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28° Congresso Nazionale

Infermieri e la questione del limite

Bologna (BO), 25 Novembre - November 2009 / 27 Novembre - November 2009

» Indice degli atti del programma

Terapie intensive aperte: le ragioni per una svolta Alberto Giannini, Milano

26 Novembre - November 2009: 09:01 / 09:03

Alberto Giannini, Terapia Intensiva Pediatrica Fondazione IRCCS Ospedale Maggiore Policlinico, Mangiagalli e Regina Elena

a.giannini@policlinico.mi.it

 

Con il termine di Terapia Intensiva (TI) “chiusa” ci si riferisce in genere ad un reparto con accesso limitato e che, pertanto, contiene o interdice la presenza – e talora anche la sola visita - dei familiari (e degli altri visitatori). Di fatto, però, questa chiusura non si esaurisce solo sul piano temporale, ma si esprime anche sul piano fisico e, soprattutto, su quello relazionale. Al piano fisico appartengono tutte le barriere che, con motivazioni diverse, vengono proposte o imposte al visitatore (assenza di contatto fisico col paziente, camice, mascherina, guanti, ecc.). A quello relazionale appartengono invece tutte le espressioni, sia pure di diversa intensità, di una comunicazione frammentata, compressa o addirittura negata fra i tre elementi che costituiscono i vertici del particolare “triangolo relazionale” che si viene a costituire in TI: il paziente, l’équipe curante e la famiglia.

Per analogia, ma in modo quasi antitetico, la TI “aperta” può essere invece definita come la struttura di cure intensive dove uno degli obiettivi dell’équipe è una razionale riduzione o abolizione di tutte le limitazioni non motivatamente necessarie poste a livello temporale, fisico e relazionale.

Un recente studio ha posto in evidenza come in Italia la quasi totalità delle TI abbia politiche restrittive in tema di presenza di familiari e visitatori. In concreto, il tempo di visita a disposizione è molto limitato - in media un’ora al giorno - e vengono attuate restrizioni sia sul numero dei visitatori (92% delle TI) sia sul tipo di visitatori (il 17% dei reparti ammette solo familiari stretti, il 69% non permette che i bambini facciano visite). Parte delle TI, inoltre, non modifica le sue regole per l’acceso dei visitatori se il paziente ricoverato è un bambino (9%) né se il paziente sta morendo (21%). I reparti con elevato numero di ricoveri e quelli appartenenti alle regioni del Sud e delle Isole hanno orari di visita significativamente più bassi. Un quarto delle TI non ha una sala d’attesa per i familiari e, infine, il 95% di esse obbliga i visitatori a indossare indumenti protettivi.

La possibilità di stare accanto al proprio caro rappresenta uno dei cinque bisogni principali (insieme a informazione, rassicurazione, sostegno e confort) dei familiari di pazienti ricoverati in TI, ma medici e infermieri speso sottostimano questo aspetto. Il ricovero in TI e la separazione dal proprio mondo degli affetti rappresentano un motivo di grande sofferenza sia per il paziente sia per la famiglia, e numerosi dati suggeriscono che la liberalizzazione dell’accesso alla TI per familiari e visitatori non solo non è in alcun modo pericolosa per i pazienti ma è anzi benefica sia per loro sia per le famiglie. In particolare l’”apertura” della TI non causa un aumento delle infezioni nei pazienti, mentre si riducono in modo statisticamente significativo tanto le complicanze cardio-vascolari quanto gli indici di ansia e stress. Un ulteriore effetto positivo è rappresentato poi dalla netta riduzione dell’ansia nei familiari.

La presenza dei familiari di per sé non riduce il livello di assistenza al paziente, anche se può essere percepita dagli infermieri come un elemento di interferenza - e di sovraccarico – nella loro attività. In concreto non esiste alcuna solida base scientifica per limitare l’acceso dei visitatori in TI. L’”apertura” della TI e la presenza dei familiari accanto al malato rappresentano una scelta utile e motivata, una risposta efficace ai bisogni del malato e della sua famiglia.

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