Congresso Nazionale Aniarti 1999
ACCREDITAMENTO E CERTIFICAZIONE IN AREA CRITICA.
Bologna (BO), 10 Novembre - November 1999 / 12 Novembre - November 1999
» Indice degli atti del programma
10 Novembre - November 1999: 10:45 / 12:00
- Prima domanda
- Nome e Cognome Paola Di Giulio
- Professione
- Provenienza
-
- Rivolgo la mia domanda al dott.Grilli perché un po’ per il mio modo di vedere ed un po’ per come la
penso, non trovo che la
strada imboccata, quella
della proceduralizzazione, sia
quella giusta.
- Mi sembra che il modello di accreditamento che si va
diffondendo in Italia sia quello
che fa riferimento alle norme ISO 9000,
dove bisogna definire criteri, procedure, esplicitare cosa va fatto, a chi
compete che cosa, i contenuti dell’assistenza, ecc. e si producono manuali
di centinaia e centinaia di criteri in base ai quali poi accreditare i
vari servizi.
- Chiedevo se esistono di fatto delle evidenze che questi
modelli abbiano portato in
Italia o all’estero un miglioramento effettivo della qualità
assistenziale.
-
- Risposta Dott. Grilli
-
- La risposta è no, nel
senso che, almeno a mia
conoscenza non esistono dimostrazioni empiriche che questo approccio si
sia tradotto effettivamente in benefici clinici direttamente sugli esiti dei pazienti o in una maggiore
capacità dei servizi di erogare interventi efficaci ed appropriati.
- Direi che il
rischio di approcci di questo
tipo è proprio quello che Paola Di Giulio sottolineava nel suo commento
generale : quello di avere un attenzione ossessiva per standardizzare ed
esplicitare ogni possibile procedura perdendo di vista il problema del capire in che misura poi tutto quello che
viene ratificato sulla carta è davvero legato alla nostra conoscenza, è efficace sia a livello clinico che operativo dei servizi.
- Da questo punto
di vista l’idea di evitare, in generale approcci che si traducono in una burocratizzazione se volete anche estrema del
lavoro, senza avere
dimostrato quanto meno una capacità di impattare in modo positivo sulla qualità sostanziale dei
servizi.
- Un esempio che
ho letto proprio qualche giorno fa su una rivista internazionale dimostra come dietro queste formalizzazioni estreme ogni singolo contatto
con i pazienti, ogni singolo uso di quella procedura si producono in formalizzazioni poco sostanziali, che lasciano comunque facile gioco a scappatoie che le aggirano.
- In Inghilterra
c’è una norma, definita anche dalla loro carta del paziente che prevede
per l’utente il quale arriva in contatto con il servizio, ad esempio con
un Pronto Soccorso, di essere assistito, ricevuto nel giro di cinque
minuti e pare che questa
formalizzazione, questa norma abbia
provocato la nascita di una
nuova figura professionale che è quella che loro chiamano la ” Hello
Nurse “, cioè quell’infermiera che si presenta da te nel giro di
cinque minuti per dirti bene
arrivato. Poi scompare e tu aspetti altre tre ore prima che arrivi
qualcuno.
- Mi sembra un
esempio appropriato di come
poi dietro questa attenzione ossessiva per ogni aspetto, non ci sia
nessuna effettiva garanzia, né per
il paziente né per i professionisti, rispetto all’effettiva qualità dei servizi.
-
-
- Seconda domanda
- Nome e Cognome Isella Alessandri
- Professione Infermiera Professionale Gruppo Accreditatori
- Provenienza ASL Milano 3 sede di Monza
-
- La regione Lombardia ha elaborato una legge di riordino
in cui è andata nettamente a
separare le Aziende che producono servizi sanitari, dalle Aziende ASL che
acquistano, controllano, accreditano i servizi erogati.
- Ho partecipato a questo convegno perché da un anno e
mezzo mi interesso di accreditamento e sono stata veramente colpita quando l’ ho visto pubblicizzato sulle
varie riviste professionali.
- Ho quindi chiesto alla mia Direzione di poter partecipare
ai lavori congressuali, in modo da poter capire meglio come gli infermieri
professionali, gli operatori sanitari ed il personale ospedaliero stia
vivendo questo processo di accreditamento.
- Ho condiviso totalmente la relazione di Fiamminghi, perché è proprio in quell’ottica che oggi noi andiamo ad accreditare ed è significativo l’apporto che il mondo infermieristico può
dare;
- per noi infermieri l’accreditamento è una grande
opportunità; io credo di essere una delle poche infermiere inserita in
questi gruppi di accreditatori, ho invitato a questo congresso due
dirigenti infermieristici di un importante gruppo privato che
recentemente abbiamo accreditato perché nel fare questa esperienza ho
proprio visto nel concreto quanto ruolo positivo e quante opportunità
oggi ha il mondo infermieristico per potersi esprimere.
- Intendo potersi esprimere non tanto dentro la costruzione
analisi e revisione di
procedure, imparando a guardare il contesto globale in cui stiamo
lavorando.
- L’accreditamento, così come io lo sto vivendo e lo stiamo portando avanti in regione Lombardia, siamo convinti farà fare un salto di qualità totale alle
strutture nella misura in cui impareremo a partecipare globalmente ai
processi organizzativi.
- Allora la mia piccola procedura può avere un significato
se porta ad un risultato di prodotto, di efficacia, che risponda a quel
bisogno particolare del cittadino che oggi noi chiamiamo cliente, ma che
per me infermiera da trent’anni era la persona che volevo e desideravo
aiutare e che io posso aiutare tenendo costantemente presente che le
risorse economiche non sono né infinite, né illimitate.
- Grazie all’ANIARTI per l’organizzazione di questo Convegno.
-
-
- Terza domanda
- Nome e Cognome Salvatore
Galisi
- Professione Infermiere Professionale
- Provenienza Ospedale Grosseto
-
- Io penso che nelle rianimazioni, terapie intensive e
servizi ad altissima specialità l’assistenza
è globale, la preparazione
professionale e la competenza è molto
elevata, e da parte infermieristica
e da parte medica.
- Come può l’accreditamento aiutare i professionisti in queste aree ad avere una visione
globale nel soddisfacimento dei bisogni del paziente attuando interventi multidisciplinari,
che siano sinergici e non relativi solo ad una particolare prestazione di questo o quel
professionista?
-
- Risposta Dott. Grilli
-
- Un brevissimo commento sollecitato dalla collega della regione Lombardia, più che altro un invito : aboliamo la parola cliente, in quanto
presuppone un rapporto mercantile che non si inquadra nel nostro scenario.
- Come ha detto qualcuno le
parole hanno un padrone e
quella non ci appartiene.
- Detto questo, facendo riferimento, in modo davvero non polemico,
all’esperienza della regione Lombardia, ancora una volta è importante
sottolineare come i meccanismi dell’accreditamento non siano una
neutrale applicazione di regole, di norme che vengono più o meno
esplicitate;
- il modello perseguito in
regione Lombardia non è il modello, non ha nessuna analogia, nessuna somiglianza con il modello che viene disegnato con la
Legge di riforma, che parte dal presupposto di rifiutare il principio di competizione fra servizi erogatori in
ambito sanitario,
- rifiutandolo anche sulla
base di esperienze empiriche che sono emerse dai sistemi sanitari che in
Europa negli scorsi anni hanno adottato questa strada.
- La più o meno rigida
separazione tra acquirenti ed erogatori, là dove è stata introdotta con
l’idea che i meccanismi di
mercato stimolassero efficienza e operatività dei servizi, dovunque non
ha portato ai risultati desiderati, ha portato in generale ad un aumento dei costi anche amministrativi di gestione del sistema, ad una frammentazione del sistema
stesso in unità produttive che sul mercato confliggono tra di loro,
anziché collaborare.
- Il modello che si vuole
perseguire è il modello della programmazione e della cooperazione tra
servizi e la logica dell’accreditamento che prima cercavo di spiegare ha
senso se vista dentro questo contesto.
-
- Risposta Meris Fiamminghi
-
- Rispondo al
collega di Grosseto.
- Io intanto
discuterei se in rianimazione, terapie intensive, aree ad altissima
specialità l’assistenza
- è globale, così
come l’infermieristica la intende; discuterei nel senso che mi
piacerebbe confrontarmi.
- Io credo che nelle aree intensive, iperspecialistiche, sia una necessità incrementare
la propria competenza specialistica se no non sei in grado di lavorare
all’interno di questi posti.
- Non so se i
medici rianimatori sono più competenti degli altri, io questo non lo
giudico, potrei eventualmente esprimere un giudizio su quelli della mia
realtà e non sugli altri.
- Questo perché
non desidero che gli altri giudichino me sugli aspetti professionali, non
perché io sono buona ma semplicemente perché penso che ci debba essere
un rispetto fra le specificità professionali che poi si devono integrare.
- In questo tipo
di integrazione ci sono anche tutti gli altri reparti non intensivi, che
tu non hai specificato ma che forse identificavi con tutti gli altri.
- Il punto
fondamentale è, torniamo al discorso che ho fatto prima, che gli
infermieri siccome avrebbero
la voglia, il sogno di poter dare tutto a tutti in realtà riescono a dare
veramente poco a tutti e magari pure nei tempi sbagliati.
- Attenzione, non
sto parlando di terapia, anche se perfino su questo dovremmo parlare
molto.
- E non parlo
tanto dell’errore di terapia, che speriamo che ci sia poco, ma del fatto che viene prescritto di somministrarla 4, 6 o 3 volte al
giorno e allora si aspetta che arrivi l’orario per somministrarla.
- Magari da voi
non succede mai, però
potrebbe succedere, come il fatto di preparare le flebo di notte.
- Parliamo di
organizzazione, stiamo con i
piedi per terra.
- Anche le persone
che ci sono dentro hanno la responsabilità del modo in cui il lavoro
viene condotto.
- Secondo me
bisogna porsi la domanda fondamentale: qual è il risultato finale che
vogliamo ottenere con l’assistenza infermieristica.
- Insieme ai
medici ci porremo quella: qual è il risultato che si vuole ottenere con
questo tipo di patologia, ecc.; loro ci aiuteranno, lavoriamo insieme per
questa ragione, per convergere con buoni risultati sui malati.
-
-
- Quarta domanda
- Nome e Cognome Fusco(?)
- Professione
- Provenienza Cardiochirurgia di Genova
-
- La signora Fiamminghi dice che dobbiamo decidere che
risultati dobbiamo ottenere.
- Io
sarei d’accordo con lei ma penso che sia importante ancora di più il
modo in cui cerchiamo di ottenere questi risultati, perché anche se non raggiungiamo il risultato che vogliamo al
100%, se lo raggiungiamo con
una certa professionalità, rispettando la dignità del paziente,
ascoltando con empatia, in un modo in cui sia contento e soddisfatto il paziente/cliente, penso sia ugualmente importante.
-
-
- Quinta domanda
- Nome e Cognome Barbieri
- Professione
- Provenienza Policlinico
di Monza
-
- Il
Policlinico di Monza rappresenta una struttura privata accreditata.
- Prima
la signora Isella citava la nostra struttura; siamo la prima struttura in Lombardia ad essere accreditata,
abbiamo subito l’ispezione, chiamiamola così, per un anno.
- Secondo
me ha giovato moltissimo al personale infermieristico, devo dire che nella
nostra azienda, proprio per filosofia aziendale, il gruppo infermieristico
da me diretto ha un ruolo determinante e fondamentale, nel senso che noi
non abbiamo una struttura gerarchica piramidale come è presente in alcuni
ospedali pubblici dove io ho vissuto per anni, mi sono peraltro formata lì,
ma è una scala gerarchica orizzontale dove tutti devono dare e devono
rendere per un fine comune che è il bene dell’ammalato.
- Quindi intorno al
tavolo insieme ad architetti ed ingegneri c’era anche tutto il gruppo
infermieristico, che ha lavorato molto, ha lavorato un anno, ha stilato
tutti i protocolli e le linee
guida, facendo delle tavole rotonde con tutti i primari di aree omogenee,
dove abbiamo discusso ampiamente di tutte le varie patologie dei pazienti,
valutando anche l’aspetto psicologico, abbiamo steso questi lavori
supportati anche da lavori scientifici a livello internazionale.
- Per scelta nostra
abbiamo reputato utile, indispensabile fare una cartella infermieristica
che fosse tale per tutte le
unità operative, e non solo della nostra azienda in Lombardia ma anche
delle nostre 4 aziende in Piemonte, proprio perché anche nella mobilità
del personale avessero tutti lo stesso strumento di lavoro.
- Un
esempio: il carrello dell’emergenza è stato fatto per tutti uguali, in
modo che anche nella mobilità non ci fossero problemi.
- Devo
dire che ha portato degli ottimi risultati.
- Tenete
presente che l’accreditamento non è un processo fine a se stesso e
quindi una volta accreditati è tutto finito, è un processo in continua
evoluzione.
- Le
ispezioni sono periodiche, ogni sei mesi, un anno.
- Questo
è stimolante per tutto il gruppo infermieristico, che deve lavorare e
deve lavorare molto.
- Io sono molto d’accordo con Formigoni sulle pari opportunità,
chi è bravo sta nel mercato e chi non è bravo esce dal mercato.
- Solo
così potremo erogare un’assistenza ad hoc per il malato.
- Noi
siamo anche in corso di certificazione, che è parallela
all’accreditamento, ma non è la stessa cosa, quindi bisogna scindere le
due cose.
- Devo
dire che anche noi abbiamo commesso degli errori nel percorso ma sono
errori correggibili, magari suggeriti anche dalla nostra ASL 3 che ha
visto altre realtà e quindi ci ha consigliato e supportato; è un lavoro di squadra e io sono molto orgogliosa di lavorare con
questo gruppo.
- Abbiamo
un corpo di caposala molto motivato , il personale infermieristico molto
motivato e spero di perseguire questa strada negli anni per arrivare a
fare sempre meglio.
- Questa
è la nostra realtà che abbiamo vissuto con l’accreditamento.
- Grazie.
-
-
- Sesta domanda
- Nome e Cognome Isabella Zennaro
- Professione Caposala
- Provenienza Rianimazione Azienda Ospedaliera San Luigi - Orbassano - Torino
-
- Le
relazioni che ho sentito stamattina mi hanno dato una grande sensazione di
coerenza e di integrazione.
- Mi
hanno dato la sensazione che le varie strutture aziendali ed i vari
operatori debbano integrarsi e si integrino per raggiungere questo
obiettivo dell’accreditamento e della certificazione.
- Vorrei
chiedere però ai relatori ed ai colleghi presenti in sala, perché c’è
tutta l’Italia qui dentro, se conoscono molte realtà in cui questa
integrazione davvero si verifica e se hanno dei suggerimenti da dare ad
una come me che lavora in una realtà aziendale, nonché polo
universitario ed ha la sensazione di arrivare oggi dal Burundi, con tutto
il rispetto per il Burundi.
- Mi
è piaciuta molto l’ultima relazione che ha concluso con un frase molto
ripetuta negli ambienti infermieristici ma molto reale: non perdiamo mai di vista il motivo per cui un’azienda
ospedaliera o un’azienda sanitaria regionale si muove, il paziente, la
qualità dell’assistenza.
- Ora,
io lavoro in una realtà dove l’accreditamento significa solo e
semplicemente, e non è la solita lamentela, produrre carta, produrre
carta ed impedire a chi come me dovrebbe avere un ruolo di conduzione di
un gruppo infermieristico, di supporto e di aiuto per creare le linee
guida ed i protocolli, per fare in modo che questo gruppo lavori bene per
il paziente, di fare tutto ciò, perché passo otto ore a produrre carta perché il manager venga accreditato, perché si raggiunga l’obiettivo di abbattere dell’uno per cento le spese rispetto all’anno
precedente, di ridurre comunque i costi.
- La
finalità comune non si sente, non c’è.
- Gli
infermieri secondo me, da noi e anche in altri luoghi, stanno cercando di
capire il complessivo, ma è chi gestisce il complessivo che ha perso di
vista la specificità delle realtà, delle unità operative, per lo meno
da noi.
- Probabilmente
la mia è una realtà singola,
specifica, forse Torino è un’isola sperduta nell’Italia.
- Ditemi
se solo da noi succede questo, perché
devo capire.
-
-
- Settima domanda
- Nome e Cognome Beatrice Porpora Emma
- Professione Caposala
- Provenienza Ambulatori cardiologia Grosseto
-
- Io sono stata molto contenta di aver sentito il professor Martinelli, credo che sia l’unico medico presente qui a questo
convegno.
- Secondo
me sarebbe stato importante che fosse
stato presente anche qualche medico, proprio perché il nostro lavoro è parallelo al loro, anche se non
è né superiore ne’ inferiore.
- L’accreditamento è un lavoro di equipe che
bisognerebbe fare insieme ai medici, noi forse sentiamo di più
l’esigenza del paziente, non del cliente, anche se in ambulatorio si
parla molto spesso di cliente perché porta soldi e mi fa molto male
sentire questo.
- Poi c’è
un altro problema, che io noto perlomeno nella mia realtà;
- io non so come si possa parlare di questi protocolli da creare insieme con gli infermieri, quando poi ci troviamo di fronte
a grossissime difficoltà proprio reali o oggettive ed in effetti in quel momento noi ci inventiamo il lavoro.
- Ad
esempio può capitare che in ambulatorio mi si rompa un apparecchio o più semplicemente la spina, e contattando l’ufficio tecnico mi sento rispondere che
non è di loro competenza perché c’è la tal ditta etc. etc. o addirittura non trovo nessuno che mi risponde al
telefono. E quindi ci
organizziamo noi e lo sistemiamo, magari in maniera artigianale
pur di continuare ad usare l’apparecchio e renderlo quindi
immediatamente disponibile per l’utenza.
- Non è sempre così, ma siamo arrivati a questi livelli.
- Quindi io spero che nel futuro questi problemi piccoli e grossi vengano superati,
proprio in virtù del fatto che noi comunque lavoriamo per cercare di
alleviare le sofferenze o aiutare a morire delle persone che soffrono, non
certo dei clienti.
- Noi vendiamo la salute?
- Mi sembra una cosa molto buffa.
- Io non vendo la salute ma cerco di aiutare chi soffre e
questa è la cosa più importante per me.
-
-
- Ottava domanda
- Nome e Cognome Giordana Slanzi
- Professione
- Provenienza Casa di cura Poliambulanza di Brescia - Cardiochirurgia
-
- Vorrei fare una domanda a Paola Di Giulio.
- Se il sistema ISO 9000 è così farraginoso e complesso,
richiede una flow – chart, una descrizione delle attività nel
dettaglio, richiede chi fa che cosa, quindi delle responsabilità chiare e
precise, volevo sapere quale altra strada si può percorrere e, se c’è
questa strada, se essa oltre che percorribile è anche accettabile, perché
attualmente le ISO 9000 in effetti sono le norme che vanno di più, non
voglio parlare di moda, ma sono quelle che comunque ormai anche le aziende
private seguono da molto tempo.
-
-
- Nona domanda
- Nome e Cognome Ostellato
- Professione
- Provenienza Cardiochirurgia Padova
-
- Vorrei fare una domanda al dottor Grilli, che si occupa
di politiche regionali nel campo dell’assistenza.
- Visto che i cambiamenti proposti dalla recente
legislazione vanno nell’ottica della razionalizzazione degli interventi
e della riduzione dei costi, oltre che della pretesa di migliorare appunto
l’assistenza, che tipo di controllo viene esercitato sulla qualità ed
effettiva necessità degli interventi che si fanno? Perché la sensazione che si ha è che per cercare di raggiungere
determinati obiettivi si badi molto alla quantità più che alla qualità
degli interventi che si fanno dal punto di vista assistenziale.
-
-
- Decima domanda
- Nome e Cognome Annalisa
Silvestro
- Professione Responsabile
Servizio Infermieristico ASS 4 - Medio Friuli -
- Provenienza Udine
-
- Vorrei fare sia una domanda che una considerazione a
carattere generale.
- Innanzitutto ottime relazioni da parte dei nostri ospiti
ed ottimi interventi da parte della sala, questo secondo me già è un
elemento estremamente positivo.
- Mi pare che sarebbe importante non fermarsi ai
nominalismi, perché credo che nessuno pensi al termine cliente nel senso
deteriore del termine ma come utilizzo purtroppo un po’ diffuso che se
ne fa adesso, perché credo che altrettanto paziente possa diventare poco
corretto.
- Io non mi fermerei tanto su questa cosa; ragionerei
molto, invece, sulle difficoltà che sono emerse anche attraverso gli
interventi, che esistono
nell’integrazione fra le diverse figure professionali e mi pare di poter
dire anche difficoltà che potrebbero evidenziarsi e che pavento fra le
strutture organizzative sanitarie di tipo pubblico e di tipo privato.
- Anche da questo punto di vista io credo vada fatta una
seria riflessione nelle logiche di un servizio a favore dei nostri
concittadini che hanno l’opportunità, ben venga , di poter scegliere il
tipo di struttura sanitaria a cui affidarsi.
- Credo sia da tenere molto in conto che il sistema
pubblico difficilmente può scegliere dove orientare l’offerta
sanitaria, poiché deve dare un servizio, proprio perché di carattere
universalistico, a tutti i cittadini.
- La compagine privata può più orientare la propria
offerta sanitaria e questo chiaramente influenza anche tutte le scelte dei
processi assistenziali e le modalità con cui erogarli, gli strumenti e le
tipologie.
- Ragionare nella logica dell’integrazione significa fare
attenzione ai diversi obiettivi, che devono integrarsi di offerta ai
cittadini.
- Io farei riflessioni su questo, perché se obiettivi devono essere perseguiti, e siamo tutti d’accordo,
devono essere perseguiti nell’integrazione, quindi tra le diverse
strutture e tra i professionisti ma
non solo, perché ci sono anche tutte le strutture di supporto e gli
operatori che svolgono funzioni di tipo esecutivo che comunque hanno un
ruolo importantissimo in questo tipo di percorso, nella revisione dei
processi di assistenza e dei processi organizzativi.
- Una cosa mi pare sia importante sottolineare; quando si
va nella logica della certificazione e dell’accreditamento molte volte
nell’elaborazione di protocolli piuttosto che di procedure,
nell’analisi dei vincoli e dei punti di caduta strutturali
dell’organizzazione sono occupati prevalentemente infermieri.
- Trovo questa cosa assolutamente poco positiva.
- Non vorrei si rientrasse di nuovo nella logica della
manodopera qualificata che si mette lì a scrivere tutta una serie di cose
che poi nella realtà gli infermieri tendono ad osservare mentre altri
professionisti, mi rivolgo anche al nostro chiarissimo ospite di cui anch’io auspico non solo la continua partecipazione ma
l’allargamento ai medici, non le considerano neanche.
- Per cui molte volte gli infermieri si trovano a fare
fatiche immani, elaborazioni immense, scrivono le famose centinaia di
pagine che qualcuno qua citava, che non solo rimangono lettera morta, che
già è tragico, ma che hanno portato via una barcata di energia che hanno dovuto togliere, a meno che non lo facciano
fuori orario di servizio, al tempo dell’assistenza.
- Per cui anche questa io credo sia una riflessione che chi dovrà poi mettere in piedi
queste commissioni, verificare, orientare il lavoro, necessariamente deve
tenere in conto.
- Grazie.
-
- Risposta Dott.
Grilli
-
- C’era una domanda
specifica sul problema dei meccanismi di controllo, credo siano stati definiti nella domanda rispetto alle
singole regioni.
- Da questo punta di vista
il meccanismo che la legge prefigura, dico prefigura perché sarà tutto
da
- costruire, è un
meccanismo in cui le regioni attraverso
i loro percorsi di accreditamento e di accordi contrattuali interni sono
in grado di rendere disponibili informazioni, dati, su diversi aspetti
- di performance dei
servizi sanitari regionali, che riguardino sia gli specifici aspetti
economico-finanziari, quindi gli andamenti della spesa, ma che riguardino
anche aspetti più di carattere clinico tecnico, e quindi la capacità di
erogare determinati interventi in modo appropriato, indicatori di accesso
al sistema.
- A livello centrale il ruolo della commissione Nazionale per la Qualità e l’Accreditamento che prima citavo, sarà essenzialmente di
raccogliere queste informazioni e di fare una sorta di benchmarking tra le diverse regioni con un ipotesi, un assunzione
di rapporti tra questo
momento chiamiamolo di verifica centrale
e le regioni non di tipo punitivo, coercitivo o di controllo
esterno, ma con una forte enfasi sull’aspetto collaborativo.
- In particolare gli articoli 19 della Legge di riforma disegnano un meccanismo di
rapporti in cui le regioni, i cui indicatori di performance dei servizi
regionali si discostino in
maniera particolare dagli standard predefiniti, sono invitate a definire
programmi di miglioramento e
l’Agenzia avrà un ruolo specifico di supporto su questi dei programmi
di miglioramento per riequilibrare ciò che è stato evidenziato essere
squilibrato, per ridurre
eventuali scostamenti dai parametri attesi.
- Quindi da una parte un
meccanismo che a livello centrale consente di verificare l’andamento,
attraverso una serie di indicatori da definire, dei servizi sanitari
regionali rispetto alle loro specifiche capacità e funzionamenti, dall’altra la possibilità di
instaurare dei rapporti collaborativi per superare ostacoli e problemi che le singole regioni si possono dovere trovare ad affrontare in
ambito di programmazione e di gestione dei servizi.
-
- Risposta Paola Di Giulio
-
- Slanzi mi chiedeva se
c’è un’alternativa alle ISO 9000.
- Vorrei rispondere alla
domanda che mi è stata fatta con un esempio.
- Si sta parlando di
ambiente terapeutico, che è una delle caratteristiche importanti di
qualità dell’assistenza e che ottiene anche risultati molto buoni sul
paziente.
- Questa è una delle
pochissime sperimentazioni cliniche fatte da infermieri in Europa, è
stata condotta in Inghilterra su un gruppo di pazienti critico per aspetti
diversi dai vostri pazienti critici.
- Sono pazienti con cancro
del polmone operati, che avevano completato il trattamento e che avevano
ancora dispnea.
- Questi pazienti sono
stati randomizzati a due gruppi, ( la ricerca è stata fatta in 6 ospedali
diversi ), e sono stati assistiti con l’assistenza di routine oppure con
un ambiente che è stato impostato in modo da modificare la filosofia che
c’è di solito in Ospedale.
- L’ospedale di solito è
centrato sulla cura e sul trattamento e come diceva il collega di
Grosseto, credo, si occupa poco della persona; un ambiente terapeutico è
un ambiente che mette al centro la persona.
- Questi pazienti venivano
seguiti una volta alla settimana in questo ambulatorio infermieristico e
l’intervento consisteva in queste variabili: veniva fatta una
valutazione dettagliata della dispnea, fornita su consigli ai pazienti e
alla famiglia su come gestirla, si lavorava con il paziente sul
significato che il paziente dava alla dispnea, su esercizi e tecniche di
controllo del respiro, sulla definizione degli obiettivi specifici sul
paziente e sul riconoscimento
di problemi che richiedono interventi medici e farmacologici.
- Dopo otto settimane, con
una sola visita alla settimana, i pazienti assistiti nel gruppo
sperimentale avevano avuto esiti migliori in 5 degli 11 items valutati tra
cui la dispnea, lo stato di performance, la depressione e altri sintomi.
- La mia avversione, per
alcuni aspetti, rispetto alle ISO 9000 è legata al fatto che molti di
questi aspetti non sono proceduralizzabili e proceduralizzando tutto si
rischia di perdere di vista quelli che sono i contenuti importanti per
l’assistenza.
- Si può comunque
migliorare l’assistenza identificando i problemi, definendo quelli che
sono gli obiettivi principali, identificando alcune categorie a rischio e
lavorando su queste categorie a rischio per definire quali sono i processi
che vanno proceduralizzati, perché ce ne sono alcuni che vanno
necessariamente proceduralizzati, ma lo sforzo fatto per produrre i
manuali da ottomila criteri non è commensurato ai benefici che se ne
ricavano e proceduralizzare tutto rischia di rendere burocratiche e
farraginose una serie di procedure che invece richiedono una visione
globale, capacità di scelta, capacità di interazione e anche a volte di
bypassare alcuni meccanismi.
- Era in questo senso che
avevo fatto questo intervento critico sull’ISO 9000, è un problema
soprattutto di logiche e di rapporti costi/benefici.
-
- Risposta Elio Drigo
-
- Volevo rispondere
brevemente alla collega di Orbassano che ha l’impressione di trovarsi in
un altro mondo e che non esistano processi di integrazione a livello di
aziende, tra professionisti ed interprofessionali.
- Io posso portare una piccola esperienza , ma credo che ce ne siano molte simili, vissute
dalle persone presenti in sala che
forse non sono emerse.
- All’Ospedale di Udine,
ad esempio, nell’azienda sanitaria locale, è stata istituita una scheda
infermieristica di dimissione del malato verso il territorio che riesce a
passare le comunicazioni riguardo a quello che è stato elaborato e fatto
nei confronti del malato in Ospedale in modo da creare la continuità
assistenziale con il territorio e viceversa, per cui anche dal territorio
la scheda del malato già seguito finisce in ospedale seguendo il malato e
crea questa continuità.
- Chiaramente questo è uno
strumento di integrazione molto importante, anche se l’esperienza è
appena partita, tra gli infermieri dell’ospedale e gli infermieri del
territorio, ma che coinvolge direttamente anche i medici, perché anche i
medici sono stati coinvolti in questo progetto.
- Questo è un piccolissimo
esempio.
- Un altro esempio:
nell’ospedale di Udine Santa Maria della Misericordia sono stati
istituiti, per iniziativa degli infermieri attraverso il consiglio dei
sanitari, sette gruppi di lavoro su sette linee guida ritenute prioritarie
all’interno dell’ospedale e incidenti sull’organizzazione, il
recupero di risorse e la razionalità dei processi: sette linee guida per
definire come i processi diagnostici, terapeutici ed assistenziali devono
essere fatti nei confronti di sette patologie ritenute prioritarie.
- Si è partiti dalla
ricerca bibliografica internazionale per l’ individuazione delle linee
guida e il collegamento tra i processi diagnostico – terapeutici ed
assistenziali in modo tale da mettere insieme quelli che sono i dettami
scientifici con quelle che sono le risorse realmente disponibili e quindi
arrivare a risultati raggiunti e non soltanto proclamati.
- Sono solo due piccoli
esempi ma direi che potrebbe essere interessante anche conoscere queste
realtà.
- Lancio un’idea che mi
viene in mente adesso: utilizziamo magari lo spazio dell’ANIARTI POINT,
che è abbastanza vasto, per diffondere queste informazioni, questi
aspetti positivi.
-
- Interviene Prof.Martinelli
-
- Sono
stato un po’ chiamato in causa, non mi sono mosso di qua perché, ve lo
dico proprio con molta sincerità, ero sicuro che avrei appreso qualcosa,
avrei sentito qualcosa di stimolante, avrei potuto recepire, da quelle che
sono state le relazioni e gli interventi, qualcosa di concreto e di pregnante.
- Intanto
questo percorso dell’accreditamento, che è un percorso estremamente
delicato, non lo si realizzi, non lo
si identifichi solo con l’area
critica!
- Non
perdiamo di vista il mare magnum di
tutto l’accreditamento di un
nosocomio, come si suol dire, e quindi incentrare l’attenzione in
maniera concreta, in maniera pregnante così come è stato fatto, credo
sia una cosa estremamente fatta bene.
- L’accreditamento
è da fare insieme, certamente da fare insieme, infermieri e medici in
maniera collegiale e collettiva.
- Perché
credo nell’accreditamento? Perché è un metro, è una maniera oggettiva
attraverso la quale si perde quella che è un po’ l’autoreferenzialità:
“io mi chiamo Martinelli, ho un centro di Rianimazione molto bello”…
e come fai a dirlo? Perché lo dico io? No, adesso vediamo un pochino di
perdere la nostra autoreferenzialità; credo che Fiamminghi si riferisse proprio a questo, a togliere
questa patina di autoreferenzialità, a dare in un certo qual modo, come è stato anche detto da alcuni
interventi molto belli e puntuali, quello che effettivamente è uno
strumento di misura che possa dire oggettivamente, criticamente, se
quell’ambiente funziona o deve migliorare; certamente dovrà migliorare!
- Vi
dico rapidissimamente questa mia esperienza: io sono il Direttore della
Scuola di Specialità di Anestesia e Rianimazione dell’Università di
Bologna.
- C’è
stato un istante in cui io volevo chiudere la Scuola di Specialità, perché
mi sembrava che qualche cosa stridesse, ma prima di chiudere mi sono
anch’io rivolto all’ISO-9000, a
quella certificazione attraverso la quale ho potuto vedere dove c’era la
possibilità di migliorare e di realizzare un qualcosa entro cui
confrontarmi, rispecchiarmi; quindi la scuola l’ho tenuta aperta.
- Ora
se è questo l’indirizzo, bella questa tavola rotonda, si vada avanti in
questi termini, coinvolgeteci!
- La
mia presenza qui c’è stata proprio perché, avendo visto questo
argomento, dico: facciamo insieme questa strada!
- E
poi chiedo a Di Giulio: molto
bello quello che lei dice, però vedo e ho avuto questa sensazione, se
sbaglio correggetemi, che tutto quel po’ che si è fatto fino adesso, è
stato fatto a livello personale, volontaristico, un pochino solo alcune regioni hanno dato qualche vagito, ma con un
silenzio del centro, lì dove si fanno le leggi e poi non arrivano i
decreti attuativi.
- Vi
ringrazio veramente per la gentile ospitalità e per quello che mi avete
dato oggi.
-
- Risposta Meris Fiamminghi
-
- Rispondo alla collega e spero di avere interpretato bene
l’intervento che hai fatto.
- Quello che io ho
detto non è decidere quali risultati vogliamo ottenere. Io ho detto
decidere quale servizio vogliamo erogare, è un po’ diverso, ed in ogni
caso ci è richiesto di rendere conto dei risultati che noi otteniamo, e
questo è il primo aspetto.
- Il secondo
aspetto è che esiste un modello ideale di erogazione dell’assistenza
infermieristica che sappiamo
perfettamente essere difficilmente realizzabile oggi in almeno il 95%
delle realtà organizzative
nelle quali ci troviamo ad operare.
- Con questo
voglio dire che non devono essere dimenticati da parte degli infermieri né i principi, né i
valori, né il modello ideale di assistenza infermieristica da erogare.
- Ciò che dico è
che in tutto questo movimento legato all’accreditamento, nel quale c’è un movimento forte sulle procedure e su una serie di cose si
deve diventare degli attori
protagonisti, senza rimanere delle comparse perché in ogni caso, collega, o lo facciamo noi o la fa qualcun altro per noi.
- E’ vero,
quello che abbiamo poteva essere fatto meglio, è vero che l’Australia, la Nuova Zelanda, l’Olanda non
sono partiti così, però è
vero che l’Italia è questa.
- Allora
l’Italia è questa, l’Italia ci chiede questo! Che cosa vogliamo fare di ciò che ci viene chiesto?
- E’ questo ciò
che io sto dicendo, qual è
il tipo di assistenza infermieristica che vogliamo erogare?
- Siccome non la
possiamo fare a 360° con i 14 bisogni, decidiamo e dichiariamo nelle
Carte dei Servizi quello che vogliamo erogare; poi ci mettiamo lì e
scriviamo : anzi prima di
scriverlo, è meglio farlo, perché una volta scritto il contratto va
onorato.
- Quindi prima di
scrivere nelle Carte dei Servizi che tipo di assistenza vogliamo erogare,
bisogna cominciare a guardare e a decidere che tipo di assistenza
infermieristica vogliamo
erogare, perché se noi eroghiamo solamente quella legata
all’applicazione di procedure diagnostico-terapeutiche va bene, però lo dobbiamo dire.
- Se vogliamo
possiamo aggiungere ulteriori elementi, il bisogno di privacy, piuttosto
che l’interazione, piuttosto che quella bella cosa che diceva Di Giulio
dell’ambiente super extra, per
cui uno anche se ha un cancro al polmone sta benissimo,
- Però decidiamo
cosa vogliamo fare, perché non abbiamo ne il tempo, né i soldi, né più
il fiato per riuscire a fare tutto.
- Perché chi ha
già provato io li vedo, ci
sono degli esempi lì in prima fila, chiedete quanto fiato hanno e quanta
corsa stanno facendo per fare
questo, perché per fare questo vuole dire che devi cambiare le ruote della macchina mentre la macchina va e le devi cambiare tutte
e quattro.
- Allora se le
dobbiamo cambiare tutte e quattro, decidiamo almeno dove deve andare la
macchina, che ci sia un qualche cosa di fisso.
- I risultati sono
comunque una cosa che deve essere resa disponibile, evidente; i risultati
li vedremo, le linee guida ci
aiutano a capire quali sono i risultati che possiamo perseguire o i
risultati attesi che ci attendiamo dalle cose, poi valuteremo lo scarto tra l’uno e l’altro e attiveremo le necessarie azioni di miglioramento.
- Questo è
l’accreditamento, e comunque ti assicuro che secondo me fa prima a
cambiare la cultura, che il modo di organizzare di lavoro degli
infermieri.
- Questo te lo
dico con un peso sullo stomaco terrificante e dico: ma qual è
il modo?
- Il modo è
girarsi come i guanti e capire che cosa vogliamo dare dell’assistenza
infermieristica.
- Da lì partire,
non da quello che si fa ,dal piano delle attività, perché il discorso è:
se noi capiamo che assistenza infermieristica vogliamo fornire, poi
valuteremo i risultati e comunque mentre guardiamo il piano delle attività
ci renderemo conto che alcune cose son da fare ancora ma altre non sono da fare più, e sono totalmente inutili, che
si fanno solo perché si è sempre fatto così e rappresentano il 30%
della spesa, dello spreco, su 10 miliardi sono tre miliardi, un infermiere
costa cinque milioni al mese, fate i vostri conti!!
- E’ questo che
sto dicendo, questo è il mio sgradevole ruolo su questo tavolo, io sono
qui e devo anche parlare di soldi!!
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