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Congresso Nazionale Aniarti 2000

Funzioni e rsponsabilita' infermieristiche

Genova (GE), 15 Novembre - November 2000 / 17 Novembre - November 2000

» Indice degli atti del programma

Elio Drigo

15 Novembre - November 2000: 09:15 / 09:30

* I primi riferimenti normativi al dipartimento risalgono al 1969 nel DPR 128, in cui si prevede la possibilità di “strutture organizzative a tipo dipartimentale tra divisioni, sezioni e servizi complementari, al fine della loro migliore efficienza operativa, dell’economia di gestione e del processo tecnico e scientifico”. L’indicazione interviene dopo che le strutture avevano iniziato a frastagliarsi in specializzazioni in seguito all’irrompere delle prime tecnologie.
* Nel D.M dell’8.11.1976 le Regioni vengono invitate ad istituire con gradualità i dipartimenti per favorire l’integrazione delle competenze, della ricerca, della didattica, delle strutture extraospedaliere; vengono anche fissati gli obiettivi del dipartimento.
* Nessun reale cambiamento fino al 1978, quando la L. 833, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, stabilisce che le Regioni “disciplinano con legge l’articolazione dell’ordinamento degli ospedali in dipartimenti…” Ancora, nei fatti , sporadiche istituzioni di dipartimenti.
* Nel 1985 la Legge 595 (“Norme per la programmazione sanitaria e per il piano sanitario nazionale triennale 1986-88) rappresenta il primo reale orientamento nella razionalizzazione dell’organizzazione degli ospedali (contenimento dei posti letto, aree funzionai omogenee…).
* Il D. Lgs. 502/92 e successive modifiche, applicativo della Legge finanziaria per il ’92, del 30.12.1991 n° 412, afferma che le Regioni “…provvedono alla riorganizzazione di tutti i presidi ospedalieri in Dipartimenti”.
Il concetto viene in seguito ribadito dalla Legge finanziaria per il 1996, n° 549/95.
 Mai erano state però date indicazioni operative di regolamentazione del dipartimento; questo forse ne ha frenato l’istituzione diffusa.
Queste indicazioni si concretizzano con il “Rapporto del Gruppo di lavoro sui Dipartimenti” istituito dall’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali.
Il Rapporto, del dipartimento dà una definizione, ne indica le tipologie, i compiti (assistenza, formazione ed aggiornamento, didattica, ricerca, educazione ed informazione sanitaria), le risorse, le modalità organizzative, e pone alcune considerazioni circa i compiti e le responsabilità del personale.
Il documento, pur occupandosi soltanto del “modello dipartimentale ospedaliero”, di fatto rappresenta il punto di riferimento per l’inizio delle esperienze dipartimentali a livello delle regioni, sia in termini di legislazione che di applicazione operativa decentrata.
  
Definizione di dipartimento 
  
“Il dipartimento è costituito da unità operative omogenee, affini o complementari, che perseguono comuni finalità e sono quindi tra loro interdipendenti, pur mantenendo la propria autonomia e responsabilità professionali. Le unità operative costituenti il dipartimento sono aggregate in una specifica tipologia organizzativa e gestionale, volta a dare risposte unitarie, tempestive, razionali e complete rispetto ai compiti assegnati e a tal fine adottano regole condivise di comportamento assistenziale, didattico, di ricerca, etico, medico-legale ed economico”. 
(Rapporto del Gruppo di lavoro sui Dipartimenti: Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali) 
  
Contenuti ispiratori dell’organizzazione dipartimentale. 
  
In premessa, una considerazione di carattere storico ci fa vedere come l’idea di dipartimento acquisisca forza ed efficacia nel 1992, nel momento in cui diventa chiaro il legame della realtà politica e sociale dell’Italia al resto dell’Europa e del mondo occidentale.
Una tale scelta, di fatto, obbliga a modificare anche l’impostazione dell’organizzazione delle strutture sanitarie: avviene cioè il passaggio da una struttura rigida e spesso autocentrata ad una struttura orientata al raggiungimento di obiettivi programmati di salute ed entro parametri economici predefiniti.
Il passaggio non è semplice perché si scontra con una realtà consolidata di immobilismo.
La velocità con cui la trasformazione viene imposta da fattori esterni, evidenzia con molta chiarezza tutte le incongruenze dell’organizzazione precedente rispetto ai fini dichiarati, ma molto spesso non perseguiti.
  
A partire dalla definizione che abbiamo citato, possiamo vedere che con l’organizzazione dipartimentale, si intende rendere razionalità ed efficacia all’intero sistema di erogazione dei servizi per la salute.
Essa valorizza:
- la forza derivante dall’integrazione a tutti i livelli (strutture, processi operativi, risorse materiali, finanziarie e di persone/professionalità);
- la discrezionalità nelle scelte all’interno di un progetto complessivo di sanità/salute (la massima utilizzazione delle possibilità e capacità decisorie di tipo professionale e gestionale);
- la creatività per il raggiungimento degli obiettivi/risultati comuni con efficacia ed efficienza (la libera utilizzazione di tutti gli strumenti scientifici ed organizzativi);
- la responsabilizzazione dei dirigenti, degli operatori singoli e dei gruppi di operatori, sia intra-Unità Operativa (U.O.)., che inter-U.O.
  
I dipartimenti: sviluppo nazionale. 
  
Confrontiamo l’evoluzione teorica e quella reale:
l’evoluzione teorica:
- inizio lontano nel tempo (1969)
- stasi (1969 – 1992)
- accelerazione con l’aziendalizzazione (1992 – integrazione europea...);
l’evoluzione reale:
- attuale fatica a realizzare i dipartimenti.
Nella concretezza delle strutture la realizzazione dei dipartimenti, anche se prosegue, trova però molte difficoltà.
  
Alcune tra le principali cause potrebbero essere:
a) consuetudini/tradizioni:
* relazioni immutabili da molti decenni; 
* organizzazioni funzionali alla struttura prima che al soddisfacimento di bisogni e dunque rigide…; 
b) resistenze / interessi altri:
* propensione al mantenimento dello status quo;
* consolidamento di interessi di gruppo o personali;
* lotta per conservare privilegi…;
c) mancanza di esperienza e strumenti di integrazione e di logica della flessibilità nell’utilizzo delle risorse:
* incapacità di individuare soluzioni alternative ai problemi a motivo della visione “naturalmente” rigida del proprio sistema; 
* indisponibilità di strumenti di integrazione se non mutuati da esperienze di diversa natura, industriale o aziendale; 
* incongruenza della flessibilità necessaria con la logica da sempre vigente della rigidità… 
d) reale complessità del sistema con forti implicanze di cultura organizzativa e di cultura del
 fattore umano: 
* la dimensione, la delicatezza dei processi operativi e dei rapporti intra ed inter-professionali, l’entità e la diversità dei problemi affrontati costantemente, eccetera…, rendono il sistema sanitario estremamente complesso;
* l’esistenza di una cultura dell’organizzazione più arrangiata che sistematica;
* una cultura di valorizzazione diffusa del patrimonio costituito dagli operatori e dai professionisti praticamente inesistente o non fruibile all’interno del sistema (vedi le resistenze all’applicazione del CCNL)…
  
Lo sviluppo regionale. 
  
L‘applicazione delle normative nazionali in fatto di dipartimenti da parte delle Regioni, risultano difficilmente classificabili, sia per quanto riguarda la reale attivazione dei dipartimenti, sia per la tipologia ed il grado di avanzamento delle azioni messe in cantiere.
Senza la pretesa di essere oggettivi ma solo a titolo esemplificativo e di approccio al problema in una sede come questa, abbiamo raccolto alcune informazioni su tre Regioni cercando di osservare:
- le norme ed indicazioni ufficiali sull’istituzione dei dipartimenti in regione,
- alcune riflessioni di infermieri dirigenti di strutture significative di quelle Regioni con il rilievo delle realizzazioni concrete rispetto alle norme stesse,
Le regioni considerate a titolo esemplificativo ed ovviamente in modo non esaustivo, per questo intervento sono il Friuli Venezia-Giulia, la Campania e la Puglia.
  
FRIULI VENEZIA-GIULIA 
  
Si cita qui il documento di principale riferimento in materia. Le normative successive fanno riferimento alla scelta di organizzazione dipartimentale operata in linea generale.
“Linee guida regionali sulla istituzione e regolamentazione dei Dipartimenti ospedalieri verticali” 1996. 
- Richiama le normative nazionali e regionali precedenti (in particolare: L.R. 13/95 e 1° Piano d’Intervento a Medio Termine - PIMT).
Si pone l’obiettivo di chiarire il significato della dipartimentalizzazione e di fornire indicazioni alle aziende per istituire, regolamentare ed attivare i dipartimenti ospedalieri verticali.
- Risottolinea l’obbligatorietà del processo di dipartimentalizzazione e la finalizzazione a “superare la modalità organizzativa divisionale… per ricercare … un modello organizzativo che consenta di conseguire l’integrazione… il coordinamento e lo sviluppo di attività cliniche, di ricerca, di studio e di audit sulla qualità delle prestazioni…;
- Indica chiaramente gli obiettivi per l’Azienda e per gli operatori che il dipartimento consente di perseguire;
- Prospetta le possibili tendenze evolutive dell’organizzazione dipartimentale;
- Pone rilievo alla necessaria gradualità e sperimentazione delle realizzazioni;
- Mette in luce “l’esigenza di valorizzare il ruolo – anche in chiave dirigenziale – di alcune professionalità, in particolare quella infermieristica, a cui può essere pienamente assegnata la gestione dell’attività assistenziale non clinica. Vengono indicati diversi livelli di responsabilità possibili e viene chiaramente indicata l’esistenza del Responsabile del Servizio Infermieristico in ogni Azienda e dei Referenti infermieristici di dipartimento.
Il Referente infermieristico di dipartimento fa parte del Comitato di dipartimento.
- Indica i livelli decisionali, le risorse e di budget, le composizioni delle professionalità del dipartimento, e le regolamentazioni.
  
Che cosa pensano alcuni Infermieri Dirigenti della regione. 
  
a) Riscontro sull’attuazione delle normative e/o indicazioni regionali.
  
Molte realtà dipartimentali sono ancora teoriche o formali, altre in fase di realizzazione.
Le realizzazioni dei dipartimenti nelle strutture sono certamente disomogenee ma la scelta regionale è decisamente in questa logica e verrà realizzata anche se con gradualità.
L’applicazione delle norme regionali inizia ad essere realizzata anche se con le difficoltà che comporta uno stravolgimento delle consuetudini ed una ridefinizione delle aree di competenza delle varie figure.
Le posizioni e le modalità di operare date per acquisite, si smuovono con difficoltà.
Le norme e le indicazioni regionali per l’attuazione dei dipartimenti sono relativamente avanzate, certamente positive ma ancora insufficienti rispetto a quelle che sarebbero le necessità richieste dall’operatività e dalle strutture.
Non è stata sufficientemente sostenuta la possibilità di sperimentazioni di dipartimenti, con l’applicazione di visioni organizzative orientate agli obiettivi da raggiungere dai dipartimenti stessi.
  
b) Valorizzazione della professione infermieristica.
  
Vi sono certamente per gli infermieri, degli spazi di azione molto più ampi rispetto solo a qualche anno fa; si intravvedono realistiche possibilità, se non necessità, di stravolgere completamente l’impostazione dell’organizzazione ospedaliera centrandola sulle esigenze del malato e non dell’operatore.
Le leggi creano spazi che però a volte non hanno ricadute nella concretezza.
Manca ancora la costruzione chiara della struttura gestionale dei dipartimenti; questo può comportare una rigidità nei livelli di gerarchie per la presa delle decisioni e per la gestione delle risorse a tutti i livelli. Gli infermieri fanno parte solo dei Comitati di dipartimento ma non del Comitato Strategico Aziendale, il quale ha la possibilità di determinare l’andamento dell’impostazione generale dell’Azienda e l’orientamento delle risorse.
Certamente le ultime normative riguardanti la professione infermieristica (L.42/99 e L.251/00) gettano una nuova luce sull’impostazione dipartimentale, ne catalizzeranno l’attuazione e richiederanno una revisione di alcune indicazioni delle varie linee guida esistenti, che dovrà accogliere la nuova impostazione dell’infermiere.
Gli infermieri devono percorrere strade impervie per poter solo interloquire con i luoghi delle decisioni. Manca una reale capacità di ascolto ed attenzione delle istituzioni nei confronti degli infermieri e dei problemi che essi affrontano.
In alcuni casi la realizzazione dei dipartimenti ha consentito di attribuire rilevanza avanzata al ruolo infermieristico.
  
CAMPANIA 
  
* Legge Regionale 11.01.1994 n° 2: “Istituzione del sistema integrato regionale per l’emergenza sanitaria” (SIRES):
- Detta le norme di istituzione del SIRES; all’interno fornisce indicazioni sul Dipartimento di Emergenza ed accettazione
* Legge Regionale 03.11.1994 n° 32: “… Riordino del Servizio Sanitario Regionale”:
- E’ una traduzione di livello regionale in applicazione del Decreto L.vo n° 502/92.
- Vengono richiamati i principi generali dell’organizzazione ospedaliera in dipartimenti e fornite indicazioni per seguire quanto dettato dalla L..R. n° 2/94.
- Vengono menzionati i dipartimenti di emergenza ed accettazione.
* Legge Regionale 26.02.1998 n° 2: “Piano Regionale ospedaliero per il triennio 1997-1999, ALLEGATO “N”:
- Ripercorre e reinterpreta in chiave locale la traccia ed i contenuti del documento sulle linee guida del Gruppo di lavoro dell’Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali;
- Il Coordinatore infermieristico di dipartimento non fa parte del Comitato di dipartimento. Nell’insieme ha funzioni di collaborazione esecutiva in subordine al Capo e Comitato di dipartimento.
  
Che cosa pensano alcuni Infermieri Dirigenti della regione. 
  
a) Riscontro sull’attuazione delle normative e/o indicazioni regionali.
  
Le normative regionali significative sono quelle citate.
Solo alcune Aziende hanno prodotto atti interni di istituzione dei dipartimenti, almeno alcuni di essi; pochissime hanno, ad oggi, nominato i capi-dipartimento.
Si riscontra in questo periodo una fase di rallentamento delle iniziative innovative per le Aziende, legato alla situazione di incertezza per il futuro di molti direttori generali.
Permane una notevole difficoltà ad instaurare sostanziali trasformazioni organizzative nelle strutture sanitarie, che devono nel contempo applicare processi di aziendalizzazione.
  
b) Valorizzazione della professione infermieristica.
  
Gli infermieri hanno poco rilievo nelle norme e regolamentazioni regionali riguardanti i dipartimenti.
Sono ancora tenuti ai margini dei momenti decisori, delle funzioni di coordinamento e del coinvolgimento attivo diretto nell’attuazione della trasformazione organizzativa. In qualche Azienda sono stati nominati coordinatori infermieristici di dipartimento.
E’ da rilevare il movimento di aggregazione a livello regionale da parte della professione per rendersi evidente e farsi valorizzare ed attribuire le dovute responsabilità per il proprio specifico, nell’ambito delle organizzazioni.
Considerato anche il momento politicamente favorevole l’obiettivo è di ottenere il riconoscimento di un dipartimento infermieristico.
  
PUGLIA 
  
* Legge Regionale n° 36 del 28.12.1994, “Norme e principi per il riordino del Servizio Sanitario Regionale in attuazione del D.L.vo n° 502/92”:
- Agli artt. 22 e 35, richiamano le normative nazionali in fatto di dipartimentalizzazione;
* “Linee guida relative al dipartimento Ospedaliero” in applicazione della Legge Regionale n° 14. 
- Fornisce indicazioni su:
- ambito di applicazione (dipartimenti definiti per: 1. Aree omogenee; 2. Fasce d’età; 3. Organo; 4. Ciascuna area della medicina diagnostica e dei servizi; 5. Per progetto-obiettivo su attività assistenziali di particolare rilevanza nosologica, non necessariamente legata ad una struttura permanente);
- finalità;
- costituzione;
- comitato ( “un rappresentante dell’area del comparto eletto fra i dipendenti appartenenti ai profili professionali: infermieristico, tecnico-sanitario e della riabilitazione”);
- responsabile;
- adozione del regolamento;
- dipartimento misto;
- dipartimento interaziendale.
Nulla dice sulle funzioni del rappresentante (infermieristico).
  
Che cosa pensano alcuni Infermieri Dirigenti della regione. 
  
a) Riscontro sull’attuazione delle normative e/o indicazioni regionali.
  
Le normative ed indicazioni sopra citate sono le uniche esistenti per la Regione Puglia.
Anche il Piano di riordino del servizio sanitario, del 2.’99, continua a considerare la riorganizzazione in termini di unità operative e non di dipartimenti.
Negli anni scorsi si è sviluppato solo un dibattito centrato sul tipo di dipartimento che doveva essere istituito: se di strutture o funzionale.
In nessuna struttura ospedaliera della regione è stato istituito il sistema dipartimentale.
Attualmente la Regione, di fronte ad un saldo passivo di bilancio per la sanità di oltre 1000 miliardi, ipotizza di emanare una delibera istitutiva dei dipartimenti come strumento di razionalizzazione del sistema.
  
b) Valorizzazione della professione infermieristica.
  
Non sembra di vedere a livello politico segnali in direzione della razionalizzazione.
Gli infermieri sono ancora troppo assenti, non identificati nelle determinazione dei processi di lavoro e sconosciuti come professionisti: questo determina l’esclusione dal novero dei gruppi professionali ritenuti determinanti per la qualità assistenziale e dai circuiti decisionali. La realtà sta modificandosi e vi è un inizio di coordinamento regionale.
  
Osservazioni generali su normative regionali per il dipartimento e infermieri. 
  
- Al di là dell’obbligatorietà per le Regioni di organizzare la dipartimentalizzazione, sembra di vedere un reale interesse diretto per questa scelta anche per le ricadute economiche positive che potrebbe comportare in linea teorica.
  
- Il personale infermieristico (e tecnico di assistenza) è la prima e principale ( a volte unica) risorsa umana condivisa e resa flessibile nell’ambito dei dipartimenti. Ciò, legato all’autonomia infermieristica, dovrebbe attribuire riconoscimento di importanza e di conseguenza potere, agli infermieri nell’intera organizzazione e opportunità di determinazione in prima persona del cambiamento.
  
- Il riconoscimento, dell’oggettiva importanza, delle competenze proprie e dell’autorevolezza della professione infermieristica inizia a delinearsi in maniera evidente.
  
- Rispetto alla scelta dell’organizzazione dipartimentale, anche all’interno della professione infermieristica vi possono essere delle posizioni critiche dettate da particolari esperienze, da posizioni personali; come in ogni situazione di scelta. Ciò va valutato anche in funzione di una lettura maggiormente oggettiva delle motivazioni per cui i cambiamenti intervengono magari in maniera differenziata.
La complessità della trasformazione richiesta, rende evidente che molta parte del successo di questa operazione è legata oltre che alle norme ed alle istituzioni, alla reale volontà ed al coinvolgimento delle persone.
  
Conclusioni: 
  
Il dipartimento significa:
 un’opportunità per la professione nel valorizzare le logiche di processo, di flessibilizzazione…; utile vedere in proposito gli obiettivi, tutti, del dipartimento indicati dal DM 8.11.1976 ( !! ) sui quali, va detto, la professione si è sempre spesa, che recitano:
- convergenza di competenze …per l’assistenza completa… 
- incremento della ricerca e collegamento tra didattica ed assistenza … 
- miglioramento… a livello interdisciplinare… 
- aggiornamento… 
- superamento delle disfunzioni… 
- corresponsabilizzazione di tutti gli operatori…con riguardo alle esigenze organizzative.. 
- collegamenti tra le competenze ospedaliere e …territorio… 
Il processo per la dipartimentalizzazione delle Aziende è un periodo in cui le competenze infermieristiche di collaborazione tradizionalmente e storicamente acquisite, possono giocare un ruolo importante nell’affrontare i problemi ed imparare a risolverli in maniera condivisa tra le diverse professionalità: la motivazione delle persone è la premessa indispensabile alla realizzazione dei progetti a forte integrazione.
  
Infermieri di area critica e dipartimento: perché ne parliamo? Perché vi leggiamo un’opportunità per l’applicazione della filosofia assistenziale dell’area critica. 
  
Abbiamo definito Area Critica come l’insieme delle strutture ad alta intensità assistenziale e l’insieme delle situazioni caratterizzate dalla criticità/instabilità vitale del malato e dalla complessità dell’approccio e dell’intervento assistenziale medico/infermieristico. 
Non possiamo non considerare che:
- siamo parte del sistema (una parte che può tracciare la strada, se è vero che gli ospedali sempre di più dovranno diventare strutture solo per acuti e dunque ad elevatissima complessità e competenza professionale e gestionale);
- dopo le ultime normative (DM 739/94, L. 42/99, DL 229/99, L.. 251/00) siamo personalmente e come professione (codice deontologico, accreditamento professionale…) coinvolti e responsabili (responsabilità personale e di partecipazione politica individuale e di gruppo professionale);
- le ultime normative (L. 42/99 e L. 251/00) rappresentano dei catalizzatori di possibilità di innovazione nel processo di dipartimentalizzazione in termini organizzativi e gestionali per gli infermieri; dobbiamo essere accorti nel cogliere le situazioni, saper proporre le competenze infermieristiche come fattori utili alla soluzione di problemi complessi che si pongono;
- necessario capire, leggere le prospettive, scegliere con consapevolezza e coerenza: la individuazione del concetto di area critica operata dagli infermieri realizza ante litteram la filosofia dipartimentale; forse una delle prime teorizzazioni organiche, che ha determinato una trasformazione della concezione delle strutture sanitarie dedicate all’assistenza al malato in situazione di criticità vitale. E questo è già stato determinato nel nostro paese dalle idee di noi infermieri.
  
Dunque sappiamo che riusciamo a cambiare realtà anche molto consolidate.
Adesso ci aspetta di continuare su questa strada. Siamo qui anche per questo.
Buon lavoro!

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