Le
opportunita’ di valorizzazione professionale nel nuovo sistema classificatorio
previsto dal CCNL 99/00.
IID
Giuliana Pitacco *, DDSI Alvisa Palese **
*
Responsabile del Servizio Infermieristico ** Servizio Infermieristico
Azienda
“Ospedali Riuniti Trieste”, Via Stuparich 1 TRIESTE
e-mail san-giuliana.pitacco@aots.sanita.fvg.it;
alvisa.palese@aots.sanita.fvg.it.
Il
perche’ di una lettura professionale del CCNL
Il dibattito sul Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro e
sulle profonde modificazioni che ha introdotto, pur essendo molto vivace in
tutti i contesti, manca ancora di una lettura professionale che sia in grado di
verificare se, nelle sedi decentrate, i principi ispiratori condivisi anche
dalla comunita’ professionale degli infermieri, stanno trovando effettiva
realizzazione. E’ per questo che, a partire dalle logiche del CCNL e dalle
attese della professione infermieristica, sono stati analizzati nel concreto i
contenuti dei contratti collettivi integrativi definiti da alcune aziende per
verificare le modalita’ con cui sono stati effettivamente perseguiti il
riconoscimento, la differenziazione e la valorizzazione delle competenze.
1. Lo sviluppo di carriera
Il nuovo CCNL 1999/2000 si e’ inserito in uno scenario di
profondo cambiamento normativo, organizzativo e dei sistemi professionali. I
principi sui cui si ispirava erano quelli della flessibilita’, della
valorizzazione del merito, della responsabilizzazione, e della valorizzazione
delle funzioni di coordinamento e di gestione. La realizzazione concreta di
tali principi, doveva avvenire in sede locale attraverso lo strumento della
contrattazione integrativa decentrata che rappresentava anche la modalita’ con
cui concertare strumenti, metodi e criteri di valorizzazione delle differenze.
Prima di questo momento, con il DPR 761/79, le posizioni
funzionali all’interno dei 4 ruoli previsti erano molto statiche e non era
ammesso alcun passaggio se non dopo l’acquisizione di titoli e il superamento
di concorsi che prevedevano la riserva di posti per candidati interni: di norma
la nuova posizione era sovraordinata alla precedente (es. capo sala rispetto
all’infermiere) e non erano previste carriere orizzontali.
Con il CCNL 1999/2000 il sistema e’ stato riprogettato
profondamente: si sono aperte opportunita’ di sviluppo per tutti gli operatori
del comparto che possono aspirare, sulla base delle competenze e del fabbisogno
organizzativo, a progredire lungo l’asse orizzontale (mobilita’ orizzontale),
verticale (mobilita’ verticale) nonche’ ad assumere la responsabilita’ di
alcune posizioni organizzative.
Tale sistema ha reso l’organizzazione sanitaria molto piu’
interessante e vicina non solo alle esigenze dei cittadini -che hanno bisogno
di una pluralita’ di competenze per risolvere ed affrontare i problemi di
salute- ma anche piu’ attenta alle istanze delle professioni che da tempo
rivendicavano la possibilita’ di differenziare e graduare le carriere sulla
base delle competenze (Tabella 1)
Tabella 1: Le progressioni previste dal CCNL 1999/2000
progressione orizzontale (art. 17): significa passare da una fascia
all’altra (da C2 a C3) attraverso un sistema che non prevede automatismi, puo’
realizzarsi nel momento in cui si rendono disponibili dei posti, per selezione
interna (curriculum, valutazione individuale) e consente la valorizzazione sia
delle competenze cliniche che gestionali;
progressione verticale (art. 16) o passaggio tra categoria (ad esempio da C
a D) puo’ realizzarsi quando i candidati sono in possesso dei requisiti
culturali e professionali previsti per l’accesso al profilo; avviene con una
prova teorico/pratica e con una valutazione comparata dei titoli (prendendo in
considerazione titoli di studio, diplomi di specializzazione o perfezionamento,
certificato di abilitazione a funzioni direttive, diplomi di dirigente
dell’assistenza infermieristica)
posizioni organizzative (art. 20): riguarda l’assunzione diretta di
responsabilita’ (come ad esempio la direzione di servizi, dipartimenti…) e
prevedono la preventiva descrizione della posizione e dei requisiti di accesso.
L’assunzione l’incarico e’ di durata limitata nel tempo (diversamente dai
precedenti che sono passaggi stabili), prevede competenze gestionali o
specialistiche ed e’ sottoposto a valutazione .
2. Il punto di vista professionale
Da tempo la professione infermieristica sosteneva l’esigenza
di uscire dall’omogeneita’: di fatto collocare tutti gli operatori sanitari del
profilo infermieristico all’interno di una stessa categoria come previsto dal
DPR 761/79, senza alcuna possibilita’ di valorizzare percorsi di studio in
ambiti clinici e l’assunzione di responsabilita’, non riusciva piu’ a
collocarsi e ad essere compatibile con una professione profondamente cambiata,
aperta alla formazione complementare, che riconosce ambiti di competenza
clinici e gestionali, in grado di gestire processi di cambiamento e assumere la
diretta responsabilita’ di interi settori.
Con il nuovo CCNL, il dibattito professionale si e’ fatto
vivace (chi a favore e chi contro) e le linee di tendenza via via emerse hanno
riguardato la necessita’ di
responsabilizzare
le competenze cliniche e gestionali: prima d’ora erano visibili
solo quelle gestionali mentre ormai e’ evidente la necessita’ di distinguere
anche le competenze infermieristiche cliniche avanzate;
valorizzare
le specificita’ professionali: ci sono aspetti della competenza
infermieristica che non possono essere misurati con gli stessi criteri e
strumenti validi per altre professioni del comparto; viceversa, sarebbe
ingiusto applicare criteri e metodi pertinenti alla misurazione delle
competenze infermieristiche ad altre professioni;
introdurre
sistemi che valorizzino il contributo offerto da sempre dagli infermieri
nell’assunzione della diretta responsabilita’ di alcuni processi di
lavoro (unita’ operative, dipartimenti, servizio infermieristico) senza di
fatto essere mai stati riconosciuti e premiati.
2.1 Che
cosa volevamo fosse valorizzato
In effetti i nodi della questione non erano pochi. Uscire
dall’omogeneita’ significava affermare che esistono delle differenze tra un
infermiere e l’altro; che la differenza e’ significativa per i risultati di
salute del paziente ed e’ frutto di competenze acquisite con l’esperienza e con
percorsi formativi che si possono “misurare”; significava riconoscere per la
prima volta, oltre alle competenze gestionali, anche quelle cliniche.
2.1.1. Che cosa e come misurare
Il tema chiave, al di la’ dell’impianto, era proprio questo:
che cosa e come misurare. I primi criteri suggeriti dalla Federazione Nazionale
IPASVI riguardavo le seguenti variabili
a) la capacita’ degli infermieri, sia in ambito clinico che
gestionale, di perseguire risultati rispetto a variabili di
o
Complessita’ che e’ determinata dalla presenza di alcuni ingredienti quali
l’incertezza, l’interdipendenza , la discrezionalita’ e la
numerosita’/quantita’ dei fattori in uscita di un sistema;
o
Responsabilita’ intesa come la capacita’ di prevedere i risultati di un
processo e di modificare i comportamenti in relazione a questi;
o
Flessibilita’ determinata invece dalla variabilita’ della domanda, dalla
adattabilita’ della risposta e dalla elasticita’ del processo.
b) la differenziazione delle
o
competenze gestionali per
1.
gestire risorse umane in strutture semplici
2.
gestire risorse tecnologiche in strutture semplice
3.
gestire processi di formazione clinica
4.
programmare e pianificare autonomamente le risorse
5.
programmare processi assistenziali e verificare i risultati
6.
definire sistemi di qualita’ in ambito aziendale
7.
coordinare le attivita’ teorico pratiche e di tirocinio
8.
definire piani di formazione complementari
o
competenze cliniche
di base, avanzate,
collaborative e specialistiche per
1.
gestire processi di cura avanzati
2.
realizzare approcci assistenziali innovativi
3.
adottare strategie di collaborazione interdisciplinare
4.
effettuare consulenza
5.
attuare programmi di educazione alla salute
6.
partecipare a programmi di formazione e ricerca
7.
realizzare processi di tutorato
Rispetto al “come”, la professione si aspettava di poter
essere misurata con un sistema collegiale, partecipato, non affidato a pochi ed
esterni alla professione.
2.1.2
Riconoscere la natura “contestuale delle competenze”
Era la seconda dimensione che la professione desiderava
fosse legittimata: e’ diverso essere competenti in area critica rispetto
all’area chirurgica. La competenza infermieristica ha una natura contestuale e
valorizzarla significa pensare a sistemi di valutazione permanenti e specifici
per ogni macro area di riferimento: non possono essere progettati sistemi
generali che non riescono a misurare le differenze.
2.1.3 Riconoscere che la competenza professionale non e’
misurabile solo con criteri quantitativi
Era la terza dimensione: significava affermare che la
valutazione individuale e dei curriculum doveva mettere in dialogo gli elementi
che nutrono la competenza professionale che sono l’ esperienza e la formazione:
l’esperienza non e’ “l’anzianita’ di servizio” come pure la formazione non e’
“l’insieme delle giornate di aggiornamento”. Non tutte le esperienze sono
formative e solo quelle che generano riflessione e rielaborazione lo possono
diventare perche’ arricchiscono il sapere, contribuiscono a rivederlo e
riadattarlo e generano nuove conoscenze.
2.1.4 Riconoscere che la progettazione della propria
carriera, come la valutazione delle competenze, spettano prioritariamente al
singolo
Entrare all’interno di un sistema che valorizza le
competenze come quello previsto dal CCNL significava aprire una nuova sfida
professionale: riportare al singolo la responsabilita’ di progettare e dirigere
il proprio sviluppo professionale e di carriera; sollecitare fortemente la
capacita’ di autoprogettazione offrendo a tutti la possibilita’ di
autovalutarsi, censire le aree in cui le performance non sono adeguate,
definire le priorita’ sulle quali investire con la formazione; individuare i
propri talenti (clinici o gestionali) e, sulla base di questi, costruire il
proprio percorso di carriera. Proprio come accade negli altri Paesi in cui e’
attribuita grande responsabilita’ al singolo infermiere di progettare il
proprio sviluppo professionale prevedendo, accanto al sistema di autovalutazione,
una forte struttura di accreditamento e certificazione professionale.
2.1.5 Riconoscere le competenze attuali e potenziali
Per la professione la valutazione non doveva censire solo
quello che “l’infermiere e’ in grado di offrire in quel momento”: in un sistema
cosi’ dinamico come quello profilato dal CCNL, doveva prevedere anche la
possibilita’ “quello che puo’ crescere e diventare”: anche le potenzialita’. In
fondo, al di la’ delle vicende sollevate dall’ex art 45, gli infermieri come le
altre professioni, venivano per la prima volta misurati: mai prima d’ora erano
stati valutati e, sulla base degli esiti della valutazione, fatti progredire.
Volevamo per questo evitare alcuni errori importanti come l’attivazione di
sistemi di “misurazione comparativi” (tutti gli infermieri misurati
comparativamente tra di loro); ritenevamo piu’ stimolante e difficile nel
contempo attivare una valutazione che facesse emergere le competenze “rispetto
a qualcosa”, al profilo di posto da occupare e non solo le differenze tra gli
uni e gli altri.
La
professione si aspettava di poter contare su contratti collettivi integrativi
in grado di esprimere criteri e strumenti di valutazione pertinenti alle
competenze infermieristiche; orientati ad indicare le peculiarita’ che
dovrebbero possedere gli infermieri per poter occupare un determinato posto
definito progettando la struttura organizzativa aziendale; prevedendo un
sistema permanente ed integrato di valutazione.
Affermando queste istanze la professione era consapevole di
chiedere molto e nel contempo di non essere ancora del tutto preparata ad un
sistema di valutazione cosi’ complesso.
3. Le tendenze
In effetti le attese non hanno trovato concreta attuazione.
Analizzando 15 contratti integrativi decentrati approvati da
altrettanti aziende distribuite uniformemente sul territorio nazionale, sono
emerse alcune tendenze interessanti
a) valutazione individuale
o
e’ molto orientata ai comportamenti organizzativi e non alle competenze
professionali: non emergono di norma criteri di misurazione delle competenze
gestionali o cliniche;
o
non sono inclusi criteri che valorizzino la complessita’, responsabilita’,
flessibilita’ e la discrezionalita’ dei professionisti sia rispetto a quanto
hanno svolto che a quanto potranno svolgere assumendo nuove responsabilita’;
o
viene valorizzata la media del giudizio degli ultimi tre anni e quindi si basa
molto su “quello che e’ stato” piuttosto che “su quello che puo’ diventare”
(ovvero sul potenziale);
o
non e’ mai collegiale e spesso la responsabilita’ della valutazione e’
demandata al responsabile gerarchico, di norma di profilo diverso da quello infermieristico
e appartenente alla dirigenza (es. direttore di unita’ operativa);
o
solo in una azienda e’ affermato che la valutazione individuale deve partire
dall’autovalutazione del professionista;
o
sono numerose le aziende che prevedono “procedure di risoluzione del conflitto”
nel momento in cui la valutazione espressa non e’ condivisa dal condidato;
addirittura una azienda impegna i responsabili a comunicare all’interessato la
valutazione solo se negativa…
b) valutazione dell’esperienza
e della formazione
Tutti i contratti prevedono la
valutazione del curriculum per i quali, di norma,
o
aumenta il peso della valutazione individuale e del percorso formativo passando
dalla categoria C (infermiere) a D (capo sala) e DS (infermiere dirigente);
allo stesso modo, si contrae il peso attribuito all’esperienza lavorativa che
e’ espressa come anni di servizio nella categoria (anzianita’);
o
la formazione e’ valorizzata come “numero di giornate di formazione” ( se non
addirittura in “numero di ore“) con uno scarso rilievo per la conduzione o
collaborazione a progetti di ricerca (spesso valorizzati in numero di mesi e
non nei risultati prodotti) ed una scarsissima rilevanza alle pubblicazioni
(senza alcun riferimento alle riviste, se indicizzate oppure no);
o
in alcuni contratti sono valorizzati molto altri titoli come il diploma di
laurea al quale, pur essendo “aspecifico”, viene attribuito un peso importante.
c) descrizione del profilo di posto
o
poche aziende indicano le competenze necessarie a ricoprire il profilo di posto
e questo in linea generale e’ piu’ frequente per le posizioni organizzative;
o
solo una azienda fa riferimento esplicito al dipartimento nell’ambito del quale
individuare i percorsi di carriera; le altre non esplicitano alcunche’ rispetto
alla natura contestuale delle competenze (una sola azienda dimezza la
valorizzazione dell’esperienza se questa non fa riferimento all’area in cui
l’operatore si propone per la selezione).
4.
Alcune conclusioni
Dall’analisi
qualitativa effettuata confrontando alcuni contratti collettivi decentrati e le
attese della professione, emerge una discreta divergenza: pur considerando che
si tratta della prima applicazione in un sistema sanitario molto complesso e in
profonda trasformazione, i risultati non ci possono completamente soddisfare.
La diversita’ tra quello che ci aspettavamo e quello che effettivamente le
aziende stanno realizzando e’ notevole: in alcune situazioni, laddove emergono
ancora logiche premianti l’anzianita’ di servizio, piuttosto che la formazione
non strettamente correlata ai contenuti professionali, la valorizzazione della
competenza professionale sia clinica che gestionale, non trova spazio.
Il sistema
era molto interessante nell’impianto e probabilmente il tempo consentira’ degli
aggiustamenti: nel frattempo e’ importante impegnarci su alcuni mandati,
affinche’ questa prima applicazione possa costituire una importante esperienza
per il futuro.
Per tutti
gli infermieri, diventa importante iniziare a pensare in modo “attivo” al
proprio sviluppo professionale e di carriera. Stiamo entrando nella logica
della progettazione delle carriere e gli infermieri inglesi ci insegnano molto
su questo punto: la responsabilita’ del progetto professioanle non e’ delle
organizzazioni che possono facilitarlo ma e’ prioritariamente del singolo.
Per le
societa’ scientifiche come l’ANIARTI, diventa importante contribuire alla
definizione di un sistema di accreditamento professionale che sia in grado di
accompagnare, sostenere e guidare la misurazione delle competenze professionali
nelle organizzazioni.
Per le sedi
formative dei Diplomi Universitari, comprese le sedi post base, e’ prioritario
riflettere sulle strategie di apprendimento al fine di preparare professionisti
che siano in grado di autovalutarsi (“capire a che punto sono”), autoapprendere
e progettarsi il proprio sviluppo professionale (“dove voglio arrivare e con
quali strategie”).
Per i
servizi infermieristici, l’impegno di sostenere i cambiamenti organizzativi
coerenti agli sviluppi di carriera progettati: passare di fascia o di categoria
significa impegnarsi ad offrire un contributo diverso. Perche’ non pensare di
affidare la responsabilita’ di team leader per coloro che sono passati in C4?
Tutte
queste rappresentano dlle sfide interessanti con le quali la professione
infermieristica vuole misurarsi.
[i] Silvestro A. CCNL per il Comparto
Sanita’: analisi e considerazioni. Figlio Notizie 1999;(1):13-17;
[ii] (a cura di) Federazione Nazionale
Collegi. Comparto Sanita’, le innovazioni del CCNL. Foglio
Notizie;(4): 34-38;
[iii]
Lesile P W The contingent nature of advanced nursing practice. Journal of
Advanced Nursing, 1999, 30 (1) , 121-128;
[iv]
Kesselring A. Come diventare esperti. Imparare con esperienza. Infermiere in formazione 1995;(9);
[v] Bruscaglioni M.: La gestione dei
processi nella formazione degli adulti. Franco Angeli, 1992
[v] Blandino G.: La disponibilita’ ad
apprendere. Raffaello Cortina Editore, 1997
[v] Knowless, M.: La formazione degli
adulti come autobiografia. Raffaello Cortina, 1993
[v] Knowles, M.: Quando l’adulto
impara. Franco Angeli, 1994
[vi] pubblicati su Agenzia Sanitaria
Italiana nel 2000;