Valutazione
del clima organizzativo e collaborativo ed effetti
sugli
esiti dei pazienti.
I.P. A.F.D. A.
Di Nuccio (1), V.I. Dr. D. Schiavo (2),
I.P.
A.F.D. D.A.I. C. Alizieri (3), I.P. V. Argenziano (4), I.P.
A.F.D.
E. Cocco(5), I.P. F. Perretta (6), I.P. C. Sollo (7).
(1) U.O. di Rianimazione - Ospedale
"San Rocco" Sessa Aurunca A.S.L. CE/2.
(2) U.O. di Terapia Intensiva
Neonatale - Azienda Ospedaliera Caserta.
(3) Direzione Sanitaria - Azienda
Ospedaliera Caserta.
(4) U.O. di Rianimazione - Azienda
Ospedaliera Caserta.
(5) U.O. di Pronto Soccorso - Azienda
Ospedaliera Caserta.
(6) U.O. di Rianimazione - Azienda
Ospedaliera Caserta.
(7) U.O. di Terapia Intensiva
Neonatale - Azienda Ospedaliera Caserta.
Fino
a che punto, la cooperazione e l'organizzazione all'interno di una struttura
come le Unità di Cura
Intensive (ICU) riescono ad influenzare gli esiti di un paziente ? Alcuni studi mettono in
luce la relazione tra questi
due aspetti:
Ø A. Nello
studio di Aiken e al. (1994) [1] é stato evidenziato che negli ospedali in cui c'era un buon clima organizzativo, si riduceva anche la
mortalità dei pazienti, mediamente del
4.6%, rispetto agli
ospedali di controllo.
Le
variabili che distinguevano gli ospedali con un buon clima organizzativo, erano le seguenti:
*
avere un infermiere caposervizio in posizione forte;
*
rispetto per la figura dell'infermiere;
*
buona comunicazione interpersonale tra gli infermieri e tra infermieri e medici;
*
uso di protocolli assistenziali.
Ø B. Langhorn [2] nella sua meta-analisi sulle unità specialistiche di
ricovero per l'assistenza
dei pazienti con ictus (Stroke Unit) che metteva a confronto l'assistenza
erogata ai pazienti
Ø C. Nei reparti in cui vengono adottati protocolli per ridurre i tempi di intubazione
à la presa in carico del
paziente durante la fase acuta della malattia
à partecipazione al programma di una équipe multidisciplinare: (cardiochirurghi, anestesisti, gruppo infermieristico, coordinatori clinici degli infermieri e il direttore della cura del paziente (the patient care manager);
à utilizzo di servizi di supporto quali: l’assistenza domiciliare, servizio sociale, assistenza religiosa, dietisti, farmacia,
riabilitazione cardiologica;
à il coinvolgimento della
figura del perfusionista e dei terapisti della respirazione nel
à la formazione e l'informazione degli operatori per aumentare
l'entusiasmo e l'aderenza
Questo
programma di recupero rapido ha comportato la riduzione della durata dell'intubazione endotracheale
(e quindi dei giorni di permanenza
in una ICU) da 2.2 giorni a 17 ore. Il
17% dei pazienti veniva estubato lo stesso giorno dell'intervento.
Lo
Studio EURICUS I [4]
La
Fondazione per la Ricerca sulle Cure Intensive in Europa (FRICE) ha disegnato un progetto di
Il
Sottostudio sull’Organizzazione del Progetto EURICUS I
Lo
studio EURICUS I fu diviso in 5
sottostudi:
1) Pazienti e risorse;
2) Organizzazione;
3) Personale;
4) Cultura nelle ICU;
5) Finanze.
Nel
sottostudio Organizzazione, i risultati indicano l'importanza della
standardizzazione di aspetti quali:
* la
differenziazione del compito, cioè la presenza di job description e la suddivisione dei compiti tra medici ed infermieri;
* il livello di
qualifica del personale;
* la
centralizzazione del potere decisionale;
* la
standardizzazione dei compiti;
* la performance
clinica delle ICU, considerata l'unica variabile dipendente.
Il sottostudio organizzazione ha mostrato che la standardizzazione è stata correlata positivamente con il rendimento. Le variabili incluse nella descrizione scritta, relativa alla standardizzazione dei lavori professionali rilevati nelle ICU sono: la valutazione strutturata del rendimento professionale dei membri dello staff interessato. Oltre a ciò sono stati dimostrati altri aspetti della standardizzazione nelle ICU come gli incontri clinici formali giornalieri, protocolli clinici scritti e l'esistenza di incontri dello staff fisso, per discutere dei risultati dell'Organizzazione & Managment delle ICU che sono significativamente e positivamente associati con il rendimento clinico dell'unità. L'associazione della differenziazione dei compiti e la centralizzazione del potere decisionale, con la performance dell'ICU è forse uno dei risultati più importanti di Euricus I. Sebbene la standardizzazione riduca l'incertezza relativa ai compiti ed al flusso di lavoro nell'ICU, l'incertezza è principalmente dipendente dalle condizioni cliniche dei pazienti e dalla cura richiesta, incluso l'uso delle tecnologie. E' stato provato che una migliore performance della ICU aveva un livello di differenziazione dei compiti più basso ed un livello più basso di centralizzazione del potere decisionale , con un conseguente aumento dell'autonomia professionale.Ritornando allo studio ERICUS I, su un campione di 77 ICU prese in esame è emersa la seguente percentuale di Infermieri con formazione specifica in area critica:
in
26 ICU ha la specializzazione il 5
in 24 tra il 5 ed il 50%
in 24 >al 50%.
Più
elevata è la qualifica del personale, migliore è la performance.Per
valutare la relazione tra organizzazione e performance sono stati esaminati i processi di ammissione-dimissione,
la prescrizione della profilassi
antibiotica e la prevenzione delle lesioni da
decubito. La decisione della profilassi antibiotica viene presa dai medici, mentre per la prevenzione delle lesioni
da decubito gli infermieri vengono coinvolti
nella decisione nel 70% delle 76 ICU osservate.
Nel
rimanente 30% la decisione viene
presa dai medici o dal solo primario.Per
l'ammissione-dimissione dei pazienti gli infermieri vengono coinvolti solo nel 22% delle ICU analizzate.
La standardizzazione è stata misurata cercando di stabilire se le ICU
avessero descrizioni, criteri scritti per
le varie funzioni, sia mediche che
infermieristiche. La
descrizioni delle funzioni (anche se queste non venivano necessariamente rispettate) era più frequente
negli ospedali universitari. In tutti i tipi di ICU, dagli ospedali più
piccoli con < 300 posti letto fino
a quelli grandi con più di 500 posti letto e quelli universitari, i protocolli assistenziali sono presenti ed utilizzati:
-
in 48 ICU (circa il 63%) l'uso era frequente;
-
in 18 ICU (23%) venivano utilizzati
solo qualche volta;
-
nelle restanti 11 ICU (14%) raramente.
Dopo
aver corretto per tipo di ICU, la grandezza, i posti letto e la tecnologia delle apparecchiature e
la gravità clinica dei pazienti trattati emergeva che, dove c'è un margine di sovrapposizione nelle
attività svolte da medici ed
infermieri, dove gli infermieri vengono più coinvolti nelle decisioni e dove esiste una maggiore aderenza ai protocolli assistenziali c'è anche una migliore performance
clinica.La collaborazione
in un Team L'area
critica si differenzia da altri ambiti, proprio per la assoluta necessità di un lavoro di équipe. I
motivi per cui questo non é un obiettivo
sempre raggiungibile sono stati brevemente elencati nel paragrafo precedente. L'infermiere
ha un ruolo fondamentale nell'assistenza diretta al paziente: costituisce il
90% del personale delle ICU e si trova spesso a svolgere attività, sovrapponibili a quelle
mediche. Nelle aree intensive può esistere,
per definizione, una certa sovrapposizione, perché gli interventi assistenziali
possono richiedere tempestività e immediatezza, non differibili. Chi
lavora in reparti intensivi deve essere in grado di identificare il deterioramento delle condizioni
- integrazione dei dati del
paziente, quale interscambio di informazioni medico/infermieristiche
- incoraggiamento
alle decisioni critiche degli infermieri;
- l'esistenza di
un comitato congiunto per la collaborazione nella ICU;
- una revisione
congiunta delle cure al paziente.
La
collaborazione tra infermieri e medici è stata sostenuta specificamente per le ICU.L'American
Association of Critical Care Nurses (AACN) e la Society of Critical Care Medicine autorizzarono
un gruppo di lavoro per identificare il
principale elemento per la collaborazione nelle ICU.
Il
NIH Consensus Conference on Critical Care raccomandò che le ICU fossero organizzate per "promuovere
e richiedere che infermieri e medici
lavorassero insieme come colleghi a tutti i livelli". La
Joint Commission on
Accreditation of Hospitals ammise l'importanza della collaborazione nelle terapie
intensive richiedendo che le ICU fossero guidate da una commissione multidisciplinare di infermieri
e medici.[7] Il
teorico organizzativo Thompson,[7] fornisce una descrizione di tre tipi di interdipendenza fra le organizzazioni,
ognuna più complessa della precedente,
che coinvolgendo aspetti del tipo
precedente ed ognuna richiedendo una
coordinazione a complessità crescente. La
più complessa forma è
l'interdipendenza reciproca, dove gli output di ogni lavoratore
diventano input per altri in modo continuativo. L'interdipendenza
reciproca assomiglia strettamente
alla collaborazione. La
stessa necessità esiste per la
comunicazione, con la condivisione e le reciprocità fra i membri del
gruppo di lavoro, i quali insieme cooperano. La dipendenza reciproca
assomiglia strettamente alla collaborazione: gli infermieri e medici lavorano insieme cooperando e
condividendo la responsabilità
per la risoluzione
dei problemi, formulando ed attuando i piani
di assistenza.[9]
Conclusioni
Nonostante
si affermi ripetutamente l'importanza della collaborazione come aspetto fondamentale per il lavoro nelle Terapie intensive, non è facile dimostrare con sicurezza quali siano gli effetti sul paziente.
Il
concetto di collaborazione è
infatti complesso e gli esiti sono influenzati da numerose variabili (numero
e qualifica del personale, tipologia dei pazienti etc.). Lewis Thomas descrive l'infermiere di oggi, come la colla che
mantiene unito il sistema ospedaliero odierno, fortemente specializzato, anche se molto spesso frammentato. La
professione, e ancor di più i pazienti, traggono maggiori vantaggi da una
collaborazione più stretta.Fagin
CM [10] affermò che la collaborazione tra infermieri e medici non è una alternativa, ma una necessità,
se si ambisce ad una cura sanitaria responsabile.
Possiamo
concludere dicendo che collaborare è il modo più positivo per raggiungere un obiettivo e per
risolvere i conflitti interpersonali, che comunque si creano in seno ad un gruppo, c'è quindi anche bisogno di migliorare le
qualità comunicative, riconoscendo e rispettando lo specifico apporto
di ogni figura professionale
all'interno dell'équipe. Questo è importante perché, se la collaborazione è un
processo di individui o di
istituzioni che lavorano
insieme per la realizzazione di un obiettivo
comune, implica una messa in discussione continua
e critica delle capacità
comunicative e relazionali di ognuno dei membri dell’équipe.
Bibliografia
1. Aiken L, Smith HL, Lake ET. Lower
Medicare Mortality Among a Set of Hospitals know for Good Nursing Care. Medical Care 1994; 32: 771-778.
2. Langhorne P. Asystematic review of specialist multidisciplinary team (stroke unit) care for stroke in patients. The Cochrane Database of Systematic
Reviews 1995, Issue 1.
3 Riddle M, Castanis JL, Dunstan JL. A Rapid Recovery Program For Cardiac Surgery Patients.American Journal of Critical Care 1996; 5:
152-159.
4. Miranda DR, Ryan DW, Fidler V, Schanfeli WB. Organization and Management of Intensive Care: a prospective study in 12
European countries. Sprinter-Verlag Berlin Heidelberg 1998.
5 English T. Personal Paper. Medicine in the 1990s needs a team approach. BMJ
1997; 314:661-663.
6 Knaus WA, Draper EA, Zimmerman JE, Wagner DP. An
evalutation of outcome from intensive care in major medical centers. Ann.
Intern. Med. 1986; 104:410-418.
7
Taylor
JS. Collaborative practive within the intensive care unit: a deconstruction. Intensive Critical Care Nurse 1996; 12: 64-70.
8. Baggs JG. ICU use and nurse-physician collaboration Heart Lung 1989; 18:332-338.
9. Casey N, Smith R. Bringing nurses and doctors closer together (Greater cooperation will benefit patient). BMJ 1997; 314:617-618.