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Congresso Nazionale Aniarti 2000

Funzioni e rsponsabilita' infermieristiche

Genova (GE), 15 Novembre - November 2000 / 17 Novembre - November 2000

» Indice degli atti del programma

La ri – definizione dei processi assistenziali: previsione di risultato, rapidità e continuità delle cure Maria Benetton Annalisa Silvestro

15 Novembre - November 2000: 09:30 / 09:45

LA RI-DEFINIZIONE DEI PROCESSI ASSISTENZIALI: PREVISIONE DI RISULTATO, RAPIDITA’ E CONTINUITA’ NELLE CURE 
  
IID Annalisa Silvestro  
Vicepresidente Aniarti - Azienda n. 4 “Medio Friuli” Udine  
Alcune considerazioni rispetto a quanto è stato detto nelle relazioni precedenti per evidenziare le connessioni che abbiamo voluto sottolineare rispetto al quadro generale che è stato fatto da Elio Drigo e che ci permette di inquadrare la tematica che verrà trattata durante tutte le giornate congressuali, la logica che ha presentato Antonella Benetton molto orientata alla sottolineatura di quanto rapidità, continuità, cure certe, professionalità e quindi alta competenza professionale e alta competenza gestionale siano necessari, quasi inevitabili, perché i processi di lavoro, i processi di assistenza nell’ambito delle nostre unità operative, ancorchè inserite nei dipartimenti, come auspicabile, devono mettere in atto per potere raggiungere obiettivi di efficacia assistenziale e quindi dare benefici reali e concreti ai nostri concittadini.
Continuità quindi fra queste due relazioni e continuità soprattutto nelle relazioni che seguiranno, una prettamente orientata alle logiche gestionali e un’altra che evidenzierà un progetto abbastanza innovativo nella logica dipartimentale.
C’è però da dire, riprendendo quanto ci diceva Benetton alla fine, che adesso il problema è andare nella quotidianità, cercare quindi di concretizzare nella nostra attività giornaliera tutte le cose che ci stiamo dicendo, fra l’altro non da adesso ma da molti anni.
D’altra parte Drigo all’inizio ci diceva che stiamo vivendo un momento rivoluzionario, stanno succedendo tante cose, siamo inseriti in un cambiamento che io non ho alcun dubbio a definire epocale, non soltanto per tutta la nostra società e specificamente per la sanità ma soprattutto per noi infermieri e per la professione infermieristica.
Ci sono state delle grosse innovazioni e cambiamenti legislativi; è altrettanto vero che, come ha evidenziato Drigo nella sua prima relazione, è da trent’anni che si parla di dipartimenti, è da trent’anni quindi che si parla di una logica di flessibilità, di processualità, di verifica, di raggiungimento di obiettivi con dati razionali e certi.
Però in effetti a tutt’oggi grandi cambiamenti non ne abbiamo visti, forse abbiamo visto più cambiamenti negli ultimi anni, negli ultimi cinque sei anni di quanti non ne abbiamo visti precedentemente.
E allora come mai?
Perché adesso abbiamo delle leggi, fra l’altro, non soltanto che rivedono l’organizzazione sanitaria ma abbiamo anche delle leggi che danno molto impulso, spinta e stimolo all’esercizio professionale infermieristico e che vanno quindi  a riconoscere tutto un percorso di professionalizzazione che gli infermieri hanno fatto. Però abbiamo anche visto che non sempre definizione normativa significa cambiamento nella quotidianità, non sempre la legge induce il cambiamento, alle volte ne prende atto, ma nel caso voglia indurre il cambiamento non sempre questo poi si verifica nella quotidianità
Specificamente per quanto riguarda la tematica che stiamo trattando, quindi la logica organizzativo - assistenziale dipartimentale, e quindi noi potremmo dire come infermieri dell’aniarti di area critica, finora ha avuto delle difficoltà ad entrare nella logica organizzativa perché, io ribadisco perché a mio parere personale ma credo abbastanza condiviso, grossi cambiamenti ancora non ci sono stati ma secondo me invece si produrranno in tempi abbastanza brevi, quindi nel nostro prossimo futuro.
Perché tutte queste indicazioni normative fondamentalmente lasciavano invariati gli equilibri di potere decisori o dentro la sanità e gli assetti organizzativi e di conseguenza gli assetti assistenziali.
Fino a qualche anno fa, nonostante le innovazioni, per quei tempi, normative, cosa cambiava concretamente?
Non molto  perché, ribadisco, gli equilibri di potere nella logica decisionale rimanevano invariati.
Adesso invece qualcosa sta profondamente cambiando, perché si stanno mettendo in discussione questi equilibri di potere decisorio e quindi si va a rivedere, in tempi che speriamo non siano lunghi ma comunque ormai inevitabili, gli assetti organizzativo – assistenziali.
Cambiamenti forti cominciano praticamente  col novantadue novantatre, col percorso di aziendalizzazione.
E perché cominciano con queste ma non finiscono con queste, cominciano con l’aziendalizzazione, cominciano con la forte spinta al cambiamento che è venuta dalle professioni sanitarie,  che sono tutte entrate in università.
Infermieri, tecnici di radiologia, di laboratorio, ostetriche, fisioterapisti, tutti sono entrati a formarsi in università,
C’è stato quindi un riconoscimento e un ulteriore spinta alla professionalizzazione.
In università, nel nostro paese perlomeno, si formano i professionisti; le professioni sanitarie precedentemente definite ausiliarie sono entrate in università quindi si formano lì dove si formano i professionisti.
L’aziendalizzazione ha comportato la predefinizione degli obiettivi che devono essere raggiunti e ha significato anche la predefinizione delle risorse economiche che possono essere messe in campo per raggiungere quegli obiettivi, con conseguente obbligo alla ridefinizione e alla definizione puntuale delle priorità.
Non sempre questo avviene o è avvenuto, però la spinta in questa direzione c’è ed è formalizzata.
C’e stato il decentramento amministrativo ed economico che avrà un ulteriore spinta adesso con il federalismo sanitario.
Ormai abbiamo sì un servizio sanitario nazionale ma fondamentalmente abbiamo tanti servizi sanitari regionali che sono coinvolti in maniera unitaria verso un raggiungimento di obiettivi di salute per tutti i nostri concittadini.
Quindi tutto questo con una, sottolineo, innovazione non più monocentrica; si cambiavano alcune leggi, si tentava di cambiare alcuni assetti di potere ma non ci si riusciva perché si interveniva in un punto solo.
Adesso il cambiamento è pluricentrico: le aziende, il decentramento, il budget, le professioni sanitarie che entrano nella logica della ridefinizione dei processi, quindi più punti da cui parte il cambiamento, quindi necessità di efficacia, risposta ai cittadini, ma anche di efficienza, secondo una definizione fatta a monte delle risorse che possono essere utilizzate.
Non si paga più a piè di lista.
Ognuno dovrà organizzare e gestire le proprie risorse economiche, materiali, umane, ecc.
Deve per forza esserci visibilità nelle scelte perché i nostri concittadini, ma anche gli operatori sanitari, vogliono capire perché stanno andando in una certa direzione; i cittadini vogliono capire perché certi obiettivi promessi non sono stati raggiunti, perché sono costretti a vivere un sistema, un servizio non accettabile rispetto a quanto è stato definito.
C’è necessità quindi di razionalizzare i percorsi di lavoro e quindi di conseguenza di rivedere i processi sanitari assistenziali, come evidenziava bene Antonella Benetton all’inizio della sua relazione.
Che cos’è un processo?
E’ l’integrazione di più professionalità rispetto ad un percorso di lavoro che deve essere orientato al raggiungimento di un obiettivo.
C’è stata è c’è ancora la ridiscussione delle logiche operative e dei modelli di conseguenza, modelli organizzativi, i modelli professionali fondamentali, perché se abbiamo detto che la risorsa umana è fondamentale al raggiungimento degli obiettivi pare evidente che questo è un punto nodale.
Ma c’è anche una ridefinizione dei modelli gestionali; c’è una grandissima attenzione, è sempre più evidente.
Provate a fare una riflessione, guardatevi attorno nelle vostre realtà, c’è una sempre maggiore attenzione a verificare e valutare chi e come raggiunge i risultati, obiettivi definiti nei piani aziendali e nei percorsi assistenziali, ma c’è anche una grossissima attenzione a chi garantisce la continuità della cure.
E allora qua è evidente che si rende sempre più visibile il ruolo e la funzione delle due colonne portanti del sistema sanitario nazionale pubblico e privato.
Le due colonne portanti sono i medici e gli infermieri, perché sono le due figure sempre presenti in tutti i luoghi ove si fa sanità o si fa sanità integrata col sociale e che garantiscono nelle 24 ore presenza per la continuità delle cure.
Quindi due colonne portanti, non sempre valorizzate allo stesso modo da un punto di vista giuridico, normativo ed economico, ma che comunque ormai inevitabilmente sono definite come tali.
Senza medici e senza infermieri non si riesce a raggiungere obiettivi, non si garantisce rapidità, competenza, professionalità, efficacia, non si riesce a garantire servizi sanitari.
Non a caso la carenza di infermieri sta creando e provocando una situazione di disagio gravissimo, anche perché, visto che qua siamo colleghi di tutt’Italia, nel Nord si cominciano a  chiudere servizi perché mancano infermieri. 
Quindi questa cosa è ormai evidente e chiara a tutti.
Ma soprattutto, vi invito a fare delle riflessioni, si rende sempre più evidente che il profondo, sostanziale, non più rinviabile cambiamento degli infermieri, in quanto una delle asse portanti del nostro sistema, sta inevitabilmente cambiando tutto il sistema sanitario.
L’infermiere non esercita più una professione sanitaria ausiliaria ma una professione sanitaria a tutto tondo.
Nel ‘94 è stato definito attraverso un decreto ministeriale, il 739, che l’infermiere è responsabile dell’assistenza generale infermieristica.
Lui solo lui, non altre figure professionali.
Il medico non è responsabile dell’assistenza infermieristica.
Il medico è responsabile dell’assistenza clinica e della funzione diagnostico – terapeutica, che mette in atto con il coadiuvo di un’altra professionalità altamente qualificata, che è quella dell’infermiere.
Ma l’infermiere è responsabile dell’assistenza generale infermieristica.
Con la legge 42 si dice che l’infermiere esercita una professione sanitaria a tutto tondo, in quanto professionista non ha più un mansionario ma il suo campo di attività viene definito da alcuni elementi che sono il codice deontologico, definito dalla professione, quindi la professione si autoregolamenta, e non è più eteroregolamentata;
codice deontologico, profilo professionale; l’infermiere è responsabile dell’assistenza generale infermieristica e per fare questo definisce gli obiettivi assistenziali e pianifica il suo intervento e lo valuta e si avvale di operatori di supporto.
Il campo proprio è definito anche dai percorsi formativi che l’infermiere fa.
Cosa ha studiato per diventare infermiere, in che cosa si è aggiornato, in che cosa ha fatto altra formazione, in che cosa si è addestrato, ha certificato questi suoi ulteriori percorsi formativi di aggiornamento, di formazione permanente e di addestramento?
Benissimo, questi sono elementi che ampliano il suo campo di attività.
L’infermiere si assume la responsabilità delle decisioni che prende, delle cose che fa in base al suo specifico professionale, in base a quello che ha studiato, in base all’esperienza che ha  fatto e in base alle norme deontologiche che il suo gruppo professionale si è dato.
Grossa evoluzione, quindi, oltretutto dei paletti che si evolvono con l’evolversi della nostra professione.
Ma non basta, perché la legge 42 ha definito questa cosa importante: esercitiamo la professione sanitaria, definiamo noi i nostri percorsi professionali, siamo autonomi nelle decisioni, possiamo confrontarci con pari dignità professionale con tutti gli altri professionisti.
C’è però un’altra cosa.
Perché la legge 42 è del 99 inizi di Febbraio, alla fine di febbraio del ‘99 è stato pubblicato un altro decreto ministeriale, che è il 509,  che regolamenta l’autonomia didattica degli atenei delle nostre università, dentro le quali ci stanno anche gli infermieri.
Adesso è in atto un profondo cambiamento.
Cambia l’assetto normativo universitario, cambiamento che è iniziato con la legge 341 del 90.
In breve il diploma universitario si trasformerà in diploma di laurea di primo livello.
Gli infermieri italiani saranno degli infermieri laureati, laurea di primo livello.
E con una legge successiva, che è la legge 251 del 2000, approvata in agosto e pubblicata a settembre di quest’anno, si dice anche che gli infermieri italiani avranno la laurea specialistica.
Quindi per esercitare la professione avranno un diploma di laurea di primo livello, per approfondire i propri contenuti disciplinari e poterli utilizzare nella ricerca, nella gestione, nella formazione, nell’esercizio clinico approfondito, potranno fare altri due anni di università e conseguire il diploma di laurea di secondo livello o laurea specialistica.
Se questo avverrà, e noi ci adopereremo perché ciò avvenga con dei contenuti nei programmi formativi che siano prevalentemente infermieristici, perché non abbiamo bisogno di medici bonsai ma di grandi infermieri, allora la nostra professione, gli infermieri italiani, sono ai più alti livelli dei percorsi formativi e professionali dell’intera Europa.
La legge 251 che citavo prima, che è quella che ha fatto scoop nella stampa, nei mass media a livello nazionale, perché è quella che è stata definita come la legge che dà la laurea specialistica di cui vi parlavo , e la legge che dà la dirigenza agli infermieri.
Ma questo è relativo, cari colleghi, perché noi ci aspettiamo di poter formare i nostri futuri colleghi, perché gli infermieri vanno formati prevalentemente da infermieri e ci aspettiamo, davamo per necessario, che gli infermieri fossero diretti da infermieri.
Perché per quanto aperti, disponibili, illuminati, appartenenti ad altre professioni non possono ben comprendere, orientare, coordinare, dirigere e verificare i processi di lavoro fatti da infermieri; questo deve essere fatto da appartenenti alla stessa professione.
La legge 251 quindi dà la possibilità, nelle more dell’attivazione del corso di laurea, di avere i primi laureati specialistici di area infermieristica.
Fra l’altro vi ricordo che un mese fa sono stati resi idonei i primi tre professori a contratto di nursing; il nostro paese ha tre professori infermieri e anche questo è un risultato importantissimo.
La legge 251 comunque dice, al di là di questo, delle cose molto importanti.
Ccntinua nel percorso di professionalizzazione, di visibilità e di presa d’atto del percorso, della fatica, degli sforzi, di tutto quello che noi infermieri abbiamo fatto per diventare quelli che siamo e che dobbiamo continuare ad approfondire e dobbiamo continuare ad essere nel futuro.
La legge 251 dice chiaramente, non più facendolo evincere come si poteva analizzare nella legge n. 42, quella che abroga il mansionario per intenderci, dice che gli operatori delle professioni sanitarie dell’area delle scienze infermieristiche svolgono con autonomia professionale ( autonomia quindi responsabilità, quindi potere decisorio; perché io devo decidere cosa fare nel momento in cui io vengo chiamato a rispondere del perché ho fatto) autonomia professionale, attività dirette alla prevenzione, alla cura alla salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme, e qui viene richiamato di nuovo, istitutive dei relativi profili professionali, degli specifici codici deontologici ed utilizzando, cari colleghi,  metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza.
C’è una legge del nostro paese, fonte primaria dell’ordinamento giuridico del nostro stato, che dice: gli infermieri lavorano per obiettivi e utilizzando la metodologia pianificatoria.
Se volessimo e volessi fare provocazione dovrei dirvi che è fuori legge chi lavora per compiti; quindi dobbiamo entrare nella logica dei processi e degli obiettivi e quindi cominciare a ragionare esattamente come Elio ci ha evidenziato nel suo quadro introduttivo e come Antonella ci ha sottolineato nella riproposizione di questi concetti dentro un dipartimento di emergenza.
Dobbiamo lavorare con metodo scientifico, pianificando per obiettivi.
Ma non basta.
La legge dice: lo stato e le regioni promuovono, nell’esercizio delle proprie funzioni legislative, la valorizzazione e la responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo delle professioni infermieristiche, al fine di contribuire alla realizzazione del diritto alla salute, al processo di aziendalizzazione del servizio sanitario, all’integrazione dell’organizzazione del lavoro della sanità in Italia con quella degli altri paesi dell’unione europea.
Quindi il nostro stato dice: vogliamo che voi siate autonomi, responsabili, preparati, che lavoriate per obiettivi, perché attraverso voi noi ci integreremo alla comunità europea.
Ma ancora questa legge dice che il ministero della sanità emanerà delle linee guida per l’attribuzione, in tutte le aziende sanitarie, della diretta responsabilità e gestione delle attività di assistenza infermieristica.
Gli infermieri sono dei professionisti, sono fondamentali per lo sviluppo della sanità italiana, sono fondamentali nella garanzia della continuità delle cure, devono organizzarsi autonomamente e definire una diretta responsabilità di quello che fanno e del governo dei processi di assistenza infermieristica; non solo, diretta responsabilità e gestione delle attività di assistenza infermieristica e delle connesse funzioni.
Io devo organizzare le mie attività, ci dev’essere qualcuno che governa i processi di assistenza infermieristica e deve essere un infermiere, ma non solo, governa anche tutti i processi di supporto all’assistenza infermieristica
E ancora ci dovranno essere delle linee guida per la revisione dell’organizzazione del lavoro, incentivando modelli di assistenza personalizzata.
E viene ribadito ancora: basta lavorare per compiti, basta lavorare in maniera consuetudinaria, siete autonomi, responsabili, vi dirigete da voi, obiettivi, pianificazione, metodologia scientifica, assistenza personalizzata.
Allora adesso c’è il quadro normativo; abbiamo detto che non sempre serve, ma in questo caso, cari colleghi, se cominciamo ad entrare nella logica che dobbiamo elevare le nostre competenze perché dobbiamo organizzare, pianificare, erogare, in maniera autonoma, con responsabilità diretta, vogliamo che i nostri processi d’assistenza siano organizzati, gestiti e diretti da appartenenti alla nostra professione, perché questo ci permette di avere voce nelle direzioni generali per definire quanti, come, dove e perché
Su tutto questo noi adesso, perché se cambiano gli infermieri cambia il servizio sanitario nazionale, noi adesso possiamo realmente cominciare ad inserirci nella ridefinizione degli equilibri di potere e quindi nella ridefinizione  delle decisioni che vengono prese per erogare l’assistenza.
Quindi adesso noi possiamo  cambiare il nostro modo di lavorare, possiamo far cambiare il modo di programmare e pianificare i processi assistenziali.
In alto quindi con le competenze; chiediamo di venire costantemente formati ed aggiornati, è un nostro diritto, perché è un diritto anche delle aziende poter usufruire di professionisti competenti e qualificati.
In alto con le competenze gestionali, sosteniamo quelli che hanno ed accetteranno la sfida di diventare i dirigenti infermieristici aziendali, perché da loro potrà cominciare a dipendere il cambiamento: aiutiamoli, sosteniamoli, orientiamoli.
Una persona da sola non può cambiare la modalità organizzativa di un’intera azienda ma se ha dietro e se viene sostenuta, orientata, stimolata, contestata dal proprio gruppo professionale, forse il cambiamento ci sarà.
E ci sarà il cambiamento perché, avendo un dirigente del nostro gruppo professionale, questo significherà potere avere una rete di connessione gestionale che coinvolga l’intero gruppo e quindi l’intero servizio infermieristico aziendale verso la logica del cambiamento.
E’ proprio per questo, quindi per andare in questa direzione, che adesso la collega Bertocchi presenterà una relazione in cui si evidenzia una modalità organizzativa che mette nel circuito gestionale tutta una serie di colleghi, con dei mandati e delle responsabilità di orientamento professionale, orientamento gestionale e sostegno e coadiuvo del responsabile infermieristico di azienda.
Grazie.

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