IID
Annalisa Silvestro
Vice
Presidente ANIARTI
Dirigente
Servizio Infermieristico Ass 4 - Medio Friuli - Udine
Ringrazio
la collega D’Innocenzo per la sua relazione che ha reso più facile la
comprensione di alcuni tra i più significativi contenuti del decreto
legislativo n. 229/99; questo decreto, infatti, accompagnerà nel
prossimo futuro non solo coloro che operano nell’ambito del Servizio
Sanitario Nazionale ma dell’intero Sistema sanitario italiano.
La
segreteria scientifica del congresso, sostenuta anche dalle valutazioni fatte
dagli ospiti, ritiene importante rendere evidenti i legami che esistono tra le
norme indicate all’inizio della mattinata e la professione infermieristica;
ciò al fine di meglio comprendere come gli infermieri e le loro prestazioni
assistenziali si inseriscono dentro la logica e la filosofia che sottende le
norme citate ed analizzate.
Quando dunque si parla
dell’accreditamento e della ineludibilità della verifica del possesso di
ulteriori requisiti di qualificazione sia per quanto riguarda la funzionalità
della struttura che dei professionisti, è evidente che vengono fatte
affermazioni molto rilevanti. Verrà infatti attivata una Commissione
Nazionale per l’accreditamento e la qualità dei servizi sanitari e quindi
per l’accreditamento delle strutture, dei processi e dei professionisti.
E’ ipotizzabile che la Commissione
Nazionale vada a valutare l’esperienza professionale maturata, ossia i “curricula esperienziali” che bisognerà, quindi, essere in
grado di presentare formalmente.
Ed a tal proposito uno spunto di
riflessione:
Sarà
ritenuta più significativa un’esperienza ventennale maturata sempre nella
stessa unità operativa oppure un’esperienza professionale, magari più
breve, ma diversificata perché maturata in percorsi di mobilità strutturati
e nell’ambito dei quali sono state fatte proprie, modalità diverse di
erogazione delle prestazioni assistenziali ? .
Il quesito
è rilevante stante la pregressa cultura professionale infermieristica che
considerava lo spostamento o la riallocazione in altra unità operativa come
un segno di scarsa competenza o
di poca gradibilità personale, più che come un segno di riconoscimento e di
valorizzazione professionale e personale.
E’
altresì ipotizzabile che la Commissione Nazionale vada anche a valutare i “crediti
formativi” acquisiti nell’ambito di un programma di formazione
post – base e continua, utilizzando le Commissioni allo scopo istituite
nell’ambito di ogni Regione e che avranno al loro interno la rappresentanza
professionale infermieristica.
Ed
a tal proposito è pensabile che un infermiere possa attraversare diversi anni
di esercizio professionale senza effettuare, e poter dimostrare di aver
effettuato, interventi di manutenzione della propria professionalità e
competenza ? .
Il Decreto
Legislativo n. 229/99 costituisce dunque un quadro, anche se non in
tutto positivo, all’interno del quale si muove anche la professione
infermieristica.
Una
professione che negli ultimi anni ha compiuto un evidente ed oggettivo
percorso di professionalizzazione che peraltro deve ancora proseguire in
quanto non del tutto concluso.
Il processo dovrà infatti toccare le
tappe:
- dell’attivazione dei corsi di specializzazione
- dell’attivazione del corso per il conseguimento del Diploma di laurea
in Scienze Infermieristiche
- dell’istituzione della Dirigenza per gli infermieri.
L’accreditamento
dei processi assistenziali e dei professionisti non può che avvenire sulla
base della professionalità e della competenza che mediamente un
professionista deve saper esprimere.
Rilevante è
dunque avere costante chiarezza sul livello di professionalizzazione acquisito
e costantemente implementato dalla professione e dal gruppo professionale
infermieristico.
Una delle tappe
più significative di tale percorso è stata raggiunta il
26
febbraio 1999 con la legge
n. 42 che rappresenta una vera rivoluzione professionale; la
legge n. 42, infatti, modifica sostanzialmente l’intero assetto sanitario
del paese attraverso tre particolari aspetti che, pur essendo strettamente interconnessi, verranno trattati
singolarmente.
Primo aspetto:
l’eliminazione del concetto di ausiliarietà per la professione infermieristica.
La
denominazione “professione sanitaria ausiliaria”
che aveva costantemente accompagnato la professione infermieristica dal 1934,
viene sostituita dalla denominazione “professione sanitaria”. E’ immaginabile che la prima
domanda, a questo punto, verta sul chiedersi quale possa essere adesso la
differenza tra un infermiere che eroga prestazioni assistenziali
infermieristiche, un ……. fisioterapista
che eroga prestazioni riabilitative o un ……. medico che eroga prestazioni inerenti il processo diagnostico e
terapeutico.
La differenza
dovrebbe rilevarsi non per quanto inerente la dignità e l’autonomia
professionale ma per quanto inerente la tipologia del contenuto
assistenziale.
Il
condizionale è d’obbligo in quanto pesa ancora, e prevalentemente con il
medico, il disequilibrio di cultura e di potere negoziale nella definizione
degli assetti organizzativi e di modellizzazione o rimodellizzazione
assistenziale.
Molte
cose possono comunque essere fatte e da subito soprattutto sugli assetti
organizzativi e di rimodellizzazione assistenziale.
Esempio banale
e che una volta tanto non riguarda i medici:
In
assenza di personale di supporto che porti in palestra un degente che
deve fare terapia riabilitativa, è scontato che lo accompagni un infermiere
abbandonando il reparto.
Ma se è pari
la dignità professionale e la rilevanza dello specifico apporto assistenziale
in quanto tutte le professionalità concorrono ad un progetto di salute per i
degenti delle diverse unità operative, perché mai il fisioterapista rimane
fermo in palestra ad aspettare che l’infermiere accompagni il degente ?
Risulta
evidente che, fino a quando non ci saranno gli operatori di supporto, anche il
fisioterapista dovrà andare a prendere il degente in unità operativa, nella
logica di una compensazione della carenza organizzativa concordata fra i vari
operatori.
Secondo
aspetto: l’abrogazione del mansionario
infermieristico.
Non esiste più
l’elenco di azioni che l’infermiere poteva svolgere da solo, da solo su
prescrizione del medico, oppure esclusivamente in presenza del medico.
Con
la Legge n. 42 il campo proprio di attività
della professione infermieristica è determinato dai “… decreti ministeriali istitutivi dei relativi profili
professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma
universitario e di formazione post - base nonché degli specifici codici
deontologici …” .
Il
Decreto ministeriale istitutivo del profilo professionale dell’infermiere è
il DM n. 739/94 titolato “Regolamento concernente l’individuazione della
figura e del relativo profilo professionale dell’infermiere”, che definisce l’infermiere, “Responsabile
dell’assistenza generale infermieristica”, come colui che:
- individua gli obiettivi dell’assistenza infermieristica,
- pianifica gli interventi,
- li rende concreti,
- si rende garante della corretta applicazione delle prescrizioni
diagnostico – terapeutiche,
- verifica i risultati che ha raggiunto anche avvalendosi del personale
di supporto.
Su
quest’ultimo aspetto è importante fare una riflessione di rilievo sugli “operatori
di supporto”, anche nella logica dell’accreditamento dei processi
e della professionalità.
Molte
volte l’Aniarti ha discusso della cosiddetta “zona o area grigia”
ovvero di quella parte del processo assistenziale in cui non è ben chiaro o
definito, al momento dell’analisi, chi debba svolgere o abbia la competenza
a svolgere determinate azioni e/o prestazioni.
Chi fa che
cosa rispetto alla “zona o area grigia” diventerà chiaro e definibile
dopo una valutazione e negoziazione multidisciplinare basate sulle competenze
acquisite, mantenute e successivamente accreditate dei diversi professionisti
che compongono l’equipe assistenziale.
Ma
ineludibilmente una importante riflessione dovrà essere fatta anche su che
cosa gli infermieri potranno/vorranno delegare agli operatori di supporto.
E’ ben vero che gli infermieri di
Area Critica sentono meno di altri il problema, in quanto le prestazioni
assistenziali erogate presuppongono un’elevata competenza, anche per gestire
tecnologia ad alta complessità, e quindi una forte qualificazione
professionale.
E’ però
altrettanto vero che l’area critica è costituita anche da unità operative
a diversa grado di intensività assistenziale oltre che dai servizi di
emergenza sanitaria, dove è frequente la presenza di autisti soccorritori e
di volontari, ossia di personale laico.
Ed allora una provocazione: dobbiamo cominciare a chiederci se in futuro avverrà che si parli di
atti infermieristici delegati?
E questo
potrebbe significare che gli operatori di supporto inizino un percorso analogo
a quello effettuato dagli infermieri?
Gli
infermieri, infatti, grazie alla legge n. 42,
possono dire che se un atto è costantemente espletato da loro, che ne hanno
fatto terreno di formazione ed esperienza fino ad acquisirne competenza
specifica, quell’atto è un atto “proprio”
infermieristico.
L’evoluzione professionale e
l’ipotesi di costante ridefinizione delle attività infermieristiche induce
altresì a chiedersi: gli infermieri che sono attualmente circa 320.000,
devono continuare a crescere numericamente o devono stabilizzarsi?
Se si
ipotizza un’ulteriore crescita, mantenendo costante l’attuale offerta
sanitaria, è evidente che dovranno garantire in prima persona la totalità
delle prestazioni assistenziali; di contro dovranno pensare che
l’effettuazione, pur se sotto supervisione, delle attività routinarie e
altamente standardizzabili potrà/dovrà essere effettuata da operatori di supporto.
Decisioni
importanti, quindi, dovranno essere prese e non solo da parte della
rappresentanza professionale – Federazione Nazionale dei Collegi Infermieri
- ma anche dalle associazioni infermieristiche, per contribuire alla crescita
del gruppo professionale ed alla strutturazione di una rete di integrazione,
di elaborazione, di servizio, di idee.
Terzo
aspetto: L’equipollenza
dei diplomi universitari di infermiere con quelli conseguiti in base
alla precedente normativa.
Con
l’equipollenza dei titoli viene definitivamente superato il timore che ci
possano essere infermieri di serie A e di serie B. Deve comunque rimanere
l’impegno al costante approfondimento delle competenze per rendere
effettivamente omogenei i comportamenti professionali, anche attraverso
l’orientamento che deriva dall’agire ispirato dal nuovo codice
deontologico che con la legge n. 42 assume anche
valenza giuridica.
In questo quadro professionale che
comprende, come prima riportato, il percorso di professionalizzazione attivato
dalla professione e dagli infermieri, un ulteriore elemento di interesse è
fornito dal nuovo contratto di lavoro del personale di
comparto della sanità valido per il periodo 1998 – 2001 (CCNL).
Il CCNL
introduce numerose innovazioni che hanno la possibilità di incidere oltre che
su variabili economiche ed inerenti l’organizzazione del lavoro anche su
variabili che ricadono su componenti inerenti la professionalità dei diversi
operatori.
Tra le ultime variabili quella a maggiore rilevanza riguarda la valutazione permanente del personale.
E sul tema “valutazione permanente
del personale” è importante fare alcune riflessioni.
Non si
riscontra nelle attuali realtà lavorative la verifica sistematica delle
modalità con cui vengono attuati
i processi di lavoro o di come e a che livello vengono raggiunti risultati
assistenziali.
Valutare è difficile e crea tensioni
sia nei valutatori che nei valutati.
E’
comunque indubbio che senza una valutazione sistematica diventa difficile
premiare chi lavora con correttezza, competenza, congruenza professionale e
attenzione ai risultati raggiunti.
L’elemento di maggiore tensione è
l’individuazione di che cosa
valutare e di chi deve o può
valutare.
A tal
proposito, sembrerebbe ovvio affermare che la valutazione delle prestazioni e
dei processi assistenziali messi in atto da infermieri fosse fatta
prevalentemente da appartenenti alla professione infermieristica e non, ad
esempio, dai Dirigenti medici delle diverse unità operative.
Invece
tutto ciò non è ovvio ed a tal proposito, non è certo casuale che dal
decreto legislativo n. 229/99 sia stato tolto l’articolo 17 ter che
prevedeva l’attivazione della dirigenza infermieristica e quindi la
possibilità che fossero gli infermieri, attraverso i propri dirigenti, a:
¨ definire i criteri sui quali effettuare la valutazione del personale
infermieristico,
¨ definire gli standard minimi di qualità assistenziale,
¨ individuare le modalità con cui effettuare le verifiche e le
valutazioni .
Con
l’attuale CCNL gli infermieri verranno inseriti nella categoria “C”
e nella categoria “D” che
comprende anche la fascia super o
Ds.
Ogni
infermiere potrà progredire dentro le due categorie in senso orizzontale (C1,
C2, oppure D1, D2 ecc.) ed a tale progressione corrisponderà un definito
riconoscimento economico .
Sulla
base di che cosa dovrebbe verificarsi la progressione verticale oppure
orizzontale?
La
creatività, la capacità di flessibilizzare il proprio lavoro e di dare
valore aggiunto anche in termini relazionali alle prestazioni professionali,
devono essere elementi fondanti per la progressione di carriera in senso
verticale e per la progressione economica in senso orizzontale.
Non è più
sostenibile che l’unico criterio fondante per ogni progressione sia
l’anzianità di servizio.
La
rappresentanza professionale infermieristica ritiene quindi che il tutto debba
avvenire sulla base della valutazione dei curricula professionali composti da:
¨ esperienza e percorsi formativi documentati,
¨ capacità dimostrata di gestione autonoma del proprio operato
¨ di discrezionalità decisoria nell’impostare e concretizzare i processi di assistenza infermieristica.
Tutto
ciò evidenzia che stà cambiando profondamente la logica contrattuale dentro
le aziende sanitarie e che il filo rosso conduttore è fondamentalmente legato
alle parole competenza, capacità, flessibilità, autonomia e responsabilità
e quindi approfondimento disciplinare anche attraverso la formazione post -
base o specialistica e la formazione permanente.
E
qui si apre un’ulteriore terreno di analisi, approfondimento e dibattito che
diventerà sempre più rilevante nell’immediato futuro.
Ma
a tal proposito sarà di interesse comune ascoltare la relazione che ci verrà
ora proposta da Adriana Dalponte.
Bibliografia
- Legge n. 42/99
- Decreto legislativo n. 229/99
- CCNL 1998 – 2001 del Comparto Sanità