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Congresso Nazionale Aniarti 1999

ACCREDITAMENTO E CERTIFICAZIONE IN AREA CRITICA.

Bologna (BO), 10 Novembre - November 1999 / 12 Novembre - November 1999

» Indice degli atti del programma

 

11 Novembre - November 1999: 14:30 / 16:30

Alcune curiosità sulla rianimazione cardiopolmonare

Patrizia Abis

Infermiera - Azienda USL n° 8 Cagliari -

M.Cristina Palla

Infermiera - Azienda USL 8 Cagliari -

In questo lavoro non viene affrontato un tema specifico ma alcune curiosità su aspetti diversi della rianimazione cardiopolmonare, in base a quanto emerge dalla letteratura più recente. I temi che proponiamo pertanto non hanno una sequenza logica ma fanno il punto o pongono riflessioni e domande.

EFFETTO DELLA FATICA SULLA PERFORMANCE

Un soccorritorre che continua a massaggiare il paziente per 10 minuti esegue compressioni efficaci? questa è la domanda cui hanno tentato di rispondere Ochoa e coll. (1998). Lo studio aveva l’obiettivo di evidenziare:

1) L’influenza della fatica del soccorritore sulla qualità delle compressioni toraciche.

2) La capacità del soccorritore di riconoscere gli effetti della fatica.

3) La possibile influenza di sesso, età, peso, altezza, professione del soccorritore sulla riduzione della performance.

Sono stati osservati 38 soccorritori (20 donne e 18 uomini) di età compresa tra i 25 e i 45 anni, precedentemente addestrati alla R:C:P. (rianimazione cardiopolmonare) con corsi di A.C.L.S. C’erano 15 medici, 15 infermieri e 8 residenti, non appartenenti al settore sanitario. I soccorritori rianimavano il manichino Resusci Anne che registrava : il numero di compressioni applicate per minuto; la profondità della depressione sullo sterno; la localizzazione. Ogni partecipante doveva effettuare le compressioni toraciche per 5 minuti e doveva informare il ricercatore nel preciso momento in cui pensava che la fatica stesse condizionando la qualità e il numero delle compressioni toraciche (Tab.1). Lo studio ha evidenziato:

· una importante riduzione della percentuale di compressioni toraciche corrette con il procedere della C.PR ( 79,7% nel primo minuto, 24,9% nel secondo minuto)

· nessuna riduzione della performance tra professionisti (medici infermieri) nè tra sessi

· nessuna variazione significativa per la qualità del massaggio in relazione a peso, altezza, età

Il 76% dei partecipanti non era capace di identificare quando le compressioni erano inadeguate. Questo studio conferma quanto già affermato nel 1995 da Higtower e coll. (1995) i quali affermavano che la fatica del soccorritore si verifica prima dei 6 secondi di compressioni toraciche. Il soccorritore riconosce l’inizio della fatica 2 minuti più tardi. Di conseguenza in questa fase di rianimazione le compressioni toraciche possono essere inefficaci. The Royal College of General Practitioners inglese ha suggerito che per un supporto circolatorio efficace è necessario che almeno il 70% delle compressioni siano corrette. Nel corso di una reale RCP ogni soccorritore normalmente, prima di chiedere la sostituzione, continua ad effettuare le compressioni per diversi minuti. Nonostante alcuni limiti della sperimentazione (legati al numero esiguo di partecipanti), i risultati ottenuti suggeriscono ai leaders dei team di CPR di chiedere la sostituzione dopo 1 minuto di compressioni, indipendentemente dalla percezione di stanchezza.

TAB. 1

Minuti

Compressioni corrette

Compressioni con insuff. Profondità

Compressioni con scorretta localizzazione

Totale nr. di compressioni

1

79,7

17,2

2,9

95,2

2

24,9

72,7

2,4

91,1

3

18

79,2

2,8

90,7

4

17,7

81,3

1,1

75,8

5

18,5

81,5

1,5

68,8




SOSPENSIONE DELLA RIANIMAZIONE SU PAZIENTI IN ARRESTO CARDIACO PERSISTENTE.

Nonostante i progressi fatti nel campo dell'emergenza, la rianimazione dei pazienti in arresto cardiaco in ambito extrospedaliero rimane ancora un insuccesso nella maggior parte dei casi , tanto che spesso l'operatore si trova suo malgrado nella condizione di dover decidere se sospendere i tentativi senza esito. Un indagine condotta in Germania (Mohor et al, 1997) attraverso un questionario si è posta i seguenti obiettivi :

1. Valutare per quanto tempo i medici dell'emergenza continuano una RCP (Rianimazione CardioPolmonare) senza successo in un paziente in arresto cardiaco non traumatico.

2. Identificare i criteri concernenti la decisione di sospendere la RCP in ambiente extraospedaliero.

Il questionario, somministrato ai membri di una associazione di medici di emergenza della Germania del nord (AGNN), è stato restituito solo da 409 persone (39.6%).

Dopo quanto tempo interrompi la rianimazione senza successo?

20 minuti 20%

30 minuti 32%

45 minuti 31%

60 minuti 12%

>60 minuti 4%

Il 19% non si assume la responsabilità di smettere

La maggioranza, il 65%, non prosegue la rianimazione oltre i 45 minuti. I medici con esperienza inferiore ad un anno fanno durare la rianimazione da 30 a 45 minuti; quelli con esperienza da uno a cinque anni era favorevole a far durare la rianimazione al massimo 30 minuti. Ad una maggiore esperienza in emergenza corrisponde quindi una minore durata di tentativi rianimatori inefficaci. Gli sforzi rianimatori dovrebbero essere interrotti quando la RCP è stata applicata per un tempo appropriato senza il ripristino del circolo spontaneo. La ERC (Consiglio Europeo di Rianimazione)e la AHA (Associazione Americana di Cardiologia) non raccomandano nessun limite di tempo.

Da quali criteri dipende la tua decisione di sospendere la rianimazione?

Tracciato ECG 90%

Pupille dilatate 78%

Mancanza di riflessi cerebrali 31%

Temperatura corporea 12%

Sospetta intossicazione da droghe 8%

Per il 90% la decisione di sospendere la rianimazione è basata sul tipo di tracciato ECG alla fine della rianimazione: in presenza di asistolia resistente a terapia, fibrillazione ventricolare persistente e dissociazione elettromeccanica la riaminazione viene sospesa.

Quale ulteriore criterio ha effetti sulla decisione di sospendere la rianimazione?

Malattie preesistenti 92%

Intervallo tra arresto ed inizio della RCP 90%

Età del paziente 89%

Volontà del paziente 1%

La ERC raccomanda un abbandono precoce di RCP in pazienti con prognosi infausta o in uno stadio terminale di malattia. Condizioni generali compromesse e malattie preesistenti sono associati ad una ridotta probabilità di sopravvivenza dopo arresto cardiaco. Solo 1% ha indicato che vorrebbe tenere conto della volontà del paziente. Va riconosciuto che durante l’emergenza è difficile valutare e verificare le condizioni dei pazienti. La soluzione ottimale dovrebbe essere quella di eseguire la RCP solo sui pazienti con una potenziale sopravvivenza a lungo termine, ma anche questa non è sempre un’informazione disponibile, soprattutto negli arresti extraospedalieri. La morte cardiaca è il principale criterio per terminare gli sforzi di una rianimazione senza successo. Questo, se da una parte è di aiuto dall'altro non protegge l'operatore da decisioni sbagliate .

QUALITA’ DI VITA DEI SOPRAVVISSUTI AD ARRESTO CARDIACO

Obiettivo dell’indagine (Eismburger 1998) era di valutare:

1. La qualità della vita del sopravvissuto ad arresto cardiaco ad un anno dall'evento.

2. La relazione tra qualità di vita e tipo di trattamento nell'emergenza.

L'indagine era rivolta a pazienti di età superiore ai 18 anni, sopravvissuti per più di 6 mesi ad arresto cardiaco non traumatico e che avevano subito l’aresto cardiaco tra luglio 1991 ed aprile 1996. Sono stati valutati:

- il luogo dell'arresto cardiaco

- l'intervallo di tempo tra arresto cardiaco e inizio di BLS, ACLS, prima defibrillazione e ripristino della circolazione spontanea

- il primo ritmo elettrocardiografico e la storia clinica del paziente precedente all'arresto.

Sono stati intervistati solo i pazienti sopravvissuti in condizioni discrete, cioè coscienti e vigili, con normale funzione cerebrale e solo con lieve e moderata inabilità, perchè potevano rispondere alle domande e valutare la propria qualità di vita.

I pazienti sono stati ulteriormente suddivisi in tre gruppi:

1. Pazienti che avevano subito l'arresto cardiaco fuori dall'ospedale senza la presenza dell’équipe di emergenza

2. Pazienti con arresto cardiaco in ambiente extraospedaliero in presenza dell’équipe di emergenza

3. Pazienti con arresto cardiaco all'interno dell'ospedale.

Nel periodo preso in esame sono stati ammessi al Dipartimento di Emergenza 778 pazienti:

218 (28%) dopo 6 mesi erano ancora vivi e dimesso al proprio domicilio; 123 (15,7%) rientravano tra i criteri di ammissione (erano cioè vigili e coscienti).

Il questionario sulla qualità di vita fu consegnato in occasione di un incontro di tutti i pazienti, organizzato nel giugno 1996 dal Dipartimento di Emergenza di Vienna, e spedito per posta a tutti coloro che non avevano partecipato all’incontro.

Ha risposto al questionario il 75% del campione (età media 59 anni):

· l’84% dichiarò di essere contento di vivere e di apprezzare la vita di tutti i giorni;

· il 36% dichiarò di essere depresso;

· l’84% considerava la sopravvivenza come una seconda opportunità;

· il 56% aveva paura che l’evento si potesse ripetere.

Questi dati giustificano il punteggio di 7 che i pazienti attribuiscono alla loro qualità di vita. su una scala da 0 (pessima) a 10 (ottima). Non è emersa nessuna relazione tra qualità di vita e tipo di trattamento durante l’emergenza: la qualità di vita dichiarata dai pazienti soccorsi in ospedale è simile a quella dei pazienti soccorsi in ambiente extraospedaliero.

Le domande poste nel questionario

Ha problemi a cucinare, lavarsi e vestirsi?

Ha qualcuno che la aiuta in casa?

Abita in una nursing home?

Si sente depresso?

Ha qualcunoper parlare dei suoi problemi?

E’ seguito da uno psicologo?

Ha paura che l’evento si ripeta?

Considera la sua sopravvivenza come ‘un nuovo inizio’ o ‘una seconda chance’?

E’ felice di vivere?

Le è di aiuto incontrare pazienti con la sua stessa storia?

Che punteggio darebbe alla sua qualità di vita, su una scala da 0 (pessima) a 10 (perfetta)?

REPORT DI INCIDENTI CRITICI

Un’analisi retrospettiva condotta in Arabia Saudita, in due ospedali universitari (Qadir et al, 1998), ha descritto gli incidenti verificatisi durante l’anestesia, la R.C.P. e la degenza in rianimazione. I dati degli incidenti riportati dai membri del Dipartimento di Anestesia, sono stati raccolti tra gennaio ’91 e dicembre ’97. Lo scopo dello studio era quello di diminuire la mortalità e la morbilità legati ad incidenti clinici, con l'obiettivo di migliorare gli standard assistenziali. Durante lo studio sono stati riportati 143 incidenti (Tabella...): l’87% non lasciò esiti negativi sul paziente, mentre il 13% ne causò la morte. Quattro pazienti sono morti durante l’anestesia, 9 durante la degenza in rianimazione e 3 per insoddisfacente performance durante l’arresto cardiaco. Gli incidenti più comuni (27.7%) erano dovuti a errori umani, la mancanza di comunicazione a vari livelli era la seconda maggiore causa degli incidenti riportati. Probabilmente su questo ha inciso la composizione multinazionale (e quindi con lingue diverse) dell’equipe. Tra le complicazioni legate alle tecniche anestesiologiche, l'intubazione difficile è quella più frequente: non esistano test che predicano l'intubazione difficile. Gli incidenti potenzialmente prevenibili si sono verificati per estubazioni accidentali, ipovolemia ed ambolia gassosa ed inalazione di materiale gastrico. Solo un numero esiguo di morti è da attribuire all'anestesia, non è però trascurabile la morbilità legata a essa. Alcuni autori (Short et al, 1986) hanno osservato che gli incidenti riportare gli incidenti migliora la capacità di scoprire gli errori umani: correggendo gli errori, gli incidenti non si ripetono.

Tabella ... Errori commessi durante l’anestesia

1)Errori umani n = 39

27.7%

a) Errore nellíetichettare il farmaco

7

17.9%

b) Comportamento irresponsabile

7

17.9%

c) Inadeguata applicazione delle conoscenze

5

12.8%

d) non sorveglianza o disattenzione

5

12.8%

e) trasfusione sanguigna incompatibile

5

12.8%

f) inesperienza

4

10.2%

g) insufficiente controllo del respiratore

4

10.2%

h) altri fattori

3

7.6%

2) Errata Comunicazione n = 33

23%

a) medico ñ medico

24

72.7%

a) medico ñ infermiere

5

15%

b) medico ñ tecnico di anestesia

2

6%

c) medico ñ paziente

1

3%

d) medico ñ altri membri staff

1

3%

3) Complicazioni legate alle tecniche anestesiologiche n = 24

16.7%

a) Complicazioni nellíintubazione

12

52%

b) Ipersensibilit‡ al farmaco

4

17.3%

c) Complicazioni per anestesia loco Regionale

4

17.3%

d) complicazioni intravascolari

2

8.6%

f) stato di coscienza durante líanestesia

1

4.3%

4) Fattori legati ai pazienti n = 15

10%

a) Complicazioni medico- chirurgiche

11

73.2%

b) Pazienti non collaboranti

3

20%

c) Altro

1

6.8%

5)Mal funzionamento delle apparecchiature

9

6.29%

a) anomalie del respiratore

4

44.4%

b) danneggiamento del monitoraggio durante il trasporto

c) difetto delle pompe di infusione

2

22.2%

6) Altri problemi

23

16%

ISTRUZIONI Dl BLS PER VIA TELEFONICA ANALISI DELLE

CHIAMATE PER ARRESTO CARDIACO

Dal febbraio 93 all' agosto 95 è stata condotta un' indagine retrospettiva su tutte le chiamate che pervenivano al Dipartimento di Emergenza dell’Ospedale Universitario di Vienna, per pazienti colpiti da arresto cardiaco non traumatico fuori dall’ospedale (Meron et al, 1996). Lo scopo era di determinare l'esistenza di comportamenti non efficaci rispetto alle istruzioni impartite per via telefonica a "cittadini soccorritori" che riferivano al Servizio di Emergenza situazioni di arresto cardiaco. Sono state fatte 268 chiamate: 129 sono state escluse perché effettuate da personale sanitario e/o vigili del fuoco; 25 per problemi tecnici e ne sono state analizzate 114. Per ciascuna chiamata sono stati raccolti i seguenti dati:

malattia principale del paziente;

contenuto emozionale;

• difficoltà di linguaggio;

• deficit verbale e/o acustico del "soccorritore";

rapporto parentale tra vittima e soccorritore;

sede dell’arresto (località in cui si e verificato l'arresto e distanza tra telefono e paziente).

La componente emozionale veniva valutata con una scala graduata da I a 5. II valore I esprimeva una situazione di " calma/ tranquillità" mentre il 5 indicava la situazione di "stravolto".

Il 53% delle chiamate è stato fatto da amici o conoscenti, il 45% da parenti e solo il 2% da passanti. Nonostante la comune convinzione del contrario, la maggior parte dei soccorritori (77%) erano completamente calmi, ed il 15% abbastanza calmi ed in grado di riepilogare la situazione, richiedendo assistenza senza palese stress. Questo rappresento un importante requisito perché i soccorritori devono essere in grado di seguire i consigli degli istruttori In nessuna chiamata si sono avuti problemi di comunicazione per difficoltà di linguaggio o rumori di fondo. Uno degli elementi che possono frenare l’esecuzione della ventilazione bocca a bocca é la paura di contrarre malattie infettive quali: epatite, tubercolosi o SIDA. Tra congiunti questo timore è minore. Più della meta delle vittime (il 52%) si trovava nella propria casa al momento dell'arresto.

Benché al tempo dell'indagine non esistesse un protocollo formale, i dati dimostrano che si poteva ottenere una "corretta istruzione" in breve tempo (19 > 120 sec.) Grazie ai risultati di questo studio cominciare a dare istruzioni di BLS prima dell'arrivo dell'equipaggio di soccorso è diventata unaprassi abituale.

RILUTTANZA AD EFFETTUARE LA VENTILAZIONE BOCCA-BOCCA

In una RCP la ventilazione bocca-bocca costituisce una efficace procedura salvavita. Diversi studi hanno documentato una riluttanza a praticare ventilazione bocca-bocca da parte delle diverse figure professionali: medici, infermieri, paramedici, vigili del fuoco e cittadini spettatori di un arresto cardiaco sulla strada. I diversi potenziali soccorritori hanno giustificato questa riluttanza col rischio di contrarre malattie infettive quali epatiti, tubercolosi e soprattutto la SIDA. Nel 1996 in California venne eseguito uno studio (Brenner et al, 1996) su questo tema, tramite questionario, somministrato a tutto il personale del Dipartimento di Medicina Interna di un Ospedale suburbano. Le risposte ottenute sono state confrontate con quelle del personale ospedaliero di una grossa area metropolitana con alta incidenza di pazienti HIV positivi. Tutti erano certificati in BLS e avevano completato un corso di ACLS. I pazienti percepiti ad alto rischio per HIV avevano una piu bassa probabilità di ricevere ventilazione bocca-bocca rispetto a quelli con un basso rischio, (vedi tabella 1,2) Tabella Propensione ad effettuare la ventilazione bocca a bocca per gli arresti cardiaci

Eseguirebbero la ventilazione bocca a bocca in ospedale

Tipologia del paziente Ospedale suburbano Metropolitano P

Sconosciuto 43% 45% NS

Traumatizzato 12% 16% NS

HIV positivo 14% 7% <0.01

Anziano 29% 39% NS Fuori dall’ ospedale

Sconosciuto 50% 54% NS

Traumatizzato 33% 36% NS

HIV positivo 44% 21% NS

Anziano 26% 64% <0.01

Bambini 86% 99% <0.01

Le resistenze sono simili nei due ospedali. In ospedale meno del 50% delle persone intervistate eseguirebbero la ventilazione bocca a bocca ad un paziente non noto. Fuori dall’ospedale solo i bambini non avrebbero alcun problema ad essere rianimati. Gli operatori sanitari dovrebbero sapere che il rischio di contrarre l’HIV durante una RCP è minimo se confrontato con la possibilità di salvare una vita. Negare questa manovra potrebbe indebolire la catena della sopravvivenza, compromettendo l’intero programma di RCP. Gli autori suggeriscono di usare maschere o barriere portatili per ridurre i rischi e aurnentare la disponibilità ad effettuare la ventilazione bocca-bocca. Senza le fasi A e B del BLS verrebbero danneggiate non solo le vittime da arresto cardiaco ma anche quelle da trauma, da intossicazione, da asfissia ecc. Alcuni autori sostengono che durante la prima fase di RCP la pressione di perfusione coronarica è molto più importante dell'ossigenazione sanguigna. Studi eseguiti in laboratorio hanno dimostrato che una RCP può essere valida attraverso le sole compressioni toraciche se eseguite entro i primi 12 minuti dall'arresto. Il problema è ancora aperto.

ARRESTO CARDIACO ED APPROPRIATEZZA DEL TRASPORTO IN OSPEDALE

Diversi studi hanno affermato che proseguire la Rianimazione in ospedale su pazienti con arresto cardiaco refrattario ad ACLS eseguita fuori dall'ospedale, non incrementa la sopravvivenza. L'aumento dei rischi per gli equipaggi di ambulanze e per la comunità durante il trasporto veloce, l'aumento dei costi, stimati in 500 milioni di dollari all'anno per rianimazioni inutili hanno costituito motivo di grande preoccupazione. L' EMS (Emergency Medical System) della città di Minneapolis nel 1996 decise di analizzare i fattori che determinavano il trasporto in ospedale di pazienti soccorsi per arresto cardiaco, per aumentarne 1'appropriatezza (Hick et al, 1998). Dal settembre 96 all'aprile 97 gli operatori dell’EMS risposero ad un questionario che indagava i fattori che avevano contribuito alla decisione del trasporto. Vennero incluse nello studio solo le chiamate per arresto cardiaco di natura non traumatica su pazienti in età superiore a 18 anni. Se il trasporto in ospedale era ordinato dal medico non venivano richieste ulteriori informazioni. Durante il periodo dello studio le squadre di operatori arrivarono sulla scena di 259 arresti cardiaci: di questi 79 furono dichiarati subito morti, 44 furono rianimati e portati in ospedale, 68 furono dichiarati morti dopo i tentativi di rianimazione e 68 furonoportati in ospedale con arresto cardiaco persistente. Questi ultimi costituirono la popolazione studiata. In 54 casi fu il personale di ambulanza a decidere il trasporto in ospedale, in 14 casi il medico.

Fattori che contribuirono alla decisione del trasporto

Arresto in luogo pubblico 17 casi
Arresto in ambulanza durante il trasporto ospedale 6 casi
Fattori ambientali 6 casi
Disritmie ventricolari 5 casi
Impossibilita ad assicurare un accesso venoso 5 casi
Problemi di pervietà delle vie aeree_________________________________

Possibile causa reversibile

5 casi____

4 casi

Famiglia incapace di accettare la morte sulla strada 3 casi
Barriere culturali o linguistiche 1 caso
Obesita 1 caso
Pericolo sulla strada per i paramedici 1 caso

In alcuni di questi casi il paziente avrebbe potuto essere dichiarato deceduto, ma al tempo dello studio erano presenti barriere burocratiche che non prevedevano l’eventualità del decesso in itinere. Infatti l'ospedale non avrebbe accettato il cadavere e non esisteva una procedura per trasportarlo direttamente ai locali del medico necroscopo. Attraverso i dati di questo studio venne elaborato un protocollo che favorì l'abbattimento di queste barriere.

NUOVO PROTOCOLLO DEGLI OPERATORI ISTITUITO DOPO LO STUDIO

La RCP deve essere prontamente iniziata per tutti i pazienti trovati in arresto cardiaco a meno che esistano affidabili e sicuri criteri per la determinazione della morte. In assenza di questi deve essere effettuato il contatto medico prima del trasporto del paziente in arresto persistente. Quando un medico ritiene che gli sforzi rianimatori sono inutili, un paziente può essere riconosciuto morto prima di essere trasportato. Se il medico necroscopo non e disponibile, il corpo va portato al Dipartimento di Emergenza. Le squadre di soccorso possono tornare così in servizio attivo e la famiglia deve avere un ambiente dove vegliare il corpo. I problemi da considerare prima che un paziente sia dichiarato morto sulla scena o in ambulanza includono:

* Pericolo per il personale di trasporto

* Disritmia ventricolare persistente

* Incapacità della famiglia ad accettare la morte

* Barriere culturali o linguistiche

* Presenza di parenti nell’ambulanza

In questo modo vengono limitati i rischi di guida per le squadre di soccorso, si limitanole spese ospedaliere e l’uso di personale non necessario per tentativi di rianimazione inutili. Per la famiglia è previsto un ambiente dove vegliare il corpo del congiunto. Infatti in 5 casi gli operatori percepirono che la famiglia sarebbe stata incapace di accettare la morte sul luogo dell'intervento. Proprio questo fattore ha determinato come motivo principale in 3 casi, e sencondario in 2 il trasporto del corpo. Infatti, la mancanza di formazione sulla gestione del dolore avrebbe reso particolarmente difficile occuparsi della famiglia sulla strada.

Bibliografia

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Hick SL, Mahoney B, Lappe M. Factor influencing Hospital transport of patient in continuing cardiac arrest. Ann Emerg Med 1998; 32: 19- 25.

Highover D, Thomas SH, Stone CK et al. Decay i quality of closed-chest cpmpressions over time. Ann Emerg Med 1995; 26: 300.

Meron G, Frantz 0, Sterz F., Muller M, KafiF A, Laggher D N. Analising calls by lay persons reporting cardiac arrest. Resuscitation 32, 1966, 23 - 26.

Mohor M, Bahr J, Schmid J, Panzer W, Kettler D. The decision to terminate resuscitative efforts: results of a questionnaire. Resuscitation 1997; 34: 51-55.

Ochoa FJ, Ramalle-Gomarra E, Lisa V, Saralegui I. The effect of rescuer fatigue on the quality od chest compressions. resuscitation 1998; 37: 149-152.

Qadir N,Takrouri MSM, Seraj MA, El –Dawlatly AA. Manca il titolo, in inglese. Nome del giornale 1998; 14 : pagine. (M.E.J. Anesth

Short TG, O' Regan A, ( Improvements in Anesthetic care resulting from critical incidence reporting programme. Anesthesia : 51: 615-21, 1986)

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