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Congresso Nazionale Aniarti 1999

ACCREDITAMENTO E CERTIFICAZIONE IN AREA CRITICA.

Bologna (BO), 10 Novembre - November 1999 / 12 Novembre - November 1999

» Indice degli atti del programma

Obiettivo: Definire e dibattere sulla relazione esistente tra certificazione, competenza e accreditamento del professionista infermiere Moderatore : Annalisa Silvestro

12 Novembre - November 1999: 09:00 / 12:15

Abilitazione, competenze e accreditamento del professionista infermiere:

il contributo della formazione permanente

Adriana Dalponte

Responsabile Ufficio di Staff per la Formazione e Sviluppo dell’APSS – Trento -

Professore a contratto di Organizzazione dell’assistenza infermieristica (management infermieristico) alla Scuola diretta a fini speciali per Dirigenti e Docenti di Scienze Infermieristiche dell’Università degli Studi di Padova.

I riferimenti legislativi che vanno considerati per una progettazione formativa orientata allo sviluppo delle competenze e delle carriere

Un punto di riferimento importante è il Contratto Collettivo Nazionale Lavoro 1998 – 2001 Comparto Sanità ed in particolare gli articoli:

- art. 12-13-15-16-17-18-19 inerenti il tema “Classificazione del personale”

- art. 20-21 Posizioni organizzative

- art. 29 Formazione ed aggiornamento

- art. 35 Criteri per la progressione economica orizzontale

Altro riferimento normativo che apporta significative novità in tema di formazione e accreditamento è il Decreto Legislativo 19 giugno 1

999 n.229 recante “Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale” con gli articoli:

- art. 8 bis e quater Accreditamento

- art. 9 bis Sperimentazioni gestionali

- art. 12 bis Ricerca sanitaria

- art. 15 Disciplina della dirigenza medica e delle professioni sanitarie

- art. 16 bis Formazione continua

- art. 16 ter Commissione nazionale per la formazione continua

- art. 16 quinquies Formazione manageriale

- art. 16 sexies Strutture del servizio sanitario nazionale per la formazione

- art. 17 Collegio di direzione

- art. 17 bis Dipartimenti

- art. 19 bis Accreditamento e qualità dei servizi sanitari.

Cosa cambia nel panorama della sanità e quale ruolo può avere la Formazione Continua

L’aspetto più significativo di cambiamento è che si modificano le carriere definendone le funzioni piuttosto che i titoli necessari. Oso dire che ad esempio non c’è più il caposala ma ci sono le funzioni di direzione di servizi – dipartimenti - uffici e quelle di coordinamento di staff; tutto questo comporta un cambiamento significativo in quanto chi riveste le funzioni deve dimostrare di avere un curriculum formativo e tecnico – specialistico affine ma soprattutto le reali competenze nel raggiungere i risultati attesi attraverso la verifica dell’idoneità professionale.

Un altro aspetto importante, e che da tempo la professione infermieristica attendeva, è che vi sono percorsi di carriera che valorizzano le competenze specialistiche ed altri che richiedono lo svolgimento di funzioni organizzative con assunzione diretta di decisione di elevata responsabilità.

Si intravedono quindi 2 percorsi di carriera, tecnico specialistica e gestionale organizzativa.

La formazione deve considerare questo cambiamento offrendo percorsi formativi differenziati ma integrati e rappresenta una sfida interessante per la promozione di una cultura diffusa delle capacità direzionali e non solo specialistiche.

Il professionista si può sperimentare già in questi percorsi con quelle che sono le attitudini individuali potendo cambiare rotta e sperimentare più percorsi nella ricerca di uno sviluppo professionale il più congruente alle proprie attese e potenzialità.

Le aree di sviluppo

Gli spazi reali di sviluppo professionale possono essere sintetizzabili in alcune macro aree che richiedono percorsi culturali ed esperienze lavorative differenziate, quali:

1. progressione economica orizzontale con passaggio all’interno della medesima categoria tra profili diversi dello stesso livello specialistico.

2. progressione verticale con passaggio da una categoria all’altra immediatamente superiore

3. area delle posizioni organizzative che richiedono lo svolgimento di funzioni con assunzione diretta di elevata responsabilità come ad esempio:

- funzioni di direzione di servizi, dipartimenti, uffici o unità organizzative di particolare complessità che richiedono un elevato grado di esperienza e autonomia gestionale ed organizzativa e svolgimento di attività con contenuti ad alta professionalità e specializzazione

- svolgimento di attività di ricerca e sviluppo della qualità

- coordinamento di attività didattico formativa

- attività di staff e di studio e quindi funzioni integranti.

Un altro aspetto di rilievo è che ogni area può avere livelli diversi in base alla complessità dei sistemi e quindi il concetto di complessità diventa elemento chiave anche per il riconoscimento economico e non solo di sviluppo.

Da questo panorama complessivo si profila un sistema molto complesso che va a modificare in modo sostanziale le logiche di gestione del personale come pure i criteri di programmazione.

Le leve di gestione strategica diventano la formazione, la ricerca e l’esperienza come laboratorio per le competenze.

L’approccio del mio intervento vuole partire proprio da questo concetto “la competenza” per poi proporre ipotesi di percorsi formativi ed organizzativi per implementare competenze per prestazioni eccellenti. Infatti il rapporto che esiste tra competenze e prestazioni è molto importante in tutte quelle organizzazioni ad “elevata intensità di conoscenza”(*)[1].

Fare formazione significa “ Lavorare per le competenze”

Concetti in crisi:

· posizione ]

· prestazione ] i consueti meccanismi operativi della Direzione Personale

· potenziale ]

oggi si assiste ad una forte discussione rispetto al segmentarsi delle attività e delle competenze.

I nuovi scenari:

· tecnologie sempre più avanzate

· processi di reingegnerizzazione

· più marcato l’orientamento delle organizzazioni al cliente

Di conseguenza c’è la necessità di predisporre forme differenti di organizzazione dei tempi di lavoro e delle attività.

Spencer ’95

L’approccio alle competenze richiede una programmazione del lavoro proiettato sul futuro piuttosto che sulla esperienza, non è più il passato ma il futuro il riferimento per orientare i comportamenti delle persone e i nodi chiave sono rappresentati da:

· Quali competenze in quella organizzazione (non in astratto)

· Come comunicare le competenze

· Come renderle visibili e certificabili

Un'altra riflessione è rappresentata dal mutamento che la nostra società ha elaborato rispetto al lavoro.

Il lavoro è ancora un valore? Ricompare nell’uomo la necessità di esprimersi in ambiti diversi anche rispetto alle proprie capacità. I confini tra lavoro e non lavoro sono sfumati e la temporalità è definita dalla convenienza. (Carles Handy ’94).

Come affrontare il problema delle competenze? La ricerca ci dice che non esiste un unico modo per affrontare il problema e c’è la necessità di passare da “competenza al lavoro” a “lavorare con le competenze”.

Come? E’ possibile solo se le persone sono in grado di riconoscere le competenze, capirle, valutarle, sperimentarle, allenarsi ad utilizzarle, applicarle al lavoro di tutti i giorni.

Occorre non solo la capacità di riconoscersi ed identificarsi, ma anche confrontarsi con “sfondi” e “contesti” per decifrare gli aspetti sociali ed emotivi per esprimere l’intelligenza più ardua, quella sociale. La competenza diventa eccellente quanto più l’individuo ha modelli concettuali di analisi e classificazioni del contesto sociale e della influenza che esercita tale contesto sul lavoro da svolgere. Questa capacità è l’intelligenza sociale ed è così definita:

“Intelligenza sociale è connessa alla capacità di una persona di decodificare il sistema sociale con cui si trova ad interagire, stabilendo e mettendo in atto strategie comportamentali adeguati” (*)[2]

Il valore del lavoro e il lavoro come valore sono posti in discussione: è di notevole importanza sviluppare la Competenza di lavorare con le competenze”.

La scuola Storica delle competenze proviene dagli Stati Uniti ed ha come referente ideale lo psicologo nordamericano David McClelland.

Definizione di competenza:

“Una caratteristica intrinseca individuale, casualmente collegata a un performance efficace o superiore in una mansione o in una situazione che è misurata sulla base di un criterio prestabilito”

in altri termini

“una caratteristica non è una competenza se non predice qualcosa di significativo nella vita reale”

D. McClelland

Quando si parla di competenza solitamente si pensa alla prestazione media, mentre gli studi e le ricerche la considerano come una prestazione “superiore” in un determinato ruolo.

Un altro contributo significativo che ha dato la ricerca e gli studi condotti da McClelland, Boyatzis e dagli Spencer, è che in una organizzazione esistono “differenze” significative tra le prestazioni medie e quelle eccellenti e che quest’ultime non sono caratterizzate solo da maggiori conoscenze ma hanno notevole rilevanza le caratteristiche individuali quali motivazione e persistenza nel contribuire in modo determinante al successo. Si può quindi dire che se un’organizzazione non propone percorsi di successo si penalizza l’eccellenza delle prestazioni.

La metafora della ciambella di Handy

La metafora vuole raffigurare l’attuale evoluzione in corso nelle nostre organizzazioni. Charles Handy sostiene che la descrizione dei compiti è paragonabile alla ciambella.

Nella programmazione del lavoro si era soliti pensare che i compiti definiti sono la ciambella, la parte indefinita dei compiti è il buco, mentre la teoria di Handy ci suggerisce che oggi occorre considerare la parte centrale della ciambella i compiti definiti, mentre l’anello rappresenta i compiti indefiniti.

Il mondo del lavoro ha bisogno di persone sempre più competenti per un lavoro indefinito e quindi creatività, innovazione, sperimentazione, responsabilità diventano ingredienti eccellenti per le competenze.

La formazione continua

Il contesto organizzativo è il punto di riferimento principale quando ci si accosta alla programmazione della formazione e come abbiamo visto il sistema sanitario possiamo definirlo come una realtà ad elevata intensità di conoscenza ed elevata complessità.

Il rapporto quindi tra prestazioni attese e livello di competenza diventa altro elemento importante nella progettazione della formazione continua; inoltre i riferimenti legislativi rappresentano i “paletti” entro cui progettare la “discrezionalità” e la “specificità”.

Il Contratto Collettivo Nazionale (98 – 2001) fornisce indicazioni sulle finalità, i modi di fare formazione e come valutare l’apprendimento individuale nonché alcune linee guida rispetto alle aree tematiche. L’articolo 29 “formazione e aggiornamento professionale” recita:

“La formazione costituisce una leva strategica fondamentale per lo sviluppo professionale dei dipendenti e per la realizzazione degli obiettivi programmati” ed ha quale finalità “lo sviluppo del sistema sanitario attraverso il miglioramento delle competenze del personale e più elevati livelli di motivazione e di consapevolezza rispetto agli obiettivi generali di rinnovamento e produttivi da perseguire”.

Sempre l’art. 29 fornisce indicazioni sui modi per la formazione continua e prevede programmi di:

· addestramento

· aggiornamento

· qualificazione

· sviluppo

I programmi prevedono iniziative formative a carattere facoltativo e a carattere obbligatorio.

Si può interpretare che se le attività formative sono organizzate dell’ente sono considerate in servizio a tutti gli effetti e se sono svolti fuori dalla sede di servizio è previsto il trattamento di missione e rimborso spese.

La programmazione delle attività deve privilegiare alcune aree quali:

· innovazione tecnologica ed organizzativa

· organizzazione del lavoro

· programmazione

· gestione del personale

Per quanto riguarda l’aggiornamento obbligatorio ed i percorsi formativi collegati al sistema di classificazione, è previsto l’esame finale ed il piano della formazione deve prevedere le modalità di valutazione dell’avvenuto accrescimento professionale del singolo dipendente.

Sempre secondo le indicazioni previste dal Contratto Collettivo Nazionale Lavoro all’art. 29 l’aggiornamento obbligatorio comprende:

· la partecipazione a corsi di formazione ed aggiornamento

· l’uso di testi, riviste tecniche ed altro materiale bibliografico

· l’uso di tecnologie audiovisive ed informatiche

· la ricerca finalizzata rispetto a programmi definiti dalle aziende

· il comando presso altre strutture.

Se il quadro generale prevede quindi un sistema formativo molto articolato e con metodologie di approccio differenziate, per altri aspetti si nota ancora una enfasi al concetto di aggiornamento piuttosto che di formazione continua.

Un altro aspetto critico è rappresentato dalle metodologie che escono dal contesto più tradizionale dell’aula. Mi riferisco alla ricerca, l’uso della bibliografia, le tecnologie audiovisive, la formazione a distanza, che sono riconosciute dai contratti come aggiornamento obbligatorio ma che trovano notevole difficoltà ad essere riconosciute ed accreditate.

Nei contratti per la dirigenza sono previste le ore studio, mentre per il comparto questa attività è segregata nei ritagli di tempo o spesso nel tempo libero.

Occorre sperimentare modalità per l’accreditamento di queste attività sia per quanto riguarda i tempi ma in particolare gli indicatori di qualità e modalità di certificazione.

Il pericolo è che vengano certificati solo i corsi d’aula e vengano penalizzate tutte le attività che concorrono alla sperimentazione e validazione delle competenze come l’attività di ricerca, l’Audit, la formazione a distanza e lo studio individuale.

Un proposta concreta per la programmazione della formazione continua

E’ importante progettare attività formative differenziate sia nei metodi che nei contenuti per poter rispondere ai bisogni formativi anche in considerazione delle attitudini. Inoltre occorre distinguere quali sono i percorsi formativi orientati alle singole professionalità e quali invece richiedono integrazione multidisciplinare anche come palestra alla complessità. La formazione specialistica e di specificità di ruolo richiede la omogeneità disciplinare, l’approccio al cliente utente spesso richiede metodologie e modalità organizzative condivise da tutto il team di cura, mentre la formazione manageriale è tanto più ricca quanto più è interdisciplinare ed oltre i confini dell’organizzazione.

Per concludere propongo una “linea guida” per la programmazione della formazione continua, come proposta al confronto e al dibattito.

La Proposta

Il sistema formazione è opportuno che preveda modalità formative ad alta differenziazione come ad esempio:

· programmi di addestramento

· corsi di formazione per l’approfondimento di conoscenze – metodologie e tecniche specialistiche – relazionali e gestionali

· corsi di formazione manageriali

· corsi di formazione – intervento

· programmi di ricerca e sviluppo organizzativo

· sperimentazioni organizzative e gestionali

· programmi di riqualificazione

Come realizzare tutto questo:

Diventa sempre più importante formalizzare un piano di programmazione delle attività che definisca quali sono le attività riconosciute come formazione obbligatoria e facoltativa e negoziare con le parti sociali e gestionali un tempo studio per le attività meno proceduralizzate (nella negoziazione decentrata stiamo proponendo 36 ore annue fino alla fascia C e 48 ore annue per la fascia D).

La realizzazione delle attività

Formazione specialistica:

· per singole professionalità

· per il Team assistenziale

Formazione manageriale:

· corsi integrati con tutte le figure del sistema

· oltre i confini delle proprie strutture

L’accreditamento

· valorizzare la pluralità delle attività

· enfasi alle sperimentazioni

· esperienza come validazione delle competenze

La formazione specialistica

· Privilegia interventi mirati alle specifiche categorie professionali.

· E’ orientata più alle logiche ed alle metodologie per l’aggiornamento continuo delle conoscenze.

· Fornisce criteri per valutare la validità delle fonti scientifiche e la loro trasferibilità.

· Ha come riferimento privilegiato il professionista, il cittadino ed i suoi bisogni.

Gli obiettivi

· Fornire conoscenze aggiornate e basaste sull’evidenza scientifica rispetto a nuove competenze e/o bisogni della collettività.

· Creare una cultura della responsabilità ed essere in grado di attivare interventi congruenti ai livelli di responsabilità richiesti.

· Identificare gli effetti significativi di cambiamento di ruolo ed attivare nuove competenze per prestazioni eccellenti.

· Acquisire abilità per fare fronte alle innovazioni tecnologiche ed acquisire metodologie per lo sviluppo delle competenze.

La formazione manageriale

Il modello delle competenze manageriali di L.M. Spencer

Tipo di competenze:

· competenze di realizzazione

· competenze di assistenza e di servizio

· competenze d’influenza e di direzione

· competenze cognitive

· competenze di efficacia personale.

Questo modello elenca per ogni competenza le capacità da imparare.

“Competenze di realizzazione

1. Orientamento al risultato

2. Accuratezza

3. Iniziativa

4. Ricerca delle informazioni

Competenze di assistenza e servizio

5. Sensibilità interpersonale

6. Ricerca delle informazioni

Competenze d’influenza e di direzione

7. Persuasività e influenza

8. Consapevolezza organizzativa

9. Costruzione delle relazioni

10. Sviluppo degli altri

11. Assertività e uso del potere formale

12. Lavoro di gruppo

13. Leadership del gruppo

Competenze cognitive

14. Pensiero analitico

15. Pensiero concettuale

16. Capacità tecnico/professionale/manageriale

Competenze di efficacia personale

17. Autocontrollo

18. Fiducia in se stesi

19. Flessibilità

20. Impegno verso l’organizzazione”[3]

Questa formazione è per eccellenza integrata.

Non può esserci una formazione manageriale per categorie ma più c’è interdisciplinarietà e più è ricco il contesto di apprendimento.

Gli Obiettivi

¨ Orientamento a migliorare le prestazioni sia in termini di risorse investite sia di risultati ottenibili

¨ Capacità di cogliere le relazioni causali esistenti tra più elementi e proporre interventi mirati assumendone le responsabilità dei risultati.

¨ Capacità di ottenere l’accordo/assenso dalle persone valorizzando i vantaggi ottenibili dalle soluzioni.

¨ Capacità di programmazione strategica e di reingegnerizzazione dei sistemi produttivi

le metodologie

¨ aula

¨ laboratorio sperimentale

¨ simulazioni

¨ tirocinio guidato

¨ percorsi e labirinto

¨ Audit

¨ benchmarking.

Come valutare

Il management richiede sempre più conoscenze, ma occorre che sia scienza applicata, inoltre l’area delle attitudini ha notevole importanza; se non ci sono attitudini al rischio, piacevolezza nelle relazioni, curiosità e bisogno di innovazione, ma anche carica leaderistica e capacità persuasiva difficilmente si vive bene nei ruoli di governo.

Le attitudini sono una specie di DNA del lavoratore e scegliere un lavoro completamente in contro attitudine significa mettere a rischio il proprio equilibrio emotivo.

La formazione continua può aiutare l’individuo a riconoscere le proprie aree attitudinali ed i servizi di gestione delle risorse umane dovranno sempre più tenerne conto, proprio per sviluppare competenze eccellenti.

La valutazione deve considerare non solo le conoscenze acquisite, ma anche la reale capacità ad applicarle al contesto organizzativo e le attitudini di pensiero sistemico e li leadership.

Le competenze manageriali si misurano sul campo ed è molto importante che l’addestramento sia supportato da “maestri” di gestionalità, attività che finora ha avuto poca attenzione nei nostri contesti organizzativi. C’è molta attenzione all’addestramento ed affiancamento tecnico-specialistico mentre le competenze gestionali spesso si apprendono per tentativo ed errore.

Bibliografia di riferimento

Civelli F., Manara D., Lavorare con le competenze, Guerini e Associati, Milano, 1997.

Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro 1998-2001

Eleopra I. –Faverin G., Il nuovo sistema di classificazione del personale del comparto sanità, FIST – CISL Veneto, 1999

Bibliografia consultata

Auteri E., Management delle risorse umane, Guerini e Associati, Milano, 1998

Pagine MIDA. Materiali per la direzione del personale, n.8, 1999.

Management delle risorse umane, a cura di D. Boldizzoni, supplemento al bimestrale Sviluppo & Organizzazione n. 174 – 1999, ESTE srl, Milano.

Decreto Legislativo 19 giugno 1999 n. 229, Norme per la razionalizzazione del Servizi sanitario nazionale, a norma dell’articolo 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419.



[1] F. Civelli- D. Manara, Guerini & Associati 1997 (3.4.3 core competencies organizzative pagg. 35 –37)

[2] Lavorare con le competenze – Guerini & Associati 1997 (pagg. 21 – 23: 2.4 Lavorare con le competenze)
[3] Civelli F. – Manara D. , Lavorare con le competenze, Guerini & Associati, Milano, 1997, pp. 79-80

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