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Intraossea in emergenza: valutazione del consenso da parte degli infermieri

 

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Un nuovo traguardo per la diffusione della cultura infermieristica.

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Congresso Nazionale Aniarti 1999

ACCREDITAMENTO E CERTIFICAZIONE IN AREA CRITICA.

Bologna (BO), 10 Novembre - November 1999 / 12 Novembre - November 1999

» Indice degli atti del programma

 

12 Novembre - November 1999: 12:15 / 13:15

DIBATTITO   

Richiesta di chiarimento

Nome e Cognome Romigi 

Professione Caposala 

Provenienza  Centro Rianimazione Ospedale Sant’Eugenio, Roma 

Vorrei fare due domande a D’Innocenzo. 

Una riguarda il ruolo delle rappresentanze sindacali nell’iter che ha seguito D’innocenzo sull’istituzione della dirigenza e della laurea per gli infermieri. 

Faccio questa domanda perché si sentono all’interno della professione alcune voci ed una di queste parla addirittura di documenti arrivati in mano al Ministro Bindi, firmati in maniera congiunta da tutte tre le rappresentanze sindacali CGIL, CISL e UIL, che ostacolano in qualche modo l’approvazione di questa legge. 

Chiaramente queste sono voci quindi sicuramente D’Innocenzo sarà in grado di dire se sono voci reali, per capire, se sono reali, il perché. 

La seconda domanda riguarda invece una situazione in particolare della regione Lazio dove noi abbiamo la fortuna, rispetto a tante altre regioni, di avere una legge regionale che istituisce il servizio infermieristico in staff addirittura alla direzione generale. 

Siccome è stato detto, facendo anche un po’ di autocritica, che spesso ci sono dirigenti, caposala ed infermieri “scamorze” vorrei dare uno stimolo a tutta la platea. 

Quali progetti reali ci sono di istituzione del servizio infermieristico nella regione Lazio? 

Io ho la sensazione che in questo caso siamo veramente “scamorze”. 

Un’ultima cosa ad Annalisa Silvestro: sia ieri che oggi è stato detto di volare alto e di puntare a determinate cose anche in funzione dei cambiamenti che stanno avvenendo; io sono d’accordissimo su questo, non vorrei però che succedesse una cosa che sento in giro, dalle esperienze di tutti, che si crei un divario grossissimo fra nord e sud Italia. 

Richiesta di chiarimento 

Nome e Cognome  Ostellato 

Professione

Provenienza Cardiochirurgia Padova 

Volevo anch’io fare una domanda alla signora D’Innocenzo, in quanto dal suo osservatorio preferenziale forse mi potrà illuminare. 

Sia lei che il dott. Grilli l’altro giorno hanno parlato dell’importanza di coinvolgere il personale 

nel processo di riforma, anzi il dott. Grilli sosteneva addirittura che l’insuccesso delle riforme precedenti era legato al mancato coinvolgimento del personale. 

Io credo che questa sia una cosa molto importante però penso anche che la riuscita delle riforme sia legata anche alla volontà effettiva del governo di andare ad intaccare dei centri di potere che purtroppo esistono nella nostra sanità e che costituiscono un buco nero per quanto riguarda i finanziamenti, visto che poi le riforme vanno sempre nell’ottica del contenimento della spesa. 

Inoltre, vi sarà o vi è un controllo permanente sull’accreditamento delle strutture e dei professionisti?  

Un altro quesito che volevo porre riguarda il fatto che abbiamo ieri ascoltato una serie di relazioni relative a ricerche sulla RCP molto interessanti ma svolte, però, per lo più in paesi anglosassoni: a che punto è la ricerca in Italia? 

Volevo anche rispondere al collega del Lazio che è appena intervenuto: io penso che dobbiamo solo avere la consapevolezza di quello che siamo e di quello che dobbiamo diventare. 

Interviene M. D’Innocenzo 

Lo strumento delle rappresentanze sindacali unitarie è uno strumento validissimo che ha portato in avanti il livello di partecipazione alle politiche aziendali, ai diritti dei lavoratori. 

Non è però la stessa cosa con alcune posizioni che il sindacato può assumere rispetto a delle fasi di sviluppo delle politiche professionali che sono particolarmente significative. 

Il mio ruolo non mi consente per alcuni versi di esternare posizioni personali. 

Allora, se voi me lo consentite, vorrei rispondere nella veste di collega, con l’esperienza personale che comprende anche questa collaborazione triennale. 

C’è un documento, dei segretari dei sindacati confederali dell’area della sanità, inviato al Ministro e al responsabile della Conferenza Stato - Regioni che si occupa della parte sanitaria compresi gli aspetti sindacali, in cui c’è un invito a prendere in considerazione lo stato delle trattative e quello che rimane da chiudere per quanto riguarda l’applicazione del contratto e anche le condizioni per andare a definire il quadro per la negoziazione e la possibilità insieme al decreto sulla normativa concorsuale, che chiude il percorso stabilito dal D.M. del 30/1/1982 e del D.P.R. 761/79, e che può rendere realizzabile tutto il percorso delle progressioni orizzontali e verticali.

Quindi c’è una richiesta legittima di modificare la bozza pubblicata sul Sole 24 ore, che badate bene è una bozza fatta da un funzionario del Ministero che è stata già propagandata come decreto, mentre quello era uno strumento di lavoro. 

Infatti molti soggetti, fra i quali la Federazione Nazionale dei Collegi, hanno espresso preoccupazioni, che io peraltro condivido. 

Quello è uno strumento di lavoro, al quale verranno apportate, mi auguro, modifiche, c’è la possibilità di lavorare su questo. 

Quindi i sindacati rappresentano queste preoccupazioni al Ministro e nell’ambito di una serie di riflessioni che si fanno c’è anche la riflessione su come alcune leggi discusse in parlamento possono entrare nel merito di quelli che sono gli ambiti, la natura del sindacato. 

Argomentano tutto questo con alcune riflessioni opinabili, perché in realtà tentano di sollevare questioni sulla titolarità del parlamento a discutere delle istanze che secondo me non sono assolutamente discutibili in quella sede. 

Noi oggi ci troviamo di fronte ad una presa in carico da parte del parlamento di istanze delle professioni sanitarie che hanno legittimato il parlamento a regolamentarle. 

Il sindacato non si può sentire depauperato di un compito che non è quello di decidere circa il percorso formativo o il riconoscimento in termine di valore e di percorso delle professioni, il sindacato deve stare di fianco alla professioni per contribuire al loro sviluppo e quindi alla possibilità che lo sviluppo sia compiuto e che vengano valorizzati quegli stessi elementi che lui per primo nell’ambito del contratto ha posto come strategici. 

Io ritengo che, lo dico con molta serenità, il sindacato debba stare di fianco in questa battaglia e deve essere uno degli elementi che supporta questa battaglia per la dirigenza e per la laurea ma anche per il riconoscimento, attraverso tutti quelli che oggi sono i passaggi attraverso il servizio sanitario nazionale, della valorizzazione delle professioni e specificatamente della professione infermieristica. 

Non può non essere un compagno di viaggio importantissimo per la professione. 

Guai a pensare che chi rappresenta i lavoratori non debba essere quello che sta di fianco ai lavoratori, professionalmente competenti, per far sì che questi siano sempre più qualificati ad erogare le prestazioni ai cittadini, che anche loro devono garantire nel momento in cui garantiscono i diritti di tutti. 

Allora io ritengo che non vanno enfatizzate le contrapposizioni, non vanno create contrapposizioni, vanno cercate tutte le condizioni ed il terreno perché insieme si possano raggiungere i risultati. 

Io penso che tutti debbano riflettere sulla necessità di non fare una guerra tra poveri, perché la guerra fra poveri fa vincere i ricchi, cioè quei poteri forti di cui abbiamo parlato oggi. 

Io pensavo di venire qui e di portarvi l’approvazione in sede redigente della 4980. 

Invece mercoledì 10 alle ore 18 si è discussa in dodicesima commissione la presentazione di emendamenti alla 4980, che voi sapete è in sede redigente perché l’opposizione ha negato la legislativa, quindi la possibilità di concludere, come per la L.42/99, direttamente in commissione, per poi passare alla discussione in aula. 

La presidente ha dovuto bloccare il provvedimento ed il sottosegretario Bettoni ha rimandato a una successiva seduta perché alcuni deputati hanno risollevato il problema della definizione chiara ed inequivocabile delle funzioni mediche e quindi hanno riportato al problema atavico di non entrare nell’ambito delle funzioni di diagnosi e terapia del medico da parte dei dirigenti infermieri laureati. 

Quindi siamo ritornati a vecchi temi. 

Sono state sollevate queste perplessità sulle funzioni mediche anche da parte di deputati che dentro la maggioranza erano d’accordo a portare avanti questa legge, creando un po’ di imbarazzo nel relatore dei Democratici di sinistra che aveva invece concordato gli emendamenti. 

Questo ci ha fatto ritornare indietro e ci ha posto il problema che oggi si può vincere se c’è unità di vedute su quello che è l’obiettivo. 

Mi preoccupa che in questa fase in cui noi dovremmo tutti definire percorsi certi che qualificano la professione per la progressione all’interno delle aziende, utilizzare lo strumento della formazione, utilizzare tutte le opportunità che ci sono, noi invece rimaniamo su posizioni anche culturalmente arretrate perché ci dividiamo sul problema di chi deve appropriarsi di alcune tematiche. 

Qui il problema è di essere uniti per raggiungere l’obiettivo e portarci a casa il risultato. 

Rischiamo, se cambia l’assetto politico, che non ci sia più la stessa volontà a garantire lo sviluppo della professione infermieristica. 

E’ bene che questa cosa la si dica. 

Io colgo l’occasione per un invito al senso di responsabilità comune ed alla condivisione dei percorsi. 

Io ritengo che l’istituzione del Servizio Infermieristico nella regione Lazio sia stata una bella battaglia; ci siamo riusciti. 

Sta adesso al ruolo che assumono da un alto gli organismi della professione e dall’altro tutti gli infermieri presenti nelle aziende che insieme possono indurre le direzioni aziendali a fare la scelta sul servizio infermieristico. 

O noi rappresentiamo la volontà del cambiamento e lo traduciamo nei comportamenti, e questo è un discorso a chi dirige le attività infermieristiche, anche in assenza del servizio infermieristico, o diventiamo i referenti veri degli infermieri oppure gli infermieri non ci possono vivere come quelli che insieme con loro fanno battaglie per il cambiamento.  

I dirigenti infermieri hanno forti responsabilità sulla tenuta e sulla coesione del gruppo professionale. 

Gli infermieri devono potere incidere sulla direzione delle attività infermieristiche. 

Per quanto riguarda la domanda sui criteri di valutazione, devono essere esercitati i diritti di partecipazione dei lavoratori e di tutti i professionisti attraverso un atto, che è quello di porlo come criterio di valutazione dei direttori generali, così come lo pone il D.L. 229/99. 

Il direttore generale viene valutato dalla regione in base a programmi di coinvolgimento e partecipazione degli operatori dentro i sistemi di formazione continua. 

Per la valutazione periodica sull’accreditamento dentro le aziende abbiamo un ruolo di presidio da realizzare attraverso i collegi e le associazioni professionali. 

Quindi è importante che i collegi siano qualificati, è importante che si esca da una logica di autoreferenzialità sulle cose interne, sui rapporti con le istituzioni, su come vengono presidiati i percorsi qualificanti. 

Sta a noi, adesso abbiamo anche i rinnovi dei collegi. 

Utilizziamoli per fare in modo che vengano elette persone qualificate, competenti, che sono aperte anche alle critiche costruttive. 

Io penso che le opportunità ci siano, dipende da come noi le vogliamo utilizzare. 

Interviene  A.. Silvestro 

Per quanto riguarda lo stato della ricerca, ci vorrebbe una giornata per definire ed analizzare la questione. 

Posso riferirvi del piccolo contributo che l’ANIARTI darà. 

Ci fermeremo domani in Consiglio Nazionale ANIARTI per preparare e definire le modalità per elaborare dei progetti di ricerca e sperimentazione da fare in alcune realtà nazionali ed i cui risultati saranno presentati nel prossimo Congresso Nazionale. 

Ci stiamo orientando in questa direzione. 

Interviene  A. Dalponte 

Il collega pone il problema relativo ai servizi infermieristici. 

Vorrei fare una proposta , poiché tutti rispetto a questo stiamo sperimentando senza maestri e quindi c’è una grossa difficoltà, di aprire un tavolo permanente in Federazione per dare le linee guida affinché ogni direzione di servizio infermieristico proponga poi un piano triennale di azioni strategiche per la qualità dell’assistenza. 

Se non abbiamo strumenti di visibilità, se non abbiamo una rete anche di supporto, di confronto, temo che andiamo ad esporci in una situazione già sperimentale, già controversa spesso fra i vari quadri e quindi perdendo un’opportunità invece che valorizzandola. 

Interviene  M. Casati 

Io volevo fare due riflessioni sullo stato della ricerca. 

Silvestro ha detto qual è il percorso dell’ANIARTI in questo senso e crediamo comunque di essere promotori di un processo in cui ci siamo attivati in modo lungimirante già qualche anno fa. 

Però lo stato della ricerca in Italia chiede sicuramente di fare delle riflessioni su quanto gli infermieri nel tempo sono stati vicini alla ricerca, su quanto l’hanno vista in ottica di consumatori di ricerca e quanto l’hanno promossa come professionisti. 

Sul discorso culturale si potrebbe fare probabilmente un seminario, ognuno pensi alla propria formazione, alle citazioni bibliografiche ed alla scientificità di quello che ci è stato trasmesso ed in che modo ha aggiornato le proprie competenze ed ha consultato punti di riferimento per trovare spunti scientifici. 

Quello che io credo in questo momento è che c’è comunque da ragionare molto anche sui metodi e sul finanziamento della ricerca. 

Servono persone ad hoc che promuovano tutta una serie di processi legati sia alla lettura dei lavori di ricerca sia all’implementazione di lavori di ricerca che abbiamo alla fine dei dati che hanno un peso perché sono controllati. 

Uno dei discorsi che sicuramente va affrontato nei prossimi anni è che peso avranno i ricercatori all’interno della regolamentazione professionale. 

Il 3 novembre il Ministero dell’Università ha approvato una revisione sostanziale della legge 341 del 1990 che prevede il Diploma Universitario, di laurea ed il dottorato di ricerca. 

Si rivoluziona il percorso in linea con le direttive europee. 

Dobbiamo presidiare questi processi come professione se vogliamo essere completa ed autorigenerante. 

Una delle cose che però mi viene da dire è che gli infermieri hanno in questo momento due aspetti, uno positivo ed uno negativo, rispetto a questa funzione della professione; 

un atteggiamento culturale cambiato, sostanzialmente sempre più vicino alla ricerca e anche le spinte del contesto che interagendo con la professione e influenzato dalla professione li porta sempre più vicino come atteggiamento alla ricerca. 

Continuo a trovare però, all’interno di questo argomento, delle difficoltà importanti che sono, la prima, il fatto che probabilmente l’utilizzo della lingua inglese, toglie la possibilità di consultare delle riviste che sono oggi a livello infermieristico di grande valore, di straordinaria tenuta in termini scientifici, ma che chiaramente hanno un linguaggio di tipo anglosassone. 

L’altro aspetto che io continuo a trovare molto difficile da gestire è la ricerca bibliografica, la sistematica ricerca bibliografica oggi non trova da parte della professione dei supporti ben strutturati per la professione medesima, ricordo che a tutt’oggi solo due sono le riviste indicizzate su medline, pubblicate in Italia, e abbiamo ben più di due riviste che possono avere un valore di un certo interesse. 

Certo è che quando facciamo una ricerca bibliografica sistematica, dobbiamo andare in alcune fonti dati dove noi dobbiamo esserci come professione. 

Aggiungo per questione di constatazione quotidiana, lavorando nella formazione, il problema più serio è che non esiste un sistema bibliografico nazionale di natura disciplinare che ci permette di reperire i testi che ci interessano in modo non dico semplice ma almeno raggiungibile. 

Interviene 

Nome e Cognome Guasca  

Professione 

Provenienza Imperia 

Parlo come una ex sindacalista molto delusa. 

Io vorrei sapere quanto conta il sindacato, quando verranno fatti gli accreditamenti, quando si definiranno i criteri etc., ma sul tavolo delle contrattazioni periferiche perché purtroppo, perlomeno nella mia realtà, dobbiamo essere tutti uguali, non devono esserci differenze per gli incentivi, per il trattamento economico, non bisogna premiare qualcuno, ma tutti devono avere una quota uguale. 

Chiedo poi un’altra cosa in merito alle specialità.  

Da noi non sono stati avviati corsi o quant’altro, ma da qualche altra parte è partito qualcosa ? 

Interviene

Nome e Cognome Danella 

Professione 

Provenienza  118 Roma   

Rispondo al collega del Sant’Eugenio. 

Nel Lazio ed in particolare nell’Azienda San Camillo Forlanini, esisteva già un servizio infermieristico in staff al Direttore Generale, è stato trasformato il mese scorso in Dipartimento Infermieristico sempre in staff al Direttore Generale, con a capo un dirigente infermiere. 

Richiesta di chiarimento

Nome e Cognome Saccà 

Professione  Caposala 

Provenienza Reggio Calabria 

Io penso che tutto quello che sta accadendo è frutto di impegno e di una professionalità che prima o poi sarebbe dovuta venire fuori. 

Dopo tantissimi anni di esperienza, mi sono reso conto che noi infermieri siamo stati e siamo tutt’ora spiazzati da altre figure professionali, quindi nei posti dove si fa formazione, organizzazione, nei punti chiave dei processi gestionali e nel sindacato. 

Probabilmente perché abbiamo avuto e abbiamo poco tempo da dedicare alle problematiche “non direttamente assistenziali “, e quindi altre figure hanno occupato quei posti. 

Io chiedo una cosa semplice e chiara, che gli organi preposti a rappresentarci e a tutelarci ai vari livelli siano più presenti nei riguardi degli infermieri, che ci sia più comunicazione e che non restino arroccati dentro le loro roccaforti di pseudo potere.   

Richiesta di chiarimento

Nome e Cognome Maranelli ( ? ) 

Professione

Provenienza Verona Unità coronarica 

Io spero che D’Innocenzo possa aiutarmi a togliere la spina irritativa corticale ed epidermica che il suo intervento mi ha provocato. 

Io parto da un presupposto, a parte il bell’intervento della D’Innocenzo che è stato molto esplicativo, ha detto un cosa importante e cioè che questa legge, la 229/99, impone la scelta dell’obbligatorietà dell’accreditamento sia come struttura che come professionisti , io quindi chiedo:  

- questa legge cambia la forma o cambia la sostanza?  

 il clientelismo, e su questo lei non ha dato una risposta alla collega di Padova che parlava di  

 buchi economici e di lobby di potere, il clientelismo esiste ancora, dove sono i politici? 

 Io assisto impotente “ scamorza “ a quello che vuole, le dimissioni precoci di pazienti per far

 posto ai clienti dei primari, questo è un costo economico che porta la mia azienda a dire non ho  

 soldi per assumere infermieri. 

- Silvestro dice sempre che la legge non ammette ignoranza, e prima ha detto una cosa  

 importante, chi valuta chi e che cosa, ma scusatemi chi controlla chi, che cosa ? 

Interviene  

Nome e Cognome Marianna 

Professione

Provenienza Rianimazione    

Io vorrei sollevare il problema sulla qualità che genera differenza e che genera competizione. 

Non vorrei che questa estrema competizione generi alla fine un danno alla professione, in quanto siamo una professione in crescita.  

Interviene  A. Brandi 

Attenzione a non confondere concorrenza con competizione, sono due cose molto diverse.

La competizione è un elemento connaturato nelle cose e nelle persone ed è quella spinta, quella tensione continua che porta le persone a vedere ciò che fanno e a volersi costantemente migliorare. E’ questa la competizione di cui parlavo io. 

Sul ruolo del sindacato nell’accreditamento professionale, sottolineo il fatto che parliamo di professionalità, di competenze, non stiamo parlando di lavoro, sono due cose un po’ diverse. 

La Dalponte c’è l’ha descritto molto bene. 

Quando parliamo di competenze e di professionalità, di arricchimento delle competenze, penso che gli unici che possano valutare questo sono gli infermieri. 

Ci si confronta sui risultati della valutazione della competenza, perché da quel risultato dipende la ricaduta sul lavoro, quindi il corrispettivo economico e la carriera. 

Ma, ripeto, come si valuta una competenza, se è competenza professionale e se è competenza della professione infermieristica, penso spetti solo all’infermiere giudicare. 

Ma attenzione, lei ha detto “ da noi per il sindacato siamo tutti uguali “, purtroppo il cambiamento coinvolge anche il sindacato, non solo gli infermieri ed il sistema sanitario. 

Qui si sta parlando di un cambiamento culturale, che coinvolge tutti quelli che, in quanto soggetti partecipanti sono tenuti a cambiare; dovrà cambiare anche il sindacato rispetto a questo. 

Interviene A. Silvestro 

Rispetto al discorso specializzazione, visto che la collega chiedeva lo stato dell’arte, posso dire purtroppo che siamo ancora fermi.

Anche nel precedente Congresso ANIARTI era stato detto che era stato presentato il progetto al Ministro e a tutti gli organismi deputati a portarlo avanti, ma siamo ancora in quella situazione.  

Al Congresso di Rimini della Federazione dei Collegi, il Ministro ha anche su questo preso impegno, speriamo sia vero, perché impegno era stato preso anche un anno e mezzo fa e oggettivamente non è stato minimamente onorato. 

Solleciteremo il Ministro non solo come Federazione dei Collegi, ma anche come Associazione e vediamo se riusciamo a smuovere questo tipo di situazione.  

Per quanto riguarda il collega di Reggio Calabria, penso che più che una domanda sia una riflessione e condivisione su alcune tematiche, comprendendo in pieno le sollecitazioni che ci sono giunte. 

Interviene  M. D’Innocenzo 

Non sono mai riuscita ad essere così irritativa dal punto di vista corticale, mi piacerebbe con qualcuno però…..

Io ho dato una lettura del D.L. 229/99 particolarmente positiva, perché sto imparando strada facendo a cogliere quelli che sono gli elementi di opportunità che ci vengono dati e a fare di tutto per poterli sviluppare e puntare al risultato anche tenendo conto dei metodi e delle strategie. 

Allora è probabile una visione del cosiddetto bicchiere mezzo pieno, che può essere discutibile, però è quella che poi ci ha fatto arrivare a dei risultati e la L. 42/99 non è roba da poco, ma non è solo quella, anche la filosofia che c’è dentro, per esempio la legge ha tenuto conto di una serie di input che sono stati dati anche da noi, per quanto riguardava alcuni articoli, nonostante la soppressione dell’articolo 17quater. 

Quindi io sarei orientata a cogliere gli elementi positivi. Allora non sono d’accordo sull’aspetto formale rispetto a quello sostanziale e ve lo dico. 

Io sono convinta che è cambiata la sostanza perché se noi dovessimo dire, per esempio, che i risultati sulla cultura della professione infermieristica si sono avuti subito dopo l’emanazione del profilo diremmo che in realtà il profilo non ha prodotto niente;  

 il profilo ha innescato un meccanismo a cascata che ci ha portato ad una serie di atti conseguenti ad una progressiva crescita. 

Perché sto facendo riferimento al profilo? 

Perché questa è la terza riforma che noi facciamo e le ricadute positive di questa riforma noi le avremo tra qualche anno, ma è anche vero che noi progressivamente dal 1978 in poi abbiamo visto un passaggio forte della tutela dei diritti del cittadino per quanto riguarda la salute, qui non stiamo parlando di diritti degli operatori, ma anche dei diritti degli operatori in quanto cittadini e di un sistema pubblico in cui ognuno di noi paga il suo contributo al SSN ed ognuno di noi quando fa il cittadino pretende di avere il servizio migliore che ritiene di potere avere. 

Allora rispetto a questo io ritengo che questa riforma sia andata a coprire alcune criticità come per esempio quella del mercato sanitario, che era sregolato, perché c’erano alcuni punti della riforma De Lorenzo che io personalmente non condividevo, e come me la professione in generale, in quanto noi per primi dicevamo che il modello di salute che insegnamo agli infermieri e che condividiamo non è poi in realtà, quel modello che attraverso i DRG viene garantito. 

Allora questa contraddizione a cui prima facevo riferimento in realtà era regolata da un mercato economico sregolato in cui un DRG rappresentava una quota di finanziamento dentro cui c’era soltanto un’attribuzione economica, dove il carico assistenziale non era definito, per cui a parità di tipologia di diagnosi, di patologia, non c’era in realtà la stessa parità di consistenza assistenziale. 

Allora a me pare non un cambio di forma, ma di sostanza enorme. 

Quando noi diciamo che non va più bene la parte del DRG, ma che noi cittadini iniziamo a pagare la funzione assistenziale e definiamo alcuni percorsi, in cui si vanno ad equilibrare meccanismi di inappropriatezza come succede nell’emergenza sui codici bianchi, dove non c’è un filtro del medico di famiglia, non c’è un sistema di controllo ed il codice bianco viene remunerato come un codice rosso. 

Era un sistema che andava regolato, in cui alcune cose dovevano essere considerate per la sostanza che c’era dietro. 

Se noi abbiamo definito oggi l’elenco delle prestazioni appropriate, su cui tutti devono fare i conti, per cui il medico non può più prescrivere tre risonanze se non stanno dentro le linee guida che grazie anche all’accreditamento validano che quella prestazione è realmente efficace, e di contro facciamo l’elenco di tutte quelle che non sono efficaci, noi facciamo saltare quel meccanismo della clientela che su questo si basa; che si basa sul fatto che, per esempio, ed è un altro fatto di sostanza, i medici, ma non solo i medici, siano potuti stare contemporaneamente dentro gli ospedali e nelle case di cura. 

Ora da un lato non si possono più permettere di non erogare prestazioni appropriate, ci si deve rifare a linee guida, a criteri di evidenza scientifica, che dicono che alcune cose si possono fare nelle strutture pubbliche o in quelle accreditate ed un surplus di prestazioni che non fanno i conti con l’evidenza scientifica non si vanno più a fare nelle case di cura private o negli studi professionali. 

C’è la possibilità di innescare un meccanismo le cui ricadute in termini pratici non saranno immediate, il meccanismo di clientele che ha prodotto il debito pubblico lo si sta risanando da pochi anni. 

Non ci dobbiamo dimenticare di come il sistema sanitario si stava proiettando verso un meccanismo di liberalizzazione del mercato, per cui il problema che si ponevano i direttori generali era fare quadrare i bilanci. 

Oggi non sarà più quello l’indicatore su cui verrà confermato il direttore generale, ma sarà la corrispondenza fra il raggiungimento degli obiettivi di salute, le risorse impiegate, la possibilità di erogare quelle prestazioni. 

I bilanci si faranno su quelli con la contestualità delle risorse impiegate, dei fondi da assegnare. 

Io spero di avere fatto venire le spine irritative a chi questo sistema non lo voleva. 

Il problema che mi pongo oggi è di come assicurare un sistema che sia equo e solidale, questo è il problema che abbiamo, e che faccia i conti con il fatto che qualcuno vorrebbe che il sistema non fosse equo, non fosse uniforme sul territorio nazionale. 

Noi abbiamo regioni povere che se continuasse a funzionare un meccanismo di mercato darebbero poche prestazioni solo ai poveri, mentre molti altri se le pagherebbero da sé. 

Innescheremmo un meccanismo di tutela solo per i più ricchi, come accade da qualche parte. 

Io sono convinta di stare dalla parte di quelli che vogliono un servizio sanitario che metta tutti i cittadini, indipendentemente dal censo, nelle condizioni di potere ottenere le prestazioni che servono, e anche un sistema che sia in grado di qualificare contestualmente le prestazioni anche attraverso gli operatori, ritengo che chi ha più soldi possa pagare le cose che desidera avere e chi non li ha si possa organizzare per avere le prestazioni che non sono essenziali con un meccanismo regolato in cui l’aspetto economico sul valore salute incide solo nella misura in cui le risorse devono servire per fare le cose essenziali, per rappresentare una società civile che si fa carico soprattutto dei più deboli. 

Le clientele, i poteri forti con questo meccanismo, se noi ci sforziamo di contribuire ad esso per ciò che ci compete, con le competenze e la qualità delle prestazioni che noi possiamo dare, vengono spezzate.  

Certo, ci vorranno ancora anni, perché in questo paese non tutti vogliono un servizio sanitario così, anzi ci sono regioni che dicono che si possono accreditare tutti, che si possono gestire tutte le risorse a disposizione senza pensare a quelle povere perché qualcuno ha fatto razzia del denaro pubblico. 

Colleghi, cominciamo ad essere realistici, certe cose esistono, ma noi come cittadini e professionisti abbiamo un compito grosso anche nel migliorare questa riforma. 

Questa riforma ha criticità forti, come quella di non avere la dirigenza infermieristica ed io su questa che ritenevo una sconfitta troppo grossa avevo deciso di lasciare perdere, e se non l’ho fatto è stato grazie anche al sostegno di molti colleghi, tra cui Drigo e Silvestro. 

Facciamo le battaglie perché questi aspetti vengano modificati, utilizziamo gli strumenti che abbiamo al livello locale; dipende molto dalla nostra capacità, senza preoccuparci di chi sta indietro. 

Interviene  A. Dalponte 

Io condivido questo problema; le lobby ci sono ed hanno sempre più forza. 

Questa intelligenza sociale mi fa dire che comunque questa società dà sempre più spazio a queste modalità. 

Il punto è che noi non possiamo continuamente isolarci. 

Spesso stiamo fuori dal sindacato perché siamo a disagio, però queste sono strutture che hanno un ruolo, che hanno un peso nei processi decisionali, ed io penso che forse abbiamo fatto degli errori di percorso dove noi infermieri ci siamo un pochino crogiolati dentro la nostra specificità, perdendo del tempo nelle alleanze. 

Occorre che ci alleiamo con queste lobby, perché altrimenti non portiamo a casa nulla . 

L’ANIARTI è una associazione splendida, che aggrega, che fa vedere insieme 1600, 1700 infermieri, ma non c’è altra possibilità, al di là di questa associazione o della Federazione e dei Collegi IPASVI che aggregano gli infermieri. 

Siamo troppo di categoria, dobbiamo aggregarci ad altri punti di potere. 

Di sicuro il sindacato avrà un ruolo, ci mancherebbe, è storico, ha una rete di relazioni e di rapporti fortissima, dobbiamo entrarci, dobbiamo trovare il modo di dialogare con loro.

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