondato com'è su dati scientifici, abilità tecniche ed esperienza (nella giornata di ieri questa realtà si è manifestata ad un alto livello di competenza) esso, tuttavia, non è sufficiente a realizzare la qualità assistenziale se non si traduce in una specifica situazione personale, se non si "personalizza" nella relazione professionale, se non esprime un'etica della cura. 
L'etica della cura, cioè la riflessione "sul bene per il malato" che si identifica nei principii professionali (tabella b), si declina in norme di comportamento deontologico che suppongono l'adesione della maggioranza degli infermieri. Adesione che è in gran parte implicita nella scelta stessa del lavoro. 
 
Princìpi della professione infermieristica
 
La professione infermieristica contribuisce a realizzare gli obiettivi del Servizio Sanitario Nazionale e, per la parte che le compete, è impegnata a:
a) prodigare cure infermieristiche personalizzate e globali alla persona, alla famiglia, alla collettività il cui stato di salute lo richieda, nel rispetto dei bisogni fisici, affettivi, spirituali; (legge 795/73; D.M. 739/94); 
b) promuovere stili di vita sani, prevenire la dipendenza delle persone anziane, controllare e sostenere la cronicità, aiutare a vivere il morire umano; (D.P.R. 225/74; OMS 1996, 1985; D.M. 739/94); 
c) contenere i costi sanitari mediante la qualità delle cure, la prevenzione degli errori e l’eliminazione degli sprechi; (D.L. 502/92). 
 
L’infermiere è al servizio della salute e della vita. Questo alto compito lo rende responsabile della sua competenza scientifica che mantiene aggiornata con lo studio e la ricerca per favorire il progresso della salute nella popolazione , in collaborazione con tutto il personale sanitario; (Codice Deontologico 1977; D.M. 739/94).
 
  
Infatti, chi ha scelto di fare l'infermiere condivide in partenza la natura della professione che è quella di "farsi carico della persona che ha bisogno di assistenza infermieristica" e il modo indicato dal codice della professione. Tuttavia, essendo il codice di deontologia il prodotto della volontà e del senso di responsabilità della professione stessa, le norme in esso contenute rispecchieranno la volontà e il senso di responsabilità di quel particolare gruppo professionale. 
I contenuti del quadro professionale e cioè: la filosofia della professione, il modello professionale, il metodo scientifico, i modelli informativo, operativo e di integrazione interdisciplinare, l'etica e la deontologia professionale sono continuamente sottoposti a verifica al fine di conservare la "compliance" con la realtà e con la identità dell'infermiere che è stata disegnata dai bisogni della popolazione e quindi sancita dal profilo. Essi costituiscono, mattone su mattone, un sapere che sta assumendo lo spessore della dottrina infermieristica, (tuttavia ancora largamente incompiuta); dottrina teorico-pratica che ha lo scopo di costituire specifiche competenze rispondenti ai bisogni assistenziali degli individui, delle famiglie e delle comunità[iii]. 
L' etica della responsabilità (motivazione all' azione) si integra con l' etica della cura (competenza e relazionalità) in un rapporto dialettico il cui referente è la norma giuridica e il garante il codice deontologico. 
L'acquisizione di nuove conoscenze e competenze si puo' percio' configurare quale imperativo morale per ciascun professionista, motivato ad offrire alla persona assistita, nel rispetto della sua libertà e dignità, le migliori cure possibili. 
 
 
LA RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE E IL NUOVO CODICE DEONTOLOGICO DEGLI INFERMIERI 
 
Va detto subito che il codice è un atto di autoriconoscimento, di insindacabile legittimità, tutto giocato all'interno della professione nella quale rappresenta uno degli atti più concreti di autonomia e responsabilità; autonomia e responsabilità che sono la fonte stessa della attività di autoregolamentazione. 
Anche la responsabilità professionale si gioca su uno sfondo ridisegnato. Gli infermieri si muovono in un contesto fortemente segnato dal fattore economico e dalle sue profonde contraddizioni.  
Inoltre si sentono abitanti del villaggio globale e si sono fatti sensibili verso i bisogni dei concittadini del mondo. Nella metafora della stella marina (tabella c) è racchiusa la universale filosofia della assistenza infermieristica. Filosofia che sgorga da un sentire altruistico interiore, che muove all'atto assistenziale e che conferisce all' atto stesso la qualità di atto etico.  
 
 
L'etica della responsabilità qui la possiamo declinare nella stessa responsabilitàprofessionale. L'infermiere si sente responsabile delle sue decisioni che vorrebbe poter prendere al punto più alto della sua capacità decisionale e della sua competenza per realizzare il meglio delle cure agli assistiti, onorando in tal modo il "patto" che ha offerto alla società. 
Un dato di conoscenza, di natura economica, che deve far riflettere in quanto condiziona il dibattito bioetico e, in definitiva, le decisioni al letto del malato, è la paradossale situazione sanitaria mondiale. I Paesi che hanno raggiunto un livello di benessere globale e quindi anche di benessere sanitario, un quinto della popolazione mondiale, spendono migliaia di miliardi in profumi, cibi per cani, telefonini e automobili (per non parlare della enormità delle somme destinate all'acquisto di armi e di droga) e, complessivamente, consumano i nove decimi delle risorse del pianeta, mentre i loro vicini di casa muoiono di fame, morbillo e lebbra.  
Non deve sembrare sproporzionato, quasi "da fuori di testa" parlare in questo contesto di questi temi. Essi funzionano da lente di ingrandimento per migliorare la lettura e la comprensione della situazione nazionale e locale e, di conseguenza, per aumentare la capacità di discernimento.  
Inoltre, conoscere la ingiusta ripartizione delle risorse deve condurre a riconsiderare gli stili di vita e i criteri di definizione delle priorità, criteri che hanno un'influenza decisiva sulle decisioni di politica sanitaria, sulla allocazione delle risorse e sulle scelte etiche delle professioni sanitarie. 
Queste riflessioni mi sono state suggerite dall'editoriale del presidente Drigo pubblicato nel programma del Congresso. Ricorda Drigo: "Non dobbiamo dimenticare... che a fronte di grandi opportunità di sviluppo e di benessere diffuso si profilano anche gravi minacce di nuove povertà, ingiustizie, disequità nei diritti, concentrazioni di potere, dominii e sopraffazioni". 
Analoghe parole sono state pronunciate, pochi mesi fa, dalla rappresentante dell'ONU alla Conferenza sulla Mondialità promossa dal VIS (Volontariato Internazionale per lo Sviluppo). I macrofenomeni indicati dal rappresentante dell'ONU non sono altro che microfenomeni visti con la lente d'ingrandimento della mondialità.  
I dati ONU (tabelle d,e,f,) rivelano la corsa sfrenata verso il futile delle popolazioni ricche della terra a danno di un'attenzione, non velleitaria, ai bisogni di base sanitari ed educativi di tutti gli esseri umani. La spesa che il nord del mondo destina ai cosmetici, da sola basterebbe a realizzare le condizioni igieniche di base per la popolazione della Terra. La spesa che il nord del mondo destina al cibo per cani, da sola basterebbe per scolarizzare la popolazione della Terra.  
Dati da brividi. 
Con l' introduzione dei nuovi criteri gestionali (drg o rod) è salito alla ribalta un problema che sembrava rimosso dalla popolazione italiana: quello del costo della salute. Oggi siamo costretti ad ammettere che anche la salute ha un prezzo. Prezzo che si vuole mettere a carico della collettività sempre e comunque. Molte decisioni etiche in sanità si giocano sulla correttezza della allocazione delle risorse e quindi su un giusto criterio di assegnazione delle stesse. Non solo. Le decisioni più cruciali al letto del malato nelle unità di cure intensive si riferiscono al criterio della proporzionalità delle cure rispetto ai risultati. Proporzionalità che è anche di natura economica. Ancora: tutti i problemi di "scarsita" (di personale, di presidii, di strutture) si intendono irrisolvibili "per mancanza di mezzi". Nel ricco nord d'Italia si abortisce per "difficoltà economiche" nell' 88 % dei casi; il ricorso alla eutanasia si invoca a causa della mancanza di risorse per continuare l'assistenza; la cancellazione del debito dei Paesi poveri, contratto con criteri scandalosi stabiliti dai Paesi ricchi, impaurisce i cittadini di questi ultimi, i quali stremati dalle tasse, si sentono poveri di risorse. Nondimeno, gli sprechi a livello individuale e collettivo continuano impregiudicati. 
 
PRIORITÀ MONDIALI
 
 
 
 
 
PRINCIPI GENERALI DEL NUOVO CODICE DEONTOLOGICO 
 
A qual fine dunque mettere in gioco una questione talmente complessa e intricata com'è quella dei consumi mondiali e del rapporto esistente tra questione economica e etica? 
Gli infermieri di area critica che c'entrano con tutto questo, dal momento che alla fine del mese si ritrovano comunque con le tasche vuote, anche se appartengono ad uno dei Paesi più sviluppati e ricchi del mondo? 
Il problema è quello della sensibilizzazione a queste questioni. L'etica della responsabilità, uno dei temi forti del Congresso, invita a riflettere in grande per diventare capaci di produrre cambiamenti nel piccolo. Quando esseri umani non possono accedere ad un livello adeguato di cure sanitarie a causa delle scarse risorse economiche, e questo avviene anche nel nostro Paese, non possiamo più accettare passivamente questa motivazione.  
Qualche cosa dobbiamo fare e gli infermieri sentono il dovere di farlo. Alcune professioni infermieristiche (Spagna, Canada) si sono mosse da qualche lustro in questa direzione lanciando un appello ai loro aderenti: "stili di vita sobri per realizzare la salute per tutti", esprimendo cosi' un senso nuovo di responsabilità nei confronti dei nostri nuovi vicini di casa che sono gli abitanti della Terra. 
Di conseguenza tra i principi generali del nuovo Codice Deontologico ci sarà il rispetto dei diritti fondamentali dell'uomo e quindi il riconoscimento delle condizioni che permettono di godere di buona salute, tra le quali l'educazione sanitaria e la promozione di stili di vita sani; ci sarà la considerazione della pari dignità di ogni persona indipendentemente dall'età, dalle condizioni sociali ed economiche, dalle cause di malattia; inoltre, il rispetto della diversità delle persone e della loro libertà di aderire o meno alle proposte terapeutiche.
Sarà ribadito l'impegno da parte degli infermieri di non nuocere mai, di conservare e sostenere anche il più piccolo residuo di autonomia degli assistiti, di essere giusti nella gestione delle risorse. Sarà tutelata l'obiezione di coscienza e, penso, conservato tale e quale l'attuale articolo sul segreto professionale al quale gli infermieri sono molto affezionati.  
Il nuovo codice non sarà prescrittivo, bensì promotore di sviluppo della identità e della responsabilità degli infermieri. Sarà un documento importante che la professione offre alla società italiana ed europea a garanzia della qualità del suo lavoro che rimane concepito come "servizio" all' individuo, alla famiglia e alla collettività[iv]. 
Non sarà facile portare in porto un nuovo codice deontologico. La massima autorità professionale è determinata comunque a raggiungere il traguardo soprattutto in vista della prevedibile prossima abolizione del mansionario, la quale esige un codice di comportamento che garantisca alla popolazione comportamenti di qualità. 
 
 
QUESITI AI RELATORI 
 
Il nuovo codice aiuterà gli infermieri di area critica ad affrontare alcuni dilemmi etici ? 
 
Il nuovo codice nascerà per questo: per essere guida efficace nei momenti più difficili del lavoro dell'infermiere. Uno strumento comportamentale da solo, comunque non basta. Occorre che si metta mano alla debolezza della formazione etica e deontologica e si instaurino nuovi stili di relazioni all'interno dei gruppi curanti, e non solo. Gli aspetti teorici e organizzativi del lavoro assistenziale, la natura delle relazioni tra i diversi professionisti sanitari, la condivisione degli obiettivi aziendali sono elementi che oggi determinano la qualità della relazione con il malato ed i suoi famigliari. Il ruolo del team curante nel processo decisionale, anche strettamente clinico, sta assumendo rilievo anche da noi. Gli infermieri, il cui primario profilo professionale è quello di "esserci" con gradi elevati di competenza specifica, assumono progressivamente responsabilità decisionali all'interno del gruppo sanitario, essendo essi i principali e competenti interpreti del malato e dei suoi famigliari.  
Il nuovo codice, sembra avere, nei lavori preparatori, l'aspetto di carta dei valori della professione, piuttosto che quello di elenco di norme. Detti valori dovranno poi, nella realtà di ciascun ambiente di lavoro, essere declinati in situazione. Essere cioè tradotti nei comportamenti richiesti da quella specifica situazione. È questo il principale elemento di novità che rimanda alla formazione etica e deontologica e ai gruppi di lavoro la responsabilità di attrezzare il futuro infermiere di conoscenze e capacità atte a farlo partecipare alla soluzione dei problemi di natura etica e a renderlo competente a valutare le azioni in termini deontologici e secondo criteri bioetici[v].  
 
 
Quali le indicazioni su eutanasia, accanimento terapeutico, obiezione di coscienza? 
 
La prevenzione di comportamenti eutanasici è considerato in tutto il mondo una responsabilità dell'infermiere. Una dichiarazione delle infermiere americane dell'8 Dicembre 1994 si esprime in questi termini:"L'Associazione delle infermiere americane (ANA) crede che le infermiere non devono partecipare alla eutanasia attiva in quanto questo atto è in diretta violazione del codice di comportamento, della tradizione etica, dei fini della professione e del suo patto con la società. 
Le infermiere hanno l' obbligo di fornire una assistenza tempestiva, umana, comprensiva e compassionevole a chi è alla fine della vita. 
Le infermiere devono essere vigili promotrici di un'assistenza umana e dignitosa. Esse possono dimostrare il loro rispetto ai pazienti e alle loro famiglie mediante una continua assistenza di sostegno, pur non partecipando alla eutanasia attiva."  
Al fine di conoscere il punto di vista italiano sulle questioni "calde", ho proposto un questionario ad un campione rappresentativo (nazionale) di infermieri di area critica presenti al Congresso a Napoli e in Lombardia. I risultati del sondaggio costituiscono un contributo significativo per la riflessione etica. Infatti, sulle questioni cruciali che il nuovo codice deontologico dovrà affrontare, anche in relazione alle nuove responsabilità che discendono dal profilo professionale e dal superamento del mansionario, che è ormai prossimo, i membri del gruppo di lavoro rappresentano posizioni molto distanti. 
Inoltre il nuovo codice di deontologia medica, approvato dagli organi federali un mese fa, all'articolo 36 recita:"Eutanasia - Il medico, anche su richiesta del malato, non deve effettuare nè favorire trattamenti diretti a provocarne la morte." 
È stato chiesto agli infermieri di area critica di definire l'accanimento e l'abbandono terapeutico, l'eutanasia attiva e passiva e la terapia del dolore e di dichiarare quali comportamenti professionali considerano inaccettabili all'interno di queste definizioni. Tralascio le valutazioni comparative tra anzianità di lavoro in area critica e tipologia di risposte e quelle tra tipologie di risposte e anzianità di età e di diploma e tipo di qualifica. Mi limito a riportare sinteticamente gli elementi essenziali. 
Gli infermieri definiscono l'accanimento terapeutico: proseguire la terapia su un morto, 10%; proseguire la terapia su persona che non ha alcuna possibilità di farcela, 60%; proseguire la terapia con la convinzione che "finchè c'è vita c'è speranza", 30%. Inaccettabile per essi è accanirsi a curare "un cadavere" per mesi. Nello spazio libero si puo' leggere: "La situazione che pesa di più e che consideriamo ingiusta è quella di accanirsi per mesi a curare un cadavere per il quale, dopo 24 ore, si era capito che non c'era più niente da fare." Ancora: "l'anatomo patologo scrive troppo frequentemente, che ‘il cadavere è giunto in stato di avanzata decomposizionè"; "il medico fa fatica ad accettare la sconfitta e allora si accanisce".  
Per abbandono terapeutico, inspiegabilmente, il 90% degli infermieri intende "la sospensione della terapia e il proseguimento delle cure infermieristiche"; come se ritenessero che le cure infermieristiche non hanno valenza terapeutica; nella stessa percentuale considera inaccettabile "ignorare" la persona per la quale non ci sono più speranze di recupero vitale. 
L'eutanasia attiva è - per il 70% degli intervistati - la pratica diretta a porre fine ad una vita insopportabile; è staccare qualsiasi supporto essenziale con lo scopo di far morire il soggetto per il restante 30%. Inaccettabile per tutti, è farlo senza che il malato se ne accorga; è inaccettabile sempre, per un infermiere su due. 
Eutanasia passiva è sospendere le cure mediche essenziali, anche se prosegue l'assistenza infermieristica, per l'80 %; sospendere le une e l'altra per il restante 20%. Inaccettabile per il 96% degli infermieri di area critica sospendere le cure mediche e infermieristiche al fine di far morire il paziente. 
La terapia del dolore non deve avere altro scopo che quello di sedare o prevenire il dolore fisico e psichico, per il 96%; inaccettabile sarebbe un comportamento eutanasico nel corso di un trattamento antidolore, per la stessa percentuale. 
Negli spazi liberi si legge: "è molto difficile stabilire dei confini chiari su queste questioni, ma una cosa è certa: il comportamento di un infermiere si gioca soprattutto a livello di "intenzione" ed io non ho "intenzione" nè di abbandonare un paziente grave, nè di provocarne la morte".  
In un momento in cui il potenziale di intervento sanitario è diventato massiccio e invasivo Daniel Callahan pone un problema fondamentale per la sanità del ventunesimo secolo: quello di definire il "senso del limite". Al di sotto del quale non sarà possibile lasciare nessun essere umano; al di sopra del quale non si tratta più di cure, ma di accanimenti.[vi] 
Gli infermieri di area critica si sentono in grado di contribuire, coi medici e i famigliari, a definire "il limite" degli interventi sanitari nei loro settori. Essi "sanno" che cosa si intende per accanimento terapeutico e quante reazioni di rifiuto susciti negli infermieri, ma conoscono anche le difficoltà che si incontrano a codificare le circostanze nelle quali esso si configura, essendo ogni situazione umana imprevedibile. Nel dubbio, essi ritengono moralmente auspicabile che non si lasci nulla di intentato per salvare la persona.  
Punto di riferimento importante anche su questa questione è la Carta degli operatori sanitari[vii] che, riguardo all'accanimento terapeutico, afferma: "... è lecito in coscienza rinunciare a trattamenti rivolti a prolungare in maniera precaria e penosa la vita, senza interrompere le normali cure dovute." 
Obiezione di coscienza: nell' ordinamento giuridico italiano sono state salvaguardate solo due forme di rifiuto a norme legislative: l' obiezione di coscienza al servizio militare e l' obiezione di coscienza alla interruzione volontaria di gravidanza. 
L' obiezione di coscienza non è un fatto giuridico perchè previsto dalla legge ma è riconosciuto dalla legge perchè il rispetto della propria identità e delle proprie convinzioni è diritto inalienabile di ogni uomo.  
Le infermiere di tutto il mondo sollevano, senza formalismi, obiezione di coscienza ogni qualvolta si profila la possibilità di un conflitto tra norma e diritto umano fondamentale. Il nostro nuovo codice non potrà quindi che confermare, probabilmente nella forma usata dalle colleghe inglesi, l'obiezione di coscienza come diritto fondamentale dell'uomo. Infatti la libertà della persona assistita postula in pari misura la libertà degli operatori. Il codice deontologico delle professioni umanitarie è l'esempio di come essi intendono disciplinare la loro libertà in dialogo con la libertà degli assistiti.  
Il ricorso all'obiezione di coscienza presuppone un alto livello di sviluppo morale, prudenza, equilibrio, capacità di giudizio. Insopportabile, perchè immorale sarebbe infatti tale ricorso per motivi meramente opportunistici[viii]. 
 
 
Si ampliano i confini dell'analisi etica e dell' assunzione libera di difficili decisioni ? 
 
Quest' ultima domanda che il Congresso pone ai relatori della Sessione Speciale è, in sostanza, una "domanda-proposta", tutta da realizzare.  
Al nuovo infermiere, chiamato a intensificare la sua competenza specifica, a diventare più consapevole della sua responsabilità professionale, a rendere più evidente la scientificità del suo metodo di lavoro, viene chiesto di ampliare i confini etici del suo lavoro e di acquisire la competenza della ragione (al momento quasi nulla) in ordine alla fondazione di criteri e norme capaci di orientare la valutazione degli interventi sulla vita.  
Il processo decisionale etico, oggi enfatizzato a danno forse della sostanza delle decisioni, in analogia con il processo di nursing, comporta precisi strumenti cognitivi e metodologici (tabella g), assenti generalmente dalla prassi quotidiana. Ne è prova la difficoltà incontrata dagli infermieri che collaborano con i Comitati etici, nei quali non è ancora possibile riconoscere l' organo di supporto delle decisioni morali, a loro volta ambiguamente intese quali istanze emotive del soggetto piuttosto che conquiste razionali "alte" della professione. 

 
CONOSCERE E APPLICARE 
LA METODOLOGIA DELLA RICERCA ETICA
 
 dall’esperienza 
1.  Raccolta dati dalle scienze 
 (Conoscere) dalle convinzioni 
 (PRINCIPI E VALORI) 
 
2. Analisi dei dati e giusto è? 
 individuazione del problema etico cosa fare? 
 (Confrontare) perché fare? 
 
 
3. Formulazione di ipotesi risolutive 
 (Riflettere) 
 
A B C ... 
 
4. Scelta professionale (norma deontologica) 
 (Comprendere) 
 
 
5. PER ARRIVARE A DEFINIRE LA NORMA DEONTOLOGICA 
 (Valutare) 
 
 
La formazione universitaria e la progressiva realizzazione del profilo (D.M. 739/94) postulano una nuova identità dell'infermiere che non potrà più riconoscersi nel mansionario (DPR 225/74). Il nuovo codice deontologico avrà quindi un significato forte: sia all'interno della professione, che verso la popolazione e gli altri professionisti della salute. Esso contribuirà a disegnare i confini del campo proprio di attività e di responsabilità dell'infermiere e a fissare le regole del gioco. 
In un primo tempo i cambiamenti in atto provocheranno soprattutto sconcerto e confusione. Solo se l'aggiornamento e la formazione degli infermieri sarà oculata e tempestiva essi diventeranno capaci di allargare gli orizzonti della loro responsabilità e di affrontare le questioni etiche cruciali che il tempo presente, segnato dalla complessità, dalla diversità e dalla pluralità, presenta quotidianamente. 
La decisione "autonoma e libera", pur rimanendo una prerogativa della libertà di coscienza di ciascuno, diventerà sempre più problematica, appunto, per la crescente complessità delle situazioni, per la varietà delle possibili soluzioni e per la difficoltà di generalizzare i casi per i quali invece va cercata una risposta "personalizzata". 
Il Codice Deontologico non potrà lasciare solo l'infermiere quando in situazioni di criticità vitale o nella quotidiana routine si troverà in solitudine a prendere decisioni compatibili con la sua coscienza e con il bene della persona. 
 
[i]Vedere la ricognizione che ne fa il Dizionario delle professioni infermieristiche, a cura di Paola Lupano, CESPI, UTET, 1997, pagg. 18-65.  
Linee guida per la regolamentazione dell' assistenza infermieristica, a cura di Affara e Styles, ICN, CNAIOSS, 1995.
[ii]Relazione e Raccomandazioni sulla formazione degli infermieri responsabili dell' assistenza generale nell' Unione Europea, a cura del Comitato Consultivo per la formazione nel campo dell' assistenza infermieristica, 17-18 Aprile 1997. 
Relazione e Raccomandazione sulle competenze richieste per l' esercizio dell'attività d'infermiere responsabile dell'assistenza generale nell'Unione Europea, a cura del Comitato Consultivo per la formazione nel campo dell'assistenza infermieristica, 13 Gennaio 1998.
[iii]OMS, Rapporto tecnico n. 860 - Nursing Practice - 1996.
[iv]D.M. 24 Luglio 1996 - Approvazione della tabella XVIII-ter, tabella B, C10, seconda lineetta.
[v]Gli scopi della medicina: nuove priorità, Daniel Callahan, su Politeia, 13, 1997
[vi]Codice di deontologia medica, 3 - 14 Ottobre 1998, art. 36.
[vii]Carta degli operatori sanitari, Pontificio Consiglio degli operatori sanitari, 1994.
[viii]Dizionario di Bioetica, a cura di Leone, Privitera, 1994, pagg.739-751.

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