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Congresso Nazionale Aniarti 1999

ACCREDITAMENTO E CERTIFICAZIONE IN AREA CRITICA.

Bologna (BO), 10 Novembre - November 1999 / 12 Novembre - November 1999

» Indice degli atti del programma

Sessione speciale: Tavola rotonda   

E. Drigo D. Rodriguez M.  Zanello M. D'Innocenzo


12 Novembre - November 1999: 14:30 / 16:30

Elio Drigo   

Presidente ANIARTI 

La domanda di questa tavola rotonda è: qual è il comportamento professionale più corretto da tenere per l’assunzione delle relative responsabilità in area critica, dove l’infermiere continua ad affrontare situazioni assistenziali non sempre decodificabili nonostante gli attuali riscontri normativi?   

L’ingresso della L. 42/99, ha consentito l’inizio di una fase di transizione che dovrebbe portare l’assistenza infermieristica a svolgere una funzione notevolmente diversa da quella possibile oggi.  

La coniugazione della L. 42/99 con la filosofia sottesa alla 3a riforma del SSN e del Piano sanitario nazionale, dovrebbe portare le istituzioni ad usufruire della professione infermieristica sia per le competenze in fatto di organizzazione e gestione delle strutture e dei processi operativi, sia per la qualità dei risultati di salute. 

Questo potrà realizzarsi se verranno superati i vincoli esistenti ancora con alcune norme, nate in contesti diversi e finalizzate o a tamponare situazioni organizzative altrimenti insostenibili o a difendere presunte esclusività di competenza. 

(Pensiamo solo alle indicazioni che permettono agli infermieri di dialisi di collegare il malato all’apparecchio, agli infermieri di somministrare a domicilio le infusioni ma solo ai malati di AIDS….). 

(In allegato, è citata altra documentazione).   

La Legge 42/99 libera le risorse della professione infermieristica nel contesto dell'organizzazione sanitaria. Una scelta fatta in realtà con molto ritardo sui tempi.

Alla luce della L. 42/99, che abroga il mansionario, le normative ed indicazioni precedenti appaiono con stridente evidenza medicocentriche e palesemente superate dalla storia.  

Questo comunque, non deve meravigliarci più del giusto: nel periodo storico precedente la nostra società faceva determinate scelte e pertanto, anche le norme andavano in quella direzione.  

Oggi dobbiamo essere attenti e superare certe situazioni perché le esigenze sono diverse. 

In questo contesto, forse la spada di Damocle costituita dal precedente mansionario ha bloccato troppo a lungo anche la creatività degli infermieri nello sviluppare percorsi e soluzioni assistenziali innovative. 

Adesso ci si trova nella necessità di recuperare il tempo perduto dal sistema e dare alla L. 42/99 una piena attuazione sia da parte degli infermieri che delle istituzioni. Aziende e istituzioni sanitarie dovrebbero promuovere e stimolare una rapida evoluzione sia organizzativa che professionale.  

Vi è quindi una certa fatica a fare i passi successivi: ne manca l’abitudine da entrambe le parti; forse è addirittura più difficile per il sistema sanitario, non certo abituato a considerare gli infermieri come componente molto più disponibile al cambiamento.   

Esiste comunque per noi, una porta aperta per prospettive molto innovative, per certi versi forse sconvolgenti per l’attuale sistema. 

L’elemento che dovrebbe fare la differenza sostanziale nell’impostazione del servizio degli operatori sanitari e delle istituzioni dovrebbe essere un‘interpretazione collettiva delle nuove indicazioni normative in termini di opportunità di sviluppo complessivo del sistema e non in termini di minaccia di interessi. 

Questa opportunità di sviluppo per il sistema sanitario è da intendere non per un sistema sanitario chiuso.  

Qui si tratta di un’incidenza decisiva per il sistema-Italia.  

Il razionale utilizzo di risorse personali e materiali e l’adozione di processi operativi fondati su evidenza scientifica, che la valorizzazione della professionalità infermieristica può trascinare, rappresentano sicuramente anche un vantaggio in termini di qualità dei risultati e di quantità delle risorse impiegate per il servizio alla salute.   

Forse la scelta politica di liberare le risorse professionali infermieristiche è stata dettata anche in conseguenza della consapevolezza che un sistema sanitario ingessato da decenni, non poteva reggere la richiesta incontenibile di servizi da parte dei cittadini e la spinta fortemente innovativa derivante dall’inevitabile confronto con l’Europa e il mondo. 

Si sono fatte scelte politiche che hanno fatto avanzare la professione infermieristica (con la  

L. 42/99, ma non solo).  

Il dubbio è, tra l’altro dobbiamo dirci anche questo, che nonostante la grande profusione di energie fatta dalla professione per ottenere la L. 42/99, forse queste normative siano arrivate per una necessità delle istituzioni piuttosto che per il fatto che la professione facesse le sue richieste.  

Questo significherebbe che ancora non riusciamo a pesare a sufficienza. Qui si deve insieme comprendere l’importanza e la dimensione del peso e della fatica che dobbiamo fare se intendiamo ottenere qualche cosa, ovviamente non a vantaggio personale o di categoria, ma di adeguatezza del sistema.   

Situazioni assistenziali non sempre decodificabili   

La complessità delle situazioni da affrontare ha provocato la non sostenibilità di metodologie di soluzione semplicistiche dei problemi, basate sulla frammentazione delle competenze. 

La soluzione passa solo attraverso la composizione delle competenze e quindi l’integrazione, utilizzando al meglio le responsabilità per lo specifico professionale. Un discorso che stiamo facendo ormai da molto tempo. 

I punti di riferimento per gli infermieri sono, come noto, il profilo professionale, il curriculum formativo e professionale certificato ed il codice deontologico.   

Le situazioni che generano difficoltà interpretative hanno due origini:   

1) di tipo generale, derivanti dalle dichiarazioni del profilo e del codice deontologico, che esprimono l’autonomia dell’infermiere; competenze infermieristiche riconosciute ma non liberate da una effettiva possibilità di esercitare l’autonomia (dovere ma non potere); 

Il profilo: afferma che l’infermiere “partecipa all’identificazione dei bisogni di salute della persona e della collettività" (3a), “pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale infermieristico”(3c), “garantisce la corretta applicazione delle prescrizioni diagnostico-terapeutiche” (3d). 

Questo implica anche poter determinare il campo di intervento assistenziale (n° e tipologia di malati da assistere) e le risorse da rendere disponibili (professionisti, operatori e risorse materiali). Attualmente non vi è autonomia professionale riconosciuta nelle gerarchie delle istituzioni sanitarie. Tutto ciò significa dover assumersi delle responsabilità senza la reale possibilità di decidere sugli elementi costitutivi della gestione;   

2) di tipo specifico, derivanti dalla indeterminatezza del limite tra assistenza e diagnosi ed  

 assistenza e terapia; competenze infermieristiche già esercitate ma non riconosciute né 

 liberate (sapere ma non dovere). 

Un secondo ambito nel quale oggi si vede emergere come vincolo ed una criticità da superare è quello derivante dalla indeterminatezza del limite tra assistenza e diagnosi ed assistenza e terapia: la difficile collocazione del limite tra competenze mediche e competenze infermieristiche. 

La competenza e responsabilità del medico per diagnosi e terapia è indiscussa.   

a) La delimitazione del confine tra assistenza, cura e terapia: 

 di fatto l’assistenza oggi, specie in area critica, riveste anche le caratteristiche di un processo  

 terapeutico.  

· Pensiamo agli aspetti di trattamento delle complicanze da allettamento sulla cute, a livello  

 polmonare, ecc. trattati routinariamente dagli infermieri; 

· la sorveglianza delle funzioni eliminatorie e l’adozione di interventi semplici per la soluzione di eventuali problemi; 

· la necessità di variare dosaggi terapeutici in somministrazione continua sulla base della  

 variazione dei segni vitali e/o delle risposte biologiche; 

· la necessità di utilizzare attrezzature salvavita; 

· la soluzione di problemi di equilibrio personale, risolti con l’adozione di sistemi relazionali adeguati.   

b) Il limite della competenza/responsabilità sulla diagnosi e/o diagnosi apparente in situazione di  

 emergenza/urgenza per l’area critica (ma in generale nell’assistenza); 

· la necessità, in emergenza ed in presenza di situazioni certe e/o presunte, di identificare una diagnosi apparente e di attuare di conseguenza interventi terapeutici codificati, per i quali la componente tecnica è relativamente semplice, mentre è richiesta un’elevata componente professionale. (DPR 27.3.92); 

· la necessità di assumere decisioni organizzative in emergenza con elevato contenuto di implicanze diagnostiche e terapeutiche (DPR 27.3.92: ).   

Va quindi ripensato il concetto di diagnosi e di terapia ed adottato un atteggiamento maggiormente flessibile, certamente con l’assunzione della relativa responsabilità personale riguardo alle conseguenti competenze. 

Vi sono già anche ricerche europee che dimostrano la positività dei risultati ottenuti (v. la ricerca Euricus I° e II°) adottando una metodologia di lavoro attenta alla logica dei processi, sicuramente non escludendo la professionalità delle prestazioni, ma non arroccata sulla difesa rigida del campo. In quest’ottica anche gli infermieri decidono diagnosi e terapie nell’ambito di percorsi predefiniti insieme ai medici e dunque protetti. 

Va ripensata tutta la teorizzazione, strumentale, nata in epoche passate, sul famoso atto medico delegato. Se è atto medico deve restare medico, se è delegabile, significa che il delegato è in grado di farlo, dunque è competente.  

Di fatto, gli atti medici delegati non esistono! Sono un’invenzione per mantenere la dominanza in alcuni campi dell’attività sanitaria ed allo stesso tempo costringere altri ad eseguire attività forse non ritenute gratificanti. Ma questo probabilmente fa già parte di una filosofia del passato, che non appartiene più a quella che è l’impostazione del servizio sanitario attuale e non appartiene più nemmeno alla filosofia dei settori medici più avanzati.  

Ed è con questi che noi dobbiamo confrontarci ed impostare una filosofia comune futura. Questa è la strada da battere, non tanto perché lo chiediamo noi ma perché lo chiede la società nell’ambito delle esigenze complessive che si manifestano.   

La soluzione dei problemi interpretativi delle competenze per situazioni assistenziali non chiaramente definibili passa attraverso l’assunzione di responsabilità collettiva dell’équipe sugli obiettivi di salute da raggiungere, che certamente non esclude la responsabilità personale di ciascuno dei membri dell’équipe, che deve essere assolutamente garantita e sostenuta da una competenza di elevatissimo livello.   

Responsabilità derivanti   

- La responsabilità organizzativa derivante dalla piena responsabilità dell’assistenza, come si  

 concilia con la formale impossibilità attuale di decidere sull’organizzazione complessiva  

 dell’unità operativa? (vedi il mancato riconoscimento della dirigenza infermieristica). 

Vi sono responsabilità: 

- verso un’assistenza più congruente con le necessità attuali e delle strutture sanitarie; 

- verso la persona nell’offrire risposte accettabili in termini di tempo e qualità; 

- verso la collettività nel contribuire all’evoluzione globale del sistema.   

Comportamenti da assumere   

Comportamenti da assumere significa dover decidere in una visione positiva e propositiva partendo dalle norme/indicazioni disponibili. Questo implica il dovere deontologico personale di garantire un livello di professionalità elevato. 

I comportamenti si rifanno alle norme per la delimitazione de campo di attività e di responsabilità: profilo, percorso formativo e professionale, codice deontologico.  

Abbiamo parlato di accreditamento e certificazione; naturalmente in questa ottica, il percorso formativo e professionale dovranno essere non solo formali ma sostanziali e documentati.  

Questo significa che dovrà essere istituito un percorso sistematico per la valutazione oggettiva degli operatori. Anche a garanzia dei cittadini.  

Non dimentichiamo il Patto infermiere-cittadino e il Codice Deontologico. 

Presupposti per l’assunzione di responsabilità e per l’integrazione con le altre professioni sono: 

- possesso di competenza professionale specifica; 

- manutenzione continua della professionalità; 

- conoscenza dell’istituzione, della struttura e dell’organizzazione; 

- impegno costante per favorire l’interazione tra operatori e con l’istituzione; 

- tensione comune alla ricerca dell’eccellenza dei risultati clinici ed organizzativi.   

Il cambiamento va sicuramente avanti perché tutto si trasforma e perché diventa possibile e necessario affrontare problemi sempre più complessi. Il cambiamento c’è. 

La soluzione non è la chiusura nelle competenze tradizionalmente consolidate ma nelle competenze richieste dalle novità cliniche, sociali ed organizzative delle situazioni. 

In questa direzione va il cambiamento, non si tratta di imporre cose nuove e diverse per l’interesse di qualcuno, ma semplicemente di adeguarsi a quella che è la nuova esigenza che sta venendo avanti in tutte le direzioni e nella situazione globalmente intesa. All’interno di questa ciascuno di noi è chiamato a interpretare il proprio ruolo con responsabilità. 

___________________________    

Allegato a documentazione   

Norme emblematiche delle concessioni di autonomia agli infermieri: 

* L. 107/90, sulla “Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed ai suoi componenti per la produzione di emoderivati” 

- art. 3 …”il prelievo di sangue intero è eseguito da un medico o, sotto la sua responsabilità ed in sua presenza, da un infermiere professionale” (?) 

- Per la determinazione del gruppo sanguigno, l’art. 27 del Decreto del Ministero della Sanità 27.12.90, recita: “il campione di sangue…deve essere firmato dal medico che ha la responsabilità del prelievo” (chi fa il prelievo è definito dal protocollo della Commissione nazionale per il servizio trasfusionale (art.12).  

I singoli compiti vengono scomposti tra compilazione del modulo di richiesta e firma dello stesso, esecuzione del prelievo e identificazione del paziente al momento del prelievo…con palese volontà di evidenziare chi deve eseguire e chi pensa.   

DPR 27.03.92 “Atto di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza”  

- art. 4 ..”La Centrale Operativa… si avvale di personale infermieristico adeguatamente addestrato”. (addestramento / formazione ?) 

“..La responsabilità operativa è affidata al personale infermieristico professionale… nell’ambito dei protocolli decisi dal medico responsabile della centrale operativa”. (i protocolli sono tali solo se condivisi) 

- art. 10 “Il personale infermieristico professionale, nello svolgimento del servizio di emergenza, può essere autorizzato a praticare iniezioni per via endovenosa e fleboclisi nonché a svolgere le altre attività e manovre atte a salvaguardare le funzioni vitali, previste dai protocolli decisi dal medico responsabile del servizio”. 

(può essere autorizzato: perché??; e da chi ??; e sulla base di quali criteri??) 

(perché solo nello svolgimento del servizio di emergenza??) 

(i protocolli sono tali solo se condivisi!)   

+ Atto di intesa tra Stato e Regioni di approvazione delle linee guida di applicazione. 

- …Funzioni di triage all’interno dei DEA…”svolta da personale infermieristico adeguatamente formato, che opera secondo protocolli prestabiliti dal dirigente del servizio” 

-    

+ Rapporto del Gruppo di lavoro sui Dipartimenti dell’Agenzia per i Sevizi Regionali. 

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