Congresso Nazionale Aniarti 2003
Criticità ed intensività assistenziale: quali obiettivi, quali competenze, quanti infermieri
Bologna (BO), 12 Novembre - November 2003 / 14 Novembre - November 2003
» Indice degli atti del programma
L’infermieristica nell’intensività assistenziale: quale il valore aggiunto. - Elio Drigo
12 Novembre - November 2003: 11:20 / 11:50
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L’infermieristica nell’intensività assistenziale: quale il
valore aggiunto.
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Elio Drigo
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Presidente Aniarti
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Nell’ospedale che assume un ruolo più preciso e definito nel
sistema sanitario, nella crescente complessità delle situazioni e
dell’organizzazione, l’assistenza infermieristica anche nell’ambito dell’intensività,
svolge un’attività molto consistente e di grandissima responsabilità.
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Dobbiamo comprendere come si colloca l’infermiere in tutto il
quadro e nel panorama fin qui tracciato.
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Dobbiamo identificare la motivazione per cui nel settore
dell’intensività assistenziale, l’infermiere è insostituibile.
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Per fare l’ulteriore passaggio, partiremo precisando il
significato delle parole del titolo di questo intervento: infermieristica,
intensività assistenziale, valore aggiunto.
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1. Infermieristica:
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- possiamo definirla come la disciplina riconosciuta con una
sua connotazione nella presa in carico della persona in relazione ai
problemi di salute: non è un generico erogare le prestazioni;
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- l’approccio dell’infermieristica ha poi una caratteristica
propria nella modalità, che non è settoriale, ma globale: ogni aspetto della
persona esaminato va collocato nell’insieme della persona stessa e delle
situazione data;
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- la competenza dell’infermieristica è di fatto stata
modellata in seguito all’impegno per essere all’altezza delle proprie
responsabilità, stanti la connotazione per la presa in carico della persona
e l’approccio di globalità.
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Vedremo sinteticamente in che cosa consiste questa
competenza, senza pretendere in questa sede, di approfondire: sarebbe, tra
noi, quasi superfluo.
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2. Secondo concetto: intensività assistenziale.
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Che cosa possiamo intendere? Parliamo di situazioni in cui il
rischio è elevato. L’assoluta, indiscutibile precedenza viene data alla
garanzia della sopravvivenza. Pertanto, protocolli, procedure, monitoraggi
sistematici, quasi ossessivi, dell’evoluzione delle situazioni e degli
effetti degli interventi...
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Possiamo pensare all’intensività assistenziale solo con
un’impostazione di processo, di sequenza, di evoluzione, di integrazione.
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E definiamo quindi l’intensività assistenziale come processo
curativo caratterizzato da costante, intensivo e sistematico impegno
assistenziale, anche con l’utilizzo di apparecchiature complesse.
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L’elemento “apparecchiature” e “tecnologie complesse” viene
esplicitamente citato a motivo della numerosità delle stesse oggi presente,
per la loro utile applicazione nel percorso curativo ed assistenziale.
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Citate, anche per il fatto che, spesso, possono divenire
fattore oltre che di complessità anche di distorsione dei processi,
soprattutto se teniamo presente l’attenzione infermieristica alla persona e
l’approccio di globalità.
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3. Terzo concetto: valore aggiunto.
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Valore aggiunto è quanto si valuta per rendere evidenza di un
cambiamento positivo, di un miglioramento. La differenza di qualità che
deriva dal fatto di dedicare determinate competenze a risolvere problemi o
situazioni difficili. Situazioni che non hanno soluzioni univoche. Il
valore aggiunto è, nel nostro caso, una differenza di qualità derivante
dalla applicazione delle competenze professionali alla situazione
assistenziale. Esso viene determinato dall’intervento umano.
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Gli interventi professionali sono tipici interventi che
aggiungono valore ad azioni generiche.
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Ma, poniamoci una prima domanda:
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Come si coniugano i tre concetti esaminati di
infermieristica, intensività assistenziale e valore aggiunto nella
situazione generale che ci è stata presentata questa mattina?
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Come si coniugano in un contesto fatto di:
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- ospedali che cercano di contenere sempre più la dimensione
e di privilegiare la focalizzazione sulla specificità di ruolo;
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- un evidente, rapido incremento del livello di complessità,
praticamente costitutivo dei processi operativi in area critica;
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- una esplicita domanda di servizi assistenziali, non più
solo un’accettazione dei servizi, a qualunque livello essi siano;
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- possibilità di risposte sempre più avanzate ai problemi di
salute, ai traumatismi, alle patologie…;
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- risorse allocate con sempre maggiore oculatezza (almeno
nelle intenzioni…) e di fatto, sempre più finite rispetto alle attese o alla
velocità dell’espansione della domanda...
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In questo contesto, il motivo per cui vi debbano essere degli
infermieri in grado di gestire l’intensività assistenziale, qual è ?
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Tre domande ancora più precise:
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1. Che cosa fa l’infermiere che altri non fanno?
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2. Qual è il modo con cui agisce l’infermiere
quando interviene?
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3. Qual è la specificità dell’infermieristica
nell’intensività assistenziale?
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Qual è la differenza tra l’intervento dell’infermiere
rispetto agli interventi di altri professionisti o operatori?
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In sostanza, qual è il valore, il vantaggio, che
l’infermiere garantisce nell’assicurare la propria assistenza?
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Rivediamo con ordine le domande che ci siamo posti e diamo
alcune risposte.
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1. Che cosa fa l’infermiere che altri non fanno?
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- Risponde ai bisogni della persona nella complessità; che
significa non “in ogni caso”, ma, sempre e direttamente, laddove è
indispensabile un intervento esperto, eventualmente anche con il personale
di supporto all’assistenza;
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- Mantiene e garantisce la centralità della persona nello
sviluppo del processo assistenziale;
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- Pianifica le risposte ai bisogni con l’ottica della
globalità, superando la frammentarietà e la settorialità degli interventi,
particolarmente in determinate situazioni o contesti molto tecnici;
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- Mantiene l’unità del processo, indicando ai singoli la
necessità di integrare le esigenze
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2. Come agisce l’infermiere nei propri interventi?
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- Indiscutibilmente con competenza, non per consuetudine…. In
area critica, è ovvio che la competenza nell’attuazione degli interventi
tecnici, delle procedure deve essere data quasi per scontata...;
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- sulla base delle conoscenze ed esperienze più avanzate
conosciute (evidence-based nursing - EBN), senza mitizzare l’evidenza
scientifica ma sempre considerandola;
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- mobilitando tutte le risorse a disposizione. Questo si
traduce in una diretta riattivazione della soggettività del malato e della
famiglia;
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- tenendo presente sempre la situazione del malato, del
contesto e del momento nel processo in corso;
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- avendo cura di valorizzare le relazioni a qualunque
livello.
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3. Qual è la specificità dell’infermieristica nell’intensività
?
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La specificità è dunque l’operare per garantire la
conservazione dell’integrità della persona anche nella criticità in una fase
dell’esperienza della vita del malato in cui (anche la percezione) il
rischio di vita può essere elevatissimo.
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Questo, di fatto:
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1. indica il valore attribuito alla persona, alla
soggettività,
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2. mobilita la motivazione individuale al recupero della
salute possibile,
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3. contribuisce ad orientare il processo assistenziale verso
gli obiettivi di salute più reali e completi.
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Più sopra, ci ponevamo una domanda:
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qual è la differenza, qual è il valore, il vantaggio, che
l’infermiere garantisce assicurando la sua assistenza? La differenza, il
valore che l’infermiere aggiunge all’assistenza intensiva è il risultato che
deriva dall’assumersi la responsabilità di garantire al malato globalità di
approccio alla persona in situazione di criticità e saper ricondurre ad
unità le differenze e gli interventi molteplici.
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Nel primo elemento, globalità, in area critica, l’abbiamo già
accennato, è forte e costante il rischio di tecnicismo, meccanicità,
routinarietà, dimenticanza della soggettività dei malati, trainato dalla
facile credenza che tutti i malati siano in coma. In realtà, non sono più
le terapie intensive di molti anni fa…
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Attenzione al rischio di trasformare l’assistenza in una
supermercato, una superofferta delle prestazioni, anche se molto
sofisticate. La domanda è oggi di un servizio personalizzato (fa il paio con
la bottega-sotto-casa), in rete con il mondo, in cui, pazienza se, al
limite, non si trova tutto, ma, quello che si può ottenere viene cercato con
partecipazione e dedizione…Anche questo fa oggi qualità della vita, che le
persone considerano non secondario anche in sanità.
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Nel secondo elemento, ricondurre ad unità la molteplicità, il
fattore “unità” è rappresentato dal risultato per il malato, degli
interventi anche frammentati, “molteplici”, di quanti intervengono e
“ricondurre” è il fattore di competenza dell’infermiere, fatto di
sapere, decidere ed essere in grado di ottenere il
risultato di tenere insieme per il malato, gli interventi.
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Poniamoci un’ulteriore domanda:
per rispondere a questo
mandato che cosa serve?
Serve:
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- Sapere scientifico specifico,
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- Competenze professionali (appropriatezza e non
approssimazione, comportamenti, organizzazione),
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- Relazioni esperte (con i malati/altri, con gli
altri operatori, con le istituzioni).
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Essere una figura come quella descritta non è un’impresa
semplice: tutt’altro. E’ pertanto indispensabile considerare almeno 3
elementi:
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1° la cultura - nel senso ampio e nobile del termine, fatta
di:
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- conoscenze scientifiche e generali;
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- capacità di apprezzamento delle caratteristiche
dell’ambiente in cui si svolge la vita e del contesto in cui accadono gli
eventi;
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- capacità di percezione della situazione, specificamente per
la clinica e la persona;
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- comprensione dell’evoluzione delle esperienze sia
dell’ambiente sanitario (dell’area critica) che sociale più ampio. Saper
collocare in un contesto temporale gli accadimenti così delle persone come
delle organizzazioni.
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2° un senso di “cittadinanza”;
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- un professionista, un infermiere, non può, intrinsecamente,
non sentirsi solidale, tutt’uno nel proprio ruolo specifico, con la società
in cui vive;
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- un professionista, un infermiere, ha l’obbligo di mantenere
il proprio legame con la società aderendo al patto ed al proprio codice
deontologico. Il legame diretto con la società è costitutivo del
professionista. Da qui, per l’infermiere, la specificità di garantire
un’assistenza globale e personalizzata.
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3° elemento: il “rigore” e la costanza nel:
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- garantirsi la possibilità di erogare la migliore assistenza
conosciuta e disponibile;
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- essere attivo nell’insieme dei professionisti: è
all’interno di questo insieme che di fatto, si sviluppa la competenza e la
competenza avanzata;
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- essere costantemente critici nell’applicazione delle
conoscenze e favorire la diffusione delle conoscenze e delle esperienze.
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Grazie! Credo che abbiamo tutti bisogno di un augurio di buon
lavoro!
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