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Congresso Nazionale Aniarti 2000

Funzioni e rsponsabilita' infermieristiche

Genova (GE), 15 Novembre - November 2000 / 17 Novembre - November 2000

» Indice degli atti del programma

La ri – definizione dei processi assistenziali: previsione di risultato, rapidità e continuità delle cure Maria Benetton Annalisa Silvestro

15 Novembre - November 2000: 09:30 / 09:45

IPAFD Maria Benetton
Comitato Direttivo Aniarti - Azienda UlSS n. 9 Treviso
IID Annalisa Silvestro  
Vicepresidente Aniarti - Azienda n. 4 “Medio Friuli” Udine  

Vorrei iniziare collegandomi alla definizione ricordata da Drigo, quando dice che il Dipartimento è costituito da Unità Operative che perseguono comuni finalità. 
Se questo è vero per tutti i Dipartimenti, in particolare nel Dipartimento di Emergenza dove in gioco c’è la sopravvivenza, la comune finalità, l’obiettivo dell’Unità Operativa è di agire nella logica della continuità e della rapidità delle cure. 
Partiamo dal presupposto che questo obiettivo sia accettato e condiviso da tutto il Dipartimento, ma per agire sulla rapidità e continuità delle cure, bisogna agire sulla variabile “tempo” e di conseguenza è necessario rivisitare il processo assistenziale.
In ambito organizzativo il processo è una successione strutturata di attività finalizzate per produrre valore per l’organizzazione.
Nel processo assistenziale il valore per l’organizzazione è produrre ed erogare un servizio sanitario.
Diventa un processo che coinvolge più professionisti i quali, in multidisciplinarietà si impegnano nella soluzione dei problemi. 
Da cosa è costituito il processo assistenziale?

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Le azioni che devono essere attuate o gli indici di performance che devono essere perseguiti e raggiunti nel concretizzare le azioni; 
le risorse umane numericamente necessarie per attuare il processo e raggiungere il risultato; 
la tecnologia e le risorse materiali necessarie per attuare il processo e raggiungere il risultato. 
Su tutto questo la variabile “tempo” che deve determinare il processo di lavoro assistenziale. 
Quindi: per rivedere il processo assistenziale si devono anche rivedere gli elementi che, integrandosi, lo producono. 
In una logica di aspettativa di qualità di vita socialmente accettata, la finalità del processo non è solo produrre assistenza ma ottenere risultati o tendere a risultati che portino, nel più breve tempo possibile, al recupero fisico-psichico-sociale. 
E’ quindi possibile ipotizzare una “previsione di risultato” in un ambito difficile, talvolta drammatico e comunque sempre complesso e diversificato come l’Area Critica? 
Possiamo ipotizzare un ribaltamento, modificare il processo di assistenza partendo non dagli elementi che lo costituiscono, ma dal risultato che vogliamo perseguire il quale determini il processo di lavoro che vogliamo adottare? 
Cosa vuol dire previsione di risultato? 
La previsione permette di stabilire con una certa approssimazione, l’andamento futuro di alcune situazioni (variabili) partendo dalla conoscenza di alcuni dati certi. 
Se il nostro obiettivo, cioè il risultato a cui vogliamo tendere, in relazione alla variabile tempo è:  
 1) recupero delle funzioni vitali 
 2) mantenimento delle funzioni vitali 
3)  limitazione del danno 
4) recupero dell’integrità psico-fisica 
quali sono i dati certi che ci permettono di fare una previsione di risultato? 
 
 
RAPIDITA’   - inizio rapido delle cure in ambiente extraospedaliero
- procedure standardizzate (BasicLife Support e
 Advanced Life Support) 
 
 
CONTINUITA - continuità nell’impostazione delle cure nelle U.O.
 di accesso
- eliminazione dei tempi di attesa
- eliminazione dei tempi morti
 
 
CURE CERTE  - si deve tendere ad una pratica medica e infermieristica 
 secondo Evidence Based Medicine o Nursing
 cioè un’assistenza basata sull’evidenza scientifica
- utilizzo di procedure/protocolli secondo Linee Guida
 Internazionali condivise e contestualizzate nell’ambito in 
 cui si opera
 
 
PROFESSIONALITA’  - assistenza orientata al paziente non per compiti o di
 routine
- competenze e abilità del singolo/dell’équipe
- formazione continua
 
Dopo queste riflessioni risulta chiaro che un Dipartimento d’Emergenza non può che operare nella continuità e celerità delle cure per un 
 
risultato condiviso cioè ------------- ridurre la mortalità 
 ------------- ridurre i danni permanenti 
 ------------- ridurre i costi sociali/sanitari 
 
 
 
 
 
Quali sono gli elementi oggettivi che determinano un’interruzione nella continuità delle cure? 
 
EVENTO INTERVENTO DEL SERVIZIO 
CRITICO DI EMERGENZA
 
- assenza del Sistema 118 
- mancata integrazione tra Centrale 
e base ambulanze
- personale non professionista (laici)
- personale non formato
- eventi imprevedibili
 
 
 
INTERVENTO  ACCOGLIENZA NELLA
D’EMERGENZA STRUTTURA SANITARIA
 
- attrezzatura sanitaria non adeguata  
 all’evento che si è verificato 
- mancanza di protocolli di intervento
- personale non professionista (laici) i quali
non sanno o non possono intervenire in modo utile rispetto l’evento
- personale non formato
- mancato allertamento del Pronto Soccorso
 
 
PRONTO TERAPIA INTENSIVA
SOCCORSO  SALA OPERATORIA
 
- protocolli d’intervento non condivisi o 
 da costruire
 - tecnologia di supporto vitale diversa
- mancato allertamento degli specialisti
 - mancato allertamento delle strutture collegate
 (radiologia, laboratorio,emoteca)
 
Sulla base di queste riflessioni e tenendo sempre fissa la nostra variabile tempo, cioè la rapidità delle cure, abbiamo effettuato una piccola ricerca. Abbiamo esaminato un Pronto soccorso di un ospedale di riferimento regionale in cui i livelli si assistenza sono considerati di buon livello, dotato di Centrale 118 con Elisoccorso, in cui il Dipartimento Emergenza ed Accettazione è presente solo nominalmente. 
Sono stati esaminati i tempi di permanenza in Pronto Soccorso per l’inquadramento diagnostico, per tre tipologie di pazienti; i politraumatizzati rimangono di media 141 minuti, i pazienti con altra patologia chirurgica 90 minuti, i pazienti con patologia internistica 82 minuti. (Grafico n. 1) 
Il tempo si dilata enormemente se esaminiamo il tempo medio dei pazienti che sono poi avviati all’intervento chirurgico, ben 248 minuti. (Grafico n. 2) 
Quanto di questo tempo è utilizzato proficuamente o è solo tempo di attesa che potrebbe essere meglio adoperato? 
Nell’esaminare poi il percorso-tipo dalla presa in carico da parte del Servizio di Emergenza all’invio in S.O. o in T.I. gli elementi che possono diventare fattori critici che interrompono o rallentano temporalmente la continuità delle cure, sono: 
 
- raccolta dati 1) i dati anagrafici che non necessitano di riconferma, sono mediamente ripetuti per 4 volte da due figure (medico/IP) 
2) le schede di registrazione cambiano (con ripetizione di dati e non per integrare i dati esistenti) ad ogni passaggio di struttura. Abbiamo contato: 
- cartella intervento 118 
- cartella del Pronto Soccorso 
- cartella di accesso alla S.O.  
- cartella medica di T.I. 
- cartella infermieristica della T.I. 
Il problema non è tanto sul numero ma sul fatto che ognuna ha una sua “vita propria” che non utilizza o non integra di dati raccolti dalla precedente. 
 
- attesa diagnostica 1) mancato allertamento della Radiologia 
 2) mancato allertamento dell’Emoteca 
 3) laboratorio intasato da esami urgenti 
 4) tempo di recupero referti 
 
- indisponibilità della struttura specialistica o attesa del medico specialista   
1) mancato allertamento dello specialista 
2) trasferimento del paziente dallo specialista 
3) struttura specialistica occupata da precedente intervento non urgente 
 
- attesa del personale di supporto  
1) attesa dell’ambulanza attrezzata per il trasporto del paziente critico 
2) attesa di personale specialistico per il trasporto protetto 
3) attesa per il personale ausiliario per attività di pedonaggio 
 
- tecnologia 1) attrezzatura di supporto vitale di vari modelli all’interno del DEA  
 e non conosciuta da tutto il team che la utilizza 
 2) attrezzatura “di appartenenza”ai singoli reparti che non segue  
 il paziente 
3) mancanza di linee telefoniche dedicate 
4) sistemi di comunicazioni o ricerca persone non affidabili 
 
Si possono ridurre questi tempi ripensando al processo assistenziale? 
 
Si dovrà agire su: 
 
AZIONI  - definire il “trauma team” e dare autorevolezza al “trauma   
 leader”  
 - definire percorsi/prestazioni preferenziali per il DEA 
 - produrre protocolli operativi condivisi dal DEA 
 - ridurre gli atti ripetitivi (es. trascrizioni) 
 
 
 
 
RISORSE UMANE - reclutare personale medico/infermieristico motivato a  
 lavorare nel DEA  
 - formazione omogenea e continua 
 - motivare al lavoro di équipe 
 - adeguato numero di personale per ogni qualifica 
 
TECNOLOGIA/  - tecnologia di supporto vitale omogenea 
RISORSE - presidi medico/chirurgici uniformati 
MATERIALI - informatizzazione del sistema (referti con firma  
 elettronica, trasmissione videodiagnostica) 
 
Esistono poi elementi che definiremmo di tipo strutturale ed organizzativo che comportano decisioni di vertice, per impegno economico o per agire in situazioni professionali legate più allo “status quo” che a motivi oggettivi. 
 
STRUTTURALI Strutture edilizie obsolete 
- struttura edilizia riprogettata nella logica del percorso d’urgenza  
 
Strutture afferenti al DEA distaccate 
- avvicinare le Diagnostiche/le Sale Operatorie 
- attivare un efficiente sistema di trasporto interno ed  
 esterno verso i Centri Ospedalieri Specialistici 
 
PIANIFICAZIONE 
ORGANIZZAZIONE - dichiarare e rendere evidente l’autorevolezza del  
 “team leader” all’interno ed all’esterno del DEA  
- acquisire procedure di attivazione nella maxi  
 emergenza 
- acquisire procedure per l’immediata disponibilità  
 degli specialisti e delle strutture specialistiche 
 
In conclusione quindi cosa dire. 
Rapidità e continuità nelle cure e previsione di risultato non sono determinati solo dalla competenza del singolo o dell’équipe, ma è un processo che coinvolge tutta la Struttura sanitaria con vari gradi di coinvolgimento e di responsabilità. 
Nel Dipartimento Emergenza ed Accetazione sarà forse più facile attuare una ridefinizione dei processi assistenziali in quanto, da sempre, le Unità Operative che vi  
afferiscono lavorano con questi obiettivi che sono presenti, direi quasi geneticamente, negli infermieri di Area Critica. 
Ma ora devono essere concettualizzati e soprattutto tradotti in modalità organizzative e in modifiche dei processi assistenziali, complice anche la limitatezza delle risorse umane ed economiche. 
 
 

Grafico n. 1 

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