Congresso Nazionale Aniarti 1998
INTENSIVITA’ ASSISTENZIALE RESPONSABILITA’ INFERMIERISTICA
Napoli (NA), 10 Ottobre - October 1998 / 12 Ottobre - October 1998
» Indice degli atti del programma
SESSIONE SPECIALE La responsabilità professionale e il nuovo codice deontologico degli infermieri A.
FEDRIGOTTI D. RODRIGUEZ M. MORI L. D’ADDIO
12 Ottobre - October 1998: 09:00 / 11:30
- Prof.
L. D’ADDIO
-
- Professore
a contratto di Scienze Infermieristiche generali e cliniche all’Università
degli Studi di Firenze
- Membro
del gruppo di studio Federazione Collegi IPASVI sulla Revisione del Codice
Deontologico
-
-
- Come
è noto, la professione infermieristica sta affrontando il cambiamento anche
in ambito deontologico. Nel dicembre 1997 si è avviata la revisione del
Codice deontologico dell’infermiere con un gruppo appositamente costituito
dalla Federazione Nazionale Collegi IPASVI. Quanto riporterò in questa
relazione di oggi non rappresenta ancora il punto di arrivo dei nostri
lavori, in quanto il Codice è ancora in costruzione, e non poteva essere
altrimenti: di tutti i progetti avviati dalla Federazione dei Collegi IPASVI
questo è sicuramente quello più impegnativo, se non altro per la
complessità di analisi che richiede.
- Intanto
si tratta non di scrivere un Codice ex
novo, bensì revisionare quello attualmente in essere: si tratta di
integrare, ampliare, correggere, mantenendo la continuità di evoluzione
della cultura infermieristica, perché la storia è fatta di passaggi
graduali, non tanto di negazioni e di sorpassi. D’altro canto non
significa neanche essere una commissione come tutte e fare un lavoro come
altri, perché sappiamo bene che sul Codice (assieme al nuovo regolamento
per l’esercizio professionale dell’infermiere) si impianterà
l’identità professionale e la visibilità dell’infermiere, ed altro
ancora.
- Cercherò
quindi di muovere delle riflessioni sulla base della mia esperienza nel
gruppo di lavoro nazionale, servendomi dei punti di domanda che sono nella
testa di tutti i colleghi, fornendovi le considerazioni alle quali è giunto
al momento il gruppo di consulenti.
- Intanto,
cosa dovrà essere il Codice? Certo il documento dichiarativo ed esplicativo
del corpus di regole autodeterminate dalla comunità infermieristica
italiana, ma dire questo non risulta esaustivo rispetto ad una serie di
opzioni, quindi scelte, da attuare.
- Per
esempio, in termini di visibilità della professione infermieristica,
l’attuale Codice risulta riduttivo rispetto alle competenze che
l’infermiere per quantità e qualità compie. Il nuovo Codice intende
uscire dal modello biomedico, che non è proprio della professione
infermieristica ma ereditato da altri, per rivolgersi al proprio sistema
valoriale, che nel Codice dovrà appunto essere esplicitato.
- Sicuramente
anche in questo caso si tratterà di usare la mediazione, la ricostruzione
come modalità per riassumere i patrimoni e le esperienze che convivono oggi
nella comunità infermieristica, anche le più anime che vi convergono, per
esempio quella di ispirazione vocazionale e quella motivazionale,
che potrei sinteticamente esemplificare in affermazioni del tipo “Io
sono un infermiere” rispetto a “Io
faccio l’infermiere”. E’ altrettanto chiaro che il livello di
riflessione etica all’interno del gruppo infermieristico è oggi in
avanzamento continuo, cosicché la fase in cui la deontologia era
contraddistinta dallo zelo e dalla disciplina ha lasciato posto alla
consapevolezza critica e argomentativa di quello che comporta assistere una
persona, prendersi cura dell’altro.
- Gli
elementi di questo puzzle come possono essere brevemente descritti? Intanto scrivere un
Codice alle soglie del 2000 significa veramente farsi attraversare da tutto
quello che il mondo sta vivendo:
- ·
l’informazione viaggia oggi in tempo reale, gli infermieri dei più
piccoli centri possono trovarsi direttamente in contatto con colleghi di
qualsiasi altra parte del mondo (e cultura!). Il livello di conoscenza che
oggi è richiesto al professionista spalanca a 360° lo scenario di
riferimento: cosa comporterà in termini di responsabilità? Perché un
tempo forse la responsabilità era più contestualizzata, anche a un qui
locale. Oggi predisporre un protocollo, una cosa delle più comuni,
significa rispondere non solo alle aspettative di “qui”, ma ad uno
standard che, se messo a confronto con un’ampiezza quasi infinita di
popolazione infermieristica di riferimento, e quindi anche di culture, può
veramente mettere ansia. La pratica fondata sull’evidenza scientifica, in
altre parole, trova il suo avvio in una diversa prospettiva etica del tempo.
- ·
la rappresentatività è in crisi, e noi dovremo scegliere le coordinate di
riferimento da proporre ai colleghi, in piena tendenza
all’individualizzazione, che personalmente ritengo non abbia solo
connotazioni negative. L’individualizzazione
ha spostato la nostra cultura dalla comunità all’individualità, ha fatto
sì che il paziente diventasse finalmente un cliente, se preferiamo una persona.
Ma anche nel professionista la tendenza individualistica ha prodotto i suoi
effetti, con eventi sempre più comuni di ritorno a sé, alla non
partecipazione, alla non delega. Quindi l’individualizzazione fa sì che
oggi il singolo emerga rispetto alla massa: questo nel cliente che assisto,
ma anche nell’infermiere, è in rapporto diretto con la sua costruzione
dell’identità personale e professionale. E’ come se negli individui, ma
anche nei gruppi, vi fosse una doppia anima: l’una universalistica e
l’altra particolaristica, per così dire una doppia appartenenza, con un
movimento contraddittorio e incessante da un livello all’altro. Per citare
un effetto nel quotidiano di questo, basterebbe guardare alla
riclassificazione del personale del Ssn nel nuovo contratto di lavoro, per
constatare la valorizzazione dell’individuale, di come il singolo
professionista interpreta la professione, in pratica focalizzando cosa
faccio (competenze acquisite, curriculum) rispetto al consueto chi
sono (qualifica).
- Bene,
è giunto il momento alla svolta, di avviarsi ad un Codice per il 2000. La
riflessione infermieristica si è affinata nel frattempo, oserei dire che
oggi è quasi sofisticato il livello di apprezzamento e di riflessione etica
degli infermieri su alcune tematiche. Ricorderete per esempio che il Codice
attualmente in vigore parla dell’obiezione di coscienza, dicendo che
l’infermiere l’afferma e la difende come suo diritto, e la pone di
fronte alla richiesta di particolari interventi contrastanti i contenuti
etici della sua professione. Riflettiamo: quando l’infermiere pone
l’obiezione di coscienza è in conflitto con i contenuti etici della sua
professione? Potrebbe essere, di fronte a particolari richieste (es.
prendere parte alla comminazione della pena di morte) ma l’obiezione di
coscienza è mossa da un atto che confligge con i suoi valori personali.
- Quindi
il nuovo Codice dovrà rivedere con maggior precisione, aggiungere sfumature
ai diversi problemi che giustamente l’infermiere incontra
nell’operatività di tutti i giorni, forse in area critica ancora di più,
con un livello di riflessione che vorremmo vedere più attento e più
approfondito.
- Questo
interrogandosi su quanto abbiamo da proporre in modo più particolare e
specifico alla riflessione generale. Perché io vorrei che la professione
infermieristica si facesse attraversare da tutte le altre discipline, in
modo da poter assumere tanti “occhiali” di riferimento, per poter
guardare la realtà; però vorrei anche il viceversa, cioè che la
professione infermieristica, la cultura infermieristica potesse anche
contribuire a questo dibattito più generale.
- Il
nostro gruppo professionale ha sviluppato nel tempo una sensibilità e una
ricchezza di sfumature in questa dimensione morale che avvolge il prendersi
cura. Prendersi cura dell’altro è un modo forse anche troppo sintetico di
dire, di raccontare la specificità professionale dell’infermiere. Nel
tempo siamo riusciti a costruire il profondo significato di quello che
comunemente viene annunciato come caring, lo abbiamo fatto con un’esperienza di riferimento che oggi
molti autori e molte autrici puntualizzano come un modello di riferimento
per le relazioni d’aiuto.
L’infermiere sperimenta fino in fondo che cosa significa entrare in
relazione con l’altro, in un rapporto molto stretto, quasi come quello che
la madre mette in atto nel crescere, nel prendersi cura del proprio figlio.
Questo tipo di esperienza è accomunato, è visto come molto vicino al tipo
di relazione che l’infermiere instaura con il suo assistito. Anche qui,
cogliendo la trasversalità potremmo richiamare il concetto di empowerment:
al consumatore deve essere sempre offerta la possibilità di appropriarsi di
un prodotto, di un bene, di un servizio, e non tanto di vederselo concesso
dall’alto.
- Forse
noi potremmo essere addirittura (lancio una provocazione) professione
leader, in termini culturali, nel poter riscoprire o affermare per la prima
volta la profonda
importanza di questa relazione, di cui noi abbiamo una profonda
esperienza sul campo, sebbene poco concettualizzata, occorre dirselo.
- Rifarsi
a questa ricchezza significa che il Codice dovrà avere carattere
enciclopedico, dovrà dire sui tanti settori dell’infermieristica, dovrà
dare direttive sui tanti problemi di ordine morale che attraversano il
prendersi cura dell’altro, l’assisterlo? Oppure vogliamo un Codice
comunque snello, agile, che possa rappresentare la globalità, ma in termini
di generalità delle questioni, perché deve fornire modelli di
comportamento che il singolo professionista interpreterà nel suo
quotidiano.
- Quindi
non mi interesserà parlare dell’infermiere di area critica,
dell’infermiere di pediatria, e via dicendo, perché forse altri documenti
dovranno affrontare questo, lo lascio volutamente come punto interrogativo.
Ogni infermiere potrà portare però un suo contributo, per esempio, e
questa è un riflessione del tutto personale, credo che tutti voi abbiate
presente la costituzione dell’attuale contratto di lavoro, con una sua
parte valida in generale, la contrattazione a livello nazionale, completata
dalla contrattazione decentrata. Ipotesi: forse anche il Codice potrebbe
avere una struttura del tutto nuova, del tutto alternativa? Essere un Codice
che racconta la “somma” dei problemi d’ordine morale, dei disagi
morali che l’infermiere vive e rispetto a questo sceglie, dà delle
indicazioni. Per essere poi completato da un documento che non è
alternativo, piuttosto integrativo, che racconti a un livello più
decentrato, quindi più consapevolizzato e anche interdisciplinare (perché
vorrei anche smetterla di pensare ai documenti dell’una o dell’altra
professione, per pensare a documenti integrati) per cominciare a interagire
l’infermiere con il medico, l’infermiere con il terapista,
l’infermiere con tutte le professioni che comunque si occupano del
cliente.
- Rispetto
a questo, il dibattito che forse dovremmo più propriamente affrontare,
oltre al Codice della professione infermieristica, è quello sui Codici: non
siamo il centro del mondo, non siamo i soli che si stanno interrogando sulla
nuova fisionomia che il Codice dovrà avere in una società di questo tipo,
per professioni sanitarie che si occupano di una collettività così come
oggi si configura, una collettività e il singolo. Quindi
gli infermieri si stanno avviando alla revisione del Codice, ma non
dimentichiamoci dei medici, oppure degli assistenti sociali, che addirittura
per la prima volta in questo anno hanno emanato il loro Codice: anche questo
è un segno importante..
-
- Concludendo,
credo che si possa dire che il nostro intento è quello di far sì che il
Nuovo Codice parli dell’infermiere così come è effettivamente, quindi
rendendolo più visibile, più identificabile. Nel
contempo raccontare anche il nostro impegno ad andare avanti. Grazie per la
vostra attenzione
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