E. Drigo D. Rodriguez M. Zanello M. D'Innocenzo
Elio Drigo
Presidente ANIARTI
La
domanda di questa tavola rotonda è: qual è il comportamento professionale più
corretto da tenere per l’assunzione delle relative responsabilità in area
critica, dove l’infermiere continua ad affrontare situazioni assistenziali
non sempre decodificabili nonostante gli attuali riscontri normativi?
L’ingresso
della L. 42/99, ha consentito l’inizio di una fase di transizione che
dovrebbe portare l’assistenza infermieristica a svolgere una funzione
notevolmente diversa da quella possibile oggi.
La
coniugazione della L. 42/99 con la filosofia sottesa alla 3a riforma del SSN e
del Piano sanitario nazionale, dovrebbe portare le istituzioni ad usufruire
della professione infermieristica sia per le competenze in fatto di
organizzazione e gestione delle strutture e dei processi operativi, sia per la
qualità dei risultati di salute.
Questo
potrà realizzarsi se verranno superati i vincoli esistenti ancora con alcune
norme, nate in contesti diversi e finalizzate o a tamponare situazioni
organizzative altrimenti insostenibili o a difendere presunte esclusività di
competenza.
(Pensiamo
solo alle indicazioni che permettono
agli infermieri di dialisi di collegare il malato all’apparecchio, agli
infermieri di somministrare a domicilio le infusioni ma solo ai malati di
AIDS….).
(In allegato, è citata altra
documentazione).
La Legge 42/99 libera le risorse della professione infermieristica nel contesto dell'organizzazione sanitaria. Una scelta fatta in realtà con molto ritardo sui tempi.
Alla
luce della L. 42/99, che abroga il mansionario, le normative ed indicazioni
precedenti appaiono con stridente evidenza medicocentriche e palesemente
superate dalla storia.
Questo
comunque, non deve meravigliarci più del giusto: nel periodo storico
precedente la nostra società faceva determinate scelte e pertanto, anche le
norme andavano in quella direzione.
Oggi
dobbiamo essere attenti e superare certe situazioni perché le esigenze sono
diverse.
In
questo contesto, forse la spada di Damocle costituita dal precedente
mansionario ha bloccato troppo a lungo anche la creatività degli infermieri
nello sviluppare percorsi e soluzioni assistenziali innovative.
Adesso
ci si trova nella necessità di recuperare il tempo perduto dal sistema e dare
alla L. 42/99 una piena attuazione sia da parte degli infermieri che delle
istituzioni. Aziende e istituzioni sanitarie dovrebbero promuovere e stimolare
una rapida evoluzione sia organizzativa che professionale.
Vi
è quindi una certa fatica a fare i passi successivi: ne manca l’abitudine
da entrambe le parti; forse è addirittura più difficile per il sistema
sanitario, non certo abituato a considerare gli infermieri come componente
molto più disponibile al cambiamento.
Esiste
comunque per noi, una porta aperta per prospettive molto innovative, per certi
versi forse sconvolgenti per l’attuale sistema.
L’elemento
che dovrebbe fare la differenza sostanziale nell’impostazione del servizio
degli operatori sanitari e delle istituzioni dovrebbe essere
un‘interpretazione collettiva delle nuove indicazioni normative in termini
di opportunità di sviluppo complessivo del sistema e non in termini di
minaccia di interessi.
Questa
opportunità di sviluppo per il sistema sanitario è da intendere non per un
sistema sanitario chiuso.
Qui
si tratta di un’incidenza decisiva per il sistema-Italia.
Il
razionale utilizzo di risorse personali e materiali e l’adozione di processi
operativi fondati su evidenza scientifica, che la valorizzazione della
professionalità infermieristica può trascinare, rappresentano sicuramente
anche un vantaggio in termini di qualità dei risultati e di quantità delle
risorse impiegate per il servizio alla salute.
Forse
la scelta politica di liberare le risorse professionali infermieristiche è
stata dettata anche in conseguenza della consapevolezza che un sistema
sanitario ingessato da decenni, non poteva reggere la richiesta incontenibile
di servizi da parte dei cittadini e la spinta fortemente innovativa derivante
dall’inevitabile confronto con l’Europa e il mondo.
Si
sono fatte scelte politiche che hanno fatto avanzare la professione
infermieristica (con la
L.
42/99, ma non solo).
Il
dubbio è, tra l’altro dobbiamo dirci anche questo, che nonostante la grande
profusione di energie fatta dalla professione per ottenere la L. 42/99, forse
queste normative siano arrivate per una necessità delle istituzioni piuttosto
che per il fatto che la professione facesse le sue richieste.
Questo
significherebbe che ancora non riusciamo a pesare a sufficienza. Qui si deve
insieme comprendere l’importanza e la dimensione del peso e della fatica che
dobbiamo fare se intendiamo ottenere qualche cosa, ovviamente non a vantaggio
personale o di categoria, ma di adeguatezza del sistema.
Situazioni
assistenziali non sempre decodificabili
La
complessità delle situazioni da affrontare ha provocato la non sostenibilità
di metodologie di soluzione semplicistiche dei problemi, basate sulla
frammentazione delle competenze.
La
soluzione passa solo attraverso la composizione delle competenze e quindi
l’integrazione, utilizzando al meglio le responsabilità per lo specifico
professionale. Un discorso che stiamo facendo ormai da molto tempo.
I
punti di riferimento per gli infermieri sono, come noto, il profilo
professionale, il curriculum formativo e professionale certificato ed il
codice deontologico.
Le
situazioni che generano difficoltà interpretative hanno due origini:
1) di tipo generale, derivanti dalle dichiarazioni del profilo e del
codice deontologico, che esprimono l’autonomia dell’infermiere; competenze
infermieristiche riconosciute ma non liberate da una effettiva possibilità di
esercitare l’autonomia (dovere ma non potere);
Il
profilo: afferma che l’infermiere “partecipa all’identificazione dei
bisogni di salute della persona e della collettività" (3a),
“pianifica, gestisce e valuta l’intervento assistenziale
infermieristico”(3c), “garantisce la corretta applicazione delle
prescrizioni diagnostico-terapeutiche” (3d).
Questo implica anche poter
determinare il campo di intervento assistenziale (n° e tipologia di malati da
assistere) e le risorse da rendere disponibili (professionisti, operatori e
risorse materiali). Attualmente non vi è autonomia professionale riconosciuta
nelle gerarchie delle istituzioni sanitarie. Tutto ciò significa dover
assumersi delle responsabilità senza la reale possibilità di decidere sugli
elementi costitutivi della gestione;
2) di tipo specifico, derivanti dalla indeterminatezza del limite tra
assistenza e diagnosi ed
assistenza e terapia; competenze infermieristiche già esercitate ma
non riconosciute né
liberate (sapere ma non dovere).
Un
secondo ambito nel quale oggi si vede emergere come vincolo ed una criticità
da superare è quello derivante dalla indeterminatezza del limite tra
assistenza e diagnosi ed assistenza e terapia: la difficile collocazione del
limite tra competenze mediche e competenze infermieristiche.
La competenza e responsabilità del
medico per diagnosi e terapia è indiscussa.
a) La delimitazione del confine tra
assistenza, cura e terapia:
di fatto l’assistenza oggi, specie in area critica, riveste anche le
caratteristiche di un processo
terapeutico.
· Pensiamo agli aspetti di trattamento delle complicanze da allettamento
sulla cute, a livello
polmonare, ecc. trattati routinariamente dagli infermieri;
· la sorveglianza delle funzioni eliminatorie e l’adozione di
interventi semplici per la soluzione di eventuali problemi;
· la necessità di variare dosaggi terapeutici in somministrazione
continua sulla base della
variazione dei segni vitali e/o delle risposte biologiche;
· la necessità di utilizzare attrezzature salvavita;
· la soluzione di problemi di equilibrio personale, risolti con
l’adozione di sistemi relazionali adeguati.
b)
Il limite della competenza/responsabilità sulla diagnosi e/o diagnosi
apparente in situazione di
emergenza/urgenza per l’area critica (ma in generale
nell’assistenza);
· la necessità, in emergenza ed in presenza di situazioni certe e/o
presunte, di identificare una diagnosi apparente e di attuare di conseguenza
interventi terapeutici codificati, per i quali la componente tecnica è
relativamente semplice, mentre è richiesta un’elevata componente
professionale. (DPR 27.3.92);
· la necessità di assumere decisioni organizzative in emergenza con
elevato contenuto di implicanze diagnostiche e terapeutiche (DPR 27.3.92: ).
Va
quindi ripensato il concetto di diagnosi e di terapia ed adottato un
atteggiamento maggiormente flessibile, certamente con l’assunzione della
relativa responsabilità personale riguardo alle conseguenti competenze.
Vi sono già anche ricerche europee
che dimostrano la positività dei risultati ottenuti (v. la ricerca Euricus
I° e II°) adottando una metodologia di lavoro attenta alla logica dei
processi, sicuramente non escludendo la professionalità delle prestazioni, ma
non arroccata sulla difesa rigida del campo. In quest’ottica anche gli
infermieri decidono diagnosi e terapie nell’ambito di percorsi predefiniti
insieme ai medici e dunque protetti.
Va
ripensata tutta la teorizzazione, strumentale, nata in epoche passate, sul
famoso atto medico delegato. Se è
atto medico deve restare medico, se è delegabile,
significa che il delegato è in grado di farlo, dunque è competente.
Di
fatto, gli atti medici delegati non
esistono! Sono un’invenzione per mantenere la dominanza in alcuni campi
dell’attività sanitaria ed allo stesso tempo costringere altri ad eseguire
attività forse non ritenute gratificanti. Ma questo probabilmente fa già
parte di una filosofia del passato, che non appartiene più a quella che è
l’impostazione del servizio sanitario attuale e non appartiene più nemmeno
alla filosofia dei settori medici più avanzati.
Ed
è con questi che noi dobbiamo confrontarci ed impostare una filosofia comune
futura. Questa è la strada da battere, non tanto perché lo chiediamo noi ma
perché lo chiede la società nell’ambito delle esigenze complessive che si
manifestano.
La
soluzione dei problemi interpretativi delle competenze per situazioni
assistenziali non chiaramente definibili passa attraverso l’assunzione di
responsabilità collettiva dell’équipe sugli obiettivi di salute da
raggiungere, che certamente non esclude la responsabilità personale di
ciascuno dei membri dell’équipe, che deve essere assolutamente garantita e
sostenuta da una competenza di elevatissimo livello.
Responsabilità
derivanti
- La responsabilità organizzativa derivante dalla piena responsabilità
dell’assistenza, come si
concilia con la formale impossibilità attuale di decidere
sull’organizzazione complessiva
dell’unità operativa? (vedi il mancato riconoscimento della
dirigenza infermieristica).
Vi
sono responsabilità:
- verso un’assistenza più congruente con le necessità attuali e delle
strutture sanitarie;
- verso la persona nell’offrire risposte accettabili in termini di
tempo e qualità;
- verso la collettività nel contribuire all’evoluzione globale del
sistema.
Comportamenti
da assumere
Comportamenti
da assumere significa dover decidere in una visione positiva e propositiva
partendo dalle norme/indicazioni disponibili. Questo implica il dovere
deontologico personale di garantire un livello di professionalità elevato.
I
comportamenti si rifanno alle norme per la delimitazione de campo di attività
e di responsabilità: profilo, percorso formativo e professionale, codice
deontologico.
Abbiamo
parlato di accreditamento e certificazione; naturalmente in questa ottica, il
percorso formativo e professionale dovranno essere non solo formali ma
sostanziali e documentati.
Questo
significa che dovrà essere istituito un percorso sistematico per la
valutazione oggettiva degli operatori. Anche a garanzia dei cittadini.
Non
dimentichiamo il Patto infermiere-cittadino e il Codice
Deontologico.
Presupposti
per l’assunzione di responsabilità e per l’integrazione con le altre
professioni sono:
- possesso di competenza professionale specifica;
- manutenzione continua della professionalità;
- conoscenza dell’istituzione, della struttura e dell’organizzazione;
- impegno costante per favorire l’interazione tra operatori e con
l’istituzione;
- tensione comune alla ricerca dell’eccellenza dei risultati clinici ed
organizzativi.
Il
cambiamento va sicuramente avanti perché tutto si trasforma e perché diventa
possibile e necessario affrontare problemi sempre più complessi. Il
cambiamento c’è.
La
soluzione non è la chiusura nelle competenze tradizionalmente consolidate ma
nelle competenze richieste dalle novità cliniche, sociali ed organizzative
delle situazioni.
In
questa direzione va il cambiamento, non si tratta di imporre cose nuove e
diverse per l’interesse di qualcuno, ma semplicemente di adeguarsi a quella
che è la nuova esigenza che sta venendo avanti in tutte le direzioni e nella
situazione globalmente intesa. All’interno di questa ciascuno di noi è
chiamato a interpretare il proprio ruolo con responsabilità.
___________________________
Allegato
a documentazione
Norme
emblematiche delle concessioni di autonomia agli infermieri:
*
L. 107/90, sulla “Disciplina per le attività trasfusionali relative al sangue umano ed
ai suoi componenti per la produzione di emoderivati”
-
art. 3 …”il prelievo di sangue intero è eseguito da un medico o, sotto la
sua responsabilità ed in sua presenza, da un infermiere professionale” (?)
- Per la determinazione del gruppo
sanguigno, l’art. 27 del Decreto del Ministero della Sanità 27.12.90,
recita: “il campione di sangue…deve essere firmato dal medico che ha la
responsabilità del prelievo” (chi fa il prelievo è definito dal protocollo
della Commissione nazionale per il servizio trasfusionale (art.12).
I singoli compiti vengono scomposti
tra compilazione del modulo di richiesta e firma dello stesso, esecuzione del
prelievo e identificazione del paziente al momento del prelievo…con palese
volontà di evidenziare chi deve eseguire e chi pensa.
DPR
27.03.92 “Atto
di indirizzo e coordinamento alle Regioni per la determinazione dei livelli di
assistenza sanitaria di emergenza”
- art. 4 ..”La Centrale Operativa… si avvale di personale
infermieristico adeguatamente addestrato”. (addestramento / formazione ?)
“..La
responsabilità operativa è affidata al personale infermieristico
professionale… nell’ambito dei protocolli decisi dal medico responsabile
della centrale operativa”. (i protocolli sono tali solo se condivisi)
-
art. 10 “Il personale infermieristico professionale, nello svolgimento del
servizio di emergenza, può essere autorizzato a praticare iniezioni per via
endovenosa e fleboclisi nonché a svolgere le altre attività e manovre atte a
salvaguardare le funzioni vitali, previste dai protocolli decisi dal medico
responsabile del servizio”.
(può essere autorizzato: perché??;
e da chi ??; e sulla base di quali criteri??)
(perché
solo nello svolgimento del servizio di emergenza??)
(i protocolli sono tali solo se
condivisi!)
+
Atto di intesa tra Stato e Regioni di
approvazione delle linee guida di applicazione.
-
…Funzioni di triage all’interno
dei DEA…”svolta da personale infermieristico adeguatamente formato, che
opera secondo protocolli prestabiliti dal dirigente del servizio”
-