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29' Congresso Nazionale

Dall'assistenza in area critica all'assistenza primaria

Rimini (RN), 10 Novembre - November 2010 / 12 Novembre - November 2010

» Indice degli atti del programma

Esiti sensibili all'infermieristica in area critica. Michela Mancini, Alessandra Negro, Milano

11 Novembre - November 2010: 14:55 / 14:56

STUDIO QUALI-QUANTITATIVO SUGLI ESITI SENSIBILI ALL’INFERMIERISTICA IN AREA CRITICA

Mancini M., Giuliani I., Destrebecq A., Palese A., NegroA.

 

Il termine “Outcome” significa “Esito”. L’esito applicato alla pratica clinica può essere inteso con diverse prospettive, differenti dall’impatto e dal significato che gli viene attribuito nei diversi contesti di ricerca.

I nursing sensitive outcome sono gli esiti sensibili all’infermieristica che Donabedian, già nel 1985 definisce come variabile tra condizione del paziente, della famiglia e del caregiver, comportamenti e percezioni che sono corrispondenti, in relazione agli interventi infermieristici. La condizione del paziente che viene semplicemente valutata e che non segue un intervento infermieristico non si può considerare un outcome sensibile all’infermieristica.

Quando si discute di esiti, il primo sguardo è verso la classificazione elaborata dall’università dell’Iowa a partire dal 1993, il Nursing Outcome Classification, un elenco di oltre 350 esiti, descritti minuziosamente e ritenuti sensibili alle cure infermieristiche.

Anche il database nazionale degli indicatori di qualità dell’assistenza infermieristica istituito dall’Associazione Americana degli infermieri nel 1998 rappresenta un altro sistema di classificazione degli esiti.

L’adozione di entrambi però comporta alcuni problemi di carattere metodologico che hanno fatto si che negli ultimi anni l’enfasi sulle classificazioni venisse meno rendendo la prospettiva attuale più complessa e incerta. Alcuni autori ritengono che gli esiti debbano essere ricondotti ad eventi avversi, adottando misure di esito “negative”come la mortalità e le infezioni, mentre altri ipotizzano esiti “positivi” associati al ruolo degli infermieri come la capacità di autocura e la compliance del paziente.

L’analisi della letteratura ha presentato numerosi studi basati sulla misurazione degli esiti sensibili all’infermieristica. Di questi la maggior parte riguarda esiti universali, sia avversi che basati sul ruolo degli infermieri. Molti meno studi sono stati ritrovati riguardo gli esiti sensibili all’infermieristica in area critica, dove si concentra invece la nostra ricerca. Gli esiti basati su eventi avversi più indagati sono stati la mortalità, le complicanze, gli errori di somministrazione della terapia farmacologica, le lesioni da pressione, le cadute, le infezioni, le riammissioni, le Vap; mentre gli esiti associati al ruolo degli infermieri maggiormente studiati sono la durata della degenza, la soddisfazione del paziente e dei famigliari nei confronti dell’assistenza infermieristica, le conoscenze del paziente, il controllo del dolore, la compliance del paziente e della famiglia, il ripristino del ciclo sonno-veglia.

Alla luce di quanto emerso dalla letteratura gli obiettivi di questa indagine erano quelli di: 

ü Identificare degli esiti sensibili alle cure infermieristiche in terapia intensiva e i fattori che li possono influenzare;

ü Confrontare gli esiti identificati con quelli provenienti dalla letteratura

ü Ricercare il consenso sugli esiti identificati per determinare l’efficacia dell’assistenza infermieristica svolta;

E’ stata adottata una metodologia di studio quali-quantitativa attraverso l’utilizzo di focus group e di un questionario con la finalità di definire un set di esiti sensibili alle cure infermieristiche condiviso ed espresso in un linguaggio omogeneo, riferibile alle terapie intensive.

I soggetti inclusi nello studio e che hanno partecipato ai focus group sono stati 22 infermieri provenienti da 6 Aziende Ospedaliere differenti. I soggetti a cui è stato somministrato il questionario sono stati invece tutti gli infermieri di tutte le terapie intensive di 5 Aziende Ospedaliere previa autorizzazione da parte dei Direttori Generali e dei Servizi infermieristici. Nel primo caso è stato fatto un campionamento per snow-ball e i focus group si sono svolti fino a saturazione, nel secondo un campionamento di convenienza.

I soggetti hanno tutti acconsentito volontariamente a partecipare allo studio, dopo aver garantito loro l’anonimato. In entrambi i casi è stato fatto un pre-testing.

Per avere dati confrontabili tra loro si è deciso di escludere dal campionamento gli infermieri in servizio presso le Unità Operative di Terapia Intensiva Coronarica e di Pronto Soccorso, in quanto, pur essendo considerate Unità Operative afferenti all’Area Critica, si rivolgono ad un’utenza con caratteristiche e problematiche differenti rispetto al paziente tipo ricoverato in Terapia Intensiva.

Ogni focus-group ha visto coinvolti 4-5 infermieri esperti di terapia intensiva, con un minimo di tre ed un massimo di 10 anni di esperienza nel settore specifico. I dati emersi da questa prima indagine sono molto interessanti:

ü In primis il mancato riconoscimento della mortalità come esito infermieristico, pur essendo in letteratura uno degli esiti infermieristici, sia universale che specifico per l’area critica, tra i più studiati e i più riconosciuti.

ü Un altro riguarda l’elenco di esiti fornito dagli intervistati, nonostante vengano considerati più importanti gli esiti associati al ruolo degli infermieri, ne sono stati identificati meno rispetto a quelli basati su eventi avversi e con una completa corrispondenza con quelli ritrovati in letteratura.

ü Per quelli basati su eventi avversi invece sono emersi, oltre a tutti quelli già citati dalla letteratura anche il delirio, il disorientamento, il calo ponderale, le rigidità articolari, gli edemi posturali, congiuntiviti, sinusiti, stomatiti, stipsi e diarrea.

L’indagine finale si è svolta avvalendosi di un questionario a risposta multipla comprensivo di domande aperte e chiuse con lo scopo di ricercare il consenso sugli esiti ritrovati in letteratura ed emersi nei focus group.

 Il tasso di risposta è stato del 69% così distribuito: 96 questionari provenienti dagli infermieri in servizio presso le Terapie Intensive Generali, 37 provenienti dalle Terapie Intensive Cardiochirurgiche e 24 dalle Terapie Intensive Neurochirurgiche, per un totale di 157 questionari.

Dall’analisi dei dati emerge che 108 su 157 infermieri intervistati ha più di cinque anni di esperienza lavorativa . Questo dato risulta invece equamente distribuito se lo andiamo ad osservare tra chi ha più o meno di cinque anni di esperienza lavorativa in terapia intensiva.

 Per alcuni esiti come le infezioni, gli errori di somministrazione della terapia, le lesioni da pressione e gli incidenti (cadute ed estubazioni accidentali) si è raggiunto oltre l’85% di consenso.

Per quanto riguarda la mortalità invece è opportuno notare come, ancora una volta, gli infermieri l’abbiano considerata un esito poco o per niente sensibile alle cure infermieristiche insieme alle riammissioni, il delirio, il disorientamento, le trombosi venose profonde e il calo ponderale.

Il dato diventa ancora più interessante se confrontato con l’anzianità di servizio dei rispondenti. Infatti la mortalità è considerata molto sensibile o sensibile all’infermieristica dalla maggior parte degli infermieri con meno di 5 anni di esperienza lavorativa in terapia intensiva e viceversa, per gli infermieri più anziani è considerata poco o per niente sensibile. Il trend opposto si verifica per gli altri esiti considerati in generale poco o per niente sensibili all’infermieristica: le riammissioni, il delirio, il disorientamento, le trombosi venose profonde e il calo ponderale sono appunto considerate più sensibili dagli infermieri più anziani.

Un altro dato interessante da valutare riguarda gli esiti non presenti in elenco e considerati dai rispondenti come sensibili o parzialmente sensibili alle cure infermieristiche. Infatti, pur non essendoci stato un alto tasso di risposta (29 su 157), sono emersi altri 7 esiti che nonostante non compaiano nemmeno in letteratura, sarebbero meritevoli di ulteriori studi. Tra questi, in particolare: la sicurezza nel trasporto interno del paziente verso servizi diagnostici e sale operatorie, la trasmissione per contatto di infezioni meticillino resistenti, il ritorno all’alimentazione per via orale e la gestione di apparecchiature elettromedicali.

Anche questa ricerca purtroppo non è indenne dall’avere alcuni limiti.

Molti dei limiti legati ai focus group sono da imputarsi all’inesperienza del ricercatore nell’utilizzo di questa metodologia per la raccolta dati. Infatti da parte del conduttore dei focus group si è riscontrata una grande difficoltà nel rimanere neutrale ed esterno alla conversazione e questo è stato anche un grosso limite, in quanto ha impedito, per evitare intromissioni, di rilanciare contenuti interessati e di tenere viva la conversazione su determinati argomenti di maggior rilievo. Anche la decisione di coinvolgere un basso numero di persone per ogni focus group è stata dettata dalla mancanza di esperienza del ricercatore e dalla preoccupazione di non riuscire a gestire una più ampia e accesa discussione.

Per quanto riguarda la parte di studio effettuata attraverso il questionario, uno dei principali limiti è determinato dal campionamento effettuato, che includendo un numero esiguo di soggetti, è da considerarsi non rappresentativo. Pertanto i risultati emersi da tale indagine e le conclusioni potranno solo in parte estendersi ad un campione più ampio o diverso.

Dallo sviluppo di questa indagine sono emersi molti dati interessanti, che hanno dimostrato che, nonostante l’argomento poco conosciuto, in realtà il dibattito sugli esiti infermieristici è molto acceso; le interviste svolte infatti, oltre ad aver confermato quanto già presente in letteratura, hanno fatto emergere molti elementi nuovi e originali meritevoli sicuramente di attenzione. I risultati ottenuti hanno permesso di raggiungere, nonostante alcune limitazione metodologiche, gli obiettivi iniziali anche se la lista di esiti sensibili all’infermieristica scaturita da questo studio non può certo dirsi esaustiva.

In conclusione, la via per dimostrare l’effettiva influenza dell’attività infermieristica sugli esiti del paziente è ancora lunga e questo studio serve a tracciare una strada per delle successive ricerche in questo ambito in quanto alcuni aspetti andrebbero ulteriormente approfonditi ed ampliati. Infatti sono stati indagati solo esiti generali e non specifici per patologia o per fasce di età dei pazienti così come mancano dati oggettivi per stabilire quali elementi realmente influiscono sull’andamento degli esiti.

Inoltre i dati emersi, per ultimo suggeriscono che i problemi dei pazienti spesso sono complessi, multidimensionali, e richiamano con crescente insistenza approcci multidisciplinari e multiprofessionali. Bisognerebbe forse iniziare a pensare anche agli esiti dei sistemi sanitari oltre che a quelli specifici dell’infermieristica.

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