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Congresso Nazionale Aniarti 1999

ACCREDITAMENTO E CERTIFICAZIONE IN AREA CRITICA.

Bologna (BO), 10 Novembre - November 1999 / 12 Novembre - November 1999

» Indice degli atti del programma

 Meris Fiamminghi – A. Mingazzini

10 Novembre - November 1999: 10:15 / 10:45

Autorizzazione, certificazione ed accreditamento, quale ricaduta su : 
i processi gestionali infermieristici 
  
M. Fiamminghi 
Direttore Servizio Infermieristico - Istituti Ortopedici Rizzoli - Bologna 
  
A. Mingazzini   
Coordinatore Infermieristico Dipartimentale, Coordinatore U.O. Terapia Intensiva P.O 
- Istituti Ortopedici Rizzoli - Bologna 
  
Si vuole, in questa relazione, trattare di un argomento strettamente collegato al presente e ci viene chiesto, dai Colleghi dell’ANIARTI, di provare a fare anticipazioni sui futuri scenari di ricaduta organizzativo-gestionale infermieristica, del processo di accreditamento. 
Tutto quello che oggi si ascolta e si legge, tutto quello che abbiamo sentito e sentiremo nel corso di questa giornata, stimola ed accende, in ciascuno di noi il desiderio di fare, di creare cose, di dare il nostro contributo. Soprattutto la voglia di sperimentare nel lavoro quotidiano quelle che, se non rese operative, finiscono per essere solo frustranti “tendenze”. 
  
Al fine di evitare il più possibile tale “effetto collaterale” spesso connesso ai Convegni lo sforzo che vogliamo fare è quello di : 
- condividere, con Voi tutti, una serie di elementi generali che rappresentano il contesto organizzativo nel quale ci muoviamo ; 
- utilizzare la nostra esperienza per dare suggerimenti rispetto a “dove si può cominciare” per l’assistenza infermieristica; 
- favorire un dialogo ed una riflessione che veda, nel dibattito che seguirà, la sua prima espressione. 
  
Ovviamente, quanto si dirà, rappresenta una previsione, un’ipotesi e risente delle opinioni e dell’esperienza di chi scrive per cui non solo non pretende di essere esaustiva ma neppure pretende di essere anche “vera”. Si vogliono provare ad identificare alcuni elementi certi per derivare dagli stessi un ragionamento prospettico che possa essere condiviso, utile fruibile da parte di tutti noi . 
  
  
E’ noto che il processo di accreditamento, pur riconoscendo quasi ovunque un denominatore comune rappresentato dalle norme ISO 9000, non solo è differente da una Regione all’altra ma, ha differenti gradi di attivazione ed applicazione. 
Altresì, l’intensità di coinvolgimento degli Infermieri, è stata ed è tuttora diversificata a seconda dei luoghi e delle situazioni e, le esperienze e le testimonianze che ci pervengono da parte dei Colleghi inseriti in questo processo, trattano di elementi specifici assistenziali piuttosto che di “argomenti generali”.  
Per meglio dire non c’è ancora un vero e proprio dibattito e confronto su quelli che sono o che cominciano ad essere gli effetti che tale processo ha sui sistemi di organizzazione infermieristica. Tuttavia anche questa affermazione è relativa poiché alcuni criteri contenuti nei documenti regionali sull’accreditamento, sono rappresentati, ad esempio, da politiche del personale, sistemi d’informazione, pianificazione della formazione ed aggiornamento ecc.  
Il processo di accreditamento nel rappresentare un metodo per dare ordine, ipotizza esso stesso che, questo ordine, favorisca la qualità dei processi assistenziali generalmente intesi.  
Un fatto però è certo : dal sistema accreditamento non si torna indietro e, l’esperienza dei Colleghi che si sono attivati parecchio tempo fa ci conforta e ci rende ottimisti. L’ottimismo sostenuto solo a patto che gli Infermieri si pongano la domanda e si rispondano su “ quale parte vogliamo giocare, quale ruolo vogliamo costruire per essere attori e non comparse ? “  
  
Da dove cominciare quindi ? Da un principio fondamentale : ogni sistema organizzativo deve articolarsi in maniera coerente con il prodotto o servizio che intende erogare. Prodotto o servizio che, nei sistemi organizzativi complessi, è dato da un risultato maggiore della somma delle singole parti. 
In altre parole questo è un “viaggio” che ci vede impegnati ed integrati con altri professionisti in quanto, operando noi in strutture complesse, il prodotto finale ed il suo risultato, sono strettamente dipendenti dalla combinazione del contributo che le varie parti della organizzazione ed i suoi “uomini/donne” riescono a fornire. 
E proprio perché ognuno desidera vedere concretizzata la propria specificità disciplinare, gli infermieri, tra i primi, devono ripensare i loro modelli di erogazione dell’assistenza infermieristica.  
Perché noi e perché per primi ? Perché quello che ci deve motivare a rivedere i processi assistenziali è prima di tutto una questione etica. L’assistenza infermieristica è una e risponde a principi ed a valori condivisi che non sono in discussione; si aggiunga però che non abbiamo ancora fatto sufficiente valutazione, anche di carattere etico, su che cosa significhi, oggi, utilizzare modelli del lavoro che probabilmente non raggiungono, al meglio, il risultato.  
Il Patto con il Cittadino, il Nuovo Codice Deontologico sono dichiarazioni e principi guida che ci pongono, come professione tutta e come singoli, di fronte al cittadino e ci impegnano con lo stesso in un contratto che si esplicita in una serie di azioni.  
Siamo consapevoli invece che, nella maggioranza dei casi, i modelli organizzativi dell’attività/lavoro infermieristico “forse” sono efficienti, poco o nulla sappiamo della loro efficacia, ma se ne lamentano tutti a partire dagli infermieri. E si badi bene non è necessariamente un lamentarsi della quantità del lavoro bensì una questione di malessere più profondo e legato alla negazione di una aspettativa “fare il proprio lavoro così come avevamo sognato quando l’abbiamo scelto “  
  
Facciamo degli esempi che legano tali riflessioni ad alcuni documenti prodotti in ragione del processo di accreditamento. 
La Carta dei Servizi è uno degli elementi forti nel processo di accreditamento, è praticamente il contratto che la nostra Azienda e quindi noi, “stipuliamo” con il cliente affinchè lo stesso sappia che cosa aspettarsi venendo da noi. 
Ed evidentemente i contratti devono sempre essere onorati. 
  
Onorare tale contratto vuole dire per esempio che noi affermiamo di garantire la presenza infermieristica nelle 24 ore. Certo non è poco ma, da un punto di vista disciplinare ci basta ? ci accontenta ? ci pone nella giusta luce di utilità che la professione infermieristica desidera farsi riconoscere entro i sistemi sanitari verso i cittadini ? 
Sinceramente crediamo che si debba fare di più e poiché il processo di accreditamento chiede di “caratterizzare” il prodotto o servizio che s’intende erogare è una leva preziosa che ci offre l’opportunità di decidere appunto “quale assistenza infermieristica vogliamo erogare “ 
Proviamo a vedere come :  
- possiamo scrivere che gli infermieri di una certa Azienda garantiscono la corretta applicazione delle procedure diagnostiche e terapeutiche; 
- possiamo scrivere che gli infermieri garantiscono il bisogno di respirare, di assicurare la circolazione, l’idratazione ecc 
O tutto quello che è stato appena descritto deve essere il minimo che ci impegniamo a fare poiché è il minimo che ci si aspetta dai professionisti in un certo campo ? 
Non sarebbe meglio allora aggiungere a quelli sopra, ulteriori elementi che caratterizzano quel “di più” che la professione infermieristica può offrire ? 
Anche qui facciamo un paio di esempi di ciò che potremmo scrivere nel contratto e quindi nelle caratteristiche del nostro specifico prodotto : 
- gli infermieri garantiscono il bisogno di sicurezza attraverso il coinvolgimento e l’educazione sanitaria a pazienti e loro famiglie o persone significative, al fine di favorire il ripristino dell’autonomia parziale o totale per l’attività di vita X o Y ; 
- gli infermieri assicurano il rispetto della privacy non semplicemente legato al segreto professionale bensì orientato alla volontà dei pazienti attraverso ……; 
- gli infermieri garantiscono il diritto ad una informazione che consenta al paziente di decidere circa i trattamenti assistenziali infermieristici che intendono erogare.  
  
D’altra parte, sappiamo bene che non siamo in grado per ragioni di risorse “finite” di erogare tutto a tutti. Perseguire la tendenza del “tutto a tutti” comporta il rischio di dare meno a coloro che ne hanno veramente bisogno. Questo, in generale, ci indica probabilmente, che è bene incamminarci su un percorso di tipo prettamente professionale che favorisca l’operare scelte, non solo basate sulla evidenza scientifica bensì anche permeate degli aspetti “high touch” che distinguono l’assistenza infermieristica, nel contesto sanitario, come unica ed insostituibile.  
Darsi degli obiettivi condivisi all’interno di quel gruppo professionale in quello specifico contesto con quel tipo di clienti significa misurarli e migliorare le nostre performance. In sintesi cercare di fare quello che serve, né più e né meno di quello che serve ma farlo a chi ne ha bisogno. 
Ma tutta questa cosa come si fa?  
Perché questo è il problema, perché uno può avere tanto entusiasmo, tanta voglia di fare ma si chiede: da dove posso partire, come si fa in pratica? 
Il processo di accreditamento professionale ci può sicuramente aiutare se, però, ci poniamo la prima domanda chiave : qual è il prodotto finale che vogliamo ottenere ? Quale è l’assistenza infermieristica che vogliamo fornire ?  
Perché in base alla risposta dobbiamo creare/ricreare un modello organizzativo del lavoro infermieristico utile a promuovere la realizzazione del nostro prodotto finale .  
Anche qui ci permettiamo un suggerimento; solitamente quando si analizzano le organizzazioni si parte dagli atti e dalle cose che si fanno e non dal risultato che si vuole ottenere. Questo spesso non ci favorisce poiché ci fa perdere, nella complessa realtà, la visione dell’obiettivo non aiutandoci ad articolare un tipo di organizzazione coerente con tale risultato finale.  
Se iniziamo invece dall’obiettivo sorge quasi spontanea la domanda del perché si fanno o si continuano a fare certe cose ( temperatura a tutti, cambio del letto a tutti e tutti i giorni ecc.) ovvero se le stesse sono funzionali al perseguimento del prodotto finale. 
Spesso la risposta più comune al perché si continuano a fare certe cose è di una banalità sconcertante ed è “ lo facciamo perché si è sempre fatto così, lo facciamo perché il tal posto o il tal servizio o il tal personaggio ci hanno detto di farlo e lo abbiamo sempre fatto. 
Ma, anche solo da un punto di vista gestionale, questo tipo di risposta costa. 
E’ stimato, anche se nei testi di Management si dice che nessuno è in grado di stabilire quale sia la percentuale precisa di inefficienza, ovvero di mancata produttività, attribuibile alla indiscussa accettazione del prodotto finale come dato, che l’ammontare possa essere maggiore del 30%dei costi totali e degli sforzi totali. Su dieci miliardi sono tre miliardi. 
Se l’azienda come sempre ha, problemi a far quadrare i conti e magari tende a non assumere personale (costo maggiore da sostenere per ogni azienda ) e stimato che un infermiere costa circa cinque milioni al mese, cominciate a fare i vostri conti !  
. 
C’è poi un altro dato: potenzialmente la domanda di assistenza infermieristica è incomprimibile, non si satura, più ne facciamo più il bisogno aumenta. 
Questo da una parte ci fa un gran piacere ( per i posti di lavoro che rende disponibili) ma, dall’altra, stiamo dentro ad organizzazioni aziendali che tendono a razionalizzare le risorse, sorvegliare i ricoveri impropri, attivare linee guida di carattere clinico assistenziale basate su evidenze scientifiche, ridurre la durata media della degenza, ecc.  
Gli elementi di cui sopra ricadono, naturalmente, anche sull’assistenza infermieristica che se non migliora i propri modelli ( risalenti generalmente a metà degli anni ’60 quando su un ospedale medio c’erano 30 professionali e 250 generici ) rimane “soffocata” in una morsa frustrante che impone solamente di “correre” e di arrivare al traguardo del cambio turno domandandosi, anche con un po’ di preoccupazione se si è fatto tutto. 
Non si vuole certo dire che si “deve fare meno” si vuole solo suggerire di decidere quale si vuole che sia, da parte degli infermieri, il risultato sul paziente. 
Dobbiamo costruire dei modelli di pratica orientati al risultato che abbiamo indicato e scelto, che siamo efficaci, che mantengano un livello qualitativamente elevato dell’assistenza infermieristica, e che probabilmente ridurranno anche gli sprechi. 
  
Nelle organizzazioni complesse come le nostre dobbiamo ricordare un'altra variabile di non poco conto, la presenza di molti professionisti con paradigmi differenti e la presenza di maestranze nelle attività di supporto. 
Il sistema lasciato a sé crea quello che crea e che sappiamo tutti : i reparti arrabbiati che chiamano la radiologia che invece chiude alle quattro del pomeriggio e poi è di guardia, i reparti che si arrabbiano con il laboratorio che riceve le provette solo entro una certa ora o che, con un’urgenza, non vuole fornire il valore per telefono, la cucina che, siccome il turno del personale ausiliario è fino alle ore 20, dobbiamo dare da mangiare alle 17,30 sennò poi non si riesce a ripristinare la cucina, l’ufficio tecnico che non è mai al passo con le esigenze dei reparti e che per cambiare una lampadina del corridoio impiega 24 ore ecc,ecc,ecc. 
Non c’è bisogno di continuare perché tutti più o meno ricordiamo queste esperienze. Ma abbiamo detto il sistema organizzativo complesso non regolato, lasciato alla propria vita autonoma e non orientato tutto verso l’unico obiettivo che è il paziente, il cliente finale. 
Orbene il processo di accreditamento che cade a valanga su tutti i sottosistemi organizzativi dell’azienda, pone al centro il cliente finale e favorisce l’orientamento di tutti verso quella direzione. Per usare una metafora : per passi successivi ci disegna una mappa di navigazione. A patto che, e scusate l’ennesima ripetizione, tutti si pongano in un’ottica cliente fornitore intermedio fino a cliente finale. 
Ognuno ha il dovere di confezionare la propria parte, grande o piccola che sia e l’esortazione che viene da queste righe, è che gli infermieri confezionino e dichiarino la loro. 
Il processo di accreditamento favorisce questo tipo di integrazione a partire dal primo momento quando si domanda qual è la ragione dell’esistere di quell’azienda. Tant’è che chiede di disegnare, ad esempio tutto il management, quindi i differenti livelli di decisioni che scendono a cascata : da obiettivi strategici a obiettivi sempre più specifici con i relativi piani di azione. Il tutto integrato in un processo atto a favorire un servizio di qualità al cliente finale di quell’azienda sanitaria.  
Ci favorisce quindi anche la visione dell’attività nel suo complesso e ci permette di arrivare ad una sintesi e ad una chiarezza oseremmo dire impensabile fino a pochi anni fa nei nuclei operativi aziendali.  
  
Anche qui proviamo a fare esempi di quello che il processo di accreditamento ci chiede : 
- procedure di gestione del personale, qual è il tipo di percorso che si mette in moto per sostituire le assenze delle persone a vario titolo; 
- percorsi o procedure di inserimento di tutto il personale, descritte ed attuate non solo, evidentemente, per il personale infermieristico; 
- descrivere compiutamente gli organigrammi e le relative relazioni gerarchiche e funzionali e le matrici attività/responsabilità; 
- definire quali sono i legami tra le diverse parti di una azienda in termini di catena cliente-fornitore ad esempio quale legame esiste tra Pronto Soccorso – Reparto – Centro Trasfusionale – Sala Operatoria – Terapia Intensiva P.O.- Degenza Ordinaria ed Ambulatorio per favorire la continuità assistenziale. 
 Molti stanno lavorando su questo ed si percepiscono sia la difficoltà che la fatica poiché non solo è faticoso descrivere quello che c’è o scrivere quello che non c’è, ma più spesso, si tratta di mettere mano a tutta una serie di meccanismi operativi lasciati nel tempo, alla interpretazione dei singoli dirigenti, oppure mai sottoposti a controlli anche solo in termini di verifica del grado di diffusione delle informazioni che in questi erano contenute o di verifica del grado di applicazione di quanto vi fosse indicato. 
Un altro esempio ancora rispetto alle capacità discrezionali: viene richiesto di organizzare, valutare la ricaduta dei piani formativi aziendali rispetto agli obiettivi strategici dell’azienda ed allo stesso modo valutare la ricaduta in termini operativi come dire…. dimostrare qual è il valore aggiunto che questo corso di formazione ha prodotto per il cliente finale. 
Altro aspetto gestionale è rappresentato dalle Procedure, che servono a dare visibilità a quello che si è pianificato, scrivendo anche chi fa che cosa in attività anche particolarmente complesse ( Piani di emergenza intra-ospedaliera, Piani di Evacuazione ecc) . 
Le procedure sono comunque un’ opportunità di verifica, di miglioramento già dal momento stesso in cui vengono elaborate. 
Rimane però un punto. Il suggerimento iniziale che ci fa presumiamo chiudere il cerchio : gli infermieri che oggi stanno a testa bassa, manica rimboccata a scrivere procedure, per cosa lo fanno? 
Devono decidere quale tipo di prodotto gli infermieri vogliono erogare. 
Tutta una serie di bisogni sono sempre da garantire e neanche da mettere in discussione; ma, se ci approcciamo oggi a questa questione pensando ai quattordici bisogni fondamentali della Henderson o alle attività di vita della Roper ne usciamo quanto meno frustrati. 
Perché se quello è il sogno, ed tutti concordiamo che arriveremo fin là non bisogna sminuire tale sogno tentando di raggiungerlo senza aver ben chiaro che cosa vogliamo dare. Dobbiamo favorire la costruzione di una realtà nella quale quel sogno si possa avverare. 
Per fare una cosa che abbia una valenza etica, che sia coerente, che rispetti i cittadini è necessario dire e dichiarare quali sono i bisogni a cui gli infermieri possono rispondere, vogliono rispondere o devono rispondere e dire come vogliono farlo. Avremo in questo modo cose su cui studiare, confrontarci, produrre linee guida, indicatori ed eviteremo la frustrazione che è quella di andare a casa e dire : non mi ricordo neanche se ho fatto tutto, non volevo che il mio lavoro diventasse così. 
Iniziamo a dire che cosa vogliamo fare, ci mettiamo d’accordo, ne parliamo con gli altri colleghi e ciascuno di noi su questo “che cosa vogliamo fare”, in forma integrata, aiuterà ad arrivare a quel risultato; l’organizzazione per forza si modificherà. 
Non ci sarà nessun processo di accreditamento in grado di scardinare l’ immobilismo ed il disagio fino a quando gli infermieri non avranno deciso cosa vogliono fare. 
L’impatto del processo di accreditamento ,quindi, serve a prendere coscienza di come si lavora, ci aiuta ad aggiornare l’operatività. Una volta che avremo messo a regime e monitorato il sistema potremmo fare delle azioni di miglioramento. 
La cosa importante è non perdere mai di vista per chi lo facciamo, spesso si confondono i mezzi, ( le procedure ) con i fini ( qual è il risultato che io voglio ottenere in termini di assistenza infermieristica e quindi qual è il tipo di organizzazione che voglio mettere in piedi per l’assistenza ). 
In ultimo riportiamo un pensiero di Drucker : i professionisti sono i lavoratori più difficili da gestire perché nessuno li può motivare, perché si motivano da soli, nessuno li può dirigere, poiché si dirigono da soli, nessuno può dire loro come deve essere fatto il loro lavoro poiché da soli definiscono i loro standard.
Quindi solo se siamo motivati, capaci di dirigerci da soli, di decidere i risultati del nostro lavoro, solo così saremo utili ai nostri clienti ed ovviamente all’Azienda in cui lavoriamo, ma, probabilmente, prima di tutto a noi stessi come cittadini .

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