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Congresso Nazionale Aniarti 2000

Funzioni e rsponsabilita' infermieristiche

Genova (GE), 15 Novembre - November 2000 / 17 Novembre - November 2000

» Indice degli atti del programma

SESSIONE SPECIALE : Società scientifica: significato, percorsi e ricadute sulla realtà infermieristica associativa e nazionale Elio Drigo Monica Casati Cesare Cislaghi Fabio Focarile

17 Novembre - November 2000: 14:00 / 16:30

 
 
Ringrazio per l’invito a  questa chiacchierata insieme sulle società scientifiche.
Devo dire che non conosco a fondo il problema di una società scientifica in ambito infermieristico, quindi mi rifaccio all’esperienza di altre società scientifiche.
La prima domanda è: l’infermieristica è una scienza?
Sicuramente la risposta è positiva, però ci si può domandare in che senso è separata come scienza, quale è la sua autonomia, quale è la diversità rispetto alle altre.
La battuta di Popper, che di scienza si dice che ne sapesse, era che non esisteva diversità fra le scienze ma solo diversità tra le accademie.
In altre parole non c’era differenza fra la fisica e la chimica ma solo fra i professori di fisica ed i professori di chimica.
Anche se chiaramente è una provocazione, c’è qualcosa di vero, nel senso che sicuramente diventa più importante, nel definire una disciplina scientifica, chi la pratica che non, in maniera astratta, definire altre cose.
In questo senso, quindi, una società scientifica non è tanto in astratto una società di contenuti scientifici ma realmente di persone che praticano una determinata attività a carattere scientifico.
Di associazioni scientifiche ne conosco varie, in maniera approfondita conosco le società che riguardano tre argomenti, la statistica medica, l’epidemiologia e l’economia sanitaria.
Queste le conosco perché le vivo, le altre le conosco dall’esterno.
Sicuramente esistono tantissime società, credo che il numero di società scientifiche in Italia sia secondo solamente, si dice, al numero di ordini religiosi, alcune piccolissime, fatte da poco più di una dozzina di persone, alcune molto grandi, con decine di migliaia di persone.
Quindi la tipologia è molto diversa.
Alcune poi nascono e muoiono; ci sono società scientifiche, anche nel settore che mi è più vicino della statistica medica, che non reggono, che nascono e muoiono nell’arco di un mese.
Quindi evidentemente c’è il sospetto che non ci sia sotto molta scienza, che ci siano altri interessi, però tutte si chiamano società scientifiche.
Allora credo che bisogna cercare di vedere che tipologia hanno queste società scientifiche.
Nell’ambito delle scienze mediche ma anche in quelle vicine direi che ci sono tre tipologie.
Questa classificazione non scientifica, che mi permetto di fare, sicuramente la si vede anche riflessa, se volete, dall’impostazione dello statuto, soprattutto dall’impostazione di chi è chiamato poi a decidere nell’ambito dell’associazione, 
ma anche da come è stata la leadership reale nell’associazione stessa.
Le prime sono delle società che, nonostante si chiamino scientifiche, magari hanno abbastanza poco  di scientifico, anche se poi svolgono magari attività scientifica dove l’obiettivo principale è l’obiettivo corporativo, se non strettamente sindacale, cioè la difesa della professione, una difesa del ruolo o la sua promozione.
Normalmente in queste situazioni, se andate a vedere lo statuto, chi prende decisioni ha una delega dei gruppi di maggior peso numerico, democraticamente, e i temi principali sono non tanto la scienza, non tanto la promozione di un metodo scientifico quanto invece la promozione delle componenti professionali.
Il secondo tipo, che in ambito clinico medico universitario rappresenta la maggior parte delle società scientifiche, serve per decidere chi va in cattedra.
In queste le attività principali non sono le attività scientifiche ma è quello che si svolge nei corridoi delle sedi congressuali,  e lì la decisione normalmente è la decisione di chi ha il potere accademico, che fa scienza ma non tanto nelle società, le società sono scientifiche perché sono le società che servono per gestire il potere in ambito scientifico, il più delle volte in ambito universitario.
Dico questo perché si affaccia all’attività infermieristica, l’attività universitaria, delle cattedre universitarie etc., quindi la tentazione di far diventare luogo non tanto un luogo di dibattito scientifico, ma un luogo di decisione di chi poi gestisce l’egemonia, il potere scientifico.
La terza fattispecie invece sono le società il cui obiettivo reale  e quello di elaborare contenuti scientifici, in modo da comunicarli e all’interno e all’esterno.
Se noi andiamo a vedere come si forma il potere associativo in questo vediamo che conta l’autorevolezza scientifica.
Normalmente non è tanto lo statuto che lo sceglie ma è la leadership, per cui normalmente vengono scelte le persone che realmente sono più capaci, hanno più voglia di contribuire a riempire di contenuto scientifico le società.
Ecco credo sia importante da questo punto di vista verificare che la società valuti quale modello sta sviluppando perché se il modello è un modello è di primo tipo dove la preoccupazione principale è la promozione della professione, c’è da chiedersi se magari non è il caso che ci sia un gruppo interno alla grande società che più specificamente si occupi di elaborare contenuti scientifici.
Io credo poco in altre parole che si riesca a fare attività scientifica, ad esempio nell’ordine dei medici, questo non significa che alcune attività promosse dall’ordine dei medici siano attività di elevato contenuto scientifico.
Allora in questo senso credo nello sviluppo delle società scientifiche, il problema è quello di chiedersi se c’è questa cosa oppure non è il caso di creare una società gemella, con uno scopo prettamente scientifico oppure di ritagliare all’interno di una società che magari abbia contenuti più professionali un gruppo, un settore dove l’attività sia prettamente scientifica.
Allora se togliamo le due attività, la promozione della professione e la gestione del potere, ma attenzione entrambi  fondamentali  per la vita della professione, qual è l’attività di una società scientifica, è il congresso scientifico, una volta l’anno o ogni due anni.
Bene in questo senso sia importante e sia anche in questo senso chiaro un momento di assemblea staccare in maniera molto evidente quello che può essere  il momento di dibattito dei contenuti relativi alla professione da quello che è un momento di approfondimento di tipo scientifico.
Per cui io vedrei molto bene in alcune associazioni che hanno più scopi, quello che sia molto evidente lo spazio che abbia il momento di comunicazione di tipo scientifico.
In questo senso credo che la partecipazione, la comunicazione di lavori, di osservazioni, di riflessioni, di ricerche che abbiano come metodo quello di una elaborazione scientifica, debba da una parte, soprattutto in alcune associazioni che magari non hanno una grossa tradizione di comunicazione di  risultati scientifici debba promuovere la partecipazione, è un momento dove è importante che ciascuno porti i suoi modesti contributi, d’altra parte io credo che è in questa attività si pongano dei filtri per cui pensare che nello sviluppo di una società scientifica si portano sempre più dei filtri, in poche parole comunica coloro che hanno fatto uno sforzo di migliorare il proprio contenuto soprattutto dal punto di vista metodologico, ma anche dal punto di vista del contenuto in modo che la qualità della propria attività aumenta sempre di più.
Quindi credo che il momento del congresso sia un momento abbastanza importante e non solo un momento di circuito di opinioni ma anche un momento di confronto dei propri lavori di ricerca o di osservazioni, di riflessione fatta appunto con un metodo di tipo sperimentale o osservazionale, ma che abbiano una rigorosità scientifica.
Il secondo punto di molte società scientifica è la rivista scientifica.
La prima osservazione su una rivista scientifica che si è fatta anche in altri ambiti è quello dell’assoluta autonomia.
Una rivista normalmente ha varie sessioni, ma fondamentalmente ha due sessioni: una sessione degli opinioni e delle informazioni e una sessione degli articoli scientifici.
La prima è molto legata alla vita associativa, al dibattito, alle comunicazioni, riflessioni, quella dei contenuti degli articoli scientifici, della riflessione ottenute con rigorosità scientifica, secondo me deve essere slegata, deve essere autonoma, deve avere una rigorosità che non segue quelle che sono la rappresentatività o altre meccanismi che sono nell’ambito della società.
In questo senso credo sia molto importante che questo settore abbia ad esempio non solo una visione, un controllo sulla validità e la capacità di impatto dei contenuti, perché chiaramente fare un bell’articolo metodologicamente corretto che parla del nulla, non interessa, però anche metodologico e anche di rigore scientifico.
Quasi tutte le riviste scientifiche utilizzano ad esempio il meccanismo dei referee, di arbitri  che  valutano queste cose, anche il direttore dovrebbe sottoporre i propri lavori agli arbitri, sicuramente con più probabilità di successo di qualcun altro forse.
Però questa correttezza  è da perseguire.
Accanto a questo, però, bisogna anche tenere conto da una parte che devono crescere gli incentivi a scrivere e a produrre, e dall’altra parte anche che esiste un problema di controlli.
Uno degli incentivi più importanti è che per la persona che scrive, che si è sforzata perchè scrivere un articolo vuol dire aver fatto un grosso lavoro prima e anche un grosso lavoro di scrittura, veda riconosciuto questo sforzo e sempre di più in ambito dell’accademia, quindi nella futura vita universitaria anche del mondo infermieristico, non si sono trovati molti criteri di selezione oggettiva, poi ci sono i criteri non proprio correttissimi che comunque sempre vengono applicati.
Uno di questi criteri è quello delle pubblicazioni, dei lavori, ecc.
Cercare di entrare in un circuito riconosciuto di riviste, quindi poter avere una rivista che viene censita e conosciuta in MEDLINE, ecc. credo sia molto importante in quanto il dibattito è abbastanza rilevante se si è emarginati dai circuiti nazionali ed internazionali oppure invece si è inseriti.
Molti ad esempio tendono a scrivere in inglese le riviste italiane.
Sicuramente sarei sfavorevolissimo a cose di questo tipo perché l’altro aspetto invece è aumentare la leggibilità.
Bisogna aumentare la rigorosità e aumentare la leggibilità.
Quindi la rivista e la vita associativa devono aumentare molto di qualità ma non devono diventare, a mio avviso, un ghetto di quei poveri eletti che si separano dalla professione degli operai perché loro fanno ricerca mentre gli operai si occupano d’altro.
Dev’essere invece una crescita comune e con dei processi di comunicazione comuni.
Per una rivista di una società scientifica di settore medico io addirittura come criterio di valutazione metterei quanti non infermieri la leggono.
Credo che essere letti ad esempio da medici ed amministratori della sanità sia un parametro molto importante.
Se la rivista rimane nel vostro ambito e si ferma lì probabilmente c’è qualcosa che non va, anche se alcuni articoli sicuramente sono molto tecnici.
Il terzo punto è la formazione.
Molte associazioni si occupano di formazione.
Io qui ho la mia idea; ad esempio l’associazione italiana di epidemiologia ha un master in epidemiologia.
All’istituzione di questo master nell’ambito dell’associazione italiana di epidemiologia io ho sempre votato contro
Questo master è molto buono, è una delle cose migliori di formazione di epidemiologia in Italia di questo periodo ma io ho sempre votato contro.
E vi dico perché: io ritengo, dal mio punto di vista, che la formazione, non tanto l’aggiornamento, il seminario informativo, ecc. sia qualcosa di istituzionale, che deve essere del ministero della pubblica istruzione, ministero della sanità o regioni ecc.  Perché altrimenti io credo che queste esperienze, anche se molto buone, non creano tradizione perché sono al di fuori dell’istituzione formativa.
Nonostante questo ritengo che, in alcuni momenti, possano avere due grossi ruoli:
un ruolo di supplenza, perché se non c’è della formazione ritengo sia giusto farla, e un ruolo paradigmatico.
Io studio un modello, lo sperimento e dico alle istituzioni: è questo che riteniamo si debba fare.
Credo invece che debba occuparsi, una associazione, moltissimo di formazione, nel senso della discussione, elaborazione e comunicazione dei criteri e dei metodi, cioè un grosso ruolo di indirizzo.
Una associazione deve dire all’Università, ad esempio, secondo noi i corsi devono avere questi contenuti.
Un quarto punto che credo importante nelle associazioni sono i gruppi di lavoro o commissioni di studio.
Penso che un’associazione possa avere dei gruppi di lavoro che creano ad esempio delle revisioni su certi temi, che elaborano oppure valutano oppure rivedono delle linee guida, dei percorsi assistenziali, anche se è soprattutto importante la funzione di valutazione.
Credo che questi gruppi di lavoro siano spesso e volentieri dei luoghi dove è facile ritrovarsi al di là di quelle che sono talvolta le competizioni di altri settori, l’associazione può essere un buon luogo dove invece ci si confronta e si lavora tra gruppi che altrove hanno più difficoltà a lavorare insieme.
L’ultimo punto riguarda i rapporti con le istituzioni.
So che voi fate una distinzione fra l’accreditamento all’esercizio e l’accreditamento all’eccellenza.
Fra queste cose io non creo molte diversità perché sono preoccupato che nell’associazione si inneschino dei meccanismi di gestione difficile.
Mentre credo sia possibile che una società scientifica affermi che prima di farne parte si deve essere sottoposti a valutazione, andare a dire chi sono i bravi e chi sono i cattivi, chi è eccellente e chi non è eccellente fra i soci, rischia di scontrarsi abbastanza col potere in ambito associativo.
Mentre ritengo sia importantissimo dare dei criteri di accreditamento, e quindi dire quali sono i parametri di valutazione, e quindi dire quali sono gli indici che permettono di valutare le figure professionali, le attività, ecc. io ho dei grossi dubbi che ci possa essere un accreditamento istituzionale, perché secondo me si valutano meno favorevolmente gli esterni.
Credo che una funzione di arbitraggio dovrebbe avvenire in agenzie che siano autonome dal contesto istituzionale.
Inoltre per la gestione dei fondi di ricerca dev’esserci un rapporto nel segnalare quali sono i temi su cui indirizzare i soldi della ricerca e quali sono i criteri per la distribuzione.
Interferire con i livelli di programmazione e di valutazione degli enti sanitari, regioni aziende ecc. è molto importante.
Collaborare alle relazioni sanitarie, entrare in cooperazione nel momento programmatorio nazionale, regionale o locale credo che sia abbastanza importante, in particolare per il settore infermieristico che molto spesso è completamente assente.
La politica dell’associazione una società scientifica dovrebbe farla con l’evidenza scientifica., non con l’ideologia, col dibattito, con le opinioni, con le liti di potere interni, ecc.
L’evidenza scientifica io non la vedo assolutamente come un fatto neutrale; su di essa ci può essere una scontro.
L’aggettivo scientifico non è un cappello vuoto da mettere a una politica associativa che ha altre mire.
La società scientifica si deve fondare sull’evidenza scientifica e non sulla nostra ideologia o in difesa dei nostri interessi corporativi.

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