Congresso Nazionale Aniarti 1998
INTENSIVITA’ ASSISTENZIALE RESPONSABILITA’ INFERMIERISTICA
Napoli (NA), 10 Ottobre - October 1998 / 12 Ottobre - October 1998
» Indice degli atti del programma
SESSIONE SPECIALE La responsabilità professionale e il nuovo codice deontologico degli infermieri A.
FEDRIGOTTI D. RODRIGUEZ M. MORI L. D’ADDIO
12 Ottobre - October 1998: 09:00 / 11:30
- Prof.
Daniele RODRIGUEZ
- Professore
ordinario di Medicina legale nell'Università degli Studi di Ancona
-
- L'argomento proposto riguarda in primo luogo le possibili
interconnessioni esistenti fra il codice deontologico da un lato e la
responsabilità professionale dall'altro. Conviene sviluppare il discorso
con riferimento ad un tema attuale, quale quello delle innovazioni contenute
nel ben noto disegno di legge 4216, che reca "Disposizioni in materia
di professioni sanitarie" e che è stato approvato il 1° ottobre 1997
dalla XII Commissione permanente (Igiene e Sanità) del Senato. Questo
disegno di legge merita considerazione perché è prevedibile che possa
avere un rapido iter parlamentare e divenire legge dello Stato col testo
attuale. L'aspetto da focalizzare è che in questo disegno di legge vi è un
esplicito richiamo ai codici
deontologici dei professionisti sanitari proprio in relazione all'ambito
della responsabilità
professionale. Infatti nell'art. 1, comma 4, è indicato che "il campo
proprio di attività e di responsabilità delle professioni sanitarie"
-fra le quali evidentemente rientra quella infermieristica- "è
determinato dai contenuti dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi
profili professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di
diploma universitario e di formazione post-base nonché degli specifici
codici deontologici ...".
- Quest'ultima è, ovviamente, la parte d'interesse, in quanto vi è
l'abbinamento del concetto di responsabilità professionale con quello di
codice deontologico.
- Prima di affrontare la questione specifica, è da precisare che il
tema della responsabilità professionale non si esaurisce nelle sue, pur
indubbie ed indissolubili, connessioni con il codice deontologico. Questa
precisazione dovrebbe essere approfondita preliminarmente, ma conviene
svolgere più avanti, nel contesto della discussione, le osservazioni del
caso, rinviando comunque alla trattazione sistematica di cui alla pertinente
bibliografia.
Per ora basti rilevare che, per quanto approfondita e corretta, la
riflessione sul rapporto intercorrente tra responsabilità professionale da
un lato e codice deontologico dall'altro è necessariamente parziale e deve
essere svolta tenendo conto che essa si muove necessariamente entro
un'ottica ben più vasta, poiché varie sono le norme di riferimento -non
solo, quindi, quella della deontologia codificata- dalle quali scaturiscono,
a vario titolo, ambiti di responsabilità diversificati. Le norme di
possibile riferimento sono quelle riportate nella tabella I. Risulta, in
sostanza, che per chi esercita una professione sanitaria esiste la
possibilità che norme rispettivamente, etiche, deontologiche e giuridiche,
disciplinino una stessa materia di interesse professionale, in modo non
necessariamente omogeneo. Ciò può significare che, per una stessa condotta
professionale, vi possano essere differenti ricadute in punto di
responsabilità a secondo dell'ambito (etico, deontologico, giuridico) di
riferimento.
-
-
- Tabella I - Ambiti normativi della
responsabilità
-
- Ambito di
riferimento
|
- Fondamentali
fonti normative
|
- Penale
|
- Codice
penale
|
- Civile
|
- Codice
civile
|
- Amministrativo-disciplinare
|
- Varie: ad
es. legge 833/78 e
- D.P.R.
761/79 e successive modif.;
- D.P.R.
225/74 e D.M. 739/94
- D.P.R. 13
marzo 1992
|
- Deontologico-disciplinare
|
- codice
deontologico dell'infermiere
|
- Etico
|
- Valori etici
|
-
- Nei commenti al disegno di legge citato (per ora solo orali, svolti
prevalentemente in occasione di convegni) è data particolare enfasi al
fatto che in esso il termine responsabilità sia riportato per caratterizzare tutte
le professioni sanitarie.
- Per quanto attiene la professione infermieristica, la circostanza
riveste un interesse solo parziale, dato che non è certo nuova
l'indicazione normativa che sulla predetta professione incomba una specifica
responsabilità. Anche dal punto di vista meramente lessicale non sono
rilevabili novità significative; in particolare, il concetto di responsabilità,
con riferimento alla professione infermieristica, ricorre anche all'interno
di altre norme dello Stato. Si tratta delle seguenti.
- Il primo riferimento normativo, in ordine cronologico, è il D.P.R.
13 marzo 1992 "Atto di indirizzo e di coordinamento alle Regioni ... in
materia di emergenza sanitaria", che testualmente, all'art. 4
("Competenze e responsabilità nelle centrali operative"), secondo comma,
prevede che "la responsabilità operativa
è affidata a personale infermieristico professionale."
Pur se riferita alla dimensione operativa,
è la prima volta che compare esplicitamente la parola "responsabilità"
in rapporto alla professione infermieristica.
- Il concetto di responsabilità è ripreso nel Decreto del Ministero
Sanità 14 settembre 1994 "Regolamento concernente l'individuazione
della figura e del relativo profilo professionale dell'infermiere";
l'art. 1 del D.M. recita "l'infermiere è l'operatore sanitario ... responsabile
dell'assistenza generale infermieristica". Qui la responsabilità
è contemplata di portata più ampia, investendo globalmente tutto il piano assistenziale.
- Nel citato disegno di legge 4216 del 1997 il concetto di responsabilità
compare ormai per la terza volta in una norma dello Stato (ammesso che il
disegno diventi legge nel testo attuale), il che rappresenta quindi più una
conferma che una novità. Sta comunque di fatto che detta
"conferma", vissuta come una novità, ha sollecitato una grande
attenzione sul significato da dare al richiamo alla responsabilità
dell'infermiere operato da queste norme dello Stato.
- L'attenzione attualmente dedicata alla responsabilità
dell'infermiere è senza dubbio positiva, ma è da ritenere tardiva. Ed è da giudicare tanto più tardiva se si considera che
comunque la normativa dello Stato, anche considerando il cit. D.P.R. del
1992, è intervenuta in ritardo, ed in grande ritardo, rispetto alle
indicazioni del codice deontologico dell'infermiere, che risale al 1977.
Infatti il concetto di responsabilità era presente fin da allora proprio
all'interno di tale codice, posto che il punto 6 dello stesso richiama la
"responsabilità"
dell'infermiere, indicandola come "autonoma", ma correlandola alla
collaborazione attiva con i medici e con gli altri operatori socio-sanitari.
- Pare quindi di poter affermare che è ben documentato uno specifico
interesse del codice deontologico dell'infermiere proprio al tema della
"responsabilità", quando di questo termine, in merito alle
professioni sanitarie non mediche, non risulta traccia nelle leggi dello
Stato se non in epoca di quindici anni successiva.
- Ma quale è il valore che il codice deontologico intendeva dare al concetto di
responsabilità? La parola responsabilità
ha infatti un duplice significato (vedasi tabella II): non solo quello
dell'essere chiamati a rispondere ad una qualche autorità in conseguenza di
una condotta professionale riprovevole, ma anche quello di impegnarsi per
mantenere un comportamento congruo e corretto. L'aspetto primo indicato
della responsabilità corrisponde ad un concetto "negativo" del
termine (essere chiamati a rispondere, magari in giudizio penale, dei propri
atti), in contrapposizione a quello "positivo" dell'essere
responsabili, dell'assumersi cioè le responsabilità che l'attività
professionale comporta.
-
- Tabella II - L'ambivalenza del termine
responsabilità
-
- Ottica positiva
|
- Ottica
negativa
|
- Coscienza
degli obblighi connessi con lo svolgimento di un incarico
|
- Essere
chiamati a rendere conto del proprio operato; colpevolezza
|
- Impegno
dell'operatore sanitario ex ante
|
- Valutazione
da parte di un giudicante ex post
|
-
-
- E' assolutamente pacifico che il codice deontologico, nell'indicare
-al punto 6 citato- la responsabilità dell'infermiere, si colloca nella
dimensione dell'essere responsabile, dell'impegnarsi attivamente, per scelta
e per convincimento; è impensabile che il codice voglia operare un monito
richiamando implicitamente la potestà del Collegio professionale di
prendere provvedimenti disciplinari nei confronti degli infermieri in caso
di condotte scorrette.
- Ciò puntualizzato sul valore
positivo che, nella concezione deontologica, va dato al termine responsabilità,
occorre chiedersi come si concretizzi, sempre secondo il codice
deontologico, una siffatta responsabilità, quali siano cioè i principi ai
quali conviene ispirarsi per raggiungere l'obiettivo dell'essere
responsabili nella condotta professionale.
- In generale, si può dire che
la condotta professionalmente responsabile scaturisce dal rispetto di alcuni
parametri di riferimento così schematizzabili:
- 1) presupposti scientifici delle attività e delle funzioni proprie
della professione;
- 2) valori etici condivisi ed indicazioni che derivano dalla coscienza
personale;
- 3) norme di riferimento.
- Circa i punti 1 e 2, è sufficiente indicare che possono, almeno in
parte, corrispondere all'adagio -purtroppo usato anche a sproposito da
taluni professionisti sanitari per giustificare comportamenti discutibili-
che richiama il comportarsi secondo
scienza e coscienza.
- In merito al punto 3, si rimanda alla tabella I ed al relativo
commento svolto nella parte introduttiva di questa relazione.
- Passando dai lineamenti generali al particolare, cioè
all'identificazione del significato del termine "responsabilità" secondo
il codice deontologico, è facile rilevare che ad esso sicuramente
attiene il principio del riferimento ai principi scientifici, indicati al n.
1 dello schema immediatamente precedente; a titolo d'esempio, si ricorda che
nella "Premessa" si parla di "qualificata
assistenza infermieristica" ed al punto 9 di "dovere di
qualificare ed aggiornare la formazione in rapporto allo sviluppo
scientifico-tecnologico ...".
- Del pari rientrano nel concetto di responsabilità i valori etici,
richiamati al n. 2 dell'elenco precedente); esempio emblematico è "il
diritto all'obiezione di coscienza di fronte alla richiesta di particolari
interventi contrastanti i contenuti etici della sua professione", come
contemplato al punto 11.
- Non è altrettanto pacifico che il significato di responsabilità
si fondi necessariamente -sempre nella concezione del codice deontologico
dell'infermiere- su indicazioni contenute in norme dello Stato; e così il
discorso si sposta sul n. 3 dell'elenco di poco sopra. Per chiarire il
punto, è di peculiare interesse l'analisi del rapporto esistente fra norme
dello Stato e corrispondenti indicazioni deontologiche codificate. Possono
schematicamente indicarsi due punti di vista: uno, per così dire,
formale-giuridico ed un altro sostanziale-professionale. In base al primo
punto di vista, non è concepibile una legittima conflittualità fra norme
e, qualora conflittualità fra norme vi fosse, prevarrebbe quella di rango
superiore; di conseguenza, dovendosi attribuire valore di semplice
regolamento al codice deontologico, esso verrebbe quindi a qualificarsi come
fonte gerarchicamente inferiore rispetto
a, per quanto qui interessa, leggi, D.P.R. e decreti legislativi. In base al
secondo punto di vista, la prospettiva si ribalta completamente: le norme
deontologiche costituiscono infatti indicazioni di comportamento alle quali
devono attenersi gli esercenti di una data professione, elaborate dalla
stessa categoria professionale nell'interesse di salute dei singoli e della
collettività. Abitualmente la norma deontologica descrive, più o meno
genericamente, una situazione ed individua la pertinente attività doverosa
per il professionista descrivendone le modalità di intervento; essa è
caratterizzata cioè da concretezza e
specificità, talora in
contrapposizione alla genericità
di alcune indicazioni di legge.
- Da tutto ciò discendono i seguenti tre corollari:
- - vi sono aspetti così peculiarmente inerenti all'attività
professionale che sfuggono alla comprensione delle norme generali del
diritto e che sono considerati esclusivamente all'interno del codice
deontologico;
- - talora, la codificazione deontologica è più esigente -richiede,
cioè, una condotta professionale più qualificata- rispetto ad una
corrispondente norma dello Stato;
- - talora, il codice deontologico reca indicazioni parzialmente in
contrasto con norme dello Stato.
- In sintesi, un codice deontologico reca norme, condivise all'interno
della categoria professionale, che corrispondono ad indicazioni
comportamentali, che, in genere coincidenti con la norma giuridica, talora
la integrano ove mancante, talaltra la perfezionano ove ritenuta blanda,
talaltra ancora si pongono in parziale contrasto con essa.
- Il principio dell'autonomia nella codificazione deontologica, per
quanto attiene l'attività professionale dell'infermiere, rispetto ai
riferimenti normativi dello Stato è implicitamente indicato in alcuni
disposti del codice deontologico: il punto 11, già citato, postula "il
diritto all'obiezione di coscienza di fronte alla richiesta di particolari
interventi contrastanti i contenuti etici della sua professione" senza
limitarlo a circostanze previste da leggi dello Stato; ancor più
esplicitamente, il punto 3 indica che "l'infermiere rispetta il segreto
professionale non soltanto per l'obbligo giuridico, ma per intima
convinzione e come risposta concreta alla fiducia che l'assistito pone in
lui".
- Riassumendo, dunque, il codice deontologico dell'infermiere ha
preceduto le leggi dello Stato nel porre enfasi sul concetto di
responsabilità, che ha identificato nel rispetto delle acquisizioni
scientifiche e delle indicazioni etiche condivise, ma non necessariamente
nella accettazione indiscriminata di tutte le norme dello Stato.
-
- Occorre ora considerare se, divenendo legge il disegno 4216, i
rapporti intercorrenti fra codice deontologico e leggi dello Stato e/o la
concezione del codice deontologico stesso subiranno modificazioni rispetto a
quanto precedentemente indicato, e se questo avrà ricadute soprattutto in
punto di responsabilità dei professionisti. Che queste ipotesi non siano
remote è dimostrato dalle osservazioni che seguono.
- Come preliminarmente indicato, il disegno di legge 4216 (art. 1,
comma 4) fa un esplicito richiamo ai codici deontologici dei professionisti
sanitari proprio in relazione all'ambito della responsabilità
professionale. Ma, oltre all'abbinamento del concetto di responsabilità con
quello di codice deontologico, è da considerare che, qualora il disegno di
legge venisse approvato, si tratterebbe della seconda volta (dopo la legge
31 dicembre 1996, n. 675 "Tutela delle persone e di altri soggetti
rispetto al trattamento dei dati personali"; cfr. art. 31) in cui una
norma dello Stato cita esplicitamente, con riferimento alle professioni
sanitarie, il codice deontologico conferendogli valore. Questo da un lato
significa finalmente il riconoscimento da parte dello Stato del ruolo dei
codici deontologici, ma dall'altro può costituire strumento di limitazione
dell'autonomia dei Collegi e degli Ordini professionali, se il richiamo al
codice deontologico dovesse essere interpretato come una sorta di mandato ad
indicare e disciplinare, nel codice deontologico stesso, alcune parti
"obbligatorie" in punto, per fare esempi conformi ai riferimenti
normativi citati (la legge 675 ed il disegno di legge 4216) di riservatezza
di dati e di esercizio professionale.
- Più in dettaglio, si ricorda che nell'art. 1 del disegno di legge è
indicato che "il campo proprio di attività e di responsabilità delle
professioni sanitarie è determinato dai contenuti dei decreti ministeriali
istitutivi dei relativi profili professionali e degli ordinamenti didattici
dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione post-base
nonché degli specifici codici deontologici ...". Non è del tutto
chiaro come questo disposto vada inteso rispetto al codice deontologico. In
particolare: occorre prendere atto dei codici deontologici in vigore e delle
indicazioni lì riportate attinenti il "campo proprio di attività e di
responsabilità" della rispettiva professione sanitaria oppure le
Federazioni nazionali dei Collegi professionali dovranno attivarsi per riscrivere il loro codice deontologico, tenendo
presente che esso dovrà delineare il predetto "campo proprio"? E
la definizione del "campo proprio" da parte del codice
deontologico potrà discostarsi dalle indicazioni desumibili dai relativi
profili professionali e dagli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di
diploma universitario? Oppure, nella definizione del "campo
proprio", il codice deontologico dovrà limitarsi a ratificare quanto
riportato nei profili professionali e negli ordinamenti didattici? In
sostanza, i Collegi sono chiamati ad esercitare un ruolo vicario rispetto a
quello che dovrebbe svolgere il legislatore od una più contenuta
integrazione? Allora, ancor più in particolare, il nuovo codice
deontologico attualmente (1998) allo studio da parte della Federazione
nazionale dei Collegi IPASVI deve essere concepito in funzione di questo
mandato e, in caso di risposta affermativa, come risolverà i numerosi
problemi ora prospettati?
- Gli interrogativi non sono di poco conto: e non solo per quanto
attiene il condizionamento alla sfera di autonomia nell'elaborazione del
codice deontologico, autonomia che non sarebbe più tale in quanto
condizionata, in misura maggiore o minore, da quella sorta di mandato di cui
sopra si è detto e dalla facoltà, per i Collegi, di discostarsi dalle
indicazioni desumibili dai relativi profili professionali e dagli
ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario; anzi,
circa quest'aspetto, potrebbe sostenersi anche la tesi contraria, che cioè
il legislatore è stato ampiamente rispettoso della sfera di autonomia,
tant'è che ha affidato proprio ai rappresentanti delle singole professioni
la valutazione e la definizione del "campo proprio di attività e di
responsabilità"; tuttavia, anche secondo quest'ultimo punto di vista,
resta fermo che è individuabile
un mandato di carattere generale, quello cioè di dover comunque
contemplare, nel codice deontologico, la disciplina dell'attività e della
responsabilità professionale.
- Gli interrogativi non sono di poco conto anche per un altro motivo.
Infatti, il ruolo -sia esso vicario o di integrazione- che il codice
deontologico assumerà -dopo l'approvazione parlamentare del disegno di
legge- rispetto alla produzione legislativa induce a ritenere che debba
essere ripensata la struttura stessa del codice deontologico; ad esso, per
delineare il campo di attività e responsabilità, dovrà essere data cioè
un'impostazione sistematica facendogli assumere un'organicità complessiva
ed onnicomprensiva. Vi è pertanto il rischio che tutto questo faccia
assomigliare il codice deontologico ad un testo di legge. Il che priverebbe
gli esercenti quella professione sanitaria di un punto di riferimento, di
uno strumento di lavoro specifico, idoneo -anche nel suo linguaggio- a
favorire il processo di maturazione professionale ed elaborazione critica
dell'esperienza che contribuisce all'acquisizione della capacità di
assumere condotte responsabili. Con queste osservazioni non si vuole
sostenere che un testo rigoroso sviluppato con linguaggio giuridico
impeccabile non sia privo di vantaggi. Si intende solo difendere il
significato peculiare, aggiuntivo e non sostitutivo, di un codice
deontologico rispetto ad una norma di legge.
- Infatti, per quanto un codice deontologico sia specificamente
dedicato alla professione, i suoi contenuti di non sono mai esaustivi di
tutte le circostanze possibili e di tutte le corrispondenti condotte
doverose, per cui chi a quel codice deontologico si riferisce (per categoria
professionale di appartenenza) dovrà comunque, nelle circostanze non
contemplate da alcun articolo, ispirarsi a principi generali che siano
enunciati nel codice stesso oppure che siano condivisi, dal punto di vista
etico, all'interno della professione. Di conseguenza è radicata, fra le
professioni sanitarie, la cultura che un codice di deontologia non sia un
freddo elenco di problemi e delle relative soluzioni, bensì uno strumento
di consultazione, verifica e riflessione per il professionista. In altre
parole, il codice deontologico non è un insieme infinito di chiavi che
consentono di aprire un numero infinito di serrature, ma è una sorta di
grimaldello, che è innanzi tutto necessario conoscere in modo approfondito
perché possa costituire utile strumento per aprire qualsiasi porta.
- Orbene, se, grazie alla legge derivata dall'attuale disegno 4216 in
un testo che resti immutato, il codice deontologico diventerà, almeno in
parte, una sorta di disciplina regolamentare del campo di attività e
competenza della professione infermieristica, allora appare consistente il
rischio che esso si trasformi in un'arida enunciazione di precetti, magari
rigorosa ed ineccepibile, ma assolutamente banale, in quanto verrebbe ad
essere tolto spazio al confronto del professionista -e della sua dimensione
etica- con le indicazioni del codice di deontologia.
- Ad una siffatta modificazione logico-strutturale potrà corrispondere
anche una diversa concezione di responsabilità:
quanto più nel codice di deontologia verrà tolto spazio, con l'elencazione
esclusiva di prescrizioni, alla riflessione autonoma (ovviamente se e quando
opportuna) fondata su principi etici condivisi (fermo restando quanto sopra
detto circa il fatto che il codice è il punto di riferimento ineludibile
dal quale muove la predetta riflessione), tanto più il concetto di
responsabilità si identificherà tassativamente solo e soltanto con il
rispetto di quanto elencato; verrà in pratica tolto spazio ad un'area della
responsabilità che, oggi, dal punto di vista deontologico, esiste pur se
non è testualmente riconducibile ad alcuna indicazione codificata. E'
infatti pacifico che il codice deontologico è un mezzo
volto a favorire nel professionista una condotta eticamente
responsabile. Ed in quanto mezzo, non può avere l'obiettivo di essere
esaustivo nei contenuti, ma piuttosto quello di favorire l'acquisizione di
un metodo di approccio ai
problemi. Più concretamente, è principio accettato, anche se non
esplicitato nel codice dell'infermiere, che la condotta deontologicamente
responsabile comprende tutte le
attività opportune per garantire il corretto esercizio della professione,
ancorché non testualmente corrispondenti a specifici precetti del codice
deontologico.
- In sintesi, secondo il tipo di accettazione che il mandato
dell'attuale disegno di legge avrà presso i Collegi professionali, lo
scenario futuro potrà diversificarsi dalla situazione attuale. Se, oggi,
responsabilità è dare risposte meditate ad un bisogno espresso (anche
tacitamente) dall'assistito avvalendosi delle indicazioni del codice
deontologico, domani responsabilità potrebbe essere attenersi agli automatismi dettati da un codice deontologico di nuova
concezione che potrebbe essere tanto più ambiguo quanto più somigliante ad
un assemblaggio di linee-guida.
-
- Il riconoscimento da parte di leggi dello Stato del valore da
attribuire, in fatto di attività professionale in ambito sanitario e
relativa responsabilità, al codice deontologico potrà poi favorire una
svolta decisiva nell'interpretazione di una questione, attualmente
dibattuta, che riguarda il tema generale del rapporto fra norma giuridica e
codificazione deontologica. Per la precisione, l'ambito di riferimento è
quello della responsabilità professionale penale per colpa: si ricorda, in
breve, che tale responsabilità sussiste quando si verifica un danno a
carico dell'assistito a causa di condotta colposa dell'esercente la
professione sanitaria. La condotta
(azione od omissione) dell'esercente la professione sanitaria deve dunque
essere caratterizzata da colpa. Il
concetto di colpa coincide, alternativamente o cumulativamente, con quelli
di negligenza, imprudenza, imperizia, inosservanza di leggi, regolamenti,
ordini o discipline (art. 43 del codice penale). Orbene la questione è se
la violazione del codice di deontologia configuri violazione di regolamento
e quindi presupposto della colpa per inosservanza. Affrontata sinora solo
con riferimento al codice di deontologia medica, la questione è attualmente
-come già accennato- dibattuta in dottrina. E' facile immaginare che con il
peculiare valore oggi attribuito nella definizione del campo di attività e
responsabilità delle professioni sanitarie non mediche al codice
deontologico, esso verrà sempre più riconosciuto come irrinunciabile punto
di riferimento regolamentare -anche se non unico ed esclusivo, visto il
ruolo dei profili professionali e dell'ordinamento didattico universitario-
disciplinante l'esercizio professionale.
-
Per maggiori dettagli, cfr.: RODRIGUEZ D., Relazione
in Tavola rotonda, XIV Congresso nazionale ANIARTI "Area
critica: presente e futuro con i cittadini. Urgenza ed emergenza;
ospedale e territorio; responsabilità e risultato". In: Atti,
Genova 15-17 novembre 1995, pp. 269-276 e 292-324. Per un
approfondimento, v.: BENCIOLINI P., APRILE A., Responsabilità dell'infermiere in pronto soccorso, in MENON C.,
RUPOLO G., Pronto soccorso per l'infermiere professionale, Ambrosiana
ed., Milano 1995, pp. 281-288.
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