DIBATTITO
Richiesta di chiarimento
Nome e Cognome Romigi
Professione Caposala
Provenienza Centro
Rianimazione Ospedale Sant’Eugenio, Roma
Vorrei
fare due domande a D’Innocenzo.
Una
riguarda il ruolo delle rappresentanze sindacali nell’iter che ha seguito
D’innocenzo sull’istituzione della dirigenza e della laurea per gli
infermieri.
Faccio
questa domanda perché si sentono all’interno della professione alcune voci
ed una di queste parla addirittura di documenti arrivati in mano al Ministro
Bindi, firmati in maniera congiunta da tutte tre le rappresentanze sindacali
CGIL, CISL e UIL, che ostacolano in qualche modo l’approvazione di questa
legge.
Chiaramente
queste sono voci quindi sicuramente D’Innocenzo sarà in grado di dire se
sono voci reali, per capire, se sono reali, il perché.
La
seconda domanda riguarda invece una situazione in particolare della regione
Lazio dove noi abbiamo la fortuna, rispetto a tante altre regioni, di avere
una legge regionale che istituisce il servizio infermieristico in staff
addirittura alla direzione generale.
Siccome
è stato detto, facendo anche un po’ di autocritica, che spesso ci sono
dirigenti, caposala ed infermieri “scamorze” vorrei dare uno stimolo a
tutta la platea.
Quali
progetti reali ci sono di istituzione del servizio infermieristico nella
regione Lazio?
Io
ho la sensazione che in questo caso siamo veramente “scamorze”.
Un’ultima
cosa ad Annalisa Silvestro: sia ieri che oggi è stato detto di volare alto e
di puntare a determinate cose anche in funzione dei cambiamenti che stanno
avvenendo; io sono d’accordissimo su questo, non vorrei però che succedesse
una cosa che sento in giro, dalle esperienze di tutti, che si crei un divario
grossissimo fra nord e sud Italia.
Richiesta di chiarimento
Nome e Cognome Ostellato
Professione
Provenienza Cardiochirurgia Padova
Volevo
anch’io fare una domanda alla signora D’Innocenzo, in quanto dal suo
osservatorio preferenziale forse mi potrà illuminare.
Sia
lei che il dott. Grilli l’altro giorno hanno parlato dell’importanza di
coinvolgere il personale
nel
processo di riforma, anzi il dott. Grilli sosteneva addirittura che
l’insuccesso delle riforme precedenti era legato al mancato coinvolgimento
del personale.
Io
credo che questa sia una cosa molto importante però penso anche che la
riuscita delle riforme sia legata anche alla volontà effettiva del governo di
andare ad intaccare dei centri di potere che purtroppo esistono nella nostra
sanità e che costituiscono un buco nero per quanto riguarda i finanziamenti,
visto che poi le riforme vanno sempre nell’ottica del contenimento della
spesa.
Inoltre,
vi sarà o vi è un controllo permanente sull’accreditamento delle strutture
e dei professionisti?
Un
altro quesito che volevo porre riguarda il fatto che abbiamo ieri ascoltato
una serie di relazioni relative a ricerche sulla RCP molto interessanti ma
svolte, però, per lo più in paesi anglosassoni: a che punto è la ricerca in
Italia?
Volevo
anche rispondere al collega del Lazio che è appena intervenuto: io penso che
dobbiamo solo avere la consapevolezza di quello che siamo e di quello che
dobbiamo diventare.
Interviene M. D’Innocenzo
Lo
strumento delle rappresentanze sindacali unitarie è uno strumento validissimo
che ha portato in avanti il livello di partecipazione alle politiche
aziendali, ai diritti dei lavoratori.
Non
è però la stessa cosa con alcune posizioni che il sindacato può assumere
rispetto a delle fasi di sviluppo delle politiche professionali che sono
particolarmente significative.
Il
mio ruolo non mi consente per alcuni versi di esternare posizioni personali.
Allora,
se voi me lo consentite, vorrei rispondere nella veste di collega, con
l’esperienza personale che comprende anche questa collaborazione triennale.
C’è un documento, dei segretari dei sindacati confederali dell’area della sanità, inviato al Ministro e al responsabile della Conferenza Stato - Regioni che si occupa della parte sanitaria compresi gli aspetti sindacali, in cui c’è un invito a prendere in considerazione lo stato delle trattative e quello che rimane da chiudere per quanto riguarda l’applicazione del contratto e anche le condizioni per andare a definire il quadro per la negoziazione e la possibilità insieme al decreto sulla normativa concorsuale, che chiude il percorso stabilito dal D.M. del 30/1/1982 e del D.P.R. 761/79, e che può rendere realizzabile tutto il percorso delle progressioni orizzontali e verticali.
Quindi
c’è una richiesta legittima di modificare la bozza pubblicata sul Sole 24
ore, che badate bene è una bozza fatta da un funzionario del Ministero che è
stata già propagandata come decreto, mentre quello era uno strumento di
lavoro.
Infatti
molti soggetti, fra i quali la Federazione Nazionale dei Collegi, hanno
espresso preoccupazioni, che io peraltro condivido.
Quello
è uno strumento di lavoro, al quale verranno apportate, mi auguro, modifiche,
c’è la possibilità di lavorare su questo.
Quindi
i sindacati rappresentano queste preoccupazioni al Ministro e nell’ambito di
una serie di riflessioni che si fanno c’è anche la riflessione su come
alcune leggi discusse in parlamento possono entrare nel merito di quelli che
sono gli ambiti, la natura del sindacato.
Argomentano
tutto questo con alcune riflessioni opinabili, perché in realtà tentano di
sollevare questioni sulla titolarità del parlamento a discutere delle istanze
che secondo me non sono assolutamente discutibili in quella sede.
Noi
oggi ci troviamo di fronte ad una presa in carico da parte del parlamento di
istanze delle professioni sanitarie che hanno legittimato il parlamento a
regolamentarle.
Il
sindacato non si può sentire depauperato di un compito che non è quello di
decidere circa il percorso formativo o il riconoscimento in termine di valore
e di percorso delle professioni, il sindacato deve stare di fianco alla
professioni per contribuire al loro sviluppo e quindi alla possibilità che lo
sviluppo sia compiuto e che vengano valorizzati quegli stessi elementi che lui
per primo nell’ambito del contratto ha posto come strategici.
Io
ritengo che, lo dico con molta serenità, il sindacato debba stare di fianco
in questa battaglia e deve essere uno degli elementi che supporta questa
battaglia per la dirigenza e per la laurea ma anche per il riconoscimento,
attraverso tutti quelli che oggi sono i passaggi attraverso il servizio
sanitario nazionale, della valorizzazione delle professioni e specificatamente
della professione infermieristica.
Non
può non essere un compagno di viaggio importantissimo per la professione.
Guai
a pensare che chi rappresenta i lavoratori non debba essere quello che sta di
fianco ai lavoratori, professionalmente competenti, per far sì che questi
siano sempre più qualificati ad erogare le prestazioni ai cittadini, che
anche loro devono garantire nel momento in cui garantiscono i diritti di
tutti.
Allora
io ritengo che non vanno enfatizzate le contrapposizioni, non vanno create
contrapposizioni, vanno cercate tutte le condizioni ed il terreno perché
insieme si possano raggiungere i risultati.
Io
penso che tutti debbano riflettere sulla necessità di non fare una guerra tra
poveri, perché la guerra fra poveri fa vincere i ricchi, cioè quei poteri
forti di cui abbiamo parlato oggi.
Io
pensavo di venire qui e di portarvi l’approvazione in sede redigente della
4980.
Invece
mercoledì 10 alle ore 18 si è discussa in dodicesima commissione la
presentazione di emendamenti alla 4980, che voi sapete è in sede redigente
perché l’opposizione ha negato la legislativa, quindi la possibilità di
concludere, come per la L.42/99, direttamente in commissione, per poi passare
alla discussione in aula.
La
presidente ha dovuto bloccare il provvedimento ed il sottosegretario Bettoni
ha rimandato a una successiva seduta perché alcuni deputati hanno risollevato
il problema della definizione chiara ed inequivocabile delle funzioni mediche
e quindi hanno riportato al problema atavico di non entrare nell’ambito
delle funzioni di diagnosi e terapia del medico da parte dei dirigenti
infermieri laureati.
Quindi
siamo ritornati a vecchi temi.
Sono
state sollevate queste perplessità sulle funzioni mediche anche da parte di
deputati che dentro la maggioranza erano d’accordo a portare avanti questa
legge, creando un po’ di imbarazzo nel relatore dei Democratici di sinistra
che aveva invece concordato gli emendamenti.
Questo
ci ha fatto ritornare indietro e ci ha posto il problema che oggi si può
vincere se c’è unità di vedute su quello che è l’obiettivo.
Mi
preoccupa che in questa fase in cui noi dovremmo tutti definire percorsi certi
che qualificano la professione per la progressione all’interno delle
aziende, utilizzare lo strumento della formazione, utilizzare tutte le
opportunità che ci sono, noi invece rimaniamo su posizioni anche
culturalmente arretrate perché ci dividiamo sul problema di chi deve
appropriarsi di alcune tematiche.
Qui
il problema è di essere uniti per raggiungere l’obiettivo e portarci a casa
il risultato.
Rischiamo,
se cambia l’assetto politico, che non ci sia più la stessa volontà a
garantire lo sviluppo della professione infermieristica.
E’
bene che questa cosa la si dica.
Io
colgo l’occasione per un invito al senso di responsabilità comune ed alla
condivisione dei percorsi.
Io
ritengo che l’istituzione del Servizio Infermieristico nella regione Lazio
sia stata una bella battaglia; ci siamo riusciti.
Sta
adesso al ruolo che assumono da un alto gli organismi della professione e
dall’altro tutti gli infermieri presenti nelle aziende che insieme possono
indurre le direzioni aziendali a fare la scelta sul servizio infermieristico.
O
noi rappresentiamo la volontà del cambiamento e lo traduciamo nei
comportamenti, e questo è un discorso a chi dirige le attività
infermieristiche, anche in assenza del servizio infermieristico, o diventiamo
i referenti veri degli infermieri oppure gli infermieri non ci possono vivere
come quelli che insieme con loro
fanno battaglie per il cambiamento.
I
dirigenti infermieri hanno forti responsabilità sulla tenuta e sulla coesione
del gruppo professionale.
Gli
infermieri devono potere incidere sulla direzione delle attività
infermieristiche.
Per
quanto riguarda la domanda sui criteri di valutazione, devono essere
esercitati i diritti di partecipazione dei lavoratori e di tutti i
professionisti attraverso un atto, che è quello di porlo come criterio di
valutazione dei direttori generali, così come lo pone il D.L. 229/99.
Il
direttore generale viene valutato dalla regione in base a programmi di
coinvolgimento e partecipazione degli operatori dentro i sistemi di formazione
continua.
Per
la valutazione periodica sull’accreditamento dentro le aziende abbiamo un
ruolo di presidio da realizzare attraverso i collegi e le associazioni
professionali.
Quindi
è importante che i collegi siano qualificati, è importante che si esca da
una logica di autoreferenzialità sulle cose interne, sui rapporti con le
istituzioni, su come vengono presidiati i percorsi qualificanti.
Sta
a noi, adesso abbiamo anche i rinnovi dei collegi.
Utilizziamoli
per fare in modo che vengano elette persone qualificate, competenti, che sono
aperte anche alle critiche costruttive.
Io
penso che le opportunità ci siano, dipende da come noi le vogliamo
utilizzare.
Interviene A.. Silvestro
Per
quanto riguarda lo stato della ricerca, ci vorrebbe una giornata per definire
ed analizzare la questione.
Posso
riferirvi del piccolo contributo che l’ANIARTI darà.
Ci
fermeremo domani in Consiglio Nazionale ANIARTI per preparare e definire le
modalità per elaborare dei progetti di ricerca e sperimentazione da fare in
alcune realtà nazionali ed i cui risultati saranno presentati nel prossimo
Congresso Nazionale.
Ci
stiamo orientando in questa direzione.
Interviene A. Dalponte
Il
collega pone il problema relativo ai servizi infermieristici.
Vorrei
fare una proposta , poiché tutti rispetto a questo stiamo sperimentando senza
maestri e quindi c’è una grossa difficoltà, di aprire un tavolo permanente
in Federazione per dare le linee guida affinché ogni direzione di servizio
infermieristico proponga poi un piano triennale di azioni strategiche per la
qualità dell’assistenza.
Se
non abbiamo strumenti di visibilità, se non abbiamo una rete anche di
supporto, di confronto, temo che andiamo ad esporci in una situazione già
sperimentale, già controversa spesso fra i vari quadri e quindi perdendo
un’opportunità invece che valorizzandola.
Interviene M. Casati
Io
volevo fare due riflessioni sullo stato della ricerca.
Silvestro
ha detto qual è il percorso dell’ANIARTI in questo senso e crediamo
comunque di essere promotori di un processo in cui ci siamo attivati in modo
lungimirante già qualche anno fa.
Però
lo stato della ricerca in Italia chiede sicuramente di fare delle riflessioni
su quanto gli infermieri nel tempo
sono stati vicini alla ricerca, su quanto l’hanno vista in ottica di
consumatori di ricerca e quanto l’hanno promossa come professionisti.
Sul
discorso culturale si potrebbe fare probabilmente un seminario, ognuno pensi
alla propria formazione, alle citazioni bibliografiche ed alla scientificità
di quello che ci è stato trasmesso ed in che modo ha aggiornato le proprie
competenze ed ha consultato punti di riferimento per trovare spunti
scientifici.
Quello
che io credo in questo momento è che c’è comunque da ragionare molto anche
sui metodi e sul finanziamento della ricerca.
Servono
persone ad hoc che promuovano tutta una serie di processi legati sia alla
lettura dei lavori di ricerca sia all’implementazione di lavori di ricerca
che abbiamo alla fine dei dati che hanno un peso perché sono controllati.
Uno
dei discorsi che sicuramente va affrontato nei prossimi anni è che peso
avranno i ricercatori all’interno della regolamentazione professionale.
Il
3 novembre il Ministero dell’Università ha approvato una revisione
sostanziale della legge 341 del 1990 che prevede il Diploma Universitario, di
laurea ed il dottorato di ricerca.
Si
rivoluziona il percorso in linea con le direttive europee.
Dobbiamo
presidiare questi processi come professione se vogliamo essere completa ed
autorigenerante.
Una delle cose che però mi viene da dire è che gli infermieri hanno in questo momento due aspetti, uno positivo ed uno negativo, rispetto a questa funzione della professione;
un
atteggiamento culturale cambiato, sostanzialmente sempre più vicino alla
ricerca e anche le spinte del contesto che interagendo con la professione e
influenzato dalla professione li porta sempre più vicino come atteggiamento
alla ricerca.
Continuo
a trovare però, all’interno di questo argomento, delle difficoltà
importanti che sono, la prima, il fatto che probabilmente l’utilizzo della
lingua inglese, toglie la possibilità di consultare delle riviste che sono
oggi a livello infermieristico di grande valore, di straordinaria tenuta in
termini scientifici, ma che chiaramente hanno un linguaggio di tipo anglosassone.
L’altro
aspetto che io continuo a trovare molto difficile da gestire è la ricerca
bibliografica, la sistematica ricerca bibliografica oggi non trova da parte
della professione dei supporti ben strutturati per la professione medesima,
ricordo che a tutt’oggi solo due sono le riviste indicizzate su medline,
pubblicate in Italia, e abbiamo ben più di due riviste che possono avere un
valore di un certo interesse.
Certo
è che quando facciamo una ricerca bibliografica sistematica, dobbiamo andare
in alcune fonti dati dove noi dobbiamo esserci come professione.
Aggiungo
per questione di constatazione quotidiana, lavorando nella formazione, il
problema più serio è che non esiste un sistema bibliografico nazionale di
natura disciplinare che ci permette di reperire i testi che ci interessano in
modo non dico semplice ma almeno raggiungibile.
Interviene
Nome
e Cognome Guasca
Professione
Provenienza Imperia
Parlo
come una ex sindacalista molto delusa.
Io
vorrei sapere quanto conta il sindacato, quando verranno fatti gli
accreditamenti, quando si
definiranno i criteri etc., ma sul tavolo delle contrattazioni periferiche
perché purtroppo, perlomeno nella mia realtà, dobbiamo essere tutti uguali,
non devono esserci differenze per gli incentivi, per il trattamento economico,
non bisogna premiare qualcuno, ma tutti devono avere una quota uguale.
Chiedo
poi un’altra cosa in merito alle specialità.
Da
noi non sono stati avviati corsi o quant’altro, ma da qualche altra parte è
partito qualcosa ?
Interviene
Nome
e Cognome Danella
Professione
Provenienza 118 Roma
Rispondo
al collega del Sant’Eugenio.
Nel
Lazio ed in particolare
nell’Azienda San Camillo Forlanini, esisteva già un servizio
infermieristico in staff al Direttore Generale, è stato trasformato il mese
scorso in Dipartimento Infermieristico sempre in staff al Direttore Generale, con a capo un dirigente infermiere.
Richiesta di chiarimento
Nome
e Cognome Saccà
Professione Caposala
Provenienza Reggio Calabria
Io penso che tutto quello che sta accadendo è frutto di impegno e di una professionalità che
prima o poi sarebbe dovuta venire fuori.
Dopo
tantissimi anni di esperienza, mi sono reso conto che noi infermieri siamo stati e siamo tutt’ora spiazzati da altre figure professionali, quindi nei posti dove si fa formazione,
organizzazione, nei punti chiave dei processi gestionali e nel sindacato.
Probabilmente
perché abbiamo avuto e abbiamo
poco tempo da dedicare alle problematiche “non direttamente assistenziali
“, e quindi altre figure hanno occupato quei posti.
Io
chiedo una cosa semplice e chiara, che gli organi preposti a rappresentarci e
a tutelarci ai vari livelli siano più presenti nei riguardi degli infermieri,
che ci sia più comunicazione e che non restino arroccati dentro le loro
roccaforti di pseudo potere.
Richiesta di chiarimento
Nome
e Cognome Maranelli ( ? )
Professione
Provenienza Verona Unità
coronarica
Io
spero che D’Innocenzo possa aiutarmi a togliere la spina irritativa
corticale ed epidermica che il suo intervento mi ha provocato.
Io
parto da un presupposto, a parte il bell’intervento della D’Innocenzo che
è stato molto esplicativo, ha detto un cosa importante e cioè che questa
legge, la 229/99, impone la scelta dell’obbligatorietà
dell’accreditamento sia come struttura che come professionisti , io quindi
chiedo:
- questa legge cambia la forma o cambia la
sostanza?
il clientelismo, e su questo lei non
ha dato una risposta alla collega di Padova che parlava di
buchi economici e di lobby di potere,
il clientelismo esiste ancora, dove sono i politici?
Io assisto impotente “ scamorza “ a quello che vuole, le dimissioni precoci di pazienti per far
posto ai clienti dei primari, questo
è un costo economico che porta la mia azienda a dire non ho
soldi per assumere infermieri.
- Silvestro
dice sempre che la legge non ammette ignoranza, e prima ha detto una cosa
importante, chi valuta chi e che
cosa, ma scusatemi chi controlla chi, che cosa ?
Interviene
Nome
e Cognome Marianna
Professione
Provenienza Rianimazione
Io vorrei sollevare il problema sulla qualità che genera
differenza e che genera competizione.
Non
vorrei che questa estrema competizione generi alla fine un danno alla
professione, in quanto siamo una professione in crescita.
Interviene A. Brandi
Attenzione a non confondere concorrenza con competizione, sono due cose molto diverse.
La
competizione è un elemento connaturato nelle cose e nelle persone ed è
quella spinta, quella tensione continua che porta le persone a vedere ciò che
fanno e a volersi costantemente migliorare. E’ questa la competizione di cui
parlavo io.
Sul
ruolo del sindacato nell’accreditamento professionale, sottolineo il fatto
che parliamo di professionalità, di competenze, non stiamo parlando di
lavoro, sono due cose un po’ diverse.
La
Dalponte c’è l’ha descritto
molto bene.
Quando
parliamo di competenze e di
professionalità, di arricchimento delle competenze, penso che gli unici che
possano valutare questo sono gli
infermieri.
Ci
si confronta sui risultati della valutazione della competenza, perché da quel
risultato dipende la ricaduta sul lavoro, quindi il corrispettivo economico e la carriera.
Ma,
ripeto, come si valuta una competenza, se è competenza professionale e se è
competenza della professione infermieristica, penso spetti solo all’infermiere giudicare.
Ma
attenzione, lei ha detto “ da noi per il sindacato siamo tutti uguali “,
purtroppo il cambiamento coinvolge anche il sindacato, non solo gli infermieri ed il sistema sanitario.
Qui
si sta parlando di un cambiamento culturale, che coinvolge tutti quelli che,
in quanto soggetti partecipanti sono tenuti a cambiare; dovrà cambiare anche il sindacato rispetto a questo.
Interviene A.
Silvestro
Rispetto al discorso specializzazione, visto che la collega chiedeva lo stato dell’arte, posso dire purtroppo che siamo ancora fermi.
Anche
nel precedente Congresso ANIARTI era stato detto che era stato presentato il
progetto al Ministro e a tutti gli organismi deputati a portarlo avanti, ma
siamo ancora in quella situazione.
Al Congresso di Rimini della Federazione dei Collegi, il Ministro ha anche
su questo preso impegno, speriamo sia vero, perché impegno era stato preso anche un anno e mezzo fa e oggettivamente non è stato
minimamente onorato.
Solleciteremo
il Ministro non solo come Federazione dei Collegi, ma anche come Associazione
e vediamo se riusciamo a smuovere questo tipo di situazione.
Per
quanto riguarda il collega di Reggio Calabria, penso che più che una domanda
sia una riflessione e
condivisione su alcune tematiche, comprendendo in pieno le sollecitazioni che
ci sono giunte.
Interviene M.
D’Innocenzo
Non sono mai riuscita ad essere così irritativa dal punto di vista corticale, mi piacerebbe con qualcuno però…..
Io
ho dato una lettura del D.L. 229/99 particolarmente positiva, perché sto
imparando strada facendo a cogliere quelli che sono gli elementi di opportunità
che ci vengono dati e a fare di tutto per poterli sviluppare e puntare al
risultato anche tenendo conto dei metodi e delle strategie.
Allora
è probabile una visione del
cosiddetto bicchiere mezzo pieno, che può essere discutibile, però è quella
che poi ci ha fatto arrivare a dei risultati e la L. 42/99 non è roba da
poco, ma non è solo quella, anche la filosofia che c’è dentro, per esempio
la legge ha tenuto conto di una serie di input che sono stati dati anche da noi, per quanto riguardava alcuni articoli, nonostante la soppressione dell’articolo 17quater.
Quindi
io sarei orientata a cogliere gli elementi positivi. Allora non sono
d’accordo sull’aspetto formale rispetto a quello sostanziale e ve lo dico.
Io
sono convinta che è cambiata la sostanza perché se noi dovessimo dire, per
esempio, che i risultati sulla cultura della professione infermieristica si
sono avuti subito dopo l’emanazione del profilo diremmo che in realtà il
profilo non ha prodotto niente;
il
profilo ha innescato un meccanismo a cascata che ci ha portato ad una serie di
atti conseguenti ad una progressiva crescita.
Perché
sto facendo riferimento al profilo?
Perché
questa è la terza riforma che noi facciamo e le ricadute positive di questa
riforma noi le avremo tra qualche anno, ma è anche vero che noi
progressivamente dal 1978 in poi
abbiamo visto un passaggio forte della tutela dei diritti del cittadino per
quanto riguarda la salute, qui non stiamo parlando di diritti degli operatori,
ma anche dei diritti degli operatori in quanto cittadini e di un sistema
pubblico in cui ognuno di noi paga il suo contributo al SSN ed ognuno di noi
quando fa il cittadino pretende di avere il servizio migliore che ritiene di
potere avere.
Allora
rispetto a questo io ritengo che questa riforma sia andata a coprire alcune
criticità come per esempio quella del mercato sanitario, che era sregolato,
perché c’erano alcuni punti della riforma De Lorenzo che io personalmente
non condividevo, e come me la professione in generale, in quanto noi per primi
dicevamo che il modello di salute che insegnamo agli infermieri e che
condividiamo non è poi in realtà, quel modello che attraverso i DRG viene garantito.
Allora
questa contraddizione a cui prima facevo riferimento in realtà era regolata
da un mercato economico sregolato
in cui un DRG rappresentava una quota di finanziamento dentro cui c’era
soltanto un’attribuzione economica, dove il carico assistenziale non era
definito, per cui a parità di tipologia di diagnosi, di patologia, non
c’era in realtà la stessa parità di consistenza assistenziale.
Allora
a me pare non un cambio di forma, ma di sostanza enorme.
Quando noi diciamo che non va più bene la parte del DRG, ma che noi cittadini
iniziamo a pagare la funzione
assistenziale e definiamo alcuni percorsi, in cui si vanno ad equilibrare
meccanismi di inappropriatezza come succede nell’emergenza sui codici
bianchi, dove non c’è un filtro del medico di famiglia, non c’è un
sistema di controllo ed il codice bianco viene remunerato come un codice rosso.
Era
un sistema che andava regolato, in cui alcune cose dovevano essere considerate
per la sostanza che c’era dietro.
Se
noi abbiamo definito oggi l’elenco delle prestazioni appropriate, su cui
tutti devono fare i conti, per cui il medico non può più prescrivere tre
risonanze se non stanno dentro le linee guida che grazie anche
all’accreditamento validano che quella prestazione è realmente efficace, e
di contro facciamo l’elenco di tutte quelle che non sono efficaci, noi
facciamo saltare quel meccanismo della clientela che su questo si basa; che si
basa sul fatto che, per esempio, ed è un altro fatto di sostanza, i medici,
ma non solo i medici, siano potuti stare contemporaneamente dentro gli
ospedali e nelle case di cura.
Ora
da un lato non si possono più permettere di non erogare prestazioni
appropriate, ci si deve rifare a linee guida, a criteri di evidenza
scientifica, che dicono che alcune cose si possono fare nelle strutture
pubbliche o in quelle accreditate ed un surplus di prestazioni che non fanno i
conti con l’evidenza scientifica non si vanno più a fare nelle case di cura
private o negli studi professionali.
C’è
la possibilità di innescare un meccanismo le cui ricadute in termini pratici
non saranno immediate, il meccanismo di clientele che ha prodotto il debito
pubblico lo si sta risanando da pochi anni.
Non
ci dobbiamo dimenticare di come il sistema sanitario si stava proiettando
verso un meccanismo di liberalizzazione del mercato, per cui il problema che
si ponevano i direttori generali era fare quadrare i bilanci.
Oggi
non sarà più quello l’indicatore su cui verrà confermato il direttore
generale, ma sarà la corrispondenza fra il raggiungimento degli obiettivi di
salute, le risorse impiegate, la possibilità di erogare quelle prestazioni.
I
bilanci si faranno su quelli con la contestualità delle risorse impiegate,
dei fondi da assegnare.
Io
spero di avere fatto venire le spine irritative a chi questo sistema non lo
voleva.
Il
problema che mi pongo oggi è di come assicurare un sistema che sia equo e
solidale, questo è il problema che abbiamo, e che faccia i conti con il fatto
che qualcuno vorrebbe che il sistema non fosse equo, non fosse uniforme sul
territorio nazionale.
Noi
abbiamo regioni povere che se continuasse a funzionare un meccanismo di
mercato darebbero poche prestazioni solo ai poveri, mentre molti altri se le
pagherebbero da sé.
Innescheremmo
un meccanismo di tutela solo per i più ricchi, come accade da qualche parte.
Io
sono convinta di stare dalla parte di quelli che vogliono un servizio
sanitario che metta tutti i cittadini, indipendentemente dal censo, nelle
condizioni di potere ottenere le prestazioni che servono, e anche un sistema
che sia in grado di qualificare contestualmente le prestazioni anche
attraverso gli operatori, ritengo che chi ha più soldi possa pagare le cose
che desidera avere e chi non li ha si possa organizzare per avere le
prestazioni che non sono essenziali con un meccanismo regolato in cui
l’aspetto economico sul valore salute incide solo nella misura in cui le
risorse devono servire per fare le cose essenziali, per rappresentare una
società civile che si fa carico soprattutto dei più deboli.
Le
clientele, i poteri forti con questo meccanismo, se noi ci sforziamo di
contribuire ad esso per ciò che ci compete, con le competenze e la qualità
delle prestazioni che noi
possiamo dare, vengono spezzate.
Certo,
ci vorranno ancora anni, perché in questo paese non tutti vogliono un
servizio sanitario così, anzi ci sono regioni che dicono che si possono
accreditare tutti, che si possono gestire tutte le risorse a disposizione
senza pensare a quelle povere perché qualcuno ha fatto razzia del denaro
pubblico.
Colleghi,
cominciamo ad essere realistici, certe cose esistono, ma noi come cittadini e
professionisti abbiamo un compito grosso anche nel migliorare questa riforma.
Questa
riforma ha criticità forti, come quella di non avere la dirigenza
infermieristica ed io su questa che ritenevo una sconfitta troppo grossa avevo
deciso di lasciare perdere, e se non l’ho fatto è stato grazie anche al
sostegno di molti colleghi, tra cui Drigo e Silvestro.
Facciamo
le battaglie perché questi aspetti vengano modificati, utilizziamo gli
strumenti che abbiamo al livello locale; dipende molto dalla nostra capacità,
senza preoccuparci di chi sta indietro.
Interviene A. Dalponte
Io
condivido questo problema; le lobby ci sono ed hanno sempre più forza.
Questa
intelligenza sociale mi fa dire che comunque questa società dà sempre più
spazio a queste modalità.
Il
punto è che noi non possiamo continuamente isolarci.
Spesso
stiamo fuori dal sindacato perché siamo a disagio, però queste sono
strutture che hanno un ruolo, che hanno un peso nei processi decisionali, ed
io penso che forse abbiamo fatto degli errori di percorso dove noi infermieri
ci siamo un pochino crogiolati dentro la nostra specificità, perdendo del
tempo nelle alleanze.
Occorre
che ci alleiamo con queste lobby, perché altrimenti non portiamo a casa nulla
.
L’ANIARTI
è una associazione splendida, che aggrega, che fa vedere insieme 1600, 1700
infermieri, ma non c’è altra possibilità, al di là di questa associazione
o della Federazione e dei Collegi
IPASVI che aggregano gli infermieri.
Siamo
troppo di categoria, dobbiamo aggregarci ad altri punti di potere.