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Intraossea in emergenza: valutazione del consenso da parte degli infermieri

 

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Congresso Nazionale Aniarti 1999

ACCREDITAMENTO E CERTIFICAZIONE IN AREA CRITICA.

Bologna (BO), 10 Novembre - November 1999 / 12 Novembre - November 1999

» Indice degli atti del programma

Descrivere processi di assistenza in area critica basati sulla logica dell’evidenza scientifica infermieristica. Quale elemento fondante per i loro accreditamento.  

11 Novembre - November 1999: 09:00 / 12:00

Formazione dei parenti nella rianimazione cardio-polmonare   

I.P. Costagliola Alessandro ASL NA 1 Ospe. S.Paolo rep. Pediatria 

I.P. Marianna Sorrentino AORN e di Alta Specializzazione Osp. Santobono rep. Rianimazione 

I.P. Bencivenga Pasquale ASL NA 3 Osp. S. Giovanni di Dio Frattamaggiore rep. P.S. 

I.P. Costigliola Andrea ASL NA 1 Osp. Pellegrini Vecchio rep. Rianimazione 

V.I. D’Acunto Concetta ASL NA 1 Ospe. S.Paolo rep. Pediatria Del Reg. ANIARTI 

V.I. Romeo Teresa ASL NA 1 Ospe. S.Paolo rep. Pediatria 

 

Uno dei più grandi problemi della sanità pubblica è rappresentato dalle malattie cardiovascolari che costituiscono la più alta incidenza nel mondo della morte improvvisa. Basti pensare che negli USA ogni anno circa 500.000 morti sono da attribuire a questo tipo di patologia (American Heart Assocation, 1993). Ecco perchè l’importanza di addestrare personale qualificato e di educare pazienti e famigliari quando questi sono identificati come soggetti a rischio.

La sopravvivenza all’arresto cardiaco richiede:  

Ø Manovre immediate di RCP. 

Ø Supporto farmacologico rianimatorio 

Ø Defibrillazione 

Ø Adeguata ventilazione (Amey et al, 1976; Weawer et al, 1986).   

Visto che, circa il 70% di arresti cardiaci si verificano fuori da ambienti ospedalieri (Bossaert L et al, 1989; Sedgwick et al, 1993) ecco l’esigenza di un’adeguata educazione sanitaria. Circa cinquanta milioni di americani sono stati addestrati alle manovre di RCP attraverso un programma di addestramento, dando vita ad uno degli eventi di maggior successo nelle campagne di educazione sanitaria (Em Card Care Committee 1992). Lo scopo del lavoro è quello di analizzare il vissuto dei pareti di persone a rischio di rianimazione cardiopolmonare, dopo un corso di RCP. Vengono per questo presentati e commentati due studi di recente pubblicazione che hanno affrontato questo aspetto. Nello studio di Dracup et al, (1997) sono state selezionate 337 coppie di pazienti tra i 25 e gli 80 anni a rischio per arresto cardiaco, con un famigliare, che risiedeva con loro e non fosse portatore di malattie cardiovascolari problemi psichici.I pazienti reclutati avevano un’età media di 63 anni, il familiare, prevalentemente una donna un’età media di 59. Gli ammalati erano prevalentemente impiegati, i familiari prevalentemente casalinghe. Le coppie sono state randomizzate a 4 gruppi:    

  • Gruppo di controllo 
  • Gruppo di addestramento alla RCP con interventi di supporto sociale  
  • Gruppo di addestramento alla RCP con educazione sui fattori di rischi cardiaci

  •  Gruppo di addestramento solo per manovre di RCP.

Il gruppo, quello di controllo completava solo dei questionari, ma i membri famigliari non partecipavano ad interventi educativi.I gruppi di addestramento alla RCP ricevevano tutti lo stesso tipo di insegnamento da un infermiere specializzato con diploma in Basic Life Support (BLS), in classi con 2- 6 persone.Pazienti e familiari visionavano una cassetta con una sequenza di rianimazione cardiopolmonare: potevano interrompere e fare domande in qualunque momento. L’istruttore dava dimostrazioni su un manichino, seguito poi dai partecipanti. Al termine della lezione seguiva un’ulteriore dimostrazione da parte dell’istruttore e da quattro cicli ininterrotti da parte dei partecipanti.   Prima, durante il programma di addestramento e dopo 2 settimane, tre mesi e sei mesi dalla conclusione dall’addestramento, tutti completavano dei questionari per valutare l’apprendimento e lo stato psicologico. Venivano valutati ansia, depressione, ostilità ed adattamento psicosociale alla malattia.  Non sono state osservate differenze significative dello stato emozionale dei membri delle famiglie nei quattro gruppi. E il risultato invece diverso l’adattamento psicologico ed emozionale: i pazienti, i cui famigliari avevano imparato nozioni di RCP con intervento di supporto sociale, avevano un adattamento psicologico migliore, meno ansia ed ostilità dei pazienti degli altri gruppi. I pazienti di controllo avevano un migliore adattamento psicologico e minore distress emozionale rispetto ai gruppi 3 e 4. Un altro studio degli stessi autori (Dracup et al, 1998) sulla formazione dei genitori di bambini ad alto rischio di arresto cardiopolmonare aveva i seguenti obiettivi: 

  1. Definire se genitori e operatori d’infanzia potessero imparare la RCP con successo; 
  2. Identificare le caratteristiche dei genitori e degli operatori che inducono ad un difficile apprendimento della RCP; 
  3. Paragonare i risultati di diversi protocolli per la formazione alla RCP.

Quasi tutte le morti improvvise di bambini a rischio di arresto cardiopolmonare (ACP) avvengono a casa (Hickey et al, 1995; Innes et al, 1993) ed esiste una relazione inversa tra la sopravvivenza e il tempo che intercorre tra ACP e l’inizio della RCP (Eisenberg et al, 1983). Riconoscendo questi dati il personale sanitario che lavora nel NICU (Unità Cardio Intensiva Neonatale) raccomanda fortemente che i genitori imparino a praticare la RCP prima della dimissione del loro bambino (Hameides, 1987) La ricerca è stata condotta in 5 ospedali dell’area metropolitana, su 484 genitori e operatori d’infanzia, di bambini ad alto rischio di ACP considerando come tali i prematuri meno di 38 settimane di gestazione oppure basso peso alla nascita meno di 2500 gr. e che avessero presentato almeno un episodio documentato di apnea o bradicardia, anomalie gastro-intestinali, anomalie cardiache congenite, sindrome da distress respiratorio. I genitori erano informati che la RCP sarebbe stata insegnata come parte di uno studio per valutarne il modo migliore di insegnamento. I genitori reclutati avevano un’età tra 21 ed i 37 anni, 9-15 anni di scolarità, appartenevano a gruppi etnici diversi. Potevano essere assegnati ad uno dei tre corsi: 

 

  1. RCP con istruttore didattico 
  2. RCP con istruttore didattico con gruppo sociale di supporto 
  3. RCP con ausilio con mezzi audio-visivi 

  

Su 480 genitori, 301 (63%) applicarono con successo la RCP subito dopo la formazione, mentre 179 (37%) non ci riuscirono. I genitori che avevano imparato più facilmente avevano scolarità e reddito più elevati e probabilmente avevano già frequentato un corso per RCP; avevano anche un peggior adattamento psicosociale alla malattia del loro bambino. Genitori emotivamente stressati per la nascita di un bambino o prematuro o ad alto rischio sono motivati ad imparare perchè soggetti ad emergenze potenziali. Sono risultate più efficaci per l’apprendimento le classi con istruttore, con una percentuale di successo del 73. mentre nella sezione con mezzi audio-visivi solo il 38% impara a praticare bene la RCP. Nel 1993 in scozia il comitato Scottish Heart Service Adrisory ha suggerito di introdurre istruzione alla RCP come parte integrale di programmi di riabilitazione Cardio-polmonare. Visto che i precedenti programmi di RCP non avevano avuto successo, in quanto i familiari dei pazienti affetti da patologie cardiache probabilmente non tentavano manovre di RCP quando si verificava l’evento, perché non capaci di riconoscere l’emergenza né di prendere iniziative alle manovre rianimatorie (Pane et al, 1989). A 45 centri di riabilitazione cardiopolmonare scozzesi è stato inviato un questionario che aveva come obiettivo descrivere i programmi di riabilitazione e in che modo essi venivano erogati, come venivano percepiti, e le ragioni per le quali in alcuni centri non veniva fornita l’istruzione alla RCP (Richardson e Lie, 1999).  Sono stati restituiti 41 questionari. Hanno risposto per il 68% (28) infermieri professionali e per il 32% (13) terapisti della riabilitazione il 78% (32) dei programmi di riabilitazione sono offerti da ospedali e il 22% (9) offerti da istituzioni sul territorio, 31 centri erano gestiti da personale qualificato ad addestrare alla rianimazione cardiopolmonare (RTO: Resuscitation Training Officer, Responsabile di Addestramento Rianimazione) figura professionale abilitata a fornire procedure di BLS e responsabile di procedure rianimatorie e di sorveglianza all’interno di una struttura ospedaliera.   I pazienti cui venivano offerti i programmi riabilitativi erano per la maggioranza (39 Centri) pazienti post-infartuati; negli altri due centri pazienti post-cardiochirurgici. Alcuni dei programmi includevano una componente di educazione sanitaria, una componente addestramento pratico, altri usavano il manuale di Heart (Pratica di autoapprendimento) ed altri ancora trattamenti anti-stress. La maggior parte di programmi dava informazioni alle famiglie sui fattori di rischio cardiovascolare e sui sintomi di allarme di un arresto cardiaco e come avere accesso ai servizi di emergenza. Solo 15 centri includevano nei loro programmi di riabilitazione l’addestramento alla RCP.  Gli altri centri non prevedevano questo addestramento soprattutto per mancanza di fondi e personale qualificato. I 15 programmi riabilitativi includevano istruzione alle manovre di RCP fornite alle famiglie. La più alta incidenza di successi nell’addestramento alla RCP è stata ottenuta da un programma ospedaliero di 4 anni rivolto a 30 candidati per anno. La più bassa invece da un programma svolto solo su richiesta 

Conclusioni e osservazioni: 

 Nella realtà i medici non raccomandano l’istruzione alla RCP ai familiari dei pazienti, per il timore di provocare sia che sia negli uni che negli altri uno stress emotivo (Dracup et al, 1994; StLouis et al, 1982) I risultati più soddisfacenti si sono avuti invece nell’intervento rivolto ai genitori di piccoli pazienti, dove la maggioranza ha imparato con relativa facilità le manovre di RCP. I programmi svolti negli ospedali (Thomson 1996; Jowett e Thompson 1989) sono più efficaci rispetto a quelli affidati ad istituzioni sul territorio, e l’istruzione alla RCP ha maggior successo quando affiancata da un supporto sociale, consistente in un aiuto rivolto alle famiglie e ai genitori, per ridurre i sentimenti e le responsabilità derivanti dall’esito dell’emergenza. E’ importante quindi integrare le manovre di RCP nei programmi di riabilitazione. Per ottenere il miglior risultato possibile, vengono date alcune raccomandazioni: 

· coinvolgere nei programmi maggior numero di pazienti a rischio; 

· aumentare il numero dei programmi; 

· addestrare ed aumentare gli infermieri addetti alle pratiche della RCP ; 

· adeguata dotazione delle risorse da destinare ai programmi 

   Crediamo che istruzioni alle manovre di RCP rivolte alla comunità sia un giusto indirizzo per la salvaguardia della salute pubblica.Anche noi potremmo attuare questi programmi nei nostri ospedali e risulta evidente che ciò interessa molto da vicino noi operatori dellíarea critica, perchË anche se tale piano prevede un intervento multidisciplinare emerge comunque il ruolo centrale dell’infermiere in questo tipo di formazione. In Italia le norme legislative ci sono e noi abbiamo acquisito specializzazioni tali da mettere in atto quanto detto: il mondo sanitario Ë nostro, ci appartiene, fa parte di noi quindi diamoci da fare.

Bibliografia 

Amey BD, Harrison EE Straub EY. Sudden cardiac death - a retrospective and prospective study. J Am Coll Eime Physicians 1976; 5 : 429 - 433     

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Bossaert L, van Hoeyweghen R. Bystander cardiopulmunary resuscitation (CPR) in out-of-Hospital cardiac arrest. Resuscitation 1989;17:857-869   

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Jowett NI, Thompson D, Comprehensive coronary Care . London: Scutary Press, 1989   

Innes PA, Summers CA, Boyd IM, et all: Audit of paediatic cardiopulmonary Resuscitation. Arch Dis Child 1993; 68: 487-491.    

Pane GA, Salness Ka, Targeted. Recruitment of Senior citizens and cardiac patients to a mass CPR training course. Ann Emerg med 1989; 18 : 152 -154   

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