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28° Congresso Nazionale

Infermieri e la questione del limite

Bologna (BO), 25 Novembre - November 2009 / 27 Novembre - November 2009

» Indice degli atti del programma

Assistenza Infermieristica fra azzardo e limite: le sfide e le questioni aperte Nora Marinelli, Perugia

25 Novembre - November 2009: 15:30 / 15:45

Assistenza infermieristica fra azzardo e limite:

le sfide e le questioni aperte

 

Di Nora Marinelli

 

 

 Abstract

 

Il presente contributo vuole rappresentare una prima analisi infermieristica alla questione del limite, tematica centrale al XXVI Congresso ANIARTI di Bologna.

S’intende avviare un ragionamento sulla situazione sociale, politica, sanitaria di contesto nella quale l’infermieristica di area critica evolve e sviluppa i suoi percorsi disciplinari.

Si affronterà il tema degli azzardi intesi come applicazioni d’interventi o procedure i cui esiti non siano del tutto certi, frequenti nell’operatività d’area critica e che pongono, nel loro realizzo, notevoli problemi, oltre che clinico-assistenziali, anche etici e deontologici.

Parleremo delle sfide che si presentano ai professionisti nello svolgimento del loro lavoro e che costituiranno gli elementi problematici d’affrontare e superare in un futuro vicino, che non può attendere i tempi rinviati d’una riflessione lenta ed avara di soluzioni. I dilemmi etici e le questioni ancora aperte alla riflessioni di tutti, cittadini e sanitari, costituiranno ulteriore oggetto del presente contributo nell’obiettivo di lanciare ai partecipanti del Congresso elementi di suggestione per un’ulteriore e più approfondito sviluppo. 

 

 

Parole chiave: biotecnologie, azzardo, sfide, dilemmi etici.

 

 

 

Introduzione

 

In questi ultimi decenni, si è assistito ad un enorme sviluppo dell’apparato biotecnologico a disposizione degli operatori sanitari per fronteggiare situazioni di patologia sempre più complesse (polipatologie) richiedenti un approccio specialistico spesso di rilevante impegno e complessità, in età tendenzialmente sempre più avanzate. I nuovi, più efficaci, e spesso più invasivi, percorsi diagnostico- terapeutici pongono alla pubblica attenzione l’urgenza di affrontare le nuove questioni morali, etiche, deontologiche che derivano da un impiego allargato e a volte apparentemente indiscriminato di tali tecnologie, a discapito parrebbe, del rispetto della volontà delle persone e dell’esercizio del loro libero arbitrio. 

La modificazione dell’approccio clinico - assistenziale con un più ampio ricorso alla strumentazione ha comportato certamente una più rapida e accurata definizione del giudizio diagnostico, l’identificazione di riscontri oggettivi certi di malattia; ciò costituisce evidentemente, un elemento di grande progresso che migliora notevolmente le possibilità di applicazione d’interventi risolutivi in fasi precoci di malattia. Oggi siamo in grado di applicare percorsi terapeutici chirurgici e medici estremamente avanzati che consentono il raggiungimento di risultati impensabili solo qualche decennio fa. Ciò ha comportato lo sviluppo d’una chirurgia di alta specializzazione e parallelamente quello delle Unità cure intensive, il cui ricorso si è dimostrato fondamentale nei post-operatori ad elevato impegno assistenziale che consentono di recuperare le persone alle autonomie dei loro processi fisiologici; recuperarle potendo gestire le fasi con la tranquillità di setting assistenziali preparati, attrezzati, pronti a corrispondere a qualunque tipo di eventuale complicanze o esigenza dell’assistito. I nuovi scenari delle Terapie Intensive hanno restituito molte persone alla vita quando ne erano state “quasi private”. Da ciò la distorsione del messaggio sociale: rianimazione quasi come miracolo, rianimazione quasi come resurrezione. Si tratta d’una distorsione della proiezione sociale che condiziona anche i sanitari, determinando il falso mito dell’onnipotenza in nome della quale tutto diviene possibile e la valenza sociale ed umana delle relazioni d’aiuto perdono di significato; la grande suggestione del salvatore da cui il riconoscimento prestigioso della popolazione che gravita nel microcosmo sanità, alla certamente meno accattivante disponibilità all’aiuto, l’essere presente e partecipe alla vicenda umana delle persone, senza clamore, senza alcun riconoscimento, senza alcun apparente vantaggio. Ovviamente le dinamiche sono molte articolate e tentativi d’interpretazione possono essere solo parziali: immagini sfocate di un contesto del quale s’intravedono solo dei particolari. 

 

 

L’azzardo in sanità

 

Nel raggiungere nuovi risultati diagnostici-terapeutici, spesso tentando e sperimentando, gli infermieri erano accanto ai medici che provavano, e ai malati che erano sottoposti a tentativi fruttuosi, squilibrati tra beneficio e sacrificio, o talvolta futili, solo utili alla casistica.

Spesso si raggiungono nuovi risultati percorrendo o tentando strade nuove per trattamenti farmacologici o di biotecnologie. L’applicazione di nuove strategie può rappresentare un azzardo non sempre evitabile.

Definiamo il concetto di “azzardo” innanzitutto nella lingua italiana:

DAL NUOVO ZINGARELLI, azzardo è: complesso di circostanze causali che implica, fra gli esiti possibili, rischi, pericoli e similari.

Come coniugare il termine azzardo nel contesto sanitario? Azzardo è la condizione di relativa incertezza dei risultati in applicazione a determinati processi terapeutici e biotecnologici. Per estensione del termine, azzardo è anche l’assunzione d’un comportamento diverso da quello atteso, le cui ricadute non sono del tutto prevedibili.

Il concetto di azzardo in sanità è strettamente correlato a quelli di: responsabilità, opportunità, liceità, appropriatezza, eticità, deontologia.

La spinta tecnologica presente negli scenari d’intervento d’area critica, dispone gli operatori ad impieghi non sempre convenzionali di tecnologie e trattamenti allo scopo di ottenere benefici prevedibili seppure non verificati in condizioni cliniche analoghe.

Azzardo anche nell’accezione di sospensione delle cure, riduzione dell’impegno terapeutico. Azzardo nell’ipotesi di applicare orientamenti diversi o contrari a quelli desiderati dalle famiglie.

La medicina spesso tenta di ottenere nuovi risultati; il fenomeno dell’azzardo o del rischio diventa quindi reale e costante soprattutto in area critica, dove tentare il “tutto per tutto” è più accettato che da altre parti.

E’ importante considerare l’attualità del grado di coinvolgimento degli infermieri nelle decisioni anche “sproporzionate” o apparentemente tali in quanto portatori di valori umanitaristici e solidaristici il cui peso deve diventare più rilevante ed incidente nel processo di recupero della componente etica e deontologica dell’agire professionale.

Gli “Azzardi” hanno portato indubbiamente ad evoluzioni nel trattamento o nella ricerca di guarigione, ma ora la sensibilità dei cittadini e degli operatori sanitari, chiede che siano perlomeno condivisi dai proponenti e da coloro che il rischio lo corrono in prima persona. Il rispetto e l’autonomia delle persone sono imprescindibili, ribaditi, confermati e normati dai molti strumenti attuali di regolamentazione del vivere sociale, quali: codici deontologici, la legislazione, l’etica, la giustizia sociale, la valorizzazione delle biografie e dei percorsi storici delle persone e delle famiglie.

Ciononostante può anche accadere che in assenza della volontà dichiarata del paziente, sia necessario assumere decisioni in sua vece, contro il parere dei familiari. In questa condizione risiede l’esercizio d’una grave responsabilità che la normativa attribuisce al curante. Occorre un modello nel quale ci si possa organizzare tra scienza e umanità, tra tecnologia e relazione, autonomia della persona e accompagnamento nelle decisioni nel rispetto delle volontà e nell’interesse unico della persona assistita. Dobbiamo mediare il conflitto tra l’ignoto (l’azzardo) e il noto che può definire il limite.

Ciò comporta anche l’esigenza di  riconsiderare quello che definiamo “competenza”: sicuramente gli infermieri hanno acquisito inequivocabili competenze tecniche, diagnostiche, terapeutiche, organizzative in rapporto all’evoluzione scientifica, ora probabilmente occorre spostare l’attenzione a nuove competenze per poter contribuire attivamente all’assunzione di decisioni sui temi critici per tutti gli operatori della salute.

Abbiamo una nuova responsabilità di “conoscenza” che ci porta verso la declinazione di domande forti, nei confronti del quale non abbiamo pretesa di risposta, ma di sano e ragionevole dubbio per la ricerca di una consapevolezza personale e professionale.

 L’esserci in una forma nuova nella quale l’azzardo è rappresentato paradossalmente dall’esercizio proprio d’una professione che individua storicamente nella relazione , la sua principale modalità d’espressione

 

 

Dilemmi e quesiti aperti:

 

- L’azzardo dell’applicazione all’uomo di tecniche o tecnologie per perseguire la continuazione della vita quali canoni etici deve seguire? 

- E’ sempre tutto lecito?

- Siamo solo dei prestatori d’opera - come un ingegnere o un idraulico - che offrono sul mercato la propria competenza e che, in base alle richieste, devono adattarla alla situazione sociale-organizzativa senza giudicare o indirizzare in alcun modo la domanda che proviene dal paziente o dall’organizzazione?

- La tecnica apre possibilità, prima impensabili o impraticabili; possono essere considerati diritti da applicare a tutti indistintamente (trapianti anche in condizioni estreme, accoglimento in TI per terapia futile, trattamenti aggressivi in condizioni che la letteratura scientifica riporta come non soggette a beneficio?

- Quanto e come la competenza nell’assistere deve “contare” nelle decisioni di adottare o meno tecniche, tecnologie o processi operativi?

- Cosa pensano e come esprimono il loro pensiero gli infermieri sui fondamentali temi etici come l’accanimento terapeutico, il consenso veramente informato,ecc…?

- Quali sono le ragioni a supporto di una nuova autorevolezza dei bisogni assistenziali rispetto ai bisogni di diagnosi e cura, in un mondo come quello che oggi si evidenzia?

- Teniamo conto di quei “parametri soft” collegati al concetto di “persona” (storia personale, desideri, aspettative, stili di vita, vissuto del sé, vicinanza di persone di riferimento,) quando ci si confronta con problemi e situazioni cruciali per la vita dei singoli che sono “unici ed irripetibili”. Parametri soft, di cui, in area critica, sono esperti soprattutto gli infermieri.

A fronte di una maggiore informazione dei cittadini rispetto alle nuove potenzialità del sistema di diagnosi e di cura, e quindi, al potenziamento delle aspettative sulla possibilità di protrarre la vita, potendo superare con i nuovi strumenti molte condizioni che la minacciano, vi è anche un accrescimento della cultura della qualità della vita che in qualche modo limita e contiene l’onnipotenza del mezzo terapeutico. In definitiva, si vorrebbe protrarre la vita con tutti i mezzi possibili, preferibilmente in ambiente ospedaliero (incapacità delle famiglie di sostenere il carico affettivo - emozionale e pratico, del prendersi cura), ma a questa istanza si comincia a contrapporre la questione del limite: non più vita a tutti i costi, ma vita purché degna, purché accettabile.

 

Il concetto di qualità della vita è strettamente correlato alla qualità delle cure (intese in senso ampio), non è importante solo l’efficacia del mezzo terapeutico ma anche la modalità assistenziale attraverso il quale viene applicato. Non conta soltanto il poter continuare a vivere a tutti i costi, ma anche la capacità di essere presente a se stessi e ai processi decisionali che riguardano le scelte terapeutiche da compiere.

Nelle condizioni poi, in cui la persona ha perso la capacità di decidere per sé, subentra in maniera più o meno giustificata dalla normativa, la famiglia, le persone di riferimento, tutto ciò che rappresenta ancora la persona anche in temporanea assenza di coscienza.

La fragilità delle famiglie, le incrementate esigenze informative, la maggior consapevolezza dei cittadini circa i loro diritti, la necessità di sostegno nell’esercizio delle autonomie, la richiesta di rispetto delle volontà e delle dignità, l’applicazione di percorsi assistenziali a misura di persona, la necessità di partecipazione attiva ai percorsi clinico-assistenziali, tutto ciò costituisce materia d’impegno specifica per gli infermieri, i quali, per connotazione disciplinare hanno l’obbligo d’intervenire su questi temi con la competenza e l’assunzione di responsabilità che essi richiedono.

 

 

Le sfide

· Passare dal concetto di sanità a quello di salute. Sanità come “riparare ciò che non funziona”. La salute, invece, come “stato di benessere fisico, psichico e sociale” secondo la definizione OMS

· Tener conto che la sfera psichica e quella sociale sono elementi altrettanto importanti che quella fisica e non possono essere relegati al margine dando un taglio iperspecialistico allo stato di malattia.

· Non si può non tener conto della totalità della persona, anche perché questo rende più efficace qualunque tipo di trattamento terapeutico e di cura assistenziale.

Dobbiamo accettare la sfida dell’attrezzarsi (per tutti gli operatori) in termini culturali e filosofici per accompagnare il malato ad una consapevolezza piena rispetto ai percorsi dei trattamenti possibili o proposti che sono talvolta eccessivi.

La sfida per la professione è anche rappresentata dalla capacità di sviluppare percorsi di ricerca e di riflessione esperienziale dai quali far derivare elementi di contributo alla risoluzione degli attuali dilemmi etici, di acquisizione di conoscenza e consapevolezza delle dinamiche interagenti, politiche, sociali, interpersonali.

La nostra società è caratterizzata dall’enorme influenza dell’informazione, spesso non priva d’un certo gradiente di distorsione. La sfida che gli operatori sanitari devono imparare ad affrontare, consiste anche nella capacità di correggere gli elementi distorsivi dell’informazione, per favorire da parte del malato, una realistica consapevolezza della propria condizione e delle possibilità di trattamento. Si deve trovare l’equilibrio tra ciò che è opportuno perseguire sul piano terapeutico, rispetto a quanto la persona può sostenere ed affrontare, anche imparando a tollerare le decisioni consapevoli “rinunciatarie” assunte con la forza e la motivazione di una coscienza salda e coerente. La gestione di questo limite è grave, importante, impegnativa, e richiede una grande maturità per chi ne è coinvolto.

La sfida per il futuro è anche rappresentata dalla non più derogabile necessità di affrontare le dinamiche relazionali con le famiglie, sviluppandola su di un terreno di conoscenza e competenza pur nella necessaria dimensione comunicativa, empatica. La sfida di oggi, e probabilmente di domani, sta nel necessario riequilibrio degli obiettivi, in modo che non sia più il malato ad essere inserito in un sistema che preesisteva e che ha le sue rigide regole da rispettare, al quale lui e la sua famiglia si devono conformare, ma diviene il sistema, l’organizzazione, a strutturarsi in maniera dinamica sulla base delle esigenze delle persone assistite. Riallineare gli obiettivi significherà ricondurre al centro dei processi la persona, la sua volontà, le sue esigenze.

La tecnologia non può essere considerata il motivo conduttore, il contenuto dell’intervento globale alla cura, ma solo uno strumento, importante per aiutare la persona nell’ottica di attenuazione/risoluzione delle sue sofferenze, altrimenti è priva di scopo. Le tecnologie applicate agli interventi a distanza, sono uno strumento in più che consentono all’operatore di seguire meglio la persona, ma non suppliscono all’indispensabile necessità di relazione, la cui rilevanza non è sminuita ma al contrario ne risulta potenziata reperendo nella tecnologia uno strumento in più di dialogo. 

Una sfida per il futuro sarà anche quella di integrare le componenti tecniche a quelle relazionali specie in area critica dove la spinta al tecnicismo è forte ed anche in qualche modo facile. Gli infermieri dovranno riappropriarsi del loro ruolo nell’originalità d’impostazione tipica dello specifico corpus disciplinare.

Un’ulteriore sfida è rappresentata dalla necessità di uscire idealmente dai rassicuranti contesti strutturati ai quali gli infermieri di area critica sono abituati, per collocarsi con la loro esperienza e il loro background culturale, nella società per contribuire attivamente al rafforzamento dei valori della solidarietà in quanto elemento in grado di migliorare il servizio alla salute.

La cultura alla solidarietà deve puntare al respingimento delle intolleranze pregiudiziali, sia nelle forme oppositive a determinati stili di vita, abusi, eccessi, dipendenze o anche nel rapporto con l’Altro vissuto come Diverso. Ciò implica un processo di sviluppo della professione inserita saldamente nella società che cambia, aperta alle suggestioni delle diverse culture, incline a proporsi al cittadino come elemento di sostegno a difesa della salute fuori dagli schemi miopi del pregiudizio.

 

 

Conclusioni

 

Dobbiamo sempre considerare che all'aumento del nostro potere di intervento sui processi naturali corrisponde un incremento delle responsabilità, delle nostre responsabilità, per quello che facciamo.

Non si chiede certo di limitare il progresso, l’evoluzione, sarebbe una decisione anacronistica e fondamentalmente sbagliata: sono le applicazioni che vanno controllate e regolate, non le scoperte. Allora il problema è quello di cercare di immaginare che cosa succede alle persone che sono coinvolte, alla società nel suo complesso e di orientare le nostre scelte politiche, professionali ed etiche per cercare di porre dei vincoli ragionevoli, che rispettino la dignità della persona e della società civile.

 

 

 

Bibliografia

- A cura di G.Bertolini, Scelte sulla vita, l’esperienza di cura nei reparti di Terapia Intensiva, Guerini studio 2007

- I.Marino, Nelle tue mani, medicina, fede, etica e diritti, EINAUDI 2009

- N.Zamperetti, R.Bellomo, M.Dan, C.Ronco, Ethical, political, and social aspects of high-technology medicine: Eos and Care, Intensive Care Medicine 10.1007/s00134-006-0155-0

- N.Marinelli, Le competenze infermieristiche; risorse, analisi e sviluppo 2009, 10(2):20-25.

- A.V.Articoli su tematiche di etica quotidiani e approfondimenti Corriere delle sera, Repubblica, Libero, Avvenire, settembre/ottobre 2009.

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