La
farmacologia nella rianimazione cardiopolmonare
Walter
Favero (Azienda Ospedaliera
Padova)
Maria
Benetton (Azienda Usl 9 Treviso)
Luca
Rizzo (Azienda Usl 9 Treviso)
Giulia
Salvadori (Studente D.U. Azienda
Ospedaliera Padova)
Obiettivi: L’obiettivo
principale di questa particolare relazione è di porre
l’attenzione sia sulle conoscenze attuali, sia sulle “novità”, emerse
da una analisi bibliografica.
Eviteremo di dare specifiche linee guida sull’utilizzo di questi farmaci,
non si daranno neppure risposte certe, ma anzi, verranno posti ulteriori
interrogativi come “stimolo” per la ricerca di nuove conoscenze.
Premessa: Oltre
ad avere già conoscenze inerenti a:
· la conservazione,
· la diluizione,
· le vie di somministrazioni,
· le interazioni con altri farmaci o soluzioni,
la
competenza infermieristica deve configurarsi non solo come il garantire una
corretta somministrazione, ma è anche la conoscenza dell’azione del
farmaco, del suo uso secondo linee guida internazionali, del riconoscimento di
eventuali effetti collaterali. Al giorno d’oggi, confrontarsi sulla
conoscenza specifica permetterà
di porci sempre più come soggetti attivi inseriti nei vari team e sistemi
della struttura sanitaria, i quali verranno sottoposti a certificazione ed
accreditamento. Partendo dal presupposto che ogni farmaco usato in particolari
condizioni patologiche può essere considerato salvavita, i farmaci presi in
considerazione sono quelli relativi alle procedure della specifica
Rianimazione Cardio Polmonare (RCP) nell’adulto.
Metodologia: La metodologia usata è quella dell’analisi retrospettiva con
valutazione della bibliografia prodotta a livello internazionale e comparsa
nelle principali riviste scientifiche.
Descrizione: Già nel 1938 un Regio Decreto prevedeva che nelle varie farmacie fossero obbligatoriamente
presenti una serie di farmaci. In questa lista già comparivano alcuni dei
numerosi farmaci usati nella Rianimazione Cardio Polmonare (R.C.P.)
L’attuale linea guida sull’utilizzo dei farmaci salvavita, compare sui
protocolli ACLS (Advance Cardiac Life Support) dell’American Heart
Association:
Attuale
farmacologia ACLS Novità farmacologiche
· Ossigeno Vasopressina
· Atropina Endotelina 1
· Adrenalina/Epinefrina Ormoni tiroidei
Agenti
Antiaritmici
· Lidocaina Amiodarone
· Procainamide
· Bretilio
· Verapamil
e Diltiazem
· Adenosina Aminophillina
Miscellanee
· Magnesio
· Bicarbonato
· Morfina
· Cloruro
di calcio
· Liquidi
(colloidi e cristalloidi)
Ossigeno:
Atropina: L’atropina solfato è un farmaco parasimpaticolitico che aumenta
sia l’automatismo del nodo del seno sia la conduzione atrio ventricolare
attraverso la sua azione vagolitica diretta (1). Non ha una azione
diretta del trattamento dell’A.C. ma può migliorare la prognosi di quei
pazienti in bradi-asistolia, dovuta ad una eccessiva stimolazione vagale (2).
Dose:
la dose è di 1 mg ev ripetibile ogni 3-5 min. fino ad un max di 3 mg (1,18,19).
Un articolo riporta come nel caso di asistolia si possa somm.re il massimo
dosaggio consentito in una singola dose (19). Non subisce
variazioni di effetto/efficacia anche se conservato ad alte/basse temperature
(10).
Adrenalina/Epinefrina: I termini indicano una stessa sostanza chiamata però epinefrina nel mondo anglosassone ed adrenalina nel resto della letteratura Europea ed Italiana. Il principio attivo è stato così chiamato da Abel nel 1899 (7). E’ una catecolamina naturale con attività alfa e beta adrenergica (1,2,3,4,5,6). Il principale effetto è una vasocostrizione periferica che porta ad un miglioramento della pressione di perfusione coronarica e cerebrale(8); determina inoltre una maggiore suscettibilità della fibrillazione ventricolare alla defibrillazione (1). Sperimentalmente negli animali, migliora l’indice di efficacia della rianimazione. Nella disanima bibliografica emerge che la dose standard nell’adulto (1 mg. ripetibile ogni 3/5 m’), non si calcola sul dato del peso corporeo, in quanto le dimensioni del cuore sono pressochè simili in soggetti adulti di diversa corporatura (1). Non c’è evidenza clinica che l’adrenalina/epinefrina migliori la sopravvivenza o il recupero neurologico, indipendentemente dalla dose usata (dose standard o iperdosaggio).
Overdose: Non sembra esistere un reale pericolo all’overdose da adrenalina, ma ricordiamo che nessun farmaco può essere dato senza alcun rischio ed è di difficile prova la determinazione di risultati avversi a causa di sovradosaggio.
Vie di Somministrazione: Il farmaco ha una buona biodisponibilità con la corretta somministrazione endotracheale che avviene con diluizione con soluzione fisiologica per un volume totale di 10 ml affinché raggiunga, con una ventilazione forzata, l’albero bronchiale per un massimo assorbimento (1,18,19). Pur non nota la dose ottimale per questa via, si consiglia un suo aumento di 2-2,5 volte rispetto alla somministrazione endovenosa. La somministrazione per via intraossea dà buoni risultati in termini di efficacia senza modifiche della dose. La via intracardiaca viene presa in considerazione solo durante il massaggio cardiaco a torace aperto e se non disponibile un’altra via (1).
Precauzioni: Cautela va usata prima di somministrarla a pazienti il cui l’A.C. sia associato ad abuso di solventi, cocaina ed altre droghe simpaticomimetiche. Si neutralizza in ambiente alcalino (ad esempio a contatto con il bicarbonato di sodio) per autossidazione, anche se la somministrazione a bolo o in infusione rapida riduce notevolmente questo rischio (1).
Conservazione: In uno solo degli articoli analizzati si evidenzia sperimentalmente come la stabilità del farmaco, comparata con un campione di controllo, rimanga inalterata ad esposizioni a temperature tra i -20°C e +70°C (10). Nella rimanente bibliografia vi è la raccomandazione di conservare al riparo dalla luce(4) e dall’aria, e solo nella Farmacopea Italiana, confermato poi anche dalle Ditte Produttrici, c’è l’obbligatorietà della conservazione a temperature non superiore ai 15°C (3).
LE
NOVITA’
Vasopressina: E’ uno dei più importanti ormoni peptidici prodotti dal sistema ipotalamo neuroipofisario (18). Una recente analisi della normale risposta dell’ormone dello stress durante e dopo RCP, ha trovato valori di vasopressina endogena elevati in pazienti in A.C.. Con questa informazione i ricercatori sono partiti con studi che potessero comparare gli effetti dell’adrenalina/epinefrina con quelli della vasopressina (11). Oltre alle sue conosciute proprietà la vasopressina è un potente vasocostrittore che aumenta la pressione arteriosa (PA) e la resistenza sistemica vascolare, diminuisce l’output cardiaco, il consumo di ossigeno del ventricolo sinistro, la frequenza cardiaca e la contrattilità miocardica.(11,18). Sperimentalmente negli animali si ha un significativo aumento della pressione della perfusione coronarica indotta e un flusso sanguigno verso organi vitali, in particolare cuore e cervello, comparabili con un livello ottimale di adrenalina/epinefrina. Inoltre l’ossigenazione del tessuto cerebrale sembra essere di gran lunga maggiore rispetto all’uso dell’epinefrina. L’utilizzo della vasopressina quale ultima risorsa nei casi di A.C. (9), ha, al momento, evidenziato una significativa riuscita delle manovre rianimatorie, con una sopravvivenza a 24 ore di una gran parte dei pazienti trattati. La farmacocinetica risulta ancora sconosciuta Sino a quando non saranno disponibili altri dati, le linee-guida correnti dovrebbero includere la vasopressina almeno come farmaco di seconda scelta (11). Secondo i ricercatori studi futuri dovranno valutare la dose appropriata, la combinazione con adrenalina/epinefrina ed effetti a lungo termine sugli indici di sopravvivenza dei pazienti che hanno subito un A.C. Negli articoli esaminati non sono stati trovati riferimenti rispetto alla dose singola, alla dose massima, alle complicanze da overdose od altro relativo all’uso di questo farmaco durante R.C.P
Endotelina 1: Peptide prodotto dalle cellule endoteliali vascolari. Nell’uomo l’attività dell’endotelina include effetti sulle cellule muscolari lisce vascolari e contrazione nelle vie aeree. I modelli animali mostrano una transitoria vasodilatazione seguita da vasocostrizione, una soglia minore alla fibrillazione, un prolungato miglioramento, anche se ritardato, della funzione ventricolare sinistra ed un possibile ruolo nell’ipertrofia miocardica. Sebbene l’endotelina 1 sia uno dei più potenti vasocostrittori, scarni lavori sono stati prodotti per esaminare il suo reale effetto nell’arresto cardiaco. Uno studio ha misurato il livello di endotelina plasmatica nell’arresto cardiaco ed inaspettatamente non si trovarono livelli di sostanza. Ciò fa pensare che a bassi livelli di endotelina corrispondano scarsi risultati finali (11). Non abbiamo riferimenti sulla reale possibilità di utilizzo di questa sostanza.
Ormoni tiroidei: Alcuni studi hanno esaminato il ruolo degli ormoni tiroidei negli animali dimostrando un ridotto livello circolatorio degli stessi sia durante l’A.C., che durante la rianimazione. Dopo questa considerazione un recente studio retrospettivo ha evidenziato come nei pazienti. dimessi dall’ospedale dopo A.C. risultassero alterati i valori ematici degli ormoni tiroidei. La conclusione dei ricercatori è stata che questi ormoni possano giocare un ruolo nell’eziologia dell’A.C., nella prognosi o in entrambe(11).
AGENTI ANTIARITMICI
Negli agenti antiaritmici sono presenti vari farmaci che le linee guida internazionali collocano in classe IIa cioè “accettabili di probabile beneficio”. Le linee guida dell’ European Resuscitation Council (ERC) raccomandano dodici defibrillazioni prima di prendere in considerazione l’utilizzo di qualsiasi farmaco oltre all’adrenalina; successivamente i farmaci che possono essere presi in considerazione sono gli agenti antiaritmici.
Lidocaina: E’ il primo antiaritmico consigliato nel trattamento della tachicardia ventricolare (VT) senza polso e fibrillazione ventricolare (VF) refrattarie allo shock elettrico e all’adrenalina (2,11). Il dosaggio consigliato è da 1 a 1,5 mg./kg in bolo fino ad una dose massima di 3 mg:/kg. Come per altri farmaci può essere somministrata tramite via endo-tracheale ma il dosaggio deve essere aumentato di 2/2,5 volte rispetto la via endovenosa aggiungendo poi una ventilazione forzata. Anche la via intraossea può essere utilizzata. Non vi sono riferimenti per quanto riguarda la via intracardiaca. Si rilevano, inoltre, molti effetti collaterali(1,18).
Considerazioni: E’ stato ed è il farmaco più usato nella prevenzione e nel trattamento della VF. La sua preminenza è basata sull’efficacia percepita e sulla relativa sicurezza. Entrambe queste affermazioni però sono state messe in dubbio (13). In alcuni studi si è dimostrato che essa riduce la propensione a sviluppare una fibrillazione ventricolare; altri studi, dai risultati contrastanti, mostrano che la lidocaina può anche innalzare la quantità di energia utile per interrompere una fibrillazione ventricolare e cioè può incrementare la soglia di defirillazione (1,8). In una analisi retrospettiva comparativa di pazienti che hanno ricevuto lidocaina ed altri che non l’hanno ricevuta (durante una VF con conversione a ritmo sinusale) nessuno dei due trattamenti ha evidenziato un incremento della sopravvivenza alla dimissione. In un altro studio retrospettivo sul suo uso nella rianimazione extra ospedaliera per fibrillazione ventricolare, in cui i paramedics erano autorizzati alla somm.ne secondo protocollo, si è dimostrato un significativo contributo della lidocaina alla sopravvivenza (12). Solo uno studio randomizzato, un esperimento controllato con placebo sarà in grado di dare una risposta attendibile alla domanda: “la lidocaina serve?” (12). Non subisce variazioni di effetto/efficacia anche se conservato ad alte basse temperature (10).
Procainamide: Usato quando la lidocaina non è in grado di interrompere gravi aritmie ventricolari. Raramente usato per trattare la fibrillazione ventricolare perché necessita di un lungo tempo per la somministrazione(1,18). Nella maggior parte del territorio italiano è un farmaco poco conosciuto e poco presente.(testo acls)
Bretilio: Già più conosciuto e più presente rispetto alla Procainamide E’ indicato nel trattamento della fibrillazione e della tachicardiaventricolare refrattarie a shock elettrico, adrenalina e lidocaina(1,2,8,18). E’ un farmaco di seconda scelta rispetto alla lidocaina, e può provocare effetti emodinamici sfavorevoli durante la RCP.
Verapamil e Diltiazem: Sono farmaci usati nelle tachicardie sopraventricolari(1,18). Agiscono sui canali lenti della muscolatura liscia cardiaca e vascolare, inibendo l’ingresso del Ca. Per la loro specifica azione, le particolari dosi ed i particolari tempi di somm.ne non possono essere considerati farmaci utili nella specifica R.C.P., se non come preventivi all’A.C.
Adenosina: Nucleotide purinico endogeno (1,18). Il farmaco, con emivita di 10 sec. e rapidamente sequestrato dai globuli rossi, è utile nel ripristinare il ritmo sinusale nei pazienti con tachicardia parossistica sopra ventricolare. Anche questo, non può essere considerato utile alla RCP se non come eventuale preventivo all’A.C. Presenta numerose interazioni con altri farmaci, in particolare ricordiamo l’antagonismo con l’aminofillina (8).
LE
NOVITA’
Amiodarone: Viene riportato come nuova possibilità di uso in quanto la sua efficacia di farmaco antiaritmico è stata comparata al Bretilio (8,11,18). Pur essendo entrambi efficaci, l’amiodarone è meglio tollerato emodinamicamente. In alcuni studi si è cominciato a prendere in considerazione l’uso di questo farmaco come sostituto della lidocaina, e sembra che la somministrazione endovenosa di amiodarone giochi un ruolo importante nel trattamento di fibrillazione e tachicardia ventricolare refrattarie che non rispondono alla lidocaina, al procainamide, al bretilio (2). Gli effetti collaterali sono la vasodilatazione e gli effetti inotropi negativi quali ipotensione ed in misura molto limitata bradicardia, blocco atrio-ventricolare e arresto cardiaco. La sua somministrazione nelle indicazioni sopra citate è approvata dalla Food And Drug Administration (11).
Aminofillina: Antagonista dell’adenosina (11,18), potrebbe avere un
potenziale terapeutico nel trattamento dell’A.C. ma non è inclusa nelle
linee guida di ACLS ne’ dell’ERC né dell’American Heart Assaociation (AHA.)
(11) Abbiamo esaminato un articolo in cui viene riportato il successo di
una RCP dopo somministrazione di aminofillina, farmaco dato però in dose
importante (bolo di 250 mg). In precedenza il soggetto era stato trattato con
defibrillazione e farmaci secondo linee guida ufficiali, senza risultati
apprezzabili1 (14). I ricercatori segnalano comunque di utilizzare
l’aminofillina come ultimo farmaco qualora fallisse ogni altro tentativo,
dato che non è stato provato un nesso causale tra somministrazione di aminofillina e ripristino della circolazione
spontanea (11). Uno studio randomizzato del 1994 negli animali non
dimostra un reale beneficio del farmaco nella RCP (20).
MISCELLANEE
Magnesio: E’ noto che la carenza di Mg si associa ad una maggiore frequenza di aritmie cardiache, insufficienze cardiache, infarto miocardico e morte improvvisa (1,2,8,9). L’ipomagnesiemia deve essere corretta perché può scatenare una VF refrattaria; alcune metanalisi hanno dimostrato che la somministrazione di Mg. ha portato a riduzioni di oltre il 50% di AC, VF, VT ed aritmie (1). Particolare effetto benefico nella “torsione di punta”
Dosi: Nella VF bolo veloce di 1-2 gr di MgSO4 ; nella VT stesso dosaggio però diluito e somm.to in 1-2 min.;nella torsione di punta fino a 5-10 gr.
Bicarbonati:Nell’AC di breve durata, ventilazione adeguata ed efficaci compressioni toraciche limitano l’accumulo di CO2. Un sufficiente ripristino del flusso ematico combatte l’acidosi ipercapnica e metabolica eliminando la CO2 e metabolizzando il lattato; per questo nelle prime fasi della RCP le soluzioni tampone non sono necessarie (1,8,16). Il sodio bicarbonato è stato usato per più di 50 anni nelle molte forme di acidosi metabolica, diventando una routine. Gli studi effettuati hanno dimostrato vari effetti negativi derivati dalla sua somministrazione: ipercapnia venosa con aumento della CO2 del sangue venoso misto, diminuzione del ph intracellulare dei tessuti e del liquido cerebro-spinale, congestione circolatoria, ipersodiemia, iperosmolarità con danno cerebrale (15). Nei pazienti in AC non è stato dimostrato che il bicarbonato migliori il ph arterioso. Comparando due gruppi di pazienti dei quali ad uno veniva somministrato il sodio bicarbonato, ed un altro a cui non veniva dato, il pH arterioso rimaneva invariato o non si evidenziava un netto decremento dell’acidosi. Il ruolo dei sistemi tampone nella RCP è ancora incerto; in attesa di ulteriori studi si suggerisce che l’uso dei tamponi sia limitato alla severa acidosi (pH inferiore a 7,1 e BE inferiori a –10), oppure a speciali situazioni come l’AC associato a iperpotassiemia o overdose di antidepressivi triciclici (19).
Dose: inizialmente è indicata la dose di 50 mEq di soluzione all’8,4% e successive somministrazioni dipendenti dalla situazione clinica e dai risultati dell’emogasanalisi.
Precauzioni: in presenza di bicarbonato di sodio non va utilizzato il calcio cloruro in quanto si otterrebbe la precipitazione del composto (1). Alcune società scientifiche raccomandano che il sodio bicarbonato sia classificato come “Raccomandazione III”: inappropriato, senza evidenza scientifica di efficacia (15).
Cloruro di calcio: Il meccanismo d’azione è dato dagli ioni Calcio che aumentano la forza contrattile del miocardio (1,2,18). Nonostante questo vantaggio, studi retrospettivi e prospettici eseguiti nell’AC non hanno dimostrato benefici riferiti al suo uso, anzi teoricamente elevati livelli di calcio potrebbero essere dannosi (1). Il calcio è probabilmente utile se è presente iperpotassimia o ipocalcemia o tossicità da calcioantagonisti; in altri casi non dovrebbe essere usato (1).
Precauzioni: In presenza di bicarbonato di sodio i sali di calcio precipitano come carbonato e pertanto non possono essere somministrati contemporaneamente (1).
Liquidi: Colloidi Cristalloidi Pur non essendo considerati nelle pubblicazioni come farmaci d’urgenza abbiamo comunque voluto inserire e ricercare bibliografia in quanto sono comunque usati nel momento rianimatorio, sia per sostenere il circolo che per veicolare i farmaci. La letteratura riporta come rianimazioni condotte con l’uso di colloidi rispetto ai cristalloidi, siano associate ad un incremento del rischio di mortalità del 4% (17). Inoltre anche per particolari tipologie di pazienti, come gli ustionati, non c’è evidenza sull’effetto benefico dei colloidi. Dal momento che i colloidi non sono associati ad un miglioramento della sopravvivenza e sono considerevolmente più costosi, è difficile giustificare il loro uso continuato al di fuori di prove randomizzate nel trattamento dei pazienti particolarmente gravi. La ricerca è ancora in corso; i colloidi sono comunque raccomandati in molte linee guida e negli algoritmi della gestione intensiva.
CONCLUSIONI
Nella
disamina effettuata sono risultati alcuni punti importanti quali:
1) per nessun farmaco usato in urgenza c’è una reale evidenza scientifica;
2) anche se nessun farmaco può essere dato senza alcun rischio, è
difficile provare un eventuale danno da overdose;
3) esiste una reale difficoltà nell’eseguire studi randomizzati, sia
legata a motivi clinici che a motivi etici.
Sebbene
siano state tenute molte conferenze sulla RCP e siano state fatte revisioni
alla ACLS sono stati fatti piccoli progressi nelle opzioni farmacoterapeutiche.
Il bisogno di migliorare l’approccio farmacologico è però chiaro.
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